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  • La furia iconoclasta del politicamente corretto (anche nel cinema)

    La furia iconoclasta del politicamente corretto (anche nel cinema)

    Ormai tutti parlano di politicamente corretto, si tratta di argomenti che finiscono spesso su Google Trends e ciò avviene in circostanze quantomeno bizzarre, a mio modo di vedere. Da faro guida della sinistra storica, infatti, l’evocazione del politicamente corretto è finita per mutare geneticamente, tanto da diventare mero argomento di polemiche sterili (prevalentemente da social, e quasi al pari di cose tipo “dittatura sanitaria“), che portano la discussione tipicamente “da nessuna parte” e, in qualche modo, se ne vantano pure.

    Alla base della difesa del politicamente corretto, in molti casi, vi è spesso un atteggiamento iconoclasta, di anelata distruzione di ciò in cui una società moderna non potrebbe più sopportare, e questo naturalmente si è tradotto in più casi nel chiedere il ban di film politicamente come niente-popo-dimeno-che… Grease. Grease! Avessero detto Wes Craven avrei forse capito di più, spero che nessuno dica mai una cosa del genere e vale la pena, a questo punto, indagare sulla questione in modo approfondito. Per quale motivo la difesa del politicamente corretto deve per forza di cosa passare per la distruzione di qualcosa, nello specifico di un qualsiasi film che ha come unica colpa il voler porre una questione in modo non convenzionale?

    Photo by Michael Marais on Unsplash

    Cinema e “correttezza”: un binomio difficile da sempre

    Ed è chiaro che in questo contesto il cinema non poteva esimersi da quella medesima furia distruttrice, che – intendiamoci da subito – a volte è addirittura sana, ripensando ad esempio a Nietzsche ed al suo pluri-citato Chi deve essere un creatore non fa che distruggere. Si può distruggere per ricostruire, insomma, ed è anche normale che certe simbologie e modi di pensare cedano il passo ai tempi che corrono.

    Il problema, tuttavia, è che dietro la furia iconoclasta del XXI secolo, quella che ha chiesto la censura a vita di Morituris o (per citare un esempio più popolare) ha fatto abbattere la statua di Colombo ed imbrattare quella di Montanelli, non è perfettamente chiaro cosa ci sia dietro a livello di implicazioni. Non sono così sicuro, insomma, che sia un distruggere per ricostruire, ma che piuttosto sia una distruggere per “poi si vedrà“, o peggio ancora “non ci poniamo neanche il problema del poi“.

    Politicamente corretto è in genere un atteggiamento legato, per definizione, ad una condotta o comportamento improntato al pieno rispetto dell’identità politica, etnica, religiosa, sessuale, sociale, ecc. di altri soggetti. Di per sè, in effetti, per una persona che si ispiri a valori politici progressisti dovrebbe essere sostanzialmente normale, ma soprattutto non può nè dovrebbe diventare un manganello da ostentare e usare a sproposito contro chi non la pensa come noi.

    Che cos’è davvero il politicamente corretto

    Di per sè sarebbe un concetto sacro ed inviolabile per chiunque, a meno che uno non sia di idee particolarmente radicali. Di fatto, è un qualcosa che finisce paradossalmente per farsi odiare da chiunque o quasi, anzi è spesso un parafulmine contro il quale prendersela a morte nelle discussioni più spinose, perchè questi buonismi, signora mia, ci hanno stufato davvero, visto che siamo brave persone che pagano le tasse (oddio, quasi sempre).

    Ormai non abbiamo idea di cosa sia il politicamente corretto, ad oggi, ma siamo anche dell’idea di doverlo difendere ma (arrivo al punto che mi sta a cuore), al tempo stesso, non può nè deve ridursi ad una questione di mero principio lava-coscienza, come purtroppo è diventato per alcuni.

    Il cinema, la censura e il politically correct

    Sul discorso generale sul politically correct, senza imbrigliarci in discorsi che rischierebbero di consumarsi su se stessi senza dire nulla – questo coerentemente coi tempi di post-verità che viviamo, nostro malgrado, per i quali ognuno ha la propria verità e se osi mettere in discussione quella altrui sei comunque un povero scemo – lo stesso concetto paritario alla sua base ha finito per assumere spesso una valenza differente da qualche tempo fa: è sempre stato un mantra intoccabile, il politicamente corretto, e guai a chi osava violarlo. Ad oggi ha finito per essere banalizzato con concetti tipo “buonismo”, che poi è una versione da bambini educati di certi immarcescibili modi di dire sull’amore per l’analità o sui culi propri ed altrui.

    Il cinema, ad esempio, ha violato il politicamente corretto il più occasioni, spesso con intenzioni differenti da quelle che gli venivano attribuite dalla critica: coinvolgendo non solo cineasti effettivamente ambigui (e ce ne sono tanti, anche se poi è difficile anche citarli: non sia mai che lamentino la mancanza di politicamente corretto da parte nostra…) ma anche altri intelligentemente provocatori, forse a volte un po’ troppo esoterici e (quasi sempre, direi) obiettivamente innocenti. Certe letture della critica sono sempre state un po’ naive, un po’ superficiali o agghiaccianti: se un cineasta mostra violenza, per intenderci, per certe critica è automaticamente a favore della violenza – e per favore non ditelo a Kubrick, Carpenter, Romero, Cronenberg e compagnia.

    La lotta sterile per politically correct

    C’è una lotta lecita per il politicamente corretto, ma in questa fase non la metteremo in discussione: vorrei focalizzarmi su quella di facciata, che di per sè sarebbe anche roba di poco conto se non fosse che, in molti casi, arriva ad evocare la censura delle opere “sgradite”, il che a mio modo di vedere è semplicemente grottesco.

    Penso ad esempio a La città delle donne di Fellini, boicottato dalle stesse femministe che avevano partecipato al lavoro, che rimane un film di cui, se oggi si accorgessero nuovamente della sua esistenza, sarebbe un delirio di polemiche e, anche lì, osanna della censura sulla falsariga di “quando c’era lui” (“lui” ovviamente è un censore qualsiasi, ed è in parte incredibile come molta gente dal pensiero progressista evochi la censura in queste circostanze). Penso a Film d’amore e d’anarchia, un film che mette in discussione il martirio a scopo politico e che, non mi meraviglierebbe per l’epoca, potrebbe essere teoricamente tacciato di conservatorismo o di non fare gli interessi da ‘a sinistra che tutti amano ma poi, almeno in Italia, nessuno vota. Si veda anche Il maestro e margherita, altro film epocale sull’iconoclastia ed il conformismo anche dove non ce lo aspetteremmo, che è stato effettivamente accusato di scarso politically correct.

    Non sottovalutiamo la catarsi

    Il punto è che se da un lato certi tabù non possono essere violati come se nulla fosse, ed in questo ci guardiamo bene dall’assecondare certo pubblico snobistico e/o egoista, il quale accetta di vedere sullo schermo qualsiasi cosa per il gusto dell’estrema fiction (esempio classico: amanti di film snuff o presunti tali), resta anche vero che è una questione di linguaggio: se certi film non avessero violato certi tabù non avremmo forse neanche assistito – voglio essere ottimista per una volta – all’evoluzione della società come la conosciamo oggi.

    Aver visto certi film anche “sgradevoli”, di fatto, se da un lato ha suscitato reazioni scomposte ad esempio in nome della possibilità di emulazione da parte dei “gggiovani“, ha fatto anche in modo di ottenere un effetto catartico su tante altre persone, tant’è che nessuno cita mai la catarsi a proposito di certo cinema e anzi, sembra quasi che la parola sia stata dimenticata dai più.

    Iconoclasta: Critico, spregiudicato e irriverente, di principi e credenze comuni; spinto o motivato da un’indiscriminata polemica distruttiva.

    Catarsi (intesa come redenzione o purificazione) che ha un molteplice significato: nell’antica Grecia era considerato un vero e proprio rito magico di purificazione dell’anima, inteso a mondare il corpo e l’anima da ogni contaminazione. Nella psicologia corrisponde ad un processo di sostanziale liberazione da esperienze drammatiche o conflittuali, derivanti dall’individuazione delle autentiche responsabilità e conseguente rimozione del senso di colpa. Della serie: andare oltre il senso di colpa che attanaglia il genere umano, di lovecraftiana memoria, e seguire un po’ il processo di accettazione e rinascita dello sceriffo Ed Tom Bell in Non è un paese per vecchi. La sensazione generale è che nei discorsi legati al politicamente corretto si tenda a difendere il “fortino” a prescindere, e (quantomeno in relazione ad opere audio-visive) la catarsi la gente non sappia nemmeno cosa diavolo sia (e non voglia neanche saperlo).

    Politicamente corretto e cinema anni 70

    Sono stati giusto gli anni 70 a produrre un gran numero di film politically uncorrect, in effetti, e vale la pena soffermarsi su qualche esempio a riguardo.

    Gran parte del poliziottesco anni ’70, ad esempio, era accusato di conservatorismo, se non addirittura di fascismo: contestualizzando all’epoca dei figli dei fiori e delle comuni peace & love, forse, c’era da aspettarsi che piacessero più film modello Il serpente di fuoco che non Milano odia. Ma quelle critiche al genere risultano francamente esagerate, lette oggi, anche perchè la realtà ci ha insegnato cosa significa davvero virare verso lidi di repressione e conservatorismo (si vedano le mattanze del G8 nel 2001, o certa gestione semplicistica e sbrigativa delle vicende di ordine pubblico legate al Covid-19), tutte cose che nemmeno il regista più reazionario e amante del sadismo avrebbe mai immaginato.

    Senza dimenticare che poi, di fatto, tutto quel cinema poliziottesco faceva riferimento a situazioni rigorosamente romanzate, che si ispiravano al cinema d’azione USA (che certo non era proprio di sinistra) e che facevano sensazione soprattutto perchè erano vicine a noi, e non c’era alcun Clint Eastwood o nessun Jack, fuck o go-go-go che ne denotassero chiaramente la fiction. In due parole: quei film facevano paura, continuano a farne tuttora ed è forse da questo che derivavano gran parte delle accuse. Su questo non c’è considerazione consolatoria che possa reggere in alcun modo evocarne la censura, che è un modo sbrigativo (anche qui) per le autorità per risolvere questioni spinose, come la realtà di certi stati ci ha insegnato.

    Non si sevizia un politicamente corretto

    Avrei potuto citare molti, moltissimi film ed analizzarne le scene cardine accusate di “scarso politicamente corretto”: ne sarebbe venuto fuori un ebook, a quel punto, per cui ho preferito concentrarmi su quella della “maciara” pestata dai paesani in Non si sevizia un paperino di Lucio Fulci. Di per sè la scena è tremenda, impressionante e profondamente orrorifica: Florinda Bolkan interpreta la maga-veggente del paese, usata come capro espiatorio per via della misteriosa scomparsa di alcuni bambini (per i quali si adombra la possibilità di un serial killer pedofilo). Da un certo punto di vista si potrebbe obiettare l’esistenza di una rappresentazione realistica di una violenza di gruppo su una donna, cosa che peraltro certe cronache ci hanno purtroppo raccontato.

    Ma qui il punto è duplice, e – anche se dovrebbe essere scontato – vale la pena ricordarlo per punti:

    1. giudicare dalla singola scena senza aver visto il film è una cattiva idea in genere, perchè ci priva del contesto. Il contesto è fondamentale, e per inquadrare bene il discorso pensiamo ad un episodio deprecabile in un telegiornale, ad esempio: un conto è vederlo in un TG commentato da un giornalista, decisamente un altro è trovare il filmato in un sito underground senza commento e con l’audio in presa diretta.
    2. non è difficile identificare i paesani picchiatori come l’elemento malvagio della storia, visto che sono quasi sempre sospettosi e a caccia di un colpevole senza processo; in una parola, è il populismo di provincia il “cattivo” della vicenda, ed è questo che apre a notevoli letture sulla falsariga, ad esempio, di Cane di paglia;
    3. l’abuso di politicamente corretto è “perdonabile”, anche secondo i canoni oltranzisti dell’iconoclastia classica, proprio perchè il messaggio di fondo si fonda sul punto precedente;
    4. il fatto che Fulci abbia costruito la sequenza in questi termini deve essere contestualizzato alla storia ed alle sensazioni catartiche, per l’appunto, che vuole suscitare nel pubblico (esempio: pensare a quanto sia tremenda la violenza, soprattutto se rappresentata in modo realistico come avviene qui);
    5. la presenza di Quei giorni assieme a te della Vanoni costruire un chiaro-scuro in cui la violenza delle immagini finisce per da contraltare alla dolcezza della musica e delle parole (tanto più che la canzone parla di un’amante abbandonata per via dell’egoismo del partner: cosa che vediamo anche nel film, quando la donna chiede aiuto e le macchine, pur vedendola, passano oltre nell’indifferenzac)
    6. il fatto che un film mostri una cosa del genere non vuol dire certamente, a questo punto, che inneggi ad una situazione del genere, perchè altrimenti varrebbe anche per i telegiornali che mostrano sequenze al limite dello snuff – all’ora di pranzo, peraltro.

     

    Bisogna anche ricordare che in molti casi le polemiche sul sessismo, ad esempio, nascono da contesti abbastanza anomali, quasi costruiti a tavolino: la polemica su Grease di qualche tempo fa, ad esempio, nasceva letteralmente da un tweet di uno/una sconosciuto/a che ha fatto “diventare notizia”, se ricordo bene, il Daily Mirror. La realtà delle testate web nell’era della post verità è questa: bisogna scrivere, sempre e comunque, e lo faremo, anche a costo di inventare notizie di sana pianta. Ricordiamocelo, la prossima volta che esce fuori una notizia del genere, magari. Il problema del sessismo ovviamente c’è, ma portarlo avanti per via di un singolo film – evocandone la distruzione o la censura – è, di fatto, un modo molto scadente per affrontare il problema (e serve, peraltro, solo ad ingrassare le casse dei siti che su queste notizie ci campano, in qualche modo).

    E se vale il discorso che abbiamo appena affrontato, a questo punto, possiamo abolire il senso di colpa e l’evocazione della distruzione dell’opera anche per la pluri-citata scena di Amore mio, aiutami di Alberto Sordi, anche qui oggetto di polemiche sempre sulla stessa instancabile falsariga.

  • Qual è la differenza tra il caffè di casa e l’espresso del bar

    Qual è la differenza tra il caffè di casa e l’espresso del bar

    L’italiano per antonomasia, soprattutto del Sud, ama il caffè. A qualunque ora del giorno una buona tazza fumante di “bevanda stimolante” come la chiamano gli arabi, rimette in sesto chiunque ne abbia bisogno.

    Il caffè piace quasi a tutti, ma oltre ad essere una semplice bevanda è anche uno status, in modo di vivere.

    Essendo parte integrante della nostra cultura, bisogna saperlo preparare e saperlo gustare.

    Per questo motivo ci sono molti pareri contrastanti tra loro, per i quali il caffè di casa è più buono dell’espresso del bar e viceversa.

    Ma davvero oggettivamente si può scegliere tra i due quale sia più buono?

    Ecco qual è la differenza tra caffè ed espresso.

    Le differenze tra caffè casalingo e caffè da bar: gusto e consistenza

    La prima cosa che vogliamo sottolineare è che non esiste un caffè più buono dell’altro e viceversa.

    La moka, se fatta come si deve e usando miscela di qualità può avere un gusto unico e inconfondibile. Così come il caffè espresso ha il suo aroma e la sua bontà.

    La differenza sostanziale concerne il modo di prepararlo e la consistenza del caffè stesso. Se farlo a casa, per quanto ristretto possa essere, vuol dire bere una tazzina più leggera, prenderlo al bar vuol dire prediligere un caffè più denso e cremoso.

    Da ciò ne consegue l’importanza della componente personale e soggettiva in merito al caffè che si preferisce.

    Se una persona preferisce il sapore della moka, un’altra predilige la forza dell’espresso da bar, ma nessuno può dire quale sia più buono in assoluto.

    La preparazione differente

    Sempre in termini di differenza, la preparazione gioca molto sul sapore finale.

    Il caffè da moka che si fa in casa richiede molta attenzione sulla quantità e qualità di acqua, sull’intensità della fiamma, sul tipo di miscela e su quanta polvere si versa nel filtro.

    Di contro quello il caffè del bar è preparato utilizzando delle macchinette apposite, che effettuano tutto il procedimento di preparazione in autonomia, e che rilasciano poi una bevanda più strong rispetto a quella che fornisce la macchinetta da fuoco che usiamo a casa.

    Ma andiamo a vedere più nel dettaglio come si preparano.

    Come si fa il caffè in casa e come è fatto al bar?

    Come detto poco fa, una delle principali differenze tra caffè ed espresso risiede nel modo in cui si prepara la bevanda. Essendo processi differenti, danno dunque un sapore che non si equivale all’altro.

    Come si prepara il caffè in moka? La struttura della macchinetta casalinga la conosciamo: nella caldaia sottostante si versa l’acqua, in cui si immerge l’imbuto un filtro ad imbuto dove si mette in posa la polvere di caffè.

    Grazie al calore della fiamma, e alla pressione vaporosa che fuoriesce, l’acqua si mescola alla miscela che a sua volta si disperde, diluendosi, dando vita alla bevanda che tutti amiamo.

    La macchinetta espresso del bar ha un funzionamento diverso. Per quanto i passaggi possano essere simili, si usa una tecnica diversa.

    Qui il caffè si ottiene facendo passare per circa 30 secondi un getto d’acqua calda sotto pressione attraverso uno strato di caffè macinato e pressato. Onde evitare che la polvere di caffè finiscano nella tazza, la miscela viene protetta da un filtro di carta.

    Questo processo e la pressione esercitata dalla macchina fanno si che l’espresso sia decisamente più corposo e aromatizzato.

    La temperatura dell’acqua

    A fare ulteriore differenza è poi la temperatura dell’acqua e in particolare la pressione con la quale questa passa attraverso il filtro ed il caffè.

    Questo processo con la macchina da bar avviene in modo diverso e il caffè risulta più forte.

    Possiamo dire quindi che la netta differenza è proprio questa: il caffè espresso più corposo ed più denso perché la preparazione non avviene con lo stesso meccanismo della moka. Usando stessa acqua e stessa miscela in moka e macchina da bar, verranno fuori inevitabilmente due caffè diversi.

    Inoltre, gioca un ruolo importante anche la quantità di polvere che si mette nel filtro. Senza contare che per quanto piccola, la differenza potrebbe essere anche sull’acqua usata.

    Talvolta quella dei locali pubblici è protetta da un filtro quindi con meno calcare, ma anche in casa si fa uso di filtri per evitare anche solo un piccolo sapore del più famoso dei sali minerali.

    Caffè, buono in ogni caso

    Qualcuno dice che la differenza tra i due caffè risiede nel fatto che l’espresso da bar sia più carico di caffeina, ma non è così. A fare la differenza nel sapore è la qualità di caffè utilizzata mista alla sua preparazione.

    Ciò non toglie che tutto dipende da ciò che il proprio palato preferisce. C’è chi ama il caffè da moka, chi invece ama quello del bar, chi invece beve entrambi e li predilige in esequie.

    E forse la vera differenza è la cura dei dettagli, primo fra tutti la scelta della miscela. Quest’ultima deve essere eccellente, profumata così da dare il sapore e la consistenza giusti alla bevanda.

  • Le prime feste di compleanno del tuo bambino: consigli utili per l’organizzazione

    Le prime feste di compleanno del tuo bambino: consigli utili per l’organizzazione

    Il primo compleanno del tuo bambino si avvicina, ma tu proprio non sai come organizzare questa importante festa. Dopotutto è il tuo primo bimbo e non hai idea quindi di quali elementi devono scendere in campo in una festa affinché si trasformi in un evento indimenticabile! Lo stesso può accadere anche nel caso il tuo bimbo stia per compiere 2 o 3 anni ovviamente, anche questi compleanni sono infatti complicati da organizzare soprattutto considerando che il bimbo è piccolo e che quindi spetta ai genitori farsene carico.

    Le 2 migliori agenzie di noleggio gonfiabili a Napoli

    I gonfiabili sono perfetti per le feste di compleanno dei bambini, attrazioni che permettono infatti ai bimbi di divertirsi per tutta la durata della festa in modo davvero intenso. Ecco allora alcuni utili consigli da prendere in considerazione se sei alla ricerca di un gonfiabile a noleggio su Napoli.

    Gonfiabili a noleggio su Napoli, come scegliere

    Di gonfiabili da prendere a noleggio per la festa di compleanno dei bambini ne esistono innumerevoli versioni, talmente tante che scegliere potrebbe risultare complicato. Ecco come muoversi per capire quale sia il gonfiabile perfetto:

    • Età del bambino. Ogni gonfiabile è pensato per una ben precisa fascia di età ed è molto importante seguire questa indicazione se si desidera offrire ai propri bambini un intrattenimento sicuro al cento per cento, se si desidera preservare la loro incolumità. Questa è quindi la prima caratteristica da prendere in considerazione.
    • Spazio a disposizione. Tra i gonfiabili perfetti per l’età del suo bambino e degli altri piccoli invitati, ce ne sono alcuni di piccole dimensioni, alcuni medi, altri immensi. Ovviamente la scelta deve ricadere sull’una piuttosto che sull’altra tipologia in base allo spazio che hai a disposizione presso la location scelta per la festa.
    • Tema della festa. Se stai organizzando una festa a tema pirati per il tuo bambino, vai alla ricerca di un galeone dei pirati gonfiabile oppure di un gonfiabile che ricordi il fondo del mare. Se il gonfiabile è a tema, la festa risulterà senza dubbio migliore!

    Tipologia di servizio

    È molto importante ricordare che non tutte le agenzie di noleggio gonfiabili offrono la stessa identica tipologia di servizio. Le agenzie migliori sono quelle che permettono di ottenere un servizio personalizzabile in base alle proprie specifiche esigenze. Questo significa che deve essere possibile noleggiare il gonfiabile:

    • Con ritiro presso la sede dell’agenzia, ma anche con trasporto da parte dell’agenzia presso la location scelta per la festa.
    • Con o senza operatore.
    • Con o senza tappeto da posizionare al di sotto del gonfiabile.
    • Con o senza servizio di animazione per bambini, allestimenti, decorazioni, etc.
    • Per poche ore appena, per mezza giornata, per una giornata intera, per più giornate.

    Le 2 migliori agenzie di noleggio gonfiabili a Napoli

    Sono oggi disponibili molte agenzie di noleggio gonfiabili su Napoli che rispondono alle caratteristiche sopra elencate. È normale che sia così dopotutto, questo è infatti un settore sempre più concorrenziale. Per aiutare nella scelta, abbiamo deciso di inserire una breve recensione di quelle che sono a nostro avviso le due migliori agenzie della città.

    Pakito Gonfiabili è una realtà assolutamente da prendere in considerazione se si è alla ricerca di tutto, ma proprio tutto il necessario per organizzare una festa indimenticabile. Offre infatti diverse tipologie di gonfiabili, tra cui anche le versioni in maxi dimensioni e quelle acquatiche, senza dimenticare tutte le attrazioni meccaniche, sempre gonfiabili, che sono in realtà pensate anche per il divertimento degli adulti. Inoltre offre spettacoli e servizi di animazione professionale. Se invece sei alla ricerca solo di un gonfiabile da noleggiare, senza servizi extra, ti consigliamo caldamente di navigare su www.noleggiogonfiabilinapoli.com. Trovi il catalogo completo dei gonfiabili disponibili direttamente online e possiamo assicurati che le tariffe sono tra le più basse del settore.

    Noleggio gonfiabili Napoli, quanto costa?

    Sui siti delle agenzie di noleggio gonfiabili trovi sempre le indicazioni dei prezzi. È consigliabile però richiedere un preventivo, perché il prezzo può variare in base a vari fattori, soprattutto nel caso in cui si desiderino far scendere in capo degli extra o si abbia bisogno di qualche ora di noleggio in più. Il preventivo è sempre gratuito e senza alcun tipo di impegno. Il bello poi è che oggi come oggi non è più necessario telefonare per ottenerlo, è sufficiente una mail, la compilazione del form presente sul sito oppure un messaggio su WhatsApp. Richiedere un preventivo non è mai stato così semplice e veloce!

  • É possibile richiedere il saldo e stralcio? Si, ecco come!

    É possibile richiedere il saldo e stralcio? Si, ecco come!

    Se stai leggendo questo articolo, vuol dire probabilmente che sei debitore di una somma di cui non garantisci più il pagamento, e rischi situazioni estremamente spiacevoli.

    Il saldo e stralcio è l’ultima manovra per una pace fiscale di cui potresti avvalerti come debitore, se il creditore te lo concedede; a tal proposito, questa procedura viene concessa difficilmente dai privati, mentre finanziarie, banche e compagnie di servizi (come luce e telefono) sono più propense a concedere questa possibilità.

    Ci sono diverse modalità con cui puoi richiedere il saldo e stralcio, ma brevemente vediamo di cosa si tratta.

    Saldo e stralcio: in cosa consiste

    Come detto poc’anzi, si tratta di una procedura bonaria che viene concessa al debitore da parte di finanziarie con cui si ha un debito. Per chi lo concede, l’obiettivo è quello di recuperare una parte del credito originale a stralcio della preesistente posizione debitoria.
    Potrai quindi tu, debitore, saldare il tuo debito con una somma minore di quella dovuta in origine.

    L’importante è la consapevolezza che il debitore non ha diritto a prescindere a questa procedura, ma sta al buon cuore del creditore concederla.

    Chi può richiedere il saldo e stralcio?

    Ovvio è che non tutti possono avvalersi della procedura di saldo e stralcio. Ci devono essere le condizioni per richiederlo, che sono principalmente:

    • la dimostrazione tangibile della reale difficoltà di far fronte al debito;

    • i nuclei familiari che hanno un ISEE non superiore a 20.000 Euro.

    A seconda dell’entità del debito, vengono applicate delle percentuali di sconto. Il vantaggio della procedura è da entrambe le parti: tu, debitore che estingui la somma dovuta, e il creditore che, piuttosto che dichiare un credito insoluto, sceglie di riscuotere soltanto una parte del credito.

    Come si richiede la procedura?

    Per far si che questa ultima opzione possa salvare la situazione finanziaria, bisogna inviare una richiesta formale di saldo e stralcio alla società o compagnia creditrice. E le modalità per farlo sono diverse.

    Quella più attuale è la richiesta online tramite l’Agenzia delle Entrate; attraverso il loro portale è possibile compilare un modulo appositamente dedicato, dove verranno richiesti dei dati e i documenti specifici. Se la richiesta viene fatta prendendo in riferimento l’ISEE, si dovrà prima presentare la Documentazione sostitutiva unica in quanto verrà richiesto di inserire il numero di protocollo della DSU.

    Se invece l’accordo viene svolto privatamente tra le parti, è buona norma metterlo per iscritto e redigere quindi una lettera formale. Al suo interno verranno specificate le cause per il quale non si può più far fronte al debito e le nuove condizioni dell’accordo, oltre alle modalità per saldare il debito e procedere allo stralcio. In questo caso, è bene rivolgersi a un avvocato affinchè abbia una validità legale e sarà in grado di darvi suggerimenti e dritte prima di inviare la richiesta.

  • Fifa 21 – Ecco quali sono le caratteristiche del videogioco Fifa

    Fifa 21 – Ecco quali sono le caratteristiche del videogioco Fifa

    Verso la fine di un anno particolare per tutti e quindi anche per gli sviluppatori di videogiochi è stato lanciato FIFA 21, a breve atteso allo stesso tempo alla prova della nuova generazione di console. Infatti il titolo uscirà anche il prossimo 4 dicembre 2020 anche in versione per PlayStation 5 e Xbox Series X/s. E promette tempi di caricamento molto più rapidi, riproduzione dei calciatori ancora più dettagliate, controlli aptici immersivi e stadi ancora più realistici. Dopo aver effettuato una gran quantità di test andiamo a illustrare pregi e difetti del gioco calcistico più amato del mondo. Ringraziamo i ragazzi di Manaskill per la collaborazione (Fonte: www.manaskill.com/fifa/)

    Giocabilità del nuovo FIFA

    Questa volta EA Sports ha voluto lavorare principalmente su tre aspetti: creatività, fluidità e responsività. Ciò ha avuto i suoi influssi principalmente sui movimenti della squadra sul terreno di gioco e sul cosiddetto “posizionamento intelligente”, che in base agli attributi del singolo calciatore condiziona vari tagli e coperture. Prepariamoci quindi ad una migliore dinamicità dei nostri undici titolari e a più inserimenti innescati dall’intelligenza artificiale nell’area avversaria. Prima che ciò accada però potrebbe essere necessario far girare un bel po’ la sfera. Naturalmente ci sono anche gli inserimenti creativi, da effettuare in maniera manuale per mettere in difficoltà i difensori. Possiamo decidere noi dove deve correre un calciatore senza palla mentre lasciamo all’intelligenza artificiale il controllo di chi ne gestisce il possesso. Da capire se durante il gioco in rete si riesca a fare in tempo a gestire gli inserimenti creativi ma questo è il bello di FIFA 21, gioco veloce e con tanti capovolgimenti di fronte.

    Molta importanza viene data alle giocate del singolo, che se particolarmente dotato può davvero far male agli avversari con l’innovativo dribbling agile e il migliorato controllo di suola. Dall’altra parte risulta meno efficace il pressing, specie quando non si può contare su calciatori rapidi e resistenti. Molto bene i contrasti: adesso i giocatori cercano di evitare il difensore che scivola o l’estremo difensore che esce basso.

    In FIFA 21 è stato aggiunto un nuovo livello di difficoltà nel livello “Leggenda”, con il quale la CPU sarà più letale in attacco. Un modo impegnativo per mettersi alla prova e magari migliorare utilizzando la funzione “rewind”, che permette di tornare indietro e rigiocare un’azione per provare a far meglio. Nel complesso un ultimo aspetto da rilevare è che i portieri non sembrano particolarmente impenetrabili e segnare non è complicatissimo.

    FIFA 21 Ultimate Team

    FIFA Ultimate Team resta il centro del gioco, la modalità più amata. La co-op insieme ad un compagno migliora il multiplayer, mentre gli obiettivi stagionali a tempo aumentano e mettono in palio premi dedicati al FUT Stadium, che è possibile personalizzare in lungo e in largo. FUT in FIFA 21 non presenta più invece la forma fisica dei calciatori, cosa che rende meno rilevante il turnover e superati gli oggetti che servivano a mantenere i giocatori sempre sul pezzo. La suddetta scelta è stata già notevolmente apprezzata dai giocatori.

    “Volta” e “Carriera allenatore”

    La modalità “Volta” quest’anno mostra più attenzione per il multiplayer, con battaglie speciali che sbloccano premi e divisioni in cui ci si batte contro altri giocatori. Gli amanti del calcio da strada troveranno qualche miglioramento ma i riconoscimenti tipo una maglia nuova probabilmente non manterranno nel lungo periodo l’interesse nel giocare a “Volta”.

    Brilla sicuramente di più la carriera allenatore, nella quale possiamo sia giocare le partite che visualizzare unicamente il risultato delle stesse. Altra nuova alternativa è guardare l’incontro in maniera rapida e decidere di intervenire in campo nel momento in cui lo vogliamo: quando stiamo perdendo, quando c’è una buona azione da finalizzare e così via. Grande libertà quindi per gli allenatori che possono gestire la propria rosa in modo completo. Ad esempio negli allenamenti, che influiscono su forma, lucidità e morale. È molto importante a tal fine programmare bene allenamenti e giorni di riposo, insieme a sedute specifiche per ogni calciatore al fine di migliorarlo (un po’ complicato che ciò avvenga però alla soglia dei trent’anni). Se sei poco interessato agli allenamenti puoi comunque sempre utilizzare programmi reimpostati.

    Licenze e telecronaca

    Veniamo al capitolo licenze, certamente interessante in ottica realismo. In FIFA 21 non troverete la Juventus, la Roma e nemmeno la Serie B, se si eccettuano sei sole squadre individuabili in “Resto del mondo”. Pure la nazionale italiana non può contare sulle divise di gioco ufficiali. FIFA 21 può invece appuntarsi sul petto la stelletta dell’esclusiva di Inter e Milan.

    Troviamo ancora Pierluigi Pardo e Stefano Nava alla telecronaca, purtroppo con l’inserimento di poche frasi nuove. Ciò influisce talvolta negativamente sull’esperienza di gioco in termini di attualità e rappresenta sicuramente un aspetto al quale porre rimedio per EA Sports.

    Conclusioni su FIFA

    Non era facile affrontare in questa particolare congiuntura il cambio di generazione delle console. Eppure ci sono state diverse innovazioni interessanti in FIFA 21, anche se con alcune difficoltà nel conciliare velocità del gioco e attenzione alla tattica. Dominano tanto, forse troppo i calciatori dribblomani e rapidi, la palla ogni tanto schizza come fosse impazzita. Vale la pena provare le innovazioni della carriera allenatore mentre non entusiasma la modalità “Volta”. Detto questo FIFA 21 si conferma il miglior titolo dedicato al calcio in assoluto sul mercato, anche se si avvicina sempre più il momento in cui EA Sports dovrà decidersi finalmente ad apportare quelle migliorie troppe volte procrastinate.