LIBRI_ (24 articoli)

Parliamo di libri, saggi e letteratura, ed il loro eventuale legame con il mondo del cinema. A cura di Max Headroom

  • Guida pratica al gattopardismo

    Guida pratica al gattopardismo

    “Tutto deve cambiare affinché tutto possa rimanere come prima.”

    Questa celebre citazione tratta da “Il Gattopardo”, sia il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che il suo adattamento cinematografico diretto da Luchino Visconti, rappresenta un’affermazione paradigmatica che spiega non solo la trama stessa, ma anche la sua attualizzazione nel contesto sociale e politico odierno. Il film, uscito nel 1963, continua a esercitare un fascino e una risonanza duraturi, che risuonano in maniera sorprendentemente attuale.

    Il capolavoro di Luchino Visconti

    Nel 1963, Luchino Visconti portò sul grande schermo il romanzo “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, offrendo un’epica visuale della decadenza della nobiltà siciliana durante il periodo delle Guerre Risorgimentali. Il regista scelse un cast eclettico e talentuoso per portare in vita i personaggi chiave:

    • Burt Lancaster nel ruolo del principe Don Fabrizio Salina, incarna magistralmente la nobiltà in declino, costretta a confrontarsi con il cambiamento.
    • Alain Delon interpreta Tancredi Falconeri, il giovane nobile ambizioso che abbraccia il cambiamento politico per il proprio vantaggio.
    • Claudia Cardinale è Angelica Sedàra, l’incarnazione del nuovo ordine sociale emergente attraverso il suo matrimonio con Tancredi.

    Produzione e Curiosità

    Il film “Il Gattopardo” è stato prodotto con grande cura e attenzione ai dettagli: Visconti ha creato una rappresentazione straordinariamente accurata dell’Italia del XIX secolo, immergendo lo spettatore in una scena storica ricca di sfumature. Le scenografie sontuose, i costumi elaborati e l’uso sapiente della luce contribuiscono a trasportare gli spettatori indietro nel tempo, rendendo tangibile l’atmosfera dell’epoca.

    Una delle curiosità più affascinanti riguarda la scelta dei costumi. Visconti ha adottato un approccio originale, utilizzando abiti d’epoca autentici o riproduzioni fedeli, donati da famiglie nobiliari italiane. Questo ha contribuito a conferire una verosimiglianza autentica al film e ha catturato la distinzione tra vecchio e nuovo, sia nelle trame narrative che nell’estetica.

    Sinossi

    La storia di “Il Gattopardo” si svolge in Sicilia durante il periodo delle Guerre Risorgimentali, con il Principe Don Fabrizio Salina e la sua famiglia nobiliare al centro dell’attenzione. Il Principe è spettatore impotente della sua stessa decadenza mentre i valori tradizionali e la nobiltà cedono il passo ai venti di cambiamento portati dall’unificazione italiana. Tancredi, suo nipote, rappresenta l’ascesa dell’opportunismo sociale, sposando la causa rivoluzionaria per il proprio vantaggio personale.

    L’Attualizzazione de “Il Gattopardo” nel Mondo Odierno

    L’attualizzazione del film è evidente quando si considera il ciclo incessante di cambiamenti e adattamenti che la società continua a subire. La lotta tra tradizione e progresso, l’opportunismo e l’ideale, e il conflitto tra vecchio e nuovo sono temi che riflettono ancora la realtà contemporanea. Come il Gattopardo cambia il suo mantello, la società moderna deve adattarsi e trasformarsi per sopravvivere.

    In conclusione, il film “Il Gattopardo” rappresenta una potente metafora del cambiamento sociale, che mantiene la sua rilevanza attraverso il tempo. Il suo cast eccezionale, la produzione accurata e la narrazione coinvolgente continuano a catturare l’immaginazione degli spettatori, offrendo spunti di riflessione sulle dinamiche sociali in evoluzione. Come il leopardo del titolo, la società deve imparare a cambiare per conservare la sua essenza fondamentale.

    Guida pratica al gattopardismo

    “Il Gattopardo” può essere interpretato in chiave di rassegnazione nei confronti della situazione italiana e del ritmo apparentemente lento o immutabile del cambiamento. Questa interpretazione si basa sulla natura ciclica dei cambiamenti politici e sociali e sulla percezione che, nonostante le rivoluzioni e le riforme, molte strutture fondamentali rimangano inalterate nel corso del tempo. In altre parole, le élite e le strutture di potere possono adattarsi e persino beneficiare dei cambiamenti, ma alla fine le dinamiche profonde della società rimangono in gran parte intatte.

    Questa chiave di lettura può essere vista come una critica all’inerzia politica e al conservatorismo sociale che talvolta sembrano caratterizzare l’Italia. La citazione “Tutto deve cambiare affinché tutto possa rimanere come prima” potrebbe essere interpretata come un riconoscimento del fatto che, nonostante i movimenti politici e le rivoluzioni, il paese continua a riproporre schemi di potere simili e a conservare disuguaglianze strutturali.

    In chiave marxista, l’interpretazione de “Il Gattopardo” potrebbe assumere un’angolazione critica nei confronti delle strutture di classe e del modo in cui il potere e i privilegi vengono mantenuti attraverso il cambiamento superficiale, mentre le dinamiche fondamentali rimangono invariate. Questa interpretazione potrebbe concentrarsi sulle dinamiche di potere economico e sociale sottostanti e come queste influenzino la struttura della società e l’ascesa e la caduta delle élite.

    Ne “Il Gattopardo” potremmo focalizzare la rappresentazione della lotta di classe tra la nobiltà e le classi sociali emergenti. Il Principe Don Fabrizio rappresenta l’aristocrazia in declino, mentre personaggi come Tancredi rappresentano una nuova classe emergente che cerca di avanzare attraverso l’opportunismo e il conformismo ai nuovi ordini. In una prospettiva marxista, il film potrebbe essere visto come una riflessione sul concetto di “superstrutture” che mantengono l’ordine esistente. Nonostante i cambiamenti politici, l’infrastruttura economica e le dinamiche di classe rimangono fondamentalmente invariate. Potremmo poi interpretare “Il Gattopardo” come una rappresentazione dell’illusione di cambiamento, dove il cambiamento politico serve a mascherare le dinamiche di classe e a preservare l’egemonia delle élite. I cambiamenti politici apparenti potrebbero essere visti come una tattica per mantenere la stabilità del sistema capitalista, nascondendo la realtà delle disuguaglianze. Si potrebbe infine analizzare come il contesto storico-economico influenzi i personaggi e le loro decisioni. Il Principe Don Fabrizio rappresenta la classe dominante che resiste al cambiamento per proteggere i propri interessi, mentre Tancredi rappresenta coloro che cercano di adattarsi alle nuove opportunità per ottenere vantaggi personali.

    In sostanza, l’interpretazione marxista di “Il Gattopardo” metterebbe in luce le dinamiche di classe e i modi in cui il cambiamento superficiale maschera la continuità delle disuguaglianze e delle strutture di potere. Questa prospettiva potrebbe portare a una critica più radicale delle élite e del sistema capitalista sottostante, sottolineando come il cambiamento politico possa essere manipolato per servire gli interessi delle classi dominanti.

    Tuttavia, è importante notare che “Il Gattopardo” non è una semplice rassegnazione all’immobilismo, ma un’analisi più sfumata delle complesse interazioni tra cambiamento e continuità. Questa interpretazione potrebbe essere vista come una critica al fatto che, nonostante le rivoluzioni e i cambiamenti di regime, alcune élite riescono comunque a preservare il loro potere e i loro privilegi.

    Foto: immagine de Il gattopardo reimmaginata dall’intelligenza artificiale di Midjourney

  • Spaghetti hacker!

    Spaghetti hacker!

    Spaghetti hacker è un libro di culto nel panorama informatico italiano del 1997 (ed. Apogeo). Un panorama che non correva alla stessa velocità dei colleghi degli Stati Uniti, all’avanguardia in ambito informatico grazie a corposi finanziamenti per la tecnologia che, almeno sulla carta, andavano concepiti in ottica guerra fredda per controbattere al vertiginoso equivalente sovietico nell’ambito. E se ARPANET nasce in un chiaroscuro, per cui i “capi” del progetto erano militari o quantomeno seriosi dirigenti statunitensi non propriamente progressisti, mentre chi ci lavorò attivamente era mediamente un convinto contestatore del Sessantotto, l’Italia sicuramente non conobbe lo stesso sviluppo in ambito tecnologico.

    Il libro si incentra essenzialmente sulla storia della diffusione dell’informatica tra i non addetti ai lavori e non professionisti nel nostro paese: parliamo di poche migliaia di smanettone informatici che in alcuni casi, racconta il libro, si costruivano da soli i modem per accedere e provavano a comporre un mitologico numero verde (rimasto attivo e inutilizzato per un certo periodo) che forniva da tanto sospirata connessione ad Internet. Erano tempi particolarmente bui: e non soltanto perché non avevamo smartphone in tasca già connessi ad Internet, ma perché quegli stessi smanettoni si trovarono appiccicati addosso l’etichetta di hacker, accusati delle peggiori nefandezze (terrorismo, pedofilia, pirateria informatica) in un periodo periodo in cui i vuoti normativi abbondavano e non esisteva sostanzialmente alcuna legge specifica che si potesse applicare all’informatica. Oggi, forse, ce ne sono anche troppe, ma moltissime derivano dallo stesso mood: legislatori chiamati a legiferare su tecnologie che non conoscevano troppo, con tutti i limiti (e i tragici equivoci) del caso.

    Quando programmo, spesso mi vedo seduto come una specie di mago Merlino con cappello a cono in testa, lo schermo si trasforma in una specie di sfera di cristallo, nella quale appaiono visioni che si possono capire, divinare attraverso formule magiche incomprensibili. […]

    L’unica ragione “politica” per la quale mi interesso di hacking e di phreaking è che sono profondamente incuriosito verso le tecnologie informatiche, forse sono presuntuoso e anticonformista se dico che questo tipo di tecnologia diventerà talmente importante in futuro al punto da modulare la libertà di ogni singolo individuo.

    (Accendin0)

    Spaghetti hacker è un gustoso sunto dal sapore libertario, non recentissimo ma pur sempre attuale, che paventa la censura di Internet come una vera e propria catastrofe, come suggeriva gran parte della cultura hacker che si sviluppò non solo in Italia nel periodo. Un qualcosa che visto oggi fa sorridere, visto che sono gli utenti stessi di Internet che invocano la censura su determinati contenuti, con una leggerezza ed una no chance che avrebbe lasciato allibito coloro i quali hanno portato Internet in Italia, sia pure spesso comoda artigianali, non ufficiali o (in alcuni casi) non completamente legali.

    Il libro rifiuta l’equiparazione che venne fatta dalle normative dell’epoca per cui a momenti la pirateria informatica era più punita di un omicidio, evidenziando più volte come quelle leggi fossero frutto delle pressioni di lobby di informatica nascenti che avevano tutte l’interesse a farsi tutelare legalmente nelle loro attività. Con vari riferimenti mitologici, soprattutto soprattutto varie hacker che diventavano “quelli bravi col computer”, che andavano a lavorare nelle multinazionali (in molti casi per due soldi), e che venivano assunti da capi che neanche capivano troppo quello che facevano. Una delle prime leggi in ambito informatico italiano è nota come legge Serafini, e anche se non esiste traccia sul web della legge viene citata più volte nel libro in questione.

    Sono tante le tecniche che vengono descritte e per cui sono state rilasciate varie testimonianze anonime (le migliori sono tutte nella fine del libro a mio avviso): si parla di hacker molto giovani che praticavano con disinvoltura cellular phreaking, ovvero la tecnica che consentiva la duplicazione di un numero di telefono (quella che oggi si chiamerebbe clonazione del numero) e che consentiva di utilizzare un telefono altrui a insaputa del proprietario. Oppure ancora le prime BBS che si diffondono in Italia, per cui era nell’ordine delle cose che tutti provassero ad intrufolarsi in quelle degli altri, per segnalare bug del sistema UNIX e per consentire ai sysadmin (amministratori di sistema) di migliorare gli stessi sistemi tecnologici le stesse infrastrutture che abbiamo utilizzato (e continuiamo ad utilizzare) fino ad oggi.

    Perché il punto fondamentale è capire che – al di là della facciata burocratica, tesa a determinare sempre e comunque un colpevole – le violazioni degli hacker sono diventate progresso, piaccia o meno, magari non subito, magari non sempre, ma in molti casi lo sono diventate perchè hanno evidenziato limiti tecnologici e hanno costretto i programmatori ad aggiornarsi, a rimanere sul pezzo, a proteggerci meglio tutti dalle incursioni. Perché l’unico modo per vincere era quello di partecipare a quello strano gioco, che rimaneva comunque confinato nell’ambito del digitale ed in cui soprattutto non c’era l’obbligo di pubblicare le cose a proprio nome, ma era prassi consolidata nascondersi dietro nickname asessuati e spesso tratti dai romanzi di Sterling o di Gibson (vere e proprie bibbie di riferimento per tutti gli hacker dell’epoca). Spaghetti hacker rimane un libro storico che farebbe, ancora oggi, venire i brividi a qualunque politico abbia seriamente parlato di censura di Internet.

    Gran parte del libro utilizza terminologia tecnica dell’epoca e cerca di spiegare come si lavorasse con l’informatica alla fine degli anni 80 e durante tutti gli anni 90: si lavorava in modo artigianale e quasi sempre sistemi open source, che permettevano di essere smantellati e manipolati e piacere con conseguenze a volte nefaste, altre semplicemente divertenti. E questo l’elemento che abbiamo ereditato per l’internet di oggi: in bilico perenne tra divertente e di cattivo gusto, tra illegale e ironico, tra tutto e niente, un lascito colossale e dai confini labili per tutte le generazioni successive di troll, molestatori, ricercatori universitari di giorni e hacker di notte, utenti in fissa con l’anonimato, programmatori C++, smanettoni di ogni ordine grado.

    Già ai tempi di War Games (film del 1983), del resto, era pressappoco consolidato nella cultura di massa cosa fosse un wardialing (comporre più numeri di fila in automatico, fino ad individuarne uno target con determinate proprietà), era pressappoco risaputo che un ragazzino sapesse telefonare gratis sfruttando la linguetta di una lattina (il primo a sfruttare quelle tecniche era stato Kevin Mitnick, condannato negli USA per questa come per altre attività digitali illecite). Ma non solo: era implicito perchè uno volesse penetrare nel sistema di un produttore di videogame (per accaparrarsi l’ultimo titolo in uscita prima degli altri). Vallo a spiegare ad un italiano che accendeva a malapena una televisione e considerava il telecomando la più grande innovazione degli ultimi anni.

    Era altresì noto alla maggioranza dei nerd ottantiani cosa fosse un supercomputer, il tutto mentre le suggestioni da apocalisse nucleare contagiavano viralmente (diremmo oggi) l’opinione pubblica (siamo in piena Guerra Fredda), in un mix confondente di panico, allarmismo e cautela che forse forse non si è esaurito nemmeno oggi. Non solo: si sapeva, quantomeno nei college americani, cosa fosse una backdoor, forse addirittura cosa fosse una realtà virtuale (il supercomputer del film War Games considera, a tutti gli effetti, la guerra simulata come grottescamente equivalente ad una reale). Siamo all’inizio degli anni Ottanta, l’informatica è in fermento, e così iniziano a diffondersi i computer ad uso domestico che entusiasmano gli smanettoni di ogni ordine e grado. In Italia non fu proprio così, ma nonostante tutto qualcosa si mosse.

    È un clima che conosciamo bene, a ben vedere: oggi si parla molto di cyberbullismo ma per la sensibilità d’epoca sarebbe stato considerato eccessivo parlarne, ad esempio. Naturalmente per capire questo aspetto è necessario considerare che gli utenti erano erano tre o quattro ordini di grandezza di meno: se oggi parliamo di decine di milioni di utenti su Internet, infatti, all’epoca erano al massimo qualche decina di migliaia di utenti BBS e simili. L’accento della criminalizzazione del mezzo trasmissivo si vide soprattutto – raccontano gli autori – per chi duplicava i software nelle BBS, per cui gli autori sostengono e smontano, per quanto possibile, le potenziali accuse di ricettazione per chi lo praticava (non per altro: una copia non è una sottrazione ad altri, è “solo” una copia). La storia di Internet la conosciamo, e tutti ricordiamo i casi in cui l’autorità, spesso sfruttando una normativa carente e ambigua, si introducevano nelle case dei ragazzini sequestrando tutti i computer, i monitor e le stampanti, e non semplicemente i dati (che sarebbero stati l’autentico potenziale oggetto di analisi).

    In Italia non si ebbe affatto lo sviluppo indicato nella maggior parte dei libri: per vedere le prime connessioni ad Internet abbiamo dovuto aspettare l’inizio degli anni anni 90. nonostante spaghetti hacker se un libro dotato fa vedere in maniera molto chiara come nascono la gran parte dei fenomeni tecnologici in Italia. Gli autori sono un informatico o un giurista (Chiccarelli e Monti, rispettivamente) che propongono una lettura snella, agevole e dal sapore libertario di quella che poi sarebbe diventata la cultura hacker a tutti gli effetti. Ponendo dilemmi che non si sono risolti neanche oggi, dopo aver trascorso un periodo di forte criminalizzazione delle attività hacker in generale, con una tecnologia di connettività che nel nostro paese si sviluppava poco e male (e si prestava alla speculazione di pochi), e che soltanto con le prime linee ISDN ad inizio Duemila inizierà a diventare un fenomeno di massa a tutti gli effetti.

    Disponibile su Amazon

  • Memorie trovate in una vasca da bagno è un trattato di paranoia collettiva

    Memorie trovate in una vasca da bagno è un trattato di paranoia collettiva

    Stanislaw Lem è noto soprattutto per aver scritto il romanzo da cui Tarkovsky ha tratto Solaris, film notoriamente complesso che afferisce alla fantascienza filosofica e che, forse, ne rappresenta una delle massime espressioni. Se la scrittura di Lem finisce per essere spesso volentieri ridotta a Solaris, senza nulla togliere non si può fare a meno di notare come la sua previsione letteraria sia molto più vasta, e comprenda titoli generalmente poco valutati o conosciuti al grande pubblico.

    Memorie ritrovate in una vasca da bagno rientra esattamente in questo novero: recentemente edito in Italia da Oscar Mondadori, si tratta di un lavoro che opera essenzialmente sulla dimensione del linguaggio. E lo fa proponendo dei singolari neologismi dal sapore grottesco, come ad esempio kartya per indicare la carta. il contesto è quello di un uomo del futuro che guarda retrospettivamente il nostro presente, immaginando una epidemia globale di natura diversa da quella che ci si potrebbe aspettare: non rivolta contro gli organismi, come avvenuto realmente con il Covid-19, bensì orientata a polverizzare tutta la carta presente sulla terra. Il cielo sulla città si oscurò per le nubi di carte di dissolta – scrive Lem nell’introduzione della storia – per 40 giorni 40 notti cadde una pioggia nera, e fu così che eventi torrenti di fango cancellarono dalla faccia della terra la storia dell’umanità. Il soggetto che viene cancellato non è pertanto, nichilisticamente parlando, l’essere umano: come se fosse consapevole che l’uomo alla fine cade sempre in piedi, nei tempi in cui viviamo è diventato quasi scontato profetizzare una qualche apocalisse biologica. Memorie in una vasca da bagno racconta una storia storia di una anonimo agente che si trova all’interno di quello che dovrebbe essere il Pentagono, barricato nella propria burocrazia e totalmente chiuso ai contatti con l’esterno. Il personaggio si muove spaurito e disorientato come un qualsiasi personaggio kafkiano, a ben vedere, all’interno di un mondo asettico e incomprensibile, la cui natura è puramente burocratica, formale, ed in cui vari personaggi moriranno davanti ai suoi occhi senza una spiegazione plausibile.

    Da un punto di vista generale potrebbe essere una raffigurazione efficace nel mondo in cui abbiamo vissuto negli ultimi anni: da un lato primo di certezze e di autentica comunicazione, comunicazione che si è diluita in mille giocattoli digitali che alla fine dei conti – quasi sempre – lasciano il tempo che trovano. Nonostante questo la cosa più semplice è stata quella di barricarci nella burocrazia, cos’è che è il rifugio tipico delle persone persone insicura perché lei rappresenta come una epidemia di paranoia generalizzata. Se ci sentiamo su un’app di dating e ti propongo di vederci, ad esempio, lo faccio innanzitutto perché la carta non esiste più, e la lettera che avrei voluto scriverti non posso materialmente mandartela in alcun modo. Visto che la data non esiste ma nel digitale è sempre che le cose vanno anche benone, ma ognuno di noi presenta la propria burocrazia interna, impone agli altri di adempiere a riti di burocrazia sociale che il più delle volte l’Altro (in senso prettamente lacaniano) percepisce come totalmente inutili. Questo alla fine dei conti genera  frustrazione, ma che importa: l’anonimo protagonista della memoria trovata in una vasca da bagno bagno scorge una mensa aziendale in cui si intrufola, nella quale si mangia piuttosto male e soprattutto soprattutto nessuno parla con i colleghi: sono tutti presi dal risolvere problemi di crittografia, algoritmi, problemi matematici che sono da sempre un modo naturale per tutelare la propria propria sanità e sentirsi utile a qualcosa in questo mondo.

    Anche la parte puramente tecnologica non serve granché: scrive Lem “venivano detti cervelli elettronici con la stessa esagerazione, comprensibile solo alla luce della prospettiva storica, per cui motivati costruttori dell’Asia minore avevano una ritenuta della sacra torre di Baa-Bel toccasse il cielo.” Anche qui il ruolo dell’invenzione linguistica è fondamentale, probabilmente per questo che l’opera merita maggiore attenzione di altre perché esibisce una doppia Tura con grottesca dei linguaggio che rende la lettura particolarmente accattivante. La nostra epoca è il tardo Neogene, per Lem, per cui il mantenimento dell’intero patrimonio conoscitivo del medio e tardo neogene era affidato alla cosiddetta kartya. A quell’epoca non esistevano né la metamnestica né la tecnica di cristallizzazione delle informazioni. […] La kartya non solo regolava coordinava tutte le umane attività collettive, ma determinava anche, in modo per noi difficilmente comprensibile, i destini degli individui (come nel caso della cosiddetta kartya d’identità)

    Tutto questo presuppone una visione del mondo relativamente senza troppa speranza, ma probabilmente la via d’uscita esiste: nella conclusione della introduzione a questo mondo distopico, l’ennesimo partorito dalla fantasia dell’autore, si scrive che la credenza assume un ruolo fondamentale. Credere in qualcosa e il primo passo per realizzarlo, perché la profezia che si auto-avvera è sempre in agguato: l’uomo termina una guerra che sa di poter causale egli stesso, un fallimento che finirà nell’ennesimo autoboicottaggio, si appoggia a stampelle digitale che gli servono tanto e non quanto a risolvere le sue giornate. Più che altro a far finire prima possibile per le giornate e sprofondare di nuovo nell’oblio. O 1000 burocrazia sociali più o meno immaginarie da assolvere, ogni giorno, fino alla fine dei giorni e fino all’estinzione della carta, lo strumento perfetto per crogiolarsi nel dolore esistenziale in una stanzetta autoreferenziale, o per l’ennesimo modulo da compilare.

    O se preferite finchè poi, alla fine – scrive Lem –  la finzione diventa credenza, e la credenza certezza.

  • Sull’Antologia di Spoon River

    Sull’Antologia di Spoon River

    L’espressione “Spoon River” spesso usata sui giornali si riferisce alla celebre “Antologia di Spoon River“, una raccolta di poesie scritte da Edgar Lee Masters e pubblicata per la prima volta nel 1915. Questa raccolta è una serie di monologhi in versi di abitanti immaginari di una piccola città chiamata Spoon River, situata nel Midwest degli Stati Uniti. Ogni poesia rappresenta un epitaffio di una persona diversa che è morta, e attraverso questi monologhi, vengono rivelate le storie, i segreti e le vite intrecciate dei vari personaggi.

    La raccolta è famosa per la sua rappresentazione onesta e cruda della vita in una comunità di provincia, esponendo una varietà di emozioni umane, tra cui l’amore, l’odio, il rimpianto e la speranza. La poesia di Masters offre una panoramica della complessità dell’essere umano e dell’esperienza umana, e spesso rivelando le ipocrisie e le tensioni nascoste dietro le facciate della vita apparentemente tranquilla della cittadina. Antologia di Spoon River è un’opera che esplora una vasta gamma di tematiche umane, comprese le relazioni di genere e le questioni sociali. Le poesie che affrontano i femminicidi e le violenze di genere contribuiscono a dipingere un ritratto completo della vita all’interno della comunità immaginaria di Spoon River.

    Antologia di Spoon River è una forma di letteratura americana modernista ed è considerata una delle opere più significative di Edgar Lee Masters. Potrebbe anche essere stata fonte di ispirazione per altre opere, adattamenti teatrali o cinematografici, dai quali potresti aver letto sui quotidiani. Antologia di Spoon River contiene peraltro diverse poesie che affrontano il tema dei femminicidi e delle violenze di genere. Queste poesie sono scritte in forma di epitaffi e presentano voci di donne che sono state vittime di violenza o di relazioni tese con uomini che le hanno oppresse. Queste poesie offrono uno sguardo diretto sulle esperienze delle donne all’interno della comunità di Spoon River e rivelano gli aspetti più oscuri delle loro vite.

    Le poesie trattano una varietà di temi legati ai femminicidi, tra cui l’oppressione, l’abuso, la discriminazione di genere e le conseguenze tragiche di queste situazioni. Queste voci di donne vittime di violenza sottolineano l’importanza di affrontare apertamente queste questioni e di cercare di comprendere le esperienze delle vittime. Nel complesso “Spoon River Anthology” ha avuto un impatto considerevole nella letteratura, e in parte anche nel cinema e nei film per la televisione. La sua influenza e le sue tematiche significative continuano ad avere un impatto duraturo sulla cultura e sulla narrativa.

    Immagine di copertina: Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=70945

  • 10 anni di El Doctor Sax

    10 anni di El Doctor Sax

    Nel mese di settembre 2013 (dieci anni fa, oggi) nasce El Doctor Sax, la casa editrice indipendente di Gabriele Nero. Che ha la propria idea, prende l’iniziativa e si allontana dall’Italia, spingendosi fino al cuore di Valencia, nella parte orientale della Spagna. Oggi è diventato uno dei punti di riferimento locali per chi ama la lettura.

    El Doctor Sax non è, in effetti, “solo” un editore / un libraio: è un mondo che parla  e scalpita, cultura imprevedibile ed  innovativa che osa, ad esempio, ripescare i titoli fuori catalogo per dare loro nuova vita, con ulteriore spazio agli autori emergenti, innovativi, fuori dagli schemi, di ogni ordine e grado. Una lettura che suggestiona, spiazza, colpisce dritto nel segno.

    El Doctor Sax – osiamo scrivere – è uno stile di lettura, oltre che di vita: libri di ogni genere che transitano e stazionano ogni giorno, impreziositi dalle visite dei turisti casuali che si incuriosiscono. E poi discussioni imprevedibili e appassionanti su temi letterari, ma anche serate dj set e (quando capita) secret party. In una parola, un autentico DiscoBookstore multi-sensoriale.

    I libri della casa editrice El Doctor Sax sono disponibili da tempo anche su Amazon. Ma lo spazio va vissuto, al netto dei non-luoghi digitali come il web. E così nel 2017 Nero decide di partire per San Francisco alla riscoperta di tempi, modi e luoghi di Lawrence Ferlinghetti: poeta, editore e librario. Poco dopo viene a contatto con uno dei suoi collaboratori, Mauro Aprile Zanetti: la collana Crazy Diamonds nasce in quel momento, con Libro rotto di Luca Buoncristiano come primo titolo.

    Fair use, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=6213484

    El Doctor Sax (omonimo del protagonista di un romanzo di Kerouac meno noto del classico Sulla strada) è vita vissuta, lettura imprevedibile e spiazzante, visitatori incuriositi durante gli eventi da vecchie e nuove uscite: un editore che visita ad esempio Portici di carta (inclusa l’edizione che si terrà tra qualche giorno, 7/8 ottobre a Torino), e periodicamente Salone del libro, Più Libri Più Liberi e molto altro ancora.

    Prossimi appuntamenti El Doctor Sax (sito ufficiale[email protected]):

    • 7/8 ottobre 2023 TORINO Portici di Carta
    • 13/15 Ottobre 2023 VALENCIA Sindokma
    • 27 Ottobre 2023 VALENCIA Secret Party

    Recapiti