CULT_ (114 articoli)

Gli imperdibili: una selezione di pellicole da non perdere per qualsiasi appassionato del genere horror, commedia, thriller, trash.

  • Dostoevskij: 5 film tratti da opere del genio russo a 200 anni dalla sua nascita

    Dostoevskij: 5 film tratti da opere del genio russo a 200 anni dalla sua nascita

    A 200 anni dalla nascita di Fëdor Michajlovič Dostoevskij vale la pena ripercorrere, anche solo per qualche istante, la serie sconfinata dei più importanti film che sono legati alle sue opere letterarie.

    Fëdor Dostoevskij nasce l’11 novembre 1821 a Mosca, e venne introdotto alla letteratura in tenera età attraverso fiabe e leggende di autori russi e stranieri dell’epoca. La madre dello scrittore morì nel 1837 quando aveva 15 anni e, nello stesso periodo, lasciò la scuola per entrare all’Istituto di ingegneria militare Nikolayev. Dopo la laurea, Dostoevskij ha lavorato come ingegnere e per un breve periodo ha goduto di uno stile di vita sontuoso, dove la letteratura gli permise di guadagnare qualche extra mediante traduzioni.

    A metà degli anni Quaranta scrisse il suo primo romanzo, Povera gente, che gli valse l’ingresso nei circoli letterari di San Pietroburgo. Trascorse quattro anni in un campo di prigionia siberiano e fece sei anni di servizio militare obbligatorio, per poi dedicarsi alla carriera di giornalista. Alla fine, sulla falsariga dei suoi autori preferiti (Gogol, Shakespeare, Dickens, Hugo, Poe, Hegel, Hoffmann e Platone, tra gli altri) divenne uno degli scrittori russi più letti e apprezzati.

    Le opere letterarie di Dostoevskij esplorano la psicologia umana nelle travagliate atmosfere politiche, sociali e spirituali della Russia del XIX secolo e si confrontano con una varietà di temi filosofici e religiosi. Ed è anche normale che, nel cinema, la maggioranza delle opere tratte dai suoi libri riflettano esattamente questo spirito.

    Eccovi infine i cinque film che abbiamo scelto di riproporvi.

    Le notti bianche

    Si tratta di è un film drammatico romantico del 1957 diretto da Luchino Visconti, basato sull’omonimo racconto dell’autore russo. È stato sceneggiato per lo schermo da Visconti e Suso Cecchi d’Amico, ed è ricordato per le interpretazioni di Maria Schell, Marcello Mastroianni e Jean Marais. Il film venne osannato incondizionatamente dalla critica e dal pubblico, oltre a vincere un Leone d’argento alla XVIII Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

    Il giocatore

    By Unknown – http://www.unifrance.org/film/2314/le-joueur#&gid=1&pid=1, Fair use, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=55200387

    Il giocatore è un film drammatico italo-francese dell’anno1958, diretto da Claude Autant-Lara e interpretato da Gérard Philipe, Liselotte Pulver e Françoise Rosay. I set del film sono stati progettati dal direttore artistico Max Douy, mentre il film è stato girato ai Billancourt Studios di Parigi.

    I fratelli Karamazoff

    By www.ivid.it, Fair use, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=42144753

    I fratelli Karamazov (italiano: I fratelli Karamazoff) è un film drammatico italiano del 1947, diretto da Giacomo Gentilomo e interpretato da Fosco Giachetti, Lamberto Picasso e Mariella Lotti. È basato sul romanzo del 1880 di Fëdor Dostoevskij, ed è uno dei due film tratti dal libro (l’altro è un’opera russa). Il film ha vinto due Nastro d’Argento, per la migliore sceneggiatura e per la migliore colonna sonora, mentre i set del film sono stati progettati da Alberto Boccianti.

    Delitto e castigo

    By The cover art can be obtained from Movieposterdb.com., Fair use, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=32677418

    Un operaio di un mattatoio, Antti Rahikainen (Markku Toikka), uccide un uomo. Nel frattempo una donna di un servizio di catering che è arrivata per organizzare una festa è l’unica testimone: sceglie di non chiamare la polizia, e gli dice di andarsene. Mentre la polizia gli dà la caccia, Rahikainen salta il lavoro e inizia a vagare per Helsinki, vedendo un articolo sull’omicidio sul giornale.

    Si tratta in questo caso di un film del 1983 diretto da Aki Kaurismäki. È il primo lungometraggio del regista ed è basato sull’omonimo romanzo di Fëdor Dostoevskij del 1866. Nel 1984 ha vinto due Jussi Awards: per il miglior film d’esordio e per la migliore sceneggiatura.

    L’idiota

    L’idiota (白痴, Hakuchi) è una delle tante riedizioni del libro omonimo, diretto nel 1951 da Akira Kurosawa. La versione originale del film durava ben 265 minuti ed è considerata perduta, mentre quella di cui disponiamo ad oggi è di circa 3 ore e dovrebbe essere quella più vicina alla volontà del regista. I personaggi della storia sono coinvolti in una trama complessa che ricorda una rete o un groviglio di relazioni.

    https://www.youtube.com/watch?v=8Sbpys-wk4Y

    Foto di copertina di Vasily Perov – kgHBFHS7SpcayQ at Google Arts & Culture, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=13499483

  • Che cos’è il cinema indipendente?

    Quando si pensa al cinema indipendente probabilmente vengono in mente i prodotti cosiddetti d’essai, oppure pellicole il cui significato diventa profondamente meditativo, riflessivo, in altri tempi avremmo scritto “non commerciale”. Eppure le realtà di questo genere vivono una propria bellezza per via del fatto che non solo non si “piegano” alle logiche di mercato, bensì propongono l’autenticità del pensiero dell’artista. Nonostante questo, in molti sono portati a pensare che si tratti di prodotti necessariamente di un certo genere (ad esempio horror o thriller), oppure di una predefinita “corrente di pensiero”, etica o politica. Le cose non stanno così, di fatto: basti pensare, ad esempio, ad uno dei più celebri film con il popolare attore Jim Carrey (“Se mi lasci ti cancello“): una pellicola molto sui generis – nel quadro si una storia d’amore tra due persone, si tratta di persone che si fanno cancellare i ricordi dolorosi mediante una nuova tecnologia – eppure decisamente “popolare” tra il pubblico.

    Le caratteristiche principali dei film cosiddetti “indipendenti”, tra i quali annoveriamo quindi un’infinità di sfaccettature, sono quindi due: sono a volte realizzati con pochi mezzi tecnici (ma spesso con competenze artistiche di grande livello) e, al tempo stesso, viene lasciata totale libertà espressiva al regista, che non deve rendere conto a nessuno dei contenuti del suo film. In questo modo capita spesso che i film indipendenti siano fuori dal comune per i significati indotti o comunque per lo spirito generale, che oltre ad avvalersi spesso di attori non noti finisce per lanciare una “frecciata” culturale per combattere il conformismo generale. È questo che finisce, alla fine, per spaventare il grande pubblico “generalista”, che invece preferisce farsi guidare nelle sue scelte dai produttori, i quali insistono morbosamente sui medesimi temi e generi per avere mera garanzia di rientro economico. Tutto questo finisce per generare una sorta di circolo vizioso, che il cinema indipendente cerca di spezzare proponendo prodotti magari fuori dalla righe ma – in molti casi – qualitativamente di grande valore. Ovviamente, a dirla tutta, esistono film di qualità e scadenti sia in una “corrente” che nell’altra, ma il punto è che non sempre i prodotti di valore riescono a trovare il giusto spazio.

    Storicamente un grande impulso ai film indipendenti si ebbe a metà degli anni ottanta con le prime videocamere, e più recentemente con i modelli digitali, che hanno permesso a schiere di giovani registi di evitare i costi proibitivi delle pellicole tradizionali, dei noleggi delle attrezzature, della stampa dei negativi, etc. Anche la cosiddetta post-produzione è molto più economica e veloce, grazie al significativo aumento delle prestazioni dei PC, all’introduzione dei DVD e al contemporaneo sviluppo di software semi-professionali sempre più sofisticati (utilizzati per il montaggio, la correzione del colore, i titoli di testa etc.), spesso completamente free o a costi davvero irrisori. La crescente popolarità degli “indie” ha costretto recentemente gli studi di Hollywood a creare delle piccole filiali per poter entrare a loro volta in questo nuovo mercato. Di conseguenza, oggi, non è più così netta la differenza fra ciò che è realmente indipendente e ciò che non lo è: per fare un esempio, il succitato Eternal Sunshine of the Spotless MindSe mi lasci ti cancello, del 2004, considerato un film indipendente, vanta un cast che non sfigurerebbe in un grande blockbuster, la sceneggiatura di un autore pluripremiato, e un budget iniziale di decine di milioni di dollari. D’altra parte, attori di fama internazionale sono molto attratti dal fenomeno indie, tanto da arrivare ad autoridursi il compenso pur di prendere parte ai progetti più interessanti.

    (tratto parzialmente da Wikipedia, rielaborazione di Salvatore Capolupo)

  • Il Joker di Phillips è un personaggio struggente e rinnovato

    Il Joker di Phillips: ne stanno ancora parlando dopo mesi, ma le cose hanno preso una piega abbastanza preoccupante. Joker, al di là del dilemma morale, è diventato la raffigurazione epica e romanticheggiante della figura del single emarginato e deriso da tutti, e questo – ovviamente – per l’opinione pubblica è tutt’altro che un merito.

    Come sappiamo questo film fa emergere una figura di Joker diversa, diversissima da quella del fumetto: un vero e proprio reietto, feroce, incazzato con la società e la cui la sua controparte “buona”, ovvero Batman, ancora non esiste, ed assume una connotazione praticamente irrilevante. La crudeltà di Joker, peraltro, non è affatto “fuori norma” come potrebbe sembrare a prima vista, anzi parrebbe essere in linea con quella del villain medio di qualsiasi altro film horror o thriller (pensiamo, ad esempio, agli omicidi beffardi di Freddy Krueger contro vari ragazzini “colpevoli”, il più delle volte, di essere depressi, insicuri o trascurati dai genitori).

    Joker trova liberatorio ogni suo atto ed il pubblico, almeno in parte, gode con lui per qualsiasi atto consumi in nome di tale liberazione. Ma molte persone, di fatto, non sembrano vederla esattamente in questi termini, tanto che accusano Joker di fornire un alibi a tutti i misogini mondiali (l’articolo del Rolling Stone di EJ Dickson discute esattamente questo, ad esempio) per commettere i peggiori crimini. Altri, invece, rimarcano da un punto di vista femminista come il problema sia radicato nella colpevolizzazione della donna ad ogni costo – e su questo chiunque dovrebbe leggere, a mio avviso, Perchè l’amore fa soffrire della sociologa Eva Illuiz. Certe situazioni, in altri termini, sembrerebbero derivare da un’impostazione passatista, ossessionata in modo irragionevole da traumi freudiani, dai quali (personal opinion) prima ci riusciamo a liberare, uomini e donne, meglio sarà.

    Non si sfugge alle categorizzazioni del web, e questo è un fatto ormai assodato: il termine incel, oltre a dare l’idea di una persona letteralmente chiusa in gabbia, sembra avere avuto origine sul sito Reddit, un “Facebook” forse fatto un po’ meglio, oltre che più incentrato sui contenuti che sulle persone. Incel infatti significa involuntary celibate, in sostanza “single per colpa degli altri” o celibe involontario che dir si voglia. Un tipo umano che, ricorda John Bleasdale, anni fa non poteva che suscitare tenerezza da parte degli amici e delle varie donne che lo vedevano più come un amico (ma-che-bravo-ragazzo, dai che troverai di sicuro la persona giusta – sottinteso: prima di finire in una tomba e marcire tra i vermi, da solo, per sempre). Oggi, come estremo paradosso, questa figura assume connotati addirittura pericolosi: varie stragi sono state compiute da singole persone, nel recente passato, che adducevano motivi legati alla misoginia (l’articolo linkato cita, ad esempio, Elliot Rodger e James Holmes). Ed in questo è stato immediato per certa parte dell’opinione pubblica, spesso fomentata da idee di natura sessista e da una comprensione malintesa del problema, additare il film come “causa” primaria del problema. Sembra di essere tornati ai tempi cupi in cui Marylin Manson veniva quasi accusato di omicidio (la strage di Columbine), oppure a quelli in cui i Judas Priest finivano in tribunale perchè accusati di aver istigato un omicidio da parte di due loro fan.

    L’accusa generica rivolta all’arte, soprattutto a quella che “fa discutere”, di empatizzare con la violenza ed arrivare ad ispirarla è ben nota: almeno dai tempi in cui Arancia Meccanica ispirò malamente certe sotto-culture giovanili, oppure quando pensiamo al personaggio epico del tassista di Taxi Driver(anch’esso rigettato dalle donne che amava). L’unica cosa che trovo interessante in tutta questa diatriba (che per il 95% assume connotati molto vicini alla teoria della montagna di merda: secondo quest’ultima, un idiota puo’ sempre produrre piu’ merda di quanta tu riesca a spalarne), in effetti, è che in primis si considera (sbagliando) l’incel medio come una figura prettamente maschile, denotando così indirettamente – a mio avviso, quantomeno – l’idea di una donna dominatrix a prescindere (una cosa che neanche nei porno di più infima categoria) che sceglie in modo anarcoide ed irrazionale (e quasi sempre doloroso per il friendzonato di turno) il proprio compagno. Cosa peraltro falsa, perché ci sono molte incel donne e questo è semplicemente scontato, anche solo per un fatto statistico e considerando il semplice fatto che la solitudine ed il rigetto, per come nascono e prolificano oggi, sono asessuati per definizione. Ci vorrebbe, forse, più sensibilità per capirlo, ma eravamo troppo occupati a scrivere sui social e commentare in modo discutibile le foto delle varie modelle e modelli.

    Sui social spopolano le foto di uomini e donne che riescono ad ottenere “successo” sui social (qualsiasi cosa ciò possa significare) semplicemente postando se stessi ignudi, e ci sono già servizi che permettono ai più esibizionisti di essere pagati per mostrare le foto più spinte. Nulla di male se uno sceglie scientamente di farlo, ovviamente: ma, per cortesia, non torturate gli incel più di tanto, dato che già è difficile, per looro, vivere la vita sentimentale senza prendersi perennemente sportellate nei denti – e, in genere, chi si ritrova in questa situazione non ha la minima idea di come uscirne in modo ragionato. E questa cosa fa soffrire, tanto, e non serve davvero a nulla scomodare becero sessismo di battaglia (donne vs uomini, uomini vs donne, uomini vs cani) o – peggio che peggio – sputtanare il cinema e la musica che amiamo per tale presunta “giusta causa”. Non è giusto per loro, in primis, e non lo è neanche per gli alfieri del cambiamento, bravissimi a teorizzare il problema e raramente abili di mettere in pratica comportamenti migliori o, se preferite, più umani.

    Credo anche, in tutta onestà, che si possa essere incazzati con la società senza essere per forza misogini o maschilisti: una società che impone, del resto, modalità di corteggiamento pre-codificate ed impossibili da mettere in pratica per tantissime persone, e questo – alla lunga, tra fraintesi e spallucce come se piovessero – diventa insostenibile e frustrante per chi, a modo proprio, considera un corteggiamento anche una richiesta leggermente più marcata di uscire assieme, qualche volta, di prendere un caffè, di andare al cinema assieme e così via. Richieste snobbate, ignorate, per cui gli incel vengono spesso anche ridicolizzati, e le cui chat finiscono su paginette Facebook “ironiche” che si divertono ad usarle per aumentare i propri like. Ormai l’accoppiamento tanto agognato che ci fa credere la macchina social in cui siamo immersi, nostro malgrado, sembra che debba passare per forza per un’esposizione, un mostrarsi come non si è, un’esibizionismo ed un mostrare le “fotine” sexy, che sta diventando sempre più conformistico ed imbarazzante.

    Gli incel, di loro, non dovrebbero più vergognarsi del proprio status (ed è l’unica critica che mi sento di fargli), e anzi dovrebbero imparare ad ironizzare sullo stesso: non che questo risolva il problema, ma è già un inizio. Rendere insostenibili i propri timori esistenziali è alla base di qualsiasi horror, del resto, e proprio il genere horror insegna indirettamente a non farne un dramma, ad esorcizzarli, a volte a combatterli affidandosi semplicemente ad una nuova, mutata immagine di se stessi. Se pero’, in tutto questo, dando per buono che l’incel sia solo ed escusivamente un maschio etero (e non è così, come abbiamo visto), l’atteggiamento medio di certe donne tende a criminalizzarli a prescindere, e considerarli sfigati e socialmente pericolosi: mi spiace, non se ne esce.

    Queste stesse donne, forse (non sto generalizzando: non tutte) dovrebbero scendere dal piedistallo che le sta intrappolando, perché spesso sono le prime a costruirsi la gabbia di apparenza ed adorazione da parte dei propri conoscenti che poi, alla fine dei conti, le manderà in crisi, facendole sentire gli “oggetti” che mai avrebbero voluto diventare. Forse è un discorso troppo complesso per tantissimi e tantissime di noi, e a questo punto – con una punta di sarcasmo – l’augurio migliore che si possa fare a queste persone è quello di precipitare in uno schema prefissato, in una trappola mentale in cui la scelta del partner non sia sincera, mai, bensì dettata dalla necessità, dalla paura della solitudine, magari da interessi commerciali: un bel ritorno ad una mentalità che dovrebbe essere superata da almeno un secolo, e che non fa onore, per nulla, ai vari leoni e leonesse da tastiera che si slogano le dita sull’argomento.

  • I migliori 10 film di serie B di sempre

    Che strano mondo, quello dei film di serie B: film dai meriti enormi sconosciuti ancora oggi, ed altri dai valori dubbi, comunque apprezzati da buone fette di pubblico. Diventa molto difficile stilare classifiche credibili in questo genere: al di là di quanto possa essere avulso alle classifiche in genere, mi capacito da tempo che siano un modo facile per far conoscere certo cinema a tanto, potenziale, nuovo pubblico. Ed è così, da mille visioni notturne (per quanto mi riguarda, almeno) parcheggiato su un divano – spesso con birra ed affini al seguito – che nasce una lista del genere: i migliori film di serie B che ricordi, e che dovete vedere almeno per un motivo.

    Ecco a voi!

    The Brain

    Questo primo – poco noto in Italia – horror di serie B mescola con sapienza il genere con la fantascienza classica, risultando un connubio artigianale quanto riuscito. Si parla di un giovane adolescente (l’eterno adolescente degli horror anni 80 americani) in lotta contro un’entità aliena, che controlla le menti mediante televisione. Se alcune tematiche del film potrebbero richiamare addirittura Videodrome, la forma non surclassa mai la sostanza, e si riesce a mandare un messaggio concreto, significativo e mai pesante. Un vero spasso di film, tra l’altro, in giusto equilibrio tra parti brillanti ed altre più intense e con discreti effetti speciali, cosa non indifferente per un genere che possiede una fama decisamente opposta. The Brain (E. Hunt,1988)

    Va visto perchè: è uno dei migliori horror artigianali mai prodotti

    Nero criminale

    Forse uno dei più cupi thriller anni 70, per come è stato realizzato e per il livello di cruenza che riserva in alcune scene (soprattutto nel finale): stranamento poco noto, nonostante la facile reperibilità anche nel nostro paese. Da non sottovalutare assolutamente, anche se va visto con una certa predisposizione mentale ed è una paura piuttosto soggettiva e, se vogliamo, romanzata quanto cruenta. Nero criminale (P. Walker,1974)

    Va visto perchè: la trama è particolarmente morbosa, soprattutto per l’epoca, ed i colpi di scena non mancano

    La notte dei diavoli

    Un b-movie molto sottovalutato, che fa emergere una singolare figura di zombi-vampiri e che si caratterizza per una mancanza di eccessi; siamo nel 1972, ad un passo dai primi exploitation, e la forma è ancora quella del gotico in grado di spaventare in modo lirico. La notte dei diavoli (G. Ferroni, 1972)

    Va visto perchè: sebbene un po’ di nicchia, è forse uno degli horror più originali del periodo

    Nuda per Satana

    Una lista del genere sarebbe svilita dall’assenza di Nuda per Satana, il delirante b movie di Batzella tra porno e gotico, in un’oscillazione da mal di mare tra i due generi tanto folle da sembrare surrealista. Chiaramente siamo ai livelli di “so bad it’s good“, nel senso che non parliamo di un bel film quanto di un originale esperimento, anche riuscito in parte, che va preso per quello che è e che diverte, a suo modo. Esistono diverse versioni di questo film, di cui almeno un paio con inserti porno.

    Va visto perchè: è uno dei b-movie per eccellenza, nel bene e nel male.

    The house of the devil

    La singolarità che mi ha più colpito di questo film di West è legato alla sua modernità, al suo stile fluido ed al suo richiamarsi ai classici senza inutili orpelli. Una variante di storia con babysitter in una situazione estrema ed inaspettata che non vi lascerà indifferenti. The house of the devil

    Va visto perchè: è uno dei migliori horror sovrannaturali recenti

    https://www.youtube.com/watch?v=AtXtSGRV0xc

    The last house on dead end street

    Non è un film recente, questo di Robert Watkins: risale infatti al 1972, ed è uno dei film che ha forse distrutto per sempre il limite (labile, labilissimo, forse mai esistito) tra art house (film poco noti e impegnativi) e b movie (film poco noti e con pochi mezzi). Ma è un b movie oserei dire fondamentale per lo sviluppo del genere: un finto snuff piuttosto crudele, emulo del primo Craven e portato addirittura oltre; ne risulta un lavoro non banale e sanguinolento, che offre anche (forse) un discreto spunto di riflessione sulla “società dello spettacolo”. The last house on dead end street

    Va visto perchè: è uno dei primi horror ad ostentare omicidi realistici o realmente avvenuti (ovviamente non erano veri)

    The guest

    Se cercate un b movie veloce e poco impegnativo, quanto autenticamente divertente e ricco di azione, non potete assolutamente perdervi il lavoro di Adam Wingard: azione e fantascienza nel giusto connubio, una storia accattivante quanto sostanzialmente mainstream e (soprattutto, in questi casi) divertimento più che assicurato. The Guest (A. Wingard, 2014)

    Va visto perchè: è divertimento puro

     

    A mezzanotte possiederò la tua anima

    José Mojica Marins è uno dei registi più coraggiosi del genere horror, un eroe monumentale per il genere probabilmente assieme a Romero e John Carpenter; nato in Brasile, appassionato di cinema da sempre e noto per aver inventato personaggio di Zé do Caixão (Joe Coffin’, protagonista di una miniserie di film), lugubre ed amorale becchino di un piccolo paese. Pochi mezzi e tanta sostanza, ancora una volta. A mezzanotte possiederò la tua anima (1964, José Mojica Marins)

    Va visto perchè: il regista-attore protagonista è uno dei veri Eroi dell’horror brasiliano

    Creepshow

    Forse uno dei b movie più noti in Italia, soprattutto in un periodo in cui andava di moda firmare medio-metraggi e film ad episodi come questo per omaggiare il genere ed accattivarsi i fan. Funziona ancora oggi: quello di Romero è un horror moderno e diretto, vagamente fumettistico quanto originale; da non perdere, anche per gustarsi Stephen King attore e per l’interpretazione niente affatto comica di Leslie Nielsen. Creepshow

    Va visto perchè: è uno dei migliori horror a episodi degli anni 80, se non il migliore

    Sleepaway Camp

    Ho discusso parecchio questo film di Hiltzik su questo blog, perchè secondo me è un archetipo di slasher horror come pochi ne potete trovare in giro; questo non tanto per il film in sè, che comunque contiene sequenze memorabili, quanto per la rivelazione finale (che ormai conoscono tutti, e che proprio per questo non potete non conoscere anche voi). Potrà addirittura far ridere, oggi, ma di sicuro è una perla di genere che non potete davvero lasciarvi scappare, a patto di guardare il film per intero e di non cercare assolutamente nulla sul film da Google (la maggioranza dei risultati contengono uno spoiler esplicito del succitato finale).

    Di Sleepaway Camp (R. Hiltzik, 1983) per una volta non propongo il trailer ma, giusto per incuriosirvi fino all’estremo, il video della reazione di chi (la youtube FlippedChik628) lo ha finito di vedere per la prima volta.

    Va visto perchè: è uno slasher di buon livello, ed ha inventato un modo di fare film

    The den

    Sebbene partito a vederlo con qualche pregiudizio, devo riconoscere l’assoluta qualità a fronte di mezzi contenuti per questo The den: un horror-thriller ambientato quasi esclusivamente in una chat-roulette (le chat con interlocutori casuali ed anonimi). L’ho apprezzato anche per via delle somiglianze con una mia storia, pubblicata qualche tempo fa, assolutamente sulla stessa falsariga. The den

    Va visto perchè: sa spaventare usando internet senza banalità, e mantenendosi plausibile tecnologicamente

Exit mobile version