BRIVIDI_ (84 articoli)

Recensioni dei migliori thriller usciti al cinema e per il mercato home video.

  • Sinister: la creatura di Derrickson in bilico tra serial killer e sovrannaturale

    Sinister: la creatura di Derrickson in bilico tra serial killer e sovrannaturale

    Ellison è uno scrittore in crisi: il suo libro “Kentucky Blood” è stato un best seller, ma attualmente vive nel dimenticatoio, e sta cercando l’ispirazione per un nuovo lavoro. Tacitamente memore del Jack Torrance di Shining, si stabilisce con la famiglia all’interno di una casa in cui, come vediamo dall’inizio, sono avvenuti degli orrendi omicidi. Il ritrovamento di una serie di filmini in formato Super 8 introduce ad un terrificante “filo” che sembra ricondursi ad un killer seriale.

    In breve. Horror a tinte sovrannaturali che affascina per via della possibile spiegazione razionale che lo accompagna: per quanto il ritmo possa latitare in certi momenti, certamente un buon film con finale neanche troppo “telefonato”.

    “Innegabilmente spaventoso”, “prevedibile”, “spaventoso ma artificioso”: queste alcune delle controverse reazioni della critica alla prima visione del film: un lavoro diretto e sceneggiato da Derrickson che non delude le aspettative.  Sviluppando uno degli archetipi più classici del cinema del terrore e thriller – una situazione parzialmente ordinaria che degenera, più una serie di segreti ben nascosti nella storia – il regista ci propone in particolare un Ethan Hawke in gran forma, credibile ed immedesimato nella parte. Chi ha girato il filmato della morte della famiglia? Per quale ragione non è stato ripreso uno dei componenti? Perchè è stato realizzato il tutto? Sono queste le domande che angosciano il protagonista, coadiuvato dalle interpretazioni intense e coinvolgenti dei propri familiari. Alla base di questo singolare thriller contaminatissimo con l’horror, vi è di fatto una situazione di conflitto legata alla tensione che trasmette il protagonista per via del lavoro che svolge (scrivere romanzi incentrati su fatti reali di cronaca nera).

    La figura di Bughuul, demone mangiatore di bambini (riferito nel film come Mr. Boogie, “l’uomo nero”), viaggia attraverso il tempo e lo spazio alla ricerca di giovani vittime di cui nutrirsi. Figura senza dubbio affascinante la sua, perchè rielabora curiosamente la figura del villain – come potrebbe esserlo Nightmare, Smiley o Jason – e ne arrichisce i connotati, inserendovi elementi di pseudo-tradizione babilonese. Questo è uno degli elementi di forza di una storia che, in “Sinister“, probabilmente qualcuno potrebbe trovare prevedibile ma che, di fatto, non lo è neanche troppo, specie se si considera il sulfureo (e nerissimo) finale. La quasi totalità dell’intreccio di “Sinister“, dal canto suo, si fonda sulla contrapposizione amore/odio instauratosi tra Ellison – che suggerisce una morbosa ricerca della verità, anche a costo di superare ogni limite – e Tracy, che invece simboleggia la coesione della famiglia, e più in generale l’importanza della sfera emotiva. Di fatto questo tipo di contrapposizione riesce, seppur con qualche piccola forzatura, a far emergere un film di buon ritmo e livello, capace di appassionare anche lo spettatore più smaliziato. Certamente non mancano riferimenti e citazioni più o meno spudorate: a parte un parziale parallelismo con Shining, svariati elementi di “Sinister” richiamano The ring, una certa tradizione horror nipponica legata ai demoni che tornano ciclicamente (Ringu, Noroi, Izo), le atmosfere di Them e, in buona parte, quelle snuff-orrorifiche di REC.

    Per questa ragione piacerà senza dubbio a chi è amante di questo genere di scenari, per quanto la struttura stessa del film riesca ad aprirsi ai gusti di più di un tipo di pubblico, anche quello meno avvezzo – come il sottoscritto – alle pellicole incentrate su eventi sovrannaturali.

  • Memento: trama, produzione, spiegazione del film

    Titolo: Memento
    Regia: Christopher Nolan
    Cast principale: Guy Pearce, Carrie-Anne Moss, Joe Pantoliano

    “Memento” è un thriller psicologico del 2000 scritto e diretto da Christopher Nolan. La trama segue Leonard Shelby (interpretato da Guy Pearce), un uomo che soffre di perdita di memoria a breve termine a causa di un trauma cerebrale subito durante un’aggressione in cui sua moglie è stata violentata e uccisa. Leonard non riesce a formare nuovi ricordi a lungo termine e vive con l’incapacità di conservare nuove esperienze. La sua ricerca di vendetta è guidata da una serie di tatuaggi, polaroid e annotazioni che si fa sul corpo per ricordare gli eventi importanti. La storia è narrata in ordine cronologico inverso, in modo che gli spettatori vivano l’esperienza di Leonard e della sua confusione.

    Produzione

    “Memento” è stato prodotto con un budget relativamente basso di circa 5 milioni di dollari. Christopher Nolan ha adattato la sceneggiatura da un racconto del fratello Jonathan Nolan intitolato “Memento Mori”. Il film è noto per la sua struttura narrativa non lineare, che è diventata un marchio di fabbrica del regista.

    Stile

    “Memento” è stato scritto e diretto da Christopher Nolan ed è uscito nel 2000. Il film presenta uno stile visivo distintivo, con sequenze in bianco e nero che scorrono in ordine cronologico inverso, alternate a sequenze a colori in ordine cronologico normale. Questa scelta dovrebbe, nelle intenzioni registiche, aiutare il pubblico a entrare nella mente confusa di Leonard e a sperimentare la sua lotta per capire ciò che sta accadendo.  Nolan ha lavorato a stretto contatto con suo fratello, Jonathan Nolan, per sviluppare la storia e la struttura narrativa uniche del film. La produzione di “Memento” è stata notevolmente interessante e ha contribuito a definire il suo stile originalissimo, praticamente unicum per l’epoca.

    Ecco alcuni punti chiave sulla produzione del film:

    1. Struttura narrativa non lineare: Una delle caratteristiche più distintive di “Memento” è la sua struttura narrativa non lineare. La storia è presentata in due sequenze separate: una in bianco e nero che avanza cronologicamente e l’altra a colori che va all’indietro nel tempo. Questa struttura riflette la prospettiva del protagonista, Leonard, che soffre di amnesia anterograda, rendendo la trama confusa e frammentata.
    2. Finanziamento indipendente: Il film è stato prodotto con un budget relativamente modesto di circa 9 milioni di dollari. Il finanziamento è stato ottenuto da diverse fonti, tra cui un consorzio di investitori indipendenti e la Newmarket Films.
    3. Cast e personaggi: Il film ha visto la partecipazione di attori come Guy Pearce (nel ruolo di Leonard), Carrie-Anne Moss, e Joe Pantoliano. Ciascuno di questi attori ha svolto un ruolo significativo nel tessere la trama intricata del film.
    4. Lavoro sul set: Christopher Nolan e il suo team creativo hanno lavorato in modo diligente per creare l’atmosfera giusta per il film. La fotografia in bianco e nero per la sequenza in avanti e a colori per quella all’indietro è stata una scelta stilistica chiave. La trama si svolge in vari luoghi, spesso degradati e urbani, per creare un’atmosfera di confusione e sospetto.
    5. Critiche positive: “Memento” è stato acclamato dalla critica per la sua narrazione innovativa e complessa, oltre che per le performance degli attori. Il film ha guadagnato una seguace base di fan grazie alla sua sfida alle convenzioni narrative tradizionali.

    La produzione di “Memento” ha contribuito a definire lo stile e la firma distintiva di Christopher Nolan come regista, portando all’attenzione del pubblico la sua abilità di creare trame complesse e coinvolgenti.

    Sinossi

    Leonard cerca di scoprire l’identità dell’aggressore che ha ucciso sua moglie e ha causato la sua condizione. Durante il suo viaggio, incontra Natalie (Carrie-Anne Moss) e Teddy (Joe Pantoliano), due persone che sembrano aiutarlo, ma la fiducia di Leonard viene spesso messa in discussione. La trama svela lentamente le connessioni tra i personaggi e il modo in cui Leonard è stato manipolato.

    Curiosità

    • “Memento” è diventato un film di culto grazie alla sua trama unica e alla struttura narrativa innovativa.
    • Il film affronta temi complessi come la memoria, l’identità e la percezione della realtà.

    Spiegazione dettagliata finale (Spoiler)

    Alla fine del film, si scopre che la realtà non è come sembra. Teddy rivela a Leonard che in realtà è stato lui a uccidere sua moglie, ma Leonard ha creato una narrazione fittizia in cui insegue un criminale chiamato “John G.” per dare un senso alla sua vita. Teddy ha manipolato Leonard per i suoi scopi personali, sfruttando la sua incapacità di formare nuovi ricordi. Leonard ha manipolato la sua stessa percezione della realtà, creando una serie di indizi falsi e bugie per guidare la sua ricerca vendicativa.

    Il film sfida lo spettatore a mettersi nei panni di Leonard e a cercare di separare la verità dalle menzogne. La sequenza finale, in cui Leonard decide di mentire a se stesso creando una nuova verità da inseguire, mette in luce la fragilità della memoria e l’illusione della percezione. La struttura narrativa a due fili, che scorrono in direzioni opposte, rappresenta la dualità tra la realtà oggettiva e la percezione soggettiva.

    In sostanza, “Memento” mette in discussione la natura della verità e la costruzione della realtà attraverso la lente di una mente gravemente compromessa. La storia di Leonard è un’esplorazione profonda e disturbante della memoria e dell’identità umana.

    Monologo finale del film

    Devo credere in un mondo fuori dalla mia mente, devo convincermi che le mie azioni hanno ancora un senso, anche se non riesco a ricordarle. Devo convincermi che, anche se chiudo gli occhi, il mondo continua ad esserci… allora sono convinto o no che il mondo continua ad esserci? …c’è ancora? Sì. Tutti abbiamo bisogno di ricordi che ci rammentino chi siamo, io non sono diverso… Allora, a che punto ero?

    Il monologo tratto dal film “Memento” di Christopher Nolan riflette profonde dinamiche psicologiche, inclusa la questione dell’identità, della realtà soggettiva e della ricerca di senso. In termini psicoanalitici, questo monologo potrebbe essere interpretato attraverso il concetto di inconscio, le difese psicologiche e la ricerca di coerenza e continuità.

    1. Inconscio e memoria: La psicoanalisi suggerisce che parte delle nostre motivazioni e desideri sono nascosti nell’inconscio. Il protagonista del film, Leonard, soffre di una rara forma di amnesia che gli impedisce di creare nuovi ricordi a lungo termine. Questa condizione può essere vista come una rappresentazione dell’inconscio che influenza profondamente il suo comportamento. Leonard lotta per afferrare la realtà a causa della sua incapacità di formare nuove memorie e di integrarle nel suo io cosciente.
    2. Difese psicologiche: Nel monologo, il personaggio esprime la necessità di credere in un mondo esterno che abbia un senso, nonostante la sua amnesia. Questa potrebbe essere una forma di “negazione” o “razionalizzazione”, meccanismi di difesa attraverso i quali la mente cerca di ridurre l’ansia nascondendo o modificando la realtà. Leonard sembra cercare di creare un senso di continuità e stabilità, nonostante le sfide della sua condizione.
    3. Ricerca di coerenza e identità: Il monologo riflette anche la lotta di Leonard per mantenere un senso di identità e continuità. L’identità personale è spesso legata alla memoria e alla storia personale. Leonard si aggrappa ai pochi ricordi che ha, come i tatuaggi che elencano i dettagli importanti della sua ricerca di vendetta. Questo può essere interpretato come un tentativo di preservare un senso di sé coerente e individuale, anche quando la sua capacità di ricordare è compromessa.
    4. Crisi della realtà soggettiva: La domanda ricorrente di Leonard sull’esistenza continua del mondo suggerisce una lotta con la percezione della realtà soggettiva. La sua incapacità di creare nuove memorie lo costringe a dipendere fortemente dai suoi ricordi passati, ma allo stesso tempo si trova spesso in situazioni in cui non può confermare o negare la veridicità delle informazioni che gli vengono presentate. Questa ambiguità contribuisce alla sua costante confusione sulla realtà.

    In sintesi, il monologo del protagonista riflette una complessa interazione tra l’inconscio, le difese psicologiche, la ricerca di identità e la percezione distorta della realtà. La trama del film, che è strutturata in modo non lineare e sfocia nell’ambiguità, enfatizza ulteriormente la sfida di Leonard nel trovare un senso coerente nel caos delle sue esperienze amnesiche.

  • Il filo nascosto: trama, curiosità, spiegazione finale

    Sinossi “Il filo nascosto”

    Il filo nascosto” (titolo originale: “Phantom Thread”) è un film del 2017 diretto dal regista Paul Thomas Anderson, noto anche per aver diretto film come “Magnolia” e “There Will Be Blood”. “Il filo nascosto” è ambientato nella Londra degli anni ’50 ed è incentrato sulla vita di Reynolds Woodcock, un famoso stilista di moda interpretato da Daniel Day-Lewis, il quale veste l’alta società britannica. La sua vita cambia quando incontra Alma, interpretata da Vicky Krieps, una giovane donna che diventa la sua musa e amante. Il film affronta temi come l’amore, l’ossessione, la creatività e i compromessi nella relazione tra Reynolds e Alma. La trama è intricata e il film è noto per la sua raffinata fotografia, la recitazione di Daniel Day-Lewis e la colonna sonora evocativa composta da Jonny Greenwood.

    Il film è diventato di culto e ha ricevuto elogi dalla critica per la sua maestria tecnica e le prestazioni degli attori. Daniel Day-Lewis è stato particolarmente lodato per la sua interpretazione e ha vinto l’Oscar come Miglior Attore Protagonista per il suo ruolo nel film.

    Ho una strana inquietudine. Ma non riesco a darne un motivo specifico. Come un battito d’ali. (Reynolds)

    Cast Il filo nascosto

    Ecco il cast principale del film “Il filo nascosto” (Phantom Thread):

    1. Daniel Day-Lewis nel ruolo di Reynolds Woodcock
    2. Vicky Krieps nel ruolo di Alma Elson
    3. Lesley Manville nel ruolo di Cyril Woodcock
    4. Camilla Rutherford nel ruolo di Johanna
    5. Gina McKee nel ruolo di Contessa Henrietta Harding
    6. Brian Gleeson nel ruolo di Dr. Robert Hardy
    7. Harriet Sansom Harris nel ruolo di Barbara Rose
    8. Lujza Richter nel ruolo di Princesse Mona Braganza
    9. Julia Davis nel ruolo di Lady Baltimore
    10. Nicholas Mander nel ruolo di Lord Baltimore

    Interpretazione del film

    “Il filo nascosto” è un film che offre molteplici interpretazioni e spunti di riflessione anche a livello filosofico, ne abbiamo trovate parecchie e adesso proveremo ad elencarle con voi. La natura umana e i desideri nascosti: Il film esplora la complessità della natura umana e dei desideri che spesso rimangono nascosti e repressi. I personaggi di Reynolds e Alma mostrano il conflitto interiore tra l’immagine esteriore che proiettano nella società e i loro veri desideri interiori. Il ruolo dell’arte e della creatività: Reynolds Woodcock è un artista, uno stilista di fama mondiale, che esprime la sua creatività attraverso i suoi abiti. La sua dedizione all’arte e alla perfezione rappresenta un tema centrale del film, sollevando domande sulla relazione tra l’artista e la sua arte, e sulla natura dell’ispirazione e della passione creative. Il potere nelle relazioni umane: La dinamica tra Reynolds e Alma illustra le dinamiche di potere all’interno di una relazione. Ciascuno dei personaggi cerca di controllare l’altro, ma in modi diversi. Questo solleva interrogativi sulla libertà individuale, la manipolazione e la vera essenza dell’amore.

    Ci sono infinite superstizioni quando si tratta un abito da sposa. Le giovani che non lo toccano per paura di non sposarsi. Le modelle che hanno paura di sposarsi solo uomini calvi se ne indossano uno… (Reynolds)

    Identità e trasformazione: Il film esplora anche temi di identità e trasformazione personale. I personaggi principali subiscono cambiamenti significativi nel corso della storia, e ciò solleva questioni sulla fluidità dell’identità e sull’accettazione del cambiamento nella vita umana. La fragilità dell’amore: Il film offre una rappresentazione complessa dell’amore e delle relazioni umane. Mostra come l’amore possa essere imprevedibile, fragile e talvolta difficile da comprendere. Ciò apre spazi per considerare la natura dell’amore e la sua stabilità o insicurezza. Estetica e bellezza: La bellezza e l’estetica rivestono un ruolo centrale nel film. I personaggi sono costantemente coinvolti nella creazione di oggetti di bellezza, come gli abiti di Reynolds. Questo solleva domande sulla natura della bellezza, i suoi significati soggettivi e culturali, e il suo ruolo nella vita umana.

    10 cose che non sapevi su Il filo nascosto

    1. Ritiro di Daniel Day-Lewis: Dopo aver interpretato Reynolds Woodcock, Daniel Day-Lewis ha annunciato che “Il filo nascosto” sarebbe stato il suo ultimo film prima del ritiro dalla recitazione. Quindi, questo film segna la sua ultima apparizione sul grande schermo.
    2. Ruolo scritto appositamente: Il regista Paul Thomas Anderson ha scritto la sceneggiatura pensando esclusivamente a Daniel Day-Lewis per il ruolo di Reynolds Woodcock.
    3. Nomination agli Oscar: “Il filo nascosto” ha ricevuto sei nomination agli Oscar, tra cui Miglior Film, Miglior Regia e Miglior Attrice Protagonista per Vicky Krieps.
    4. Colonna sonora di Jonny Greenwood: La colonna sonora del film è stata composta da Jonny Greenwood, chitarrista del gruppo musicale Radiohead, che ha lavorato anche con Paul Thomas Anderson in precedenza.
    5. Fotografia con pellicola: Il film è stato girato interamente utilizzando pellicola 35mm, anziché le moderne tecnologie digitali, per ottenere un aspetto visivo specifico e un’atmosfera vintage.
    6. Ispirazione dalla vita reale: Paul Thomas Anderson si è ispirato al celebre stilista spagnolo Cristóbal Balenciaga e alla sua dedizione per il suo lavoro, nonché ai designer britannici del periodo degli anni ’50.
    7. Accuratezza storica: Per creare gli abiti del film, la costumista Mark Bridges ha effettivamente usato vecchi modelli e tessuti autentici dell’epoca, cercando di mantenere la massima precisione storica nei dettagli degli abiti indossati dai personaggi.
    8. Set in casa: Gran parte del film è stata girata in una casa georgiana a Fitzroy Square a Londra, che è stata appositamente restaurata e arredata per ricreare l’atmosfera degli anni ’50.
    9. Finali multipli: Originariamente, il film avrebbe dovuto avere un finale diverso, ma il regista e gli attori hanno deciso di girare un’ulteriore scena finale per aggiungere un elemento di sorpresa alla storia.
    10. Curiosità sull’anello: Nel film, Reynolds Woodcock regala ad Alma un anello con un grande diamante. Quell’anello era in realtà una creazione del regista Paul Thomas Anderson e non un oggetto di scena standard. Daniel Day-Lewis ha ammesso che il valore dell’anello era così alto che l’ha tenuto in cassaforte ogni notte durante le riprese.

    Per prepararsi al film, Daniel Day-Lewis ha guardato filmati d’archivio di sfilate di moda degli anni ’40 e ’50, ha studiato stilisti famosi, si è consultato con il curatore della moda e dei tessuti del Victoria and Albert Museum di Londra e ha fatto un apprendistato con Marc Happel, capo del reparto costumi del New York City Ballet. Ha anche imparato a cucire e si è esercitato su sua moglie Rebecca Miller, cercando di ricreare un tubino di Balenciaga ispirato a un’uniforme scolastica.

    Spiegazione del finale Il filo nascosto

    Il finale di “Il filo nascosto” è intenzionalmente aperto e ambiguo, lasciando agli spettatori il compito di trarre le proprie conclusioni sulla natura della relazione tra i personaggi e il significato delle loro azioni. Il regista Paul Thomas Anderson ha voluto creare uno spazio per la riflessione e l’interpretazione individuale, lasciando che il pubblico decida come interpretare la complessa dinamica tra Alma e Reynolds.

    Attenzione: Spoiler a seguire per chi non ha visto il film.

    Nel finale, Alma, la giovane amante di Reynolds Woodcock, decide di assumere un approccio radicale per risolvere i problemi nella loro relazione. Essendo stufa della dominanza di Reynolds e dei suoi atteggiamenti controllanti, Alma decide di avvelenarlo sottilmente con dei funghi che ella stessa ha raccolto, portandolo in uno stato di debolezza e dipendenza da lei. La scena finale mostra Alma e Reynolds seduti insieme a fare colazione. Mentre Reynolds mangia, sembra debole e vulnerabile, accettando passivamente la situazione. La luce si spegne su di loro mentre Reynolds continua a mangiare.

    La spiegazione di questo finale può essere interpretata in diversi modi:

    1. Controllo ribaltato: Alma ha preso il controllo della situazione e della relazione con Reynolds. Potrebbe essere una forma di vendetta per come lui l’ha controllata in passato. Questo finale suggerisce che il potere nella relazione si è ribaltato, con Alma che ora detiene il controllo.
    2. Simbiosi e dipendenza: Alma e Reynolds sembrano intrappolati in una sorta di simbiosi tossica. Entrambi sembrano dipendere l’uno dall’altro, nonostante la loro relazione sia disfunzionale. Il finale può rappresentare la perpetuazione di questo ciclo di dipendenza.
    3. Amore e complicità nella follia: Il finale potrebbe suggerire che Alma e Reynolds, pur essendo coinvolti in un comportamento strano e talvolta dannoso, trovano una forma di amore e complicità nella loro stranezza e follia condivise.
    4. La natura dell’arte e dell’ispirazione: Il finale può essere interpretato anche come una metafora sulla natura dell’arte e dell’ispirazione. Reynolds potrebbe essere rappresentato come un artista che trae ispirazione dalle situazioni estreme e dalle emozioni forti, e la sua relazione con Alma è la sua fonte di ispirazione creativa.
  • Il cigno nero: cast, trama, spiegazione del film

    Cast e Produzione

    “Il Cigno Nero” è un film psicologico-thriller del 2010 diretto da Darren Aronofsky. Il cast principale include Natalie Portman nel ruolo di Nina Sayers, Vincent Cassel nel ruolo di Thomas Leroy, Mila Kunis nel ruolo di Lily, e Barbara Hershey nel ruolo di Erica Sayers.

    Storia

    La trama ruota attorno a Nina, una ballerina ambiziosa che ottiene l’opportunità di interpretare il doppio ruolo di Odette e Odile nel balletto “Il Lago dei Cigni”. Mentre cerca di abbracciare l’aspetto oscuro del personaggio di Odile, Nina inizia a lottare con la sua salute mentale. La pressione, la competizione con Lily e la dominanza autoritaria di Thomas conducono gradualmente Nina verso una spirale di allucinazioni e paranoia. Il confine tra realtà e fantasia diventa sempre più sfumato, portando alla disintegrazione della sua psiche.

    Stile registico

    Darren Aronofsky è noto per le sue opere caratterizzate da tematiche psicologiche profonde e visivamente intense. In “Il Cigno Nero”, utilizza la tecnica di montaggio veloce, la fotografia oscura e gli effetti speciali per creare un senso di instabilità e tensione. La telecamera spesso segue da vicino il punto di vista di Nina, immergendoci nelle sue emozioni tumultuose.

    Sinossi

    Nina Sayers è una ballerina ambiziosa che ottiene il ruolo principale in “Il Lago dei Cigni”. Mentre si immerge nel doppio ruolo di Odette e Odile, inizia a sperimentare allucinazioni e una crescente paranoia. La competizione con la ballerina Lily e la dominanza autoritaria di Thomas la spingono verso una spirale di instabilità mentale. Le sue allucinazioni la portano a creare un alter ego oscuro che la spinge oltre i suoi limiti. Alla fine, Nina si esibisce magnificamente nel ruolo, ma nel suo tentativo di incarnare il cigno nero, arriva a auto-infliggersi una ferita fatale. Muore sul palco, realizzando finalmente la perfezione artistica e sacrificando la sua stessa vita nel processo.

    In conclusione, “Il Cigno Nero” esplora i temi della lotta interiore, dell’auto-sacrificio per l’arte e della ricerca della perfezione. La psiche complessa di Nina e la sua discesa nell’oscurità sono raffigurate attraverso elementi visivi intensi e una narrazione avvincente, creando un’esperienza cinematografica affascinante e disturbante allo stesso tempo.

    Curiosità

    • Natalie Portman vinse l’Oscar per la Migliore Attrice Protagonista per la sua interpretazione di Nina.
    • La preparazione di Natalie Portman per il ruolo richiese un addestramento intensivo nella danza classica.

    Spiegazione del finale (con SPOILER alert)

    La narrazione di “Il Cigno Nero” rappresenta la lotta di Nina con la sua dualità interiore. Odette e Odile, i due cigni nel balletto, incarnano la sua lotta tra l’innocenza e l’oscurità. Lily rappresenta l’aspetto oscuro di Nina che desidera emergere. Le allucinazioni e le ferite auto-inflitte riflettono il conflitto tra la perfezione artistica e l’autodistruzione. L’evento culminante del film è la performance finale, in cui Nina danza con straordinaria passione. La scelta di danzare in modo così travolgente è un’emanazione del suo alter ego oscuro, Odile, ma anche un espediente per liberarsi dalle restrizioni della sua personalità repressa. La sua morte sul palco rappresenta il raggiungimento della perfezione artistica e personale, ma a costo della sua vita.

    Interpretazione alternativa del finale

    Un utente Reddit ha proposto un’interpretazione alternativa del finale nel 2017:

    L’idea è che Nina non si sia davvero pugnalata e non sia morta dissanguata, ma che questo sia solo una metafora che rappresenta il fatto che ha ucciso il cigno bianco – che rappresenta l’innocenza e la fragilità – a livello interiore, e che così facendo abbia smarrito completamente se stessa. La morte del personaggio sarebbe quindi, in questa fan theory, completamente onirica o avvenuta solo a livello inconscio. Cosa provata da un ulteriore dettaglio: nella scena finale, quando tutti si congratulano con lei, la ferita non viene notata immediatamente, e questo potrebbe in qualche modo dimostrare la natura allucinatorio-onirica della sequenza, cosa peraltro non nuova nel resto del film.

    Immagine di copertina: Di Utente:Bart ryker – http://www.hd-trailers.net/, Copyrighted, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=3087501
  • The hitcher: La lunga strada della paura, regia di Harmon

    Mentre si trova alla guida di una lussuosa Cadillac Seville, il giovane Jim da’ un passaggio ad un misterioso autostoppista, dando inizio ad un terrificante incubo su strada…

    In breve. Probabilmente uno dei migliori thriller anni 80 in assoluto: risente solo parzialmente dell’età che possiede, e (soprattutto avvalendosi della superba interpretazione di Rutger Hauer) riesce a colpire e coinvolgere fino all’ultimo fotogramma. Da non perdere.

    The hitcher” – titolo difficilmente traducibile in italiano ma che è da intendersi come “chi intoppa”, “chi lega” – è uno dei più celebri (e memorabili) film thriller degli anni 80, uscito peraltro in un periodo caratterizzato principalmente da produzioni horror o slasher “pure” (Hooper, Cunnigham, Bava). Una storia ambientata quasi interamente su strada (molto road movie, quindi), immersa in scenari tipici come i deserti sconfinati degli Stati Uniti, le centrali di polizia e le stazioni di servizio malfamate. Evocazioni parziali di un mondo impazzito e sconnesso, di autovetture impazzite sulla falsariga di Brivido di Stephen King, del clima di diffidenza instaurato tra gli esseri umani, privati completamente della componente sovrannaturale per favorire quella di azione, sempre con un sano pizzico – anch’esso tipicamente eighties – di irrazionalità.

    “Perchè gli hai dato un passaggio? Ero stanco… mi avrebbe aiutato a stare sveglio.”

    Rutger Hauer – “John il cavaliere” (John Ryder) – è una sorta di archetipo di villain immerso in un contesto meramente thriller, e già dalle sequenze iniziali si presenta allo spettatore come una sorta di Nightmare, un “uomo da incubo” a tutti gli effetti, un crudele demone ex machina  che attanaglia il povero Jim in una spirale senza via d’uscita. Il motivo per cui agisce rimane il principale motivo di interesse della storia, ed in questo è indispensabile dare un enorme credito al regista Robert Harmon che ha saputo selezionare accurtamente tempi, modi e montaggio complessivo del lavoro. L’atmosfera claustrofobica del film, del resto, a cominciare dalla celebre sequenza iniziale – con l’autostoppista che “gioca” con il malcapitato come se fosse un burattino – è diventata uno stereotipo consolidato da road movie, citato in svariate pellicole ed almeno un paio di cortometraggi – tra cui L’autostoppista (ne I nuovi mostri). Un’atmosfera di quelle unica, meramente cinematografiche e romanzate, che vive di se stessa e ne rimane orgogliosa, a patto di accettare il patto di farsi coinvolgere dalla storia così come è (nella realtà, per capirci, non vedremmo troppi autostoppisti chiedere passaggi in maniera così disinvolta: ad esempio potrebbero chiamare, che so, il soccorso stradale).

    Il suo fare beffardo, cinico e privo di scrupoli, rispecchia una sorta di lato oscuro, e serve a lasciare il pubblico in bilico tra un incubo in piena regola ed uno dei più vividi sogni ad occhi aperti mai concepiti da un uomo. Ma sarebbe sbagliato ridurre tutto ad una semplice dualità tra il ragazzo dalla faccia pulita ed il cattivo con il sorriso da joker: “The Hitcher” si espande in svariate direzioni, introducendo vari (e convincenti) protagonisti e diramando la trama in altrettanti versanti. Essi servono ad arricchire la trama del film, il quale possiede uno sviluppo decisamente imprevedibile e si arricchisce di infinite sequenze sia thriller (il ragazzo arrestato dalla polizia, la lotta tra protagonista ed antagonista) che puramente da “horror anni 80″ (le morti inspiegabili, il dito tagliato all’interno delle patatine, il simbolismo che diventa evidente nel finale).

    Un film da rivedere ancora oggi in versione rigorosamente originale, tenendosi alla larga dal remake se non dopo – eventualmente – aver gustato anche solo l’interpretazione superba di Hauer.

Exit mobile version