Blog

Cinema, arte, spettacolo e filosofia spicciola.

  • Sinossi artificiale di Strade perdute di Lynch in stile arcobaleno

    Sinossi artificiale di Strade perdute di Lynch in stile arcobaleno

    In un mondo caleidoscopico e gioioso, yahoo!

    “Strade Perdute” danza, danza, danza tra i colori! Colori cinguettanti e voci armoniose si fondono in una sinfonia di sorrisi spumeggianti. Tra il gorgoglio delle risate e i passi leggeri, un’avventura multicolore si svela. Nelle strade sinuose, un viaggio di scoperta prende il via. Sorprese sfolgoranti e incontri inaspettati danzano come arcobaleni sfavillanti. Un sorriso sereno, un cuore pulsante. Tutto è possibile nella magia della follia più esilarante.

    In una girandola di visioni surreali e incontri fatati, il mistero si scioglie in un’esplosione di risate. Tra le pieghe del tempo, personaggi eccentrici e bizzarre creature brillano come gemme brillanti. Nel caleidoscopio dell’esistenza, l’abisso si svela e si trasforma in una festa scatenata. Ogni angolo racchiude un segreto, ma è il segreto della gioia, dell’amore e della speranza. E mentre il sole si specchia sui palazzi, un arcobaleno irrompe nel cielo, un ponte verso un’avventura incantata. I colori della vita si fondono, intrecciando destini e storie, fino a rivelare il risplendente mistero della libertà interiore.

  • Vedere il pensiero: arte generativa tra scienza e filosofia

    Vedere il pensiero: arte generativa tra scienza e filosofia

    Attraverso l’esplorazione di queste immagini generative, ci troviamo immersi in un mondo che sfida le nostre convenzioni visive e concettuali. L’IA ha assimilato concetti filosofico-scientifici come il rizoma, il corpo senza organi e la performatività del linguaggio, trasformandoli in una forma visiva tangibile.

    In queste opere, vediamo emergere la nozione di rizoma, con le sue connessioni non-lineari e la sua capacità di estendersi in modi imprevedibili. Le immagini sembrano evocare una rete intricata di relazioni e significati che si intrecciano in modi che sfidano la nostra comprensione convenzionale dello spazio e del tempo.

    Il concetto di corpo senza organi sembra incarnarsi attraverso figure astratte e forme fluide, che sfumano i confini tradizionali del corpo e dell’identità. Queste immagini ci invitano a riflettere sulla natura mutevole e sfuggente della realtà, suggerendo che l’identità stessa possa essere un costrutto fluido e in costante evoluzione.

    La performatività del linguaggio si manifesta attraverso una serie di simboli e segni che sembrano danzare sulla superficie delle immagini. Questi elementi linguistici non sono semplici strumenti di comunicazione, ma diventano essi stessi oggetti estetici che modellano la nostra percezione e comprensione del mondo.

    In definitiva, questa galleria di immagini generative ci spinge a interrogarci sulle nostre concezioni stabilite di realtà, identità e linguaggio. Ci invita a esplorare territori liminali e a abbracciare la complessità e l’ambiguità che caratterizzano il nostro mondo in continua evoluzione.

  • Manuale digitale del Cinema Dissacrante

    Manuale digitale del Cinema Dissacrante

    “Dissacrante” è un aggettivo che indica qualcosa che è in grado di oltraggiare, sfidare o violare deliberatamente le norme, le convenzioni o i valori sacri, sia religiosi che culturali. Questo termine viene utilizzato per descrivere qualcosa di provocatorio, irriverente o che mette in discussione idee o istituzioni considerate intoccabili o sacre dalla società o dalla cultura in cui si inseriscono. L’etimologia del termine “dissacrante” deriva dalla combinazione del prefisso “dis” (che indica un’azione negativa o contraria) e dal termine “sacro” che ha radici latine e fa riferimento al concetto di santo o consacrato. Un sinonimo di “dissacrante” potrebbe essere “irriverente”. Entrambi gli aggettivi descrivono qualcosa che manca di rispetto per le norme, le istituzioni o le convenzioni, solitamente in modo provocatorio, sfidando le aspettative sociali o culturali. Altri sinonimi potrebbero essere “scorretto”, “sacrilego”, “provocatorio” o “sfacciato”, a seconda del contesto in cui vengono utilizzati.

    Quindi, letteralmente, “dissacrante” significa “che toglie la sacralità o il carattere sacro a qualcosa”, con una connotazione di sfida o oltraggio nei confronti di ciò che è considerato sacro o intoccabile. Questo aggettivo è spesso usato per descrivere opere artistiche, opere letterarie, film o azioni che mirano a mettere in discussione dogmi, valori tradizionali o concetti considerati sacri dalla società. Il cinema non poteva fare eccezione ed in questo articolo abbiamo raccolto i 10 film tra i più dissacranti mai realizzati.

    Brian di Nazareth

    Diretto da Terry Jones, questo film dei Monty Python affronta temi religiosi in modo satirico, seguendo la storia di un uomo di nome Brian che vive nell’antica Giudea e viene letteralmente scambiato per il Messia.

    Arancia meccanica

    Diretto da Stanley Kubrick, questo film si concentra sulla violenza giovanile e sulla psicologia del male, esplorando il tema del libero arbitrio attraverso un protagonista violento e disturbato.

    Salò o le 120 giornate di Sodoma

    Diretto da Pier Paolo Pasolini, il film affronta temi di potere, sadismo e perversione attraverso una rappresentazione estremamente cruda e provocatoria.

    La montagna sacra

    Diretto da Alejandro Jodorowsky, questo film surrealista e simbolico mette in discussione le istituzioni religiose, sociali e politiche attraverso una serie di immagini e simbolismi visivi.

    Dogma

    Diretto da Kevin Smith, questo film presenta una visione satirica e irriverente della religione e dei dogmi religiosi attraverso una trama che coinvolge angeli, un’apocalisse e un gruppo di personaggi umani connessi a temi spirituali.

    Borat 2

    Borat Seguito di film cinema: il ritorno del giornalista kazako che diverte (e fa arrabbiare) chiunque

    This Is the End

    Questo film, diretto da Seth Rogen e Evan Goldberg, è una commedia apocalittica che vede diversi attori interpretare versioni di sé stessi in una situazione di fine del mondo, utilizzando humor oscuro e autoironico.

    “The Wolf of Wall Street

    Diretto da Martin Scorsese, questo film segue la storia vera di Jordan Belfort, un broker di Wall Street, mostrando il suo stile di vita eccessivo e immorale, mettendo in discussione il mondo della finanza e della moralità.

    Postal

    Un film che entra di diritto nell’universo del cinema più dissacrante di sempre.

    American Psycho

    Basato sul romanzo di Bret Easton Ellis, il film diretto da Mary Harron segue la vita di Patrick Bateman, un giovane banchiere con tendenze psicopatiche, critica la società degli anni ’80 e le ossessioni materialistiche.

    Fight Club

    Diretto da David Fincher, questo film basato sul romanzo di Chuck Palahniuk mostra una critica al consumismo e alla società moderna attraverso un club segreto che promuove (direttamente o indirettamente, pur sempre in maniera provocatoria) la ribellione contro lo status quo.

  • Critica della Ragione Televisiva

    Critica della Ragione Televisiva

     Kant ha enfatizzato l’importanza dell’autonomia della ragione e della libertà individuale nell’assumere decisioni morali e nell’esercitare il giudizio razionale. Tuttavia, la televisione può spesso influenzare questi processi in modi che potrebbero non essere compatibili con la visione kantiana. Una critica della ragione televisiva sul modello di Kant potrebbe concentrarsi sul modo in cui la televisione influisce sulla nostra capacità di ragionare in modo autonomo e razionale, così come sull’uso della nostra libertà.

    In primo luogo, la televisione può limitare la nostra capacità di ragionare autonomamente fornendo informazioni parziali o distorti su vari argomenti. Questo può portare a una mancanza di libertà nel processo decisionale, poiché siamo influenzati da ciò che ci viene presentato senza la possibilità di esaminare obiettivamente tutte le prospettive. In secondo luogo, la televisione può promuovere un consumo passivo di contenuti anziché un coinvolgimento attivo e critico con le informazioni presentate. Questo può portare a una dipendenza da parte degli spettatori dalle narrazioni mediatiche anziché dalla loro capacità di ragionare autonomamente. Inoltre, Kant ha sottolineato l’importanza della moralità nell’uso della ragione e della libertà. Tuttavia, la televisione può spesso promuovere valori superficiali o materialistici che potrebbero contrastare con i principi morali kantiani.

    Kant è noto per una serie di concetti chiave nel suo pensiero filosofico, tra cui l’autonomia della ragione, l’imperativo categorico e la dignità umana. Vediamo come questi concetti possono essere applicati al contesto della critica della ragione televisiva:

    1. Autonomia della ragione: Kant sostiene che la ragione debba essere autonoma, cioè guidata da principi razionali e morali anziché da influenze esterne. Nell’applicazione a una critica della ragione televisiva, questo concetto suggerisce che gli individui dovrebbero esercitare la propria ragione in modo indipendente rispetto ai messaggi e alle narrazioni mediatiche. La televisione, se non utilizzata con discernimento critico, potrebbe compromettere questa autonomia, influenzando il modo in cui le persone pensano e prendono decisioni.
    2. Imperativo categorico: Kant presenta l’imperativo categorico come un principio morale fondamentale che richiede di agire solo secondo massime che possono essere universalizzate. Nell’ambito della critica della ragione televisiva, questo potrebbe significare valutare l’eticità dei contenuti televisivi in base a come influenzano il comportamento e il pensiero degli spettatori. Ad esempio, gli spettacoli televisivi che promuovono la violenza o l’ingiustizia potrebbero essere considerati moralmente discutibili secondo l’imperativo categorico di Kant.
    3. Dignità umana: Kant sottolinea che gli esseri umani hanno dignità intrinseca e devono essere trattati come fini in sé stessi, non come mezzi per altri fini. Questo concetto può essere applicato al contesto televisivo considerando se i programmi televisivi rispettano la dignità e il valore degli individui. Ad esempio, la trasmissione di contenuti che denigrano o sfruttano gruppi sociali potrebbe essere contraria alla visione kantiana della dignità umana.

    In sintesi, i principi fondamentali del pensiero di Kant possono fornire una base per valutare criticamente l’impatto della televisione sulla nostra capacità di ragionare autonomamente, sulla moralità dei contenuti e sul rispetto della dignità umana degli individui.

    In conclusione, una critica della ragione televisiva sul modello di Kant potrebbe evidenziare come la televisione possa influenzare negativamente la nostra capacità di ragionare autonomamente, esercitare la nostra libertà e prendere decisioni morali.

  • L’infanzia distopica di Don’t hug me I’m scared

    L’infanzia distopica di Don’t hug me I’m scared

    Se cercate su Google “don’t hug me i’m scared” esce fuori una lapidaria classificazione di genere: umorismo nero. Un sottogenere del comico che è stato ampiamente sdoganato da Internet quanto sopravvalutato, fino a dare l’impressione che chiunque faccia battuta di cattivo gusto o “politicamente scorrette” sia assimilabile all’umorismo nero. Molto prima che influencer fascistoidi e troll perditempo blaterassero a casaccio battute che umiliavano i più deboli tacciandolo per libertà di espressione, e molto prima che tutto questo diventasse una macabra moda da reality show modello August Underground, i due creativi Becky Sloan e Joseph Pelling tirano fuori dal cilindro questo piccolo capolavoro.

    Che cos’è Don’t hug me I’m scared

    Una miniserie (che è diventata un meme in mille salse), e che ha molteplici pregi dalla sua:

    • il dono della sintesi: la prima serie è composta da sole 4 puntate
    • la semplicità della trama: si tratta di quattro personaggi immersi nelle loro attività quotidiane, caratterizzati da pupazzi antropomorfi;
    • la meta narrazione che è sempre auto-ironica e non troppo invasiva o celebrativa rispetto allo spettatore;
    • l’atmosfera surreale e il mashup innovativo tra generi (un tipico show per bambini miscelato con horror splatter e allucinatorio)
    • l‘improponibilità della serie stessa ad un pubblico generalista, che rimarrà per sempre confuso tra l’incertezza dell’attribuzione del genere e del “pubblico ideale” (che è composto invece da horrorofili con il gusto per la sperimentazione)

    Descrizione delle puntate e video per vederle

    Puntata 1 (Creativity)

    Fin dalle prime mosse la trama della serie ruota intorno a tre personaggi principali: Red Guy, Yellow Guy e Duck Guy, che sono marionette dal design simpatico e colorato. In ogni episodio, i protagonisti verranno coinvolti in situazioni strane e surreali che sfidano le convenzioni e le aspettative dei programmi educativi per bambini. Un vero e proprio cult su internet: inaugura lo stile provocatorio della serie che parte come un video per bambini incentrato su una spiegazione del concetto di creatività, e poi diventa improvvisamente una delirante allucinazione horror (la scritta DEATH, una torta di carne cruda, un cuore cosparso di brillantini).

    Green is not a creative color (Il verde non è un colore creativo) è diventato il meme rappresentativo della serie, ovviamente senseless nel suo concepimento.

    Puntata 2 (Time)

    Si parla del tempo e del suo scorrere incessante, in senso scientifico e in parte filosofico: la canzone è simpatica e orecchiabile, il tempo scorre, e diventa sempre meno piacevole mentre lo fa, fino a produrre la putrefazione dei personaggi.

    Puntata 3 (Love)

    Forse la migliore puntata della prima serie: un picnic provoca una crisi depressiva a Yellow Guy, che inizia a parlare con un’ape interessata a spiegargli la natura dell’amore. L’amore è in ogni parte del mondo, basta saperlo cercare (Your special one): un messaggio di pace e speranza che è destinato a diventare qualcosa di molto diverso solo sul finale (con un vero e proprio villain finale che ricorda pesantemente quello di The wicker man).

    Puntata 4 (Computers)

    I tre personaggi stanno giocando ad un gioco da tavolo, e viene fuori una domanda a cui non sanno rispondere: la cosa più naturale diventa naturalmente cercare su internet. Il problema è che il loro computer non li ascolta, sembra esibire un carattere egocentrico e soprattutto non ama essere toccato: poco dopo i tre personaggi si troveranno catapultati dentro un computer, in una realtà virtuale che mescola vari stili di animazione (incluso il 3D).

    Puntata 5 (Health)

    In questo caso la puntata è incentrata sul mangiare sano e sull’educazione alimentare, ma diventerà presto un pretesto per parlare di cannibalismo e chirurgia senza anestesia sul povero Duck Guy.

    Puntata 6 (Dreams)

    Puntata conclusiva della prima serie, incentrata sul mondo onirico, che poi si ricollega all’inizio lasciando il finale aperto. La serie originale era composta da questi 6 brevi episodi pubblicati su YouTube dal 29 luglio 2011 al 19 giugno 2016. Nel 2022 è stata realizzata una serie televisiva sequel trasmessa su All 4 e Channel 4.

    In conclusione

    Esiste anche una seconda serie che è uscita negli scorsi anni, e che sembra continuare sulla stessa falsariga.

    Ciò che rende “Don’t Hug Me I’m Scared” unico è probabilmente il suo stile visivo e di narrazione totalmente spiazzate e straniante. All’inizio di ogni episodio sembra essere un normale show educativo per bambini, ma gradualmente si trasforma in una spirale di oscurità, con rivelazioni inquietanti e bizzarre. Gli elementi colorati e infantili sono accompagnati da cambiamenti improvvisi e perturbanti nel tono e nell’aspetto dei personaggi.

    La serie è diventata famosa per il suo uso innovativo della tecnica di stop-motion e per le canzoni orecchiabili che accompagnano ogni episodio. Le canzoni, scritte e composte dagli stessi registi, hanno testi innocenti che progressivamente diventano inquietanti e trasmettono messaggi critici sulla società e la cultura moderna.

    In ogni episodio della serie, l’inizio ricorda quello di una normale serie per bambini, con marionette antropomorfe simili a quelle presenti in “Sesame Street” o “The Muppets”. La serie parodizza e satirizza questi programmi televisivi, contrastando l’ambiente colorato e infantile con temi inquietanti. Ogni episodio presenta una svolta surreale nel climax, con contenuti psichedelici e immagini che coinvolgono violenza grafica, umorismo nero, esistenzialismo e horror psicologico.

    I sei episodi della serie web esplorano e discutono argomenti di base tipici dell’educazione prescolare, come creatività, tempo, amore, tecnologia, dieta e sogni, mentre la serie televisiva tratta temi come lavoro, morte, famiglia, amicizia, trasporti e elettricità. La serie web ha ricevuto ampi consensi per la sua trama, il design di produzione, l’horror psicologico, l’umorismo, i temi nascosti, il lore e i personaggi, ed è considerata da molti una delle migliori serie web di tutti i tempi. La serie televisiva ha ricevuto acclamazione simile.