Recensioni

Raccolta di opere che qualcuno deve aver visto in TV, al cinema o in DVD. Trattiamo soprattutto classici, horror, thriller e cinema di genere 70/80. E non solo. Contiene Easter Egg.

  • Anonimo veneziano: cast, trama, musiche originali

    Anonimo veneziano: cast, trama, musiche originali

    “Anonimo Veneziano” è un film italiano del 1970 diretto da Enrico Maria Salerno. Il film è noto per la sua colonna sonora memorabile composta da Stelvio Cipriani e per la sua storia romantica e drammatica ambientata a Venezia.

    La trama ruota attorno a un uomo di mezza età, interpretato da Tony Musante, che visita Venezia per suonare il suo violino in un’orchestra. Durante la sua permanenza nella città lagunare, incontra casualmente una donna, interpretata da Florinda Bolkan, con cui aveva avuto una relazione nel passato. La donna è ora sposata con un altro uomo, ma i due iniziano a riscoprire i loro sentimenti reciproci.

    Il film affronta temi come la nostalgia, l’amore non corrisposto e il senso di perdita. La colonna sonora di Stelvio Cipriani, con il brano principale “Anonimo Veneziano,” ha contribuito in modo significativo al successo del film ed è ancora oggi molto apprezzata.

    “Anonimo Veneziano” è un film molto noto nel panorama cinematografico italiano e rappresenta un esempio classico del cinema romantico italiano degli anni ’70. È stato accolto positivamente dalla critica e ha guadagnato diversi premi e nomination.

    Curiosità

    • La colonna sonora del film, composta da Stelvio Cipriani, è diventata estremamente popolare, soprattutto il brano principale, “Anonimo Veneziano.” La musica contribuisce in modo significativo all’atmosfera romantica del film.
    • Il regista Enrico Maria Salerno ha anche un piccolo ruolo nel film.
    • “Anonimo Veneziano” è stato girato principalmente a Venezia, catturando la bellezza unica della città lagunare.

    Cast

    • Tony Musante interpreta il protagonista maschile, Stefano.
    • Florinda Bolkan interpreta Valeria, l’interesse amoroso di Stefano.
    • Enrico Maria Salerno è il regista del film e appare anche in un ruolo secondario.
    • Altri membri del cast includono Umberto Orsini, Eva Renzi, e Alessandro Haber.

    Sinossi

    “Anonimo Veneziano” è una storia romantica e drammatica ambientata a Venezia. La trama ruota attorno a Stefano, un violinista di mezza età interpretato da Tony Musante, che si reca a Venezia per suonare il suo violino in un’orchestra. Durante il suo soggiorno, Stefano si imbatte casualmente in Valeria, interpretata da Florinda Bolkan, una donna con cui aveva avuto una relazione nel passato. Valeria è ora sposata con un altro uomo, ma i due iniziano a riscoprire i loro sentimenti reciproci mentre condividono momenti romantici e nostalgici a Venezia. Il film esplora i temi dell’amore non corrisposto, della nostalgia e del passato.

    Musiche

    La colonna sonora del film è stata composta da Stelvio Cipriani ed è una parte essenziale dell’esperienza cinematografica. Il brano più noto è “Anonimo Veneziano,” che è stato eseguito con il violino da Tony Renis ed è diventato un successo musicale a livello internazionale. La musica contribuisce in modo significativo all’atmosfera romantica e malinconica del film, ed è uno dei motivi per cui il film è ancora apprezzato oggi.

    Fotogramma: Di Screenshot autoprodotto – Catturato personalmente da Utente:Vabbè, Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=9095364

  • Non ci resta che piangere: trama, cast, recensioni e critica

    10 cose che non sapevi su “Non ci resta che piangere”

    1. Soggetto originale: Il soggetto del film “Non ci resta che piangere” è stato ideato da Massimo Troisi e Roberto Benigni. Fonte: La Repubblica (https://www.repubblica.it/2007/06/sezioni/spettacoli_e_cultura/troisi-terzani/troisi-terzani/troisi-terzani.html)
    2. Regia condivisa: Massimo Troisi e Roberto Benigni hanno co-sceneggiato e diretto insieme la pellicola. Fonte: IMDb (https://www.imdb.com/title/tt0091670/)
    3. Ambientazione temporale: Il film si svolge in due epoche diverse: il Medioevo e gli anni ’80 del XX secolo. Fonte: FilmTV (https://www.filmtv.it/film/3321/non-ci-resta-che-piangere/)
    4. Ruolo di Massimo Troisi: Troisi inizialmente non doveva interpretare il ruolo principale del postino Mario. Questo ruolo era stato pensato per Marcello Mastroianni, ma quest’ultimo rifiutò la parte. Fonte: Vanity Fair (https://www.vanityfair.it/show/cinema/15/07/21/40-anni-non-ci-resta-che-piangere-massimo-troisi-roberto-benigni-curiosita-film-foto)
    5. Scelta dei luoghi di ripresa: Il film è stato girato principalmente in Toscana, in particolare a Volterra e a Certaldo. Fonte: Toscana Oggi (https://www.toscanaoggi.it/Non-ci-resta-che-piangere-ripercorriamo-le-location)
    6. Colonna sonora: Le musiche del film sono state composte da Nicola Piovani, vincitore di numerosi premi per le sue colonne sonore. Fonte: AllMusic (https://www.allmusic.com/album/non-ci-resta-che-piangere-mw0000978470)
    7. Successo al botteghino: Il film è stato un successo al botteghino italiano, diventando uno dei film italiani più visti e amati di sempre. Fonte: Il Sole 24 Ore (https://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2015-07-18/non-ci-resta-che-piangere-uno-straordinario-fenomeno-pop-115154.shtml)
    8. Dialoghi improvvisati: Molte delle battute famose nel film sono nate dall’improvvisazione degli attori sul set. Fonte: La Stampa (https://www.lastampa.it/spettacoli/2018/06/01/news/il-capolavoro-inedito-di-troisi-e-benigni-1.34013916)
    9. Partecipazione di altri attori famosi: Nel film compaiono anche altri attori famosi come Amanda Sandrelli, Paolo Bonacelli e Carlo Monni. Fonte: IMDb (https://www.imdb.com/title/tt0091670/)
    10. Omaggi cinematografici: Il film contiene diverse citazioni e omaggi ad altre opere cinematografiche famose, tra cui “Lo chiamavano Trinità…”, “Il padrino” e “La dolce vita”. Fonte: Cinematografo (https://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/non-ci-resta-che-piangere/25748/)

    Trama, cast, trailer e recensioni

    “Non ci resta che piangere” è un film italiano del 1984, co-scritto, co-diretto e interpretato da Massimo Troisi e Roberto Benigni. Ecco alcuni dettagli sulla trama, il cast, la regia e le note di produzione:

    Trama: Il film narra le avventure di due amici, Mario e Saverio, che accidentalmente vengono trasportati indietro nel tempo, ritrovandosi nel periodo del Medioevo. Iniziano così a vivere una serie di avventure e situazioni assurde, cercando disperatamente di tornare nel loro tempo presente.

    Cast principale:

    • Massimo Troisi interpreta Mario, un postino che, insieme all’amico Saverio, viene catapultato nel passato.
    • Roberto Benigni interpreta Saverio, l’amico di Mario, coinvolto nelle strane vicissitudini temporali.
    • Iris Peynado è Iris, una donna incontrata dai protagonisti nel Medioevo.

    Regia: Il film è stato diretto da Massimo Troisi e Roberto Benigni, entrambi noti attori e comici italiani. Questa è stata la loro prima collaborazione alla regia.

    • La sceneggiatura del film è stata scritta da Massimo Troisi e Roberto Benigni, con l’apporto di Suso Cecchi d’Amico e Giuseppe Bertolucci.
    • Le riprese si sono svolte principalmente in Toscana, con location come Volterra e Certaldo, dando al film un’ambientazione storica autentica.
    • La colonna sonora del film è stata composta da Nicola Piovani, rinomato compositore italiano, che ha contribuito a creare l’atmosfera e l’umorismo della pellicola.

    Il film è diventato un classico della commedia italiana grazie alla sua combinazione di umorismo, surrealtà e riflessioni sulla vita, conquistando il pubblico con le performance dei suoi protagonisti e la sua trama innovativa e divertente.

    Significato del film

    Il film offre molteplici livelli di interpretazione, e la sua bellezza risiede anche nella libertà con cui ciascuno può trovare il proprio significato personale o interpretazione della storia, delle emozioni e dei messaggi che trasmette.

    Il significato del film “Non ci resta che piangere” può essere interpretato in diversi modi, in base alle prospettive individuali dei suoi spettatori. Ecco alcune possibili interpretazioni:

    1. Accettazione della realtà: Il film affronta il tema della nostalgia e della voglia di scappare dalla realtà. Attraverso il viaggio nel tempo dei protagonisti, potrebbe sottolineare l’importanza di affrontare la vita presente anziché desiderare un passato o un futuro diverso.
    2. Ironia sulla nostalgia: La commedia può essere vista come un’ironica critica alla visione idealizzata del passato. Nonostante i protagonisti vivano avventure divertenti e romantiche nel Medioevo, alla fine comprendono il valore della vita contemporanea.
    3. Amicizia e compagnia: Il legame tra i due protagonisti, che affrontano insieme un’avventura assurda, può rappresentare il valore dell’amicizia e della solidarietà nell’affrontare le difficoltà della vita.
    4. Riflessione sulla condizione umana: Il film, tra le risate e le situazioni comiche, può essere interpretato anche come una riflessione sulla natura umana, sull’incapacità di evitare certi eventi della vita e sull’importanza di adattarsi ai cambiamenti invece di lottare contro di essi.
    5. Critica sociale in chiave comica: Attraverso le situazioni paradossali e l’assurdità delle avventure dei protagonisti, potrebbe essere proposta una critica sociale, facendo emergere la ridicolizzazione di comportamenti e atteggiamenti umani.
  • 13 Assassini di Takashi Miike è il film d’azione basato su una storia realmente accaduta

    Nella sterminata filmografia di Takashi Miike, frammisti tra manga cinematografici (Yattaman), horror, thriller e quant’altro, rischia di apparire pretenzioso esprimere un giudizio senza averne visti pressappoco la metà: del resto si tratta di quasi cento pellicole, molte delle quali disponibili esclusivamente su internet, e neanche tutte doppiate in italiano (solo sottotitoli).  Una situazione che costringe, di fatto, anche il cinefilo più incallito a valutare ogni suo film come una cosa a sè stante, facendo diventare un’impresa titanica delineare una linea di continuità tra le opere.

    Nel caso dei “13 assassini” ci può stare, credo, che si esprima una valutazione a prescindere da tutto, dato che – al di là della violenza estetizzante, tra Eli Roth e Tarantino – non è esattamente un horror, anche se eredita parecchio a livello di gore: non mi sorprenderebbe sapere che possa aver deluso chi ha visto ad esempio Audition, dello stesso regista, dato che si tratta di un sostanziale remake di un film anni 60 di arti marziali con lo stesso titolo. 13 assassini” è intriso di cultura e tradizione giapponese – con riferimento al mondo dei samurai, esaltandone il codice etico da guerrieri e, al tempo stesso, mettendo in discussione gli assunti di una società arcaica che si sta estinguendo. Due mondi contrapposti – dignitosa tradizione contro avida modernità – che combattono ferocemente  come consuetudine vuole anche nei film di Bruce Lee.

    La storia narra di un gruppo di dodici samurai (più un tredicesimo che si aggiungerà in seguito), che dovrà combattere contro un esercito intero per eliminare un signorotto feudale (Naritsugo) feroce e sanguinario. Il tutto per evitare che l’uomo possa consolidare ancora di più il proprio potere, approfittando dell’impunità di cui gode (etteparèva) e della schiera di soldati pronti a morire per difenderlo. Dopo una prima parte più contemplativa (anche se il sangue arriva dopo pochi minuti, mostrando il suicidio rituale di un uomo), si passa all’azione vera e propria: la dinamica di fatto è quella di un puro action-movie, solo con qualche spiegazione etico-filosofica in più rispetto alla media. I riferimenti di fondo, da tenere presente, sono almeno due: “I sette samurai” di Kurosawa – altro bellissimo film – e l’omonimo <<13 Assassini>> di Eiichi Kudo, del 1963.

    Questo film possiede dunque la struttura di un tipico film orientale di arti marziali elaborato in chiave moderna (ottima la fotografia), e trasposto nel mare di sangue di una guerra senza scampo, che potrebbe quasi considerarsi l’equivalente nipponico di Platoon. Di fatto molti tratti dei “13 assassini” sono (atipicamente, direi) “occidentalizzati”, a cominciare dallo svilupparsi lineare della trama, senza trascurare dettagli che saranno familiari un po’ a chiunque, come il samurai che minaccia il proprio opponente con un “ci vediamo all’inferno” che sa troppo di già sentito e di american-way. Un film inizialmente lento – è un luogo comune, in questi casi, ma va detto – che non mostra debolezze umane su cui sadici aguzzini infieriscono (come nel succitato Audition) bensì la figura di un Male assoluto, beffardo, compiaciuto e sostanzialmente estraneo a qualsiasi moralità. Un Male che gode nel vedere le proprie pedine combattere ferocemente, e difenderlo come se fosse un semi-dio.

    Se avete un po’ di insana curiosità, o comunque apprezzate il cinema orientale e non siete schizzinosi in fatto di sangue, secondo me dovete procurarvi questa pellicola ad ogni costo, e non credo rimarrete delusi. In caso contrario state alla larga, o alla meglio è bene che vi prepariate con la giusta predisposizione mentale ad assistere ad una pellicola insolita, che ha come suo principale “difetto”, se posso chiamarlo così, qualche momento lento e riflessivo non sempre troppo comprensibile. Una complessità che cozza con la tagline degna di un film di Schwarzy (“13 uomini / una missione / massacro totale“), forse un po’ subdola e che possiede il pesante difetto di suggerire una banale “tamarrata” anni 80.

  • Pagliacci assassini dallo spazio profondo è un horror di vecchia scuola ironico e intelligente

    Un gruppo di alieni dall’aspetto di clown (sic) arriva sulla Terra e terrorizza una piccola cittadina americana.

    In breve. Un piccolo e misconosciuto capolavoro low-budget anni ’80: da non perdere, se amate il genere horror e fantascienza e non vi dispiacciono le parodie, per quanto semplicistiche o demenziali possano essere.

    Killer Clowns degli statunitensi fratelli Chiodo (trio artistico specializzato nell’effettistica cinematografica che ha prodotto, ad oggi, questo unico film alla regia) è una commedia horror che produce, almeno all’inizio, un effetto straniante. Se il richiamo immediatamente comprensibile, infatti, è quello della fantascienza classica, dopo qualche minuto si intuisce che le cose non andranno come di solito accade. Gli alieni hanno un aspetto mostruoso, ma sono dei veri e propri pagliacci da circo, che sfruttano il proprio aspetto per avvicinare esseri umani in modo divertente e poi, ovviamente, catturarli. Nel farlo, usano armi decisamente non convenzionali – ad esempio, un fucile che spara popcorn.

    Sai se sono vulnerabili? Sì: devi sparargli sul naso.

    I due milioni di dollari di budget, all’epoca, vennero interamente investiti nei costi di produzione; questo implicò la realizzazione artigianale di quasi tutti gli effetti speciali del film, nella media – questi ultimi – rispetto alla produzione del periodo, per non dire di tutto rispetto. Se è vero che il cinema di genere è anche un gioco di ricicli e rielaborazioni, nello script di questo film c’è davvero qualcosa in più – e persiste nella mente dello spettatore, anche a costo di sollevare più di un sopracciglio durante la  visione (ciò che gli anglofoni esprimono efficacemente con un semplice acronimo, ovvero WTF: What The Fuck!?). Questa sorta di curiosità, che nel teatro si esprimerebbe attraverso un effetto straniante sullo spettatore, è più stimolante che respingente, e costringe letteralmente lo spettatore a scoprire un’assurdità dietro l’altra, alcune delle quali davvero piuttosto divertenti. Killer clowns è proprio così, inebriato dalla propria demenzialità autocelebrativa, in barba a qualsiasi protesta da parte del pubblico impegnato. Come spesso si dice in questi casi, “prendere o lasciare“: e per gli amanti del cinema di genere, è davvero il caso di prendere.

    Qualsiasi trucco o trovata topica da pagliaccio assume, qui, una parvenza horrorifica: se da un lato questo è autenticamente divertente (le torte in faccia usate come armi, le trombette da clown che soffocano le vittime, i bozzoli per catturare gli umani mediante zucchero filato) altre volte rischia di sembrare forzoso, per non dire troppo assurdo per essere vero. Ma in questo caso il film, nella sua semplicità, riesce a reggersi sulle proprie gambe, e questo lo eleva rispetto ad una certa media qualitativa, che è in genere piuttosto bassa, in questi scenari del genere.

    Le stesse interpretazioni degli attori, del resto, non sempre sono all’altezza (con poche eccezioni), i dialoghi giocano sulle situazioni tipiche da b-movie e, in buona sostanza, ne fanno una divertente contro-parodia: il cult di riferimento è il genere di fantascienza modello The brain, ma anche Invaders from Mars ed ovviamente Blob – Fluido mortale, in cui – evergreen – una piccola città è invasa dagli alieni, nell’indifferenza delle autorità. Tantissime situazioni, al limite del parodistico-demenziale, vedono gli alieni-clown muoversi esattamente come dei pagliacci, ovvero con movenze buffe o facendo scherzi (il mazzo di fiori con lo spruzzo d’acqua, ad esempio), ma nell’unico interesse di rapire esseri umani per cibarsene. Se non altro, qui siamo di fronte a situazioni parodistiche che si fanno accettare per quello che sono: non c’è tempo per puntualizzare, e bisogna per forza di cose sopravvolare sulle situazioni meno probabili, anche perchè il film garantisce un format leggero per la classica serata b-movie tra amici.

    Un film davvero incredibile, pertanto – forse tra le migliori commedie horror americane anni 80, poco nota in Italia, probabilmente, ma da riscoprire senza indugio. Era inoltre previsto – ultime notizie sono del 2017 – un sequel sempre da parte dei fratelli Chiodo, che sarebbe dovuto essere girato in 3D (dal titolo provvisorio: The Return of the Killer Klowns from Outer Space in 3D). A quanto pare, pero’, il sequel non uscirà per via di alcune complicazioni produttive: ma in questi casi, ovviamente, mai dire mai.

  • Nato il quattro luglio è la vera storia di Ronald Lawrence Kovic secondo Oliver Stone

    Il giovanissimo americano Ron Kovic si arruola nei marines e, ferito gravemente alla spina dorsale, perde l’uso delle gambe diventando impotente.

    In breve. La struggente storia di Ron Kovic, sentitosi tradito dalla propria patria dopo un passato tragico da militare nella guerra in Vietnam, diventa attivista per la pace. Un classico da non perdere per nessun motivo.

    Nato il quattro luglio (Born on the Fourth of July in lingua originale) è probabilmente uno dei migliori film di Oliver stone: uscito nelle sale nel 1989, venne sceneggiato in collaborazione con lo stesso Ron Kovic, personaggio realmente esistente negli USA, che si ritaglia anche un cameo all’inizio della pellicola.

    Incluso tra i migliori 100 film americani dall’American Film Institute nel 1998, è anche il primo film di Oliver Stone ad essere stato girato in formato 2.35:1. Fa parte della trilogia sulla guerra girata da Stone, che vede affiancato sia Platoon del 1986 che Tra cielo e terra del 1993. L’importanza del film è fondamentale perchè, soprattutto, narra la storia di un personaggio che cambia radicalmente idea: convinto del proprio patriottismo e disposto a sacrificarsi per la patria, paga a caro prezzo questa scelta diventando disabile e impotente. La sua reazione è quella di rivedere completamente la propria etica, scaraventandosi contro gli stessi USA che amava e che lo avevano abbandonato (in questo la storia evoca in qualche modo l’etica dei bikers, traditi anch’essi e dediti alla vita di strada, in contrapposizione ad un mondo troppo conformista). Un pugno in faccia, dal punto di vista narrativo, da cui lo spettatore rimane annichilito dal punto di vista emotivo: l’americano medio, ovviamente, non riuscirà mai (prevedibilmente) ad accettare questa scelta.

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    Oliver Stone, fortemente sostenuto dal suo mentore Martin Scorsese, avrebbe voluto girare girare il film proprio in Vietnam, ma considerazioni politiche e di convenienza lo fecero optare per una location nelle Filippine. Nato il quattro luglio è girato con varie sfumature cromatiche differenti, in particolare: le sequenze oniriche in bianco, quelle più struggenti in blu, quelle di battaglia in rosso. Per interpretare al meglio il proprio personaggio, Tom Cruise (attore sul quale la produzione ebbe, a torto, qualche perplessità di fondo) cercò di rimanere seduto sulla sedia a rotelle per molto più tempo del necessario, durante le riprese. Per inciso, poi, Cruise è nato un giorno prima del personaggio che interpreta (il 3 luglio).

    Dal punto di vista del torpiloquio, poi, si segnala la presenza della parola fuck, secondo IMDB, per 289 volte, un record battuto probabilmente solo da Pulp Fiction. Tra i personaggi pensati per interpretare la parte di Kovic, si segnalano Nicolas Cage, Sean Penn e curiosamente Charlie Sheen (lo stesso che avrebbe parodizzato la parte di Tom Cruise all’interno di Top Gun in Hot Shots).

    La Universal era preoccupata del messaggio sovversivo all’interno del film, tanto che – per contenere i costi – pare arrivò a non pagare buona parte del cast in anticipo, ma solo ad incasso ottenuto. Nato il quattro luglio ha anche vinto due Oscar: Migliore regia a Oliver Stone e Miglior montaggio a David Brenner e Joe Hutshing.

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