Ulises è bloccato nella sala d’attesa dell’autobus mentre fuori infuria una tempesta; una serie di personaggi si avvicendano sul posto, tutti bloccati nella medesima situazione…
In breve. Fantascienza-horror atipica e con qualche velleità vagamente arthouse; il film scorre bene ed è abbastanza coinvolgente, con qualche colpo di scena notevole e buone interpretazioni. La trovata a sorpresa, comunque, risulta forse troppo poco espressiva rispetto a ciò che il film stesso vorrebbe trasmettere. Riuscito a metà.
The similars, fantascienza-horror messicana uscito su Netflix con il titolo “I simili” e disponibile solo in spagnolo sottotitolato in italiano, è un tipo di fantascienza archetipicamente ispirata agli episodi de Ai confini della realtà, da cui eredita ritmo, atmosfera ed una certa vena di humour sarcastico (oltre ad elementi tipici di quella saga come, ad esempio, la voce fuori campo iniziale e finale). Nonostante l’impostazione del lavoro sia basata sulla fantascienza classica e denoti, ad un certo punto, una trovata che qualcuno potrebbe trovare troppo ridicola per essere spaventosa, bisogna rilevare una vena puramente horror in alcune sequenze (specialmente in una insistita sequenza di auto-mutilazione allo specchio, degna di un Eli Roth o uno Xavier Gens), il che non può che rendere più fluida ed accattivante la narrazione; ma è necessario anche rilevare un senso del ritmo abbastanza lento nella fase iniziale.
Se è vero che il regista preme sull’acceleratore solo progressivamente ed in modo inesorabile, infatti, The similars si presenta come fantascienza riuscita soltanto in parte, e questo soprattutto per via della rivelazione che appare quasi forzata e poco spaventosa (parere del tutto personale, ma tant’è). Il problema, probabilmente, è legato al fatto che non si evince chiaramente il tono del lavoro, se sia serioso/tragico o da humour nero: all’inizio, infatti, potrebbe sembrare fantascienza apocalittica di genere claustrofobico (alla The Divide, per intenderci: l’ambientazione e la dinamica sono similissime), e sei portato a pensarlo nel vedere uno scenario unico ed una drammatizzazione dei personaggi esasperata e (questo sì) sempre azzeccata. Ma il “colpo di teatro” dell’opera, di contro, suggerisce più una cosa da Peter Jackson delle origini (o al limite di Mel Brooks), per cui tende a smorzare la tensione iniziale, ed a renderla quasi inoffensiva. Questa commistione di generi, senza nulla togliere, temo finisca per confondere e spiazzare più di no spettatore, penalizzando la valutazione di un film che sarebbe potuto essere quasi perfetto. Del resto i pregi non mancano: narrazione solida e surreale (quasi lynchiana, in certi passaggi), buone interpretazioni, discreti effetti speciali ed un riferimento politico al massacro di Tlatelolco, il che finisce per dare ulteriore forza all’intreccio anche se, va detto, il nesso o paralleismo non risulta troppo chiaro.
Se è vero che rimangono analogie tra questo The similars e, in particolare, l’episodio de “Ai confini della realtà” It’s a good life (diretto da James Sheldon, considerato uno dei migliori della prima serie), si tratta del consueto gioco di citazioni ed omaggi che il cinema di genere effettua con disinvoltura, e che fa parte del gioco stesso. Restano comunque da considerare in positivo sia la buona regia che alcune trovate sopra le righe (soprattutto il “gioco-realtà” con la macchinina e lo stesso ragazzino che nella parvenza ricorda il Damien di The Omen), ma rimane un senso di smarrimento sia per un ritmo poco uniforme, e spesso quasi noioso, per l’apparizione surreale dei personaggi (che disorienta senza dare spiegazioni) e per un finale che, per quanto a suo modo apocalittico, non riesce a focalizzare esattamente il messaggio. Oppure, se ci riesce, è un messaggio disturbato e poco pulito: il risultato è un film sostanzialmente di nicchia, apprezzabile a suo modo e non completamente esente da difetti.
Ingegnere per passione, consulente per necessità; ho creato Lipercubo.it. – Mastodon