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  • 5 film di fantascienza che hanno anticipato la realtà

    5 film di fantascienza che hanno anticipato la realtà

    Fin dalla sua nascita, la fantascienza ha saputo prevedere il progresso della tecnologia, a volte con precisione sorprendente. Oggetti e dispositivi visti per la prima volta sul grande schermo sono oggi parte integrante delle nostre vite, e l’umanità ha saputo compiere imprese che un tempo sarebbero state viste come esempi di stregoneria. Scopriamo dunque alcune delle pellicole che hanno saputo mostrare sul grande schermo innovazioni poi diventate realtà.

    Minority report (2002)

    Vent’anni fa Steven Spielberg indovinò parecchie cose in questa pellicola interpretata da Tom Cruise e liberamente ispirata da un racconto di Philip K. Dick. Nel futuro di Minority report non avvengono più omicidi grazie a un sistema basato sulla premonizione del crimine e sulla punizione preventiva. Nel film compaiono pubblicità personalizzate, che chiamano insistemente per nome il protagonista. Pur se non a questi livelli, gli annunci pubblicitari mirati sono oggi quasi inquietanti nella loro precisione, ottenuta tramite i cookie che tracciano ricerche e traffico web. Nel film si vedono anche auto senza pilota, la cui introduzione si sta già discutendo, computer con interfaccia touch che ricorda molto i moderni smartphone, e anche la tecnologia di riconoscimento facciale che oggi si utilizza per sbloccare diversi dispositivi. Riguardandolo oggi, può venire voglia di entrare nel mondo tech per contribuire allo sviluppo di nuove innovazioni, e indubbiamente se si vuole iniziare a programmare da zero non c’è mai stato momento migliore. Un corso intensivo come Hackademy di Aulab aiuta ad avvicinarsi alla disciplina in tre mesi, insegnando basi di coding, le metodologie di lavoro più efficaci, oltre alla forma mentis necessaria per studiare poi altri linguaggi e, perché no, collaborare alla creazione di tecnologie che oggi sono ancora fantascienza.

    2001: Odissea nello spazio (1968)

    Il capolavoro visionario di Stanley Kubrick riuscì a immaginare molte delle tecnologie che sono diventate di uso comune, come le videochiamate e i tablet. Anche gli assistenti virtuali sono oggi una realtà con la voce rassicurante di Alexa o Google Assistant, fortunatamente ancora immuni dalle tendenze omicide dell’inquietante supercomputer HAL 9000.

    Nel film vediamo poi una stazione spaziale, che precede di tre anni la messa in orbita nel 1971 del primo modello da parte dell’Unione Sovietica. La stazione messa su schermo da Kubrick è basata su un vero progetto della NASA, nel quale la struttura ruoterebbe su se stessa per creare un effetto di gravità artificiale.

    Guerre stellari (1977-1983)

    Sebbene il franchise creato da George Lucas stia ancora sfornando nuovi prodotti, ci riferiamo qui alla trilogia originale uscita tra il 1977 e il 1983. È vero che la storia si avvicina forse più al genere fantastico, ma di certo ha saputo prevedere un paio di innovazioni divenute realtà. Nel primo film, la principessa Leila appare a Obi-wan Kenobi sotto forma di ologramma 3D, una tecnologia utilizzata oggi con successo per organizzare concerti live di artisti scomparsi o, nel caso della popstar animata giapponese Hatsune Miko, mai esistiti. Passando ai progressi medici, il braccio bionico che Luke utilizza dopo uno scontro con Dart Fener è adesso una reale possibilità per pazienti che hanno subito l’amputazione di un arto.

    Viaggio nella luna (1902)

    Vero pilastro della storia del cinema e considerato il primo film di fantascienza mai realizzato, la pellicola muta di George Méliès ha anticipato, come suggerisce il titolo, l’allunaggio. Non sorprende che ci abbia visto così lungo, considerato che l’opera è in parte ispirata a un racconto di Jules Verne, famoso per la sua abilità nel prevedere invenzioni e scoperte future. Certo, i viaggiatori di Méliès si trovano davanti una situazione ben diversa da quella che si presentò a Neil Armstrong e compagni nel 1969, ma ciò non intacca il fascino e il valore della pellicola.

    Star Trek (1966 – in corso)

    Pur consistendo in realtà in diverse serie e film, la saga di Star Trek merita una menzione speciale. Le avventure dell’Enterprise e del suo equipaggio non hanno solo anticipato invenzioni, come il traduttore universale, ma le hanno addirittura ispirate. L’inventore del primo cellulare, Martin Cooper, citò infatti tra le sue fonti di ispirazione proprio i dispositivi per la comunicazione del Capitano Kirk. Inoltre, file mp3 e iPad con funzione touch si possono a loro volta annoverare tra le tecnologie che devono molto a Star Trek.

    Foto di Thomas Budach da Pixabay

  • Dieci brani indimenticabili degli Squallor

    Dieci brani indimenticabili degli Squallor

    Stando a Wikipedia inglese (in genere affidabile, almeno nella nostra esperienza) gli Squallor sono assimilati al genere della comedy music, e furono attivi tra il 1973 ed il 1994. A quanto pare, pero’, erano già attivi verso la fine degli anni ’60. Immersi professionalmente nell’ambiente della produzione discografica dell’epoca, vivevano ogni giorno a contatti con i maggiori musicisti dell’epoca, mal sopportandone i vezzi e le vanità; e fu così che fondarono gli Squallor, ispirandosi nello stile alla visione di un suggestivo film (Il mio amico il diavolo di Stanley Donen, ed in particolare al cantato-parlato sfoggiato da uno dei personaggi).

    Siccome noi frequentavamo i cantanti, che sono i peggiori scassacazzi mondiali, quando facevamo gli Squallor ci sfogavamo contro i cantanti, quelli seri.» (Alfredo Cerruti)

    Nella loro carriera realizzarono 14 album in studio, dalle copertine allusive e dai titoli provocatori, e anche due film – uno dei quali, Uccelli d’Italia, divenne uno dei capisaldi del trash assieme ad Arrapaho. Non si esibirono mai dai vivo ma, ancora oggi, sono ricordati come una band innovativa e “avanti” rispetto alla media: non semplicemente come proto-rock demenziale, ma anche come espressione di una musica dadaista, dai tratti sbroccati e provocatori, che sarebbe rimasta scolpita nell’immaginario collettivo italiano per anni.

    Di seguito una rassegna ragionata dei migliori 11 brani degli Squallor, ovviamente secondo noi.

    Ti ho conosciuta in un clubs

    Al netto dell’inglese maccheronico di clubs, è una parodia dei brani romanticheggianti dell’epoca (era il 1973), il brano parte con una delle contrapposizioni più lapidarie e geniali mai scritte:

    ti ho conosciuta in un clubs, eri bellissima, ma avevi un solo difetto: non c’eri.

    38 luglio

    “Il pezzo” degli Squallor sull’amore perduto, impresso nella memoria dei fan da sempre e, a quanto risulta anche dal documentario sulla band – venne totalmente improvvisato da Alfredo Cerruti – Tratti illogici, incoerenti e volutamente demenziali attraversano quasi tutto il brano, con uno splendido arrangiamento e l’effetto straniante di una semantica votata al dadaismo e al non-sense. L’effetto fu devastante: era nato un nuovo genere musicale, in cui la musica era in linea con quella ripulita e perbenista dell’epoca ma che, al tempo stesso, era totalmente folle dal punto di vista semantico.

    La storia è quella di un elettrotecnico, che vive dei tormenti da amore non corrisposto. Almeno, così sembra.

    Appare evidente l’influenza del brano Drimbel Wedge and the vegetation tratto dal film Bedazzled (Il mio amico il diavolo), principale fonte di ispirazione della band. Per la cronaca, nel film Stanley è una rock star la cui fama sarà di breve durata, usurpato da un nuovo arrivato chiamato “Drimble Wedge and the Vegetation” (George) che intona il brano con tono di voce staccato, fermo e soprattutto parlato (uno stile molto riconducibile al marchio di fabbrica Cerruti degli Squallor) del proprio disinteresse per chiunque, a parte se stesso.

    Probabilmente, per certi versi, una sorta di parodia del movimento britannico psichedelico in voga all’epoca, o di artisti come il primo Syd Barrett.

    Arrapaho

    La colonna sonora dell’omonimo film (per la cronaca, ne hanno prodotti due: Arrapaho e Uccelli d’Italia), oggetto di culto nel mondo dei  b-movie ancora oggi.

    Marcia longa

    Pezzo considerevolissimo per via di una singolare caratteristica: ci sono due voci narranti sovrapposte, una sul canale destro l’altra sul canale sinistro. A parte l’effetto psichedelico che prova questa scelta, sentire i due commentatori fare la cronaca di un evento sovrapponendosi, insultandosi ed arrivando allo zenith dadaista-surreale con un mitico:

    mettetevi un dito in culo e la vita vi sorriderà!

    https://open.spotify.com/track/4GwhA1HhsEM7TFChQoGY4J?si=a1a79a8c137f4b70

    Marcia dell’equo canone

    Abbastanza sulla falsariga del pezzo precedente, vede ancora una volta la voce narrante che racconta di improbabili case. Tra le perle del brano, il narratore che non sembra sapere più cosa dire, ad un certo punto, per poi esplodere in un epico “ma comme cazz è ‘llonga ‘sta marcia!”.

    Come vedete, su una casa c’è già uno che si vuole suicidare perché l’ha appena vista
    E’ di sedici piani, bianca, con delle stanze dove centra solamente di sbieco
    Perché si centra di chiatto non centra
    E appena ha visto l’architetto, i due si sono afferrati per il collo
    C’è voluto l’intervento dei pompieri per staccarli

    […]

    Questa è la casa per la sarta: come vedete, è una casa di ‘mmerda
    C’ha un monolocale intrinsico senza luce, così la sarta cuce ad occhio

    Cornutone

    Il computer Amedeus

    Uno dei pochi pezzi con synth, in cui si notano vari dettagli sbroccati parodici sull’avvento degli home computer (era il 1985) quanto, sentiti oggi, profetici:

    Ho due software, uno che fa i bucchini, e un altro che lo piglia in culo,
    nuovi giochi elettronici che servono a insegnare ai nostri figli come chiavare.

    Pret a Porter

    Pezzo dichiaratamente anti-clericale, è presentato dal personaggio di Fravolone e si gioca su un’ipotetica sfilata di moda di un gruppo di preti. Si tratta di un travisamento volontario e demenziale dell’espressione prêt-à-porte, in francese “pronto a portare“.

    Berta

    Alla base dell’episodio raccontato, una delusione d’amore: lui torna disperato quanto sbroccato da lei, che a sua volta non le manda a dire.

    Senti pirla,a me, nun me passa manco p”o cazzo ra mochetta ‘e Zambelletti, ‘e chella bucchina ‘e mammeta, ‘e capito? ‘I stò pe cazzi re miei, ‘e sorde ‘e tengo, a fella ‘e carne m”a magno tutt ”e juorne, a te e sta’ seiciento ‘e merda ch t’hanno accattato ‘e genitori tuoi. Ahhhhhh.
    Io mi alzo la mattina: me faccio nu bello bagno, me magno n’uovo,
    e chi cazzo mo fa fa?

    Mi ha rovinato il ’68

    Non potevo che chiudere la rassegna su questo pezzo, uno dei pochissimi ad essere cantati e noto (oltre che per l’arrangiamento, come al solito mostruoso) per la splendida voce di Totò Savio, il quale racconta dei tormenti di un ex sessantottino – ed in cui ovviamente il 69 non è semplicemente l’anno successivo ma anche, per non dire soprattutto, una posizione sessuale.
    Il ’68 lo passammo in trincea
    gridando forte giù le mani dal Vietnam
    Era la storia che apriva strade nuove
    e finalmente fu il 69.
    E non mi pento del mio passato
    ma il ’68 mi ha rovinato.
    Generazione maledetta la mia
    noi siamo ancora l’Italia che scia
    Verso il domani, verso il non si sa
    perché fa rima con la libertà.
    Quante illusioni occupazioni e cortei e
    lacrimogeni e botte per star con lei
    Finché una notte al fuoco dei falò
    Mi disse scusa e un altro si chiavò.
  • Speciale: il cinema del complotto

    Speciale: il cinema del complotto

    Il cinema, da sempre, al di là della sua innata funzione di intrattenimento, ci aiuta a leggere la realtà? Se tutti adesso vedono e rivedono Contagion di Soderberg, per intenderci, non è che siano improvvisamente diventati cinefili: c’è paura, tanta, è normalissimo che ci sia – ed un film come quello aiuta ad esorcizzare. Le piattaforme di streaming come Netflix stanno riducendo la qualità dei video, in alcuni casi, per limitare l’uso della banda, data la richiesta surreale che sta arrivando: se ci pensiamo, solo in Italia, 6 milioni di persone a casa, un bacino d’utenza fresco (credo) praticamente inedito per l’Italia.

    Tutti in casa belli e connessi, insomma – o quasi, tranne qualcuno che (suo malgrado) dice di non “credere” al virus: le teorie del complotto hanno iniziato a diffondersi anche in Italia, il virus secondo loro è stato creato apposta, addirittura non esisterebbe. Eppure le immagini dei mezzi militari a Bergamo che portavano via le vittime del virus dovrebbero averle viste tutti: e allora come si può arrivare a questo – nonostante una realtà come questa, evidente, tangibile, che ci costringe a rimanere tappati in casa il più possibile? Evidentemente un virus cattivo, difficile o impossibile da curare ed evoluto in modo naturale – come sembrerebbe essere il coronavirus – è molto, molto più spaventoso di uno creato in laboratorio ad hoc (quando, a mio parere, dovrebbe essere il contrario).

    Ne abbiamo sentite di fandonie e assurdità, in questi anni: il surriscaldamento globale che non esiste, o che è stato inventato dai climatologi per tutelare il proprio lavoro. L’evoluzione darwiniana, che sarebbe secondo alcuni “solo una teoria“. Le vaccinazioni che causerebbero l’autismo. Queste sono tutte, evidentemente, assurdità a cui nessuno dovrebbe credere: ma nel clima di ricerca di soluzioni facili, sbrigative, perchè in fondo abbiamo di meglio a cui pensare (arroganza pura di alcuni, purtroppo), perchè a qualcuno le disposizioni governative fanno un baffo, . Ma il problema sono anche i media, ai quali sembra interessare solo il body-count, la conta spietata delle vittime, il click-bait che manco nei siti di bufale ed il portare lettori sul proprio sito a qualsiasi costo, magari perchè pagano (poco, s’intende) gli stipendi ai propri giornalisti ad impressions.

    Un clima folle, esasperato e crudele che in parte George Romero e Brian Yuzna avevano quasi profetizzato negli anni scorsi; e con loro, ovviamente, molti altri registi di tutto il mondo.

    Il paradigma di negazione della realtà alla ricerca di una spiegazione alternativa, se possibile condizionata dal Governo, laboratori segreti e da “quello che non ci dicono“, se storicamente non sarebbe nemmeno impossibile (complotti ce ne sono stati nella storia, ma meno frequentemente di quello che si pensa) è diffuso nella sua forma più cruda come negazionismo (denialism) ed è ben noto nella psicologia del comportamento umano. Dopo questo virus gli psicologi mondiali, per inciso, avranno un bel da fare con tutti noi.

    Negare la scienza, dicevamo, negare le realtà ufficiali fa sentire appagati e (forse) più tranquilli: ed è determinato anzitutto dal clima di confusione imperante, e non solo. Dipende anche da realtà che spesso diventano troppo brutali da accettare. Molti non riuscirono ad accettare che gli attentati dell’11 settembre fossero stati organizzati contro la nazione più potente al mondo, e quindi ripiegarono (e ripiegano ancora oggi!) su spiegazioni “alternative”, anche se improbabili o completamente inventate. Si nega l’olocausto, si nega l’AIDS, il cambiamento climatico: tutto, pur di adattare la realtà al proprio standard di vita. Un’ottica egoista e miope, che trova purtroppo tanto consenso, ad esempio, negli ambienti più conservatori e chiusi, ma in alcuni casi addirittura in quelli più radicali e progressisti. Chi nega il coronavirus, probabilmente, non riesce proprio ad accettare che possa costringerci alla quarantena.

    Esiste una sterminata filmografia di cinema complottista o para-complottista, che non per forza ha a che fare con la malattia in senso pandemico: un esempio è Shutter Island di M. Scorsese, in cui il protagonista si inventa una realtà alternativa in cui vivere pur di non ammettere di aver fallito. Anche film meno noti al grande pubblico come Cube o Pathos, ad esempio, ricalcano le paure di chi crede di avere tutto contro: un mondo ostile, cupo ed in cui le trappole sono architettate ad arte – non si sa bene per quale motivo, da chi e cui prodest.

    Citerei anche Society di Yuzna, peraltro, perchè è l’espressione più lampante di un atteggiamento molto diffuso anche in Italia: se sei di status sociale elevato ti senti comunque superiore alla massa, non attaccabile da alcun virus. A proposito di contagio, anche film come The Gerber Syndrome: il contagio, Pontypool, Crimes of the future, La città verrà distrutta all’alba, Apocalypse Domani, e direi anche l’inquietantissimo Rabid – Sete di sangue rientrano secondo me a pieno diritto negli horror incentrati sulla diffusione di pandemie, malattie sconosciute e germi misteriosi e sfiguranti. In un’ottica travisata dai più, peraltro, anche Essi vivono di John Carpenter (regista rigidamente materialista, peraltro) è molto noto nell’ambiente complottista.

    Ci sono molti altri film e documentari, di cui non ho mai volutamente parlato su questo blog, che mantengono la stessa falsariga e la estremizzano: ci raccontano che la realtà è manipolabile, distorta, e cercano di convincerci (a differenza dei titoli citati) che le cose stiano proprio come dicono loro. In questi giorni siamo di fronte ad un evento di portata mondiale che avrebbe fatto rabbrividire anche George Romero e Lucio Fulci, che a più riprese immaginarono l’apocalisse dovuta ai morti viventi (per via di esperimenti incontrollati, abusi ambientali, cause ignote e naturalmente diffusione di epidemie).

    In definitiva: sono un umile recensore di un piccolo, quasi insignificante sito di cinema. Non uso i social per diffondere biecamente articoli del genere, basandomi sul clickbait: li scrivo e basta. Non sono nessuno, non sono un virologo, non sono un complottista. Dico solo che certi film andrebbero rivisti, per avere la conferma che gli artisti, i registi, gli sceneggiatori sono spesso profetici, e se non lo sono hanno le antenne – quantomeno. Se ogni persona è tentata, anche la più razionale, a pensare ad un complotto, ricordiamoci del rasoio di Occam: la spiegazione più semplice è spesso quella giusta. E noi, in fondo, siamo soggetti ai virus in quanto, semplicemente, siamo parte della natura.

    Solo che, purtroppo, molti di noi – tra un selfie ed un aperitivo – se lo sono dimenticato.

    Photo by Josh Hild on Unsplash
  • Le scommesse sportive nei film: un mondo da riscoprire

    Le scommesse sportive nei film: un mondo da riscoprire

    Prendiamo un film, anche il primo che vi venga in mente (o anche solo il nostro preferito), e proviamo ad immaginare di sezionarlo. Chiediamoci: che cosa c’è davvero al suo interno? Ogni film degno di questo nome presenterà, a farci caso, una specifica “posta” in gioco: un messaggio specifico, sociale o politico, un’analisi psicologica, una speculazione filosofica. Oppure, al contrario, un inutile non sense, un indecifrabile non-messaggio fatto di nichilismo, senso del ridicolo, inconsapevolezza, cinismo, ironia, demenzialità, magari umorismo ingenuo, di bassa lega. Poco importa: la posta in gioco c’è sempre, addirittura anche se il regista non avrebbe mai voluto, e la “scommessa” registica si esplica nel proporre quel contenuto sullo schermo, farlo vedere e farne parlare, in un’ottica esibizionistica quanto esplorativa.

    Scommettiamo che…

    Il numero di stereotipi legati al mondo delle scommesse nel mondo cinema è enorme: dalla rappresentazione delle sfide più azzardate ed emozionanti della storia, fino ad arrivare alle più becere trame da film hard di serie Z. Quale sarà la prossima idea a farci attraversare da un brivido inesorabile? Scommettere su qualcosa possiede un innegabile fascino che il cinema, ovviamente, non poteva mancare di esprimere alla massima potenza: e forse addirittura poco importa il come lo faccia – se mediante trame sgangherate di casalinghe vs. idraulici oppure, all’estremo opposto, raccontando di micidiali hacker intenti a scommettere sul mondo.

    E dire che sono trascorsi 48 anni, al momento in cui scriviamo, da quando Steno ideò Febbre da cavallo, una delle commedie cult più celebrate in assoluto, nel cinema italiano, di questo genere. Nel frattempo il mondo virtuale ha definitivamente preso piede, per cui oggi si parla di scommesse sportive online, con numerosi siti web che richiamano questa idea come ad esempio scommessesportiveonline.org. Quanto riferiamo per le scommesse online in Italia sembra valere, su scale geografiche differenti, anche per il resto del mondo, con l’esclusione (speriamo solo temporanea e più breve possibile) delle zone caratterizzate da situazioni di conflitto, come sappiamo, alquanto complesse e preoccupanti. Piaccia o meno, stiamo globalizzando con passo inesorabile anche questo ambito.

    Il lato oscuro del gambling

    Da un altro punto di vista, parlando di film e scommesse, il mood relativo al mondo delle scommesse sportive ha conosciuto fasi alterne: se prima si ironizzava facilmente anche grazie alle interpretazioni dei divi caratteristi della commedia all’italiana, col tempo sono uscite fuori storie un po più serie o inquietanti, oggetto delle sceneggiature di film come il recente Il lato oscuro dello sport. Quel film raccontava, tra le altre cose realmente avvenute in ambito sportivo, quella dei giocatori NBA che truccarono il campionato scommettendo su se stessi, in un’esibizione di freddo calcolo finanziario che lascia ancora oggi, almeno in parte, basiti (e su cui i protagonisti si sono ravveduti col tempo, come testimoniato dal documentario stesso, per quanto lo fecero almeno all’inizio per necessità). Cambiano i punti di riferimento, non esiste più una sola faccia della realtà – e a questo punto la celebre parallasse (approfondimento) per interpretare i duplici piani della storia, di cui dissertava Zizek molti anni orsono,  sembra che si sta davvero concretizzando.

    Tale switch continuo di “umore” sembra sostanziale, e vale la pena approfondirlo: anche perchè, in prima istanza, esso è frutto delle situazioni che viviamo nella nostra martoriata e contraddittoria società, di cui il cinema finisce per essere lo specchio. Sarà senza dubbio curioso scoprire come potrebbe cambiare ancora, radicalmente o meno, in futuro.

    Le scommesse e la perdizione di Barry Lyndon

    La rappresentazione delle scommesse nel contesto cinematografico, è uno stereotipo di tanti film americani, del resto: basti citare a mo’ di esempio film interpretati da grandissimi attori (anche se non sempre come trame davvero memorabili) come The Gambler, Una notte da leoni – e l’elenco potrebbe continuare per moltissime altre righe. E poi, se proprio volessimo dirla tutta, andrebbe citato almeno Barry Lyndon, uno dei film meno noti e più amati di Stanley Kubrick, in cui l’iniziazione al gioco d’azzardo del protagonista ne segnerà l’inizio della perdizione (indimenticabile, a riguardo, la sequenza accompagnata dal Barbiere di Siviglia di Giovanni Paisiello).

    In fondo il cinema non è altro se non un simbolo, al limite svuotato di ogni significante, il che non depone necessariamente in favore di vera e propria bassa qualità (e ci serviva Quentin Tarantino per ricordarcelo) e che anch’esso rappresenta il nostro bisogno inconscio di non pensare, di pensare meglio, di pensare meglio, di evadere, di provare il brivido dell’azzardo per provare, in qualche modo, ad inseguire un processo mentale virtuoso, rilassante e coinvolgente.

  • Corsi Gratuiti per il settore audiovisivo (Regione Lazio) – Tecnico del suono e Montatore cinematografico e audiovisivo

    Corsi Gratuiti per il settore audiovisivo (Regione Lazio) – Tecnico del suono e Montatore cinematografico e audiovisivo

    Riceviamo e pubblichiamo su segnalazione degli organizzatori.

    Con il progetto M.I.C.S.A. – Miglioramento e Innovazione delle Competenze per il Settore Audiovisivo il Centro Europeo di Studi Manageriali propone due iniziative gratuite, con lo scopo di accrescere le competenze degli operatori del settore, promuovere l’internazionalizzazione e l’innovazione del settore audiovisivo laziale. Il progetto prevede due percorsi formativi della durata di 160 ore e due seminari indirizzati a disoccupati residenti o domiciliati da più di 6 mesi nella Regione Lazio.

    I corsi sono finanziati dalla Regione Lazio e dall’Unione Europea POR-FSE 2014–2020. L’iniziativa ha lo scopo di promuovere l’innovazione del settore audiovisivo laziale accrescendo le competenze degli operatori del settore.

    Le attività si sviluppano nell’ambito delle iniziative finanziate dalla Regione Lazio e dall’Unione Europea POR- FSE 2014–2020 con le risorse della Sovvenzione Globale MOViE UP 2020, uno strumento di intervento attivato con l’obiettivo di formare e sviluppare le competenze degli operatori del settore audiovisivo. Nell’ambito del progetto M.I.C.S.A. sono previsti due percorsi formativi uno per “Tecnico del suono” e uno per “Montatore cinematografico e audiovisivo” e due seminari con testimonial e professionisti del settore.

    DURATA E CONTENUTI DEI CORSI

    Tecnico del suono – 160 ore

    Il tecnico del suono è una figura professionale che si occupa della gestione dell’audio in ogni tipologia di attività o evento che preveda l’utilizzo di microfoni, mixer, diffusori acustici, registratori ecc. Nell’ambito cinematografico e della produzione audiovisiva si occupa della gestione dei dialoghi, dei suoni di ambiente, dei rumori e di tutte le fonti audio in generale, nella fase di produzione e post-produzione.

    Argomenti del corso:

    • Principi base del settore audiovisivo
    • Principi di acustica, segnale audio e microfoni
    • Ripresa e registrazione, gli elementi strutturali e ambientali delle location
    • Soluzioni tecniche di ambientazione sonora
    • Post-produzione audio
    • Modulo di Lingua inglese, linguaggio tecnico di settore
    • Comunicazione e competenze relazionali nel contesto lavorativo

    Montatore cinematografico e audiovisivo – 160 ore

    Il Montatore cinematografico e audiovisivo è una figura che esegue le operazioni di montaggio delle fonti audiovisive, ordinando e connettendo le sequenze, scegliendo immagini e suoni idonei a garantire la continuità narrativa indicata nella sceneggiatura. Attraverso il montaggio elabora la versione finale del prodotto audiovisivo (film, documentario, filmato video-giornalistico videoclip, corto, promo…).

    Argomenti del corso:

    • Teoria e tecnica del linguaggio cinematografico
    • Basi del montaggio analogico e digitale
    • Composizione della struttura narrativa
    • Montaggio dei media in una sequenza
    • Maschere effetti e transizioni
    • Color correction e color grading
    • Modulo di Lingua inglese, linguaggio tecnico di settore
    • Comunicazione e competenze relazionali nel contesto lavorativo

    Requisiti di partecipazione: i corsi sono riservati a 30 disoccupati o inoccupati (15 per percorso) maggiorenni e residenti o domiciliati da almeno 6 mesi nella Regione Lazio in possesso del diploma di scuola media superiore. I partecipanti dovranno inoltre risultare iscritti ad un Centro per l’impiego. È preferibile possedere esperienze pregresse o uno spiccato interesse nel settore.

    Modalità di iscrizione al corso

    Per partecipare ai corsi gratuiti è necessario presentare la propria domanda di ammissione, redatta in carta semplice e con allegata la documentazione relativa al possesso dei requisiti richiesti.

    La domanda di ammissione al corso dovrà pervenire entro il termine improrogabile del giorno 10/03/2022 alle ore 16.00 mediante posta elettronica al seguente indirizzo:

    [email protected]

    oppure a mezzo posta ordinaria o raccomandata al seguente indirizzo:

    Centro Europeo di Studi Manageriali – Via Lavanga 97/99 – 04023 – Formia (LT)

    Bando e domanda di iscrizione sono disponibili al seguente link: centroeuropeo.it/corsi-gratuiti-settore-audiovisivo

    Durata: 160 ore formazione + 6 ore di seminario (per ogni percorso)

    Modalità: formazione a distanza, i corsi si terranno attraverso la piattaforma Cisco Webex.

    Al termine dei percorsi previo superamento dell’esame finale, verrà rilasciato un attestato di frequenza.

    Per informazioni è possibile contattare i seguenti recapiti:

    Tel. 0771-771676 – email: [email protected] – Ulteriori informazioni sono disponibili sui siti: www.centroeuropeo.it – www.movieup2020.it