HORROR NETFLIX (3 articoli)

  • Abducted in Plain Sight racconta di un insospettabile vicino di casa che rapisce una ragazzina

    Abducted in Plain Sight racconta di un insospettabile vicino di casa che rapisce una ragazzina

    La vera storia della famiglia Brobergs, una famiglia dell’Idaho che per anni non si accorse di aver dato fiducia e fatto avvicinare alle figlie un insospettabile sociopatico con tendenze pedofile.

    In breve. Un documentario inquietante su una delle storie più incredibili capitate negli USA anni ’70: il duplice rapimento dell’attrice Joan Broberg Felt, all’epoca ragazzina, da parte di un insospettabile vicino di casa. La vittima viene anche intervistata assieme ai genitori, che forniscono dettagli reali (ed incredibili) sulla vicenda.

    Il peggior incubo di qualsiasi genitore è la tagline che accompagna il documentario Netflix, girato con stile vivido da true crime e tratto da fatti realmente accaduti. La storia, in effetti, ha dell’incredibile: si parla del duplice rapimento, a 12 e 14 anni, dell’attrice americana Jan Broberg Felt da parte dell’amico di famiglia Robert Berchtold, vicino di casa e membro della medesima comunità locale  della Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni.

    Abducted in Plain Sight è uscito nel 2017 ed è appena arrivato su Netflix anche per l’Italia: con un titolo che evoca la exploitation anni ’70 (ed il paragone è tutt’altro che gratuito, dati gli argomenti trattati), il regista Borgman costruisce una storia dai tratti realistici ed inquietanti, con una disinvoltura considerevole nel rendere dettagli e per una storia, per quanto surreale, che sembra tratta dalle vite di chiunque. Che non implica solo abusi e rapimento di una minorenne, ma racconta soprattutto le successive conseguenze sulla vita della ragazza in seguito. In seguito al brainwash subito, Jan cresce traumatizzata ma difendendo il proprio aguzzino, arrivando a farsi rapire una seconda volta, questa volta sotto falso nome e raccontando che Berchtold fosse un agente della CIA.

    La voce proveniva da un piccolo interfono, ero legata al letto… pensavo di essere stata rapita dagli alieni.

    In effetti all’inizio non si capisce se si tratti di vere immagini di repertorio o di ricostruzioni, cosa che diventa più chiara nel seguito (in realtà è un mix delle due cose): ma poco importa, perchè l’attenzione dello spettatore è catturata, seppur con la lentezza tipica di questo genere di documentari, che hanno la tendenza ad allungare un po’ troppo le fasi del racconto, in alcuni momenti. Questo comunque aiuta a creare un effetto da mockumentary, con la differenza considerevole che la storia è reale – e soprattutto che le vere vittime vengono intervistate durante lo svolgimento della stessa. Soprattutto, se si volesse evidenziare un difetto del film, bisognerebbe notare che alcuni dettagli non sembrino troppo consequenziali, nonostante la storia sia narrata con dovizia di particolari e scatenando l’effetto traumatico di pellicole analoghe su questi argomenti, come ad esempio Mysterious Skin (in cui gli UFO sono analogamente simbolo di un trauma regresso) oppure (in tema di abusi da persone vicine a noi) Strange Circus.

    Vittime che, per inciso, non risparmiano dettagli terrificanti: gli abusi da parte del rapitore pedofilo, che per arrivare alla piccola Jan, prima ne seduce la madre e poi abusa sessualmente del padre di lei, senza che la cosa induca un minimo sospetto in seguito, almeno fino alle indagini affidate all’FBI. È anche presente più di una dichiarazione dell’ufficiale di polizia che seguì il caso, che all’epoca non aveva neanche la corretta percezione del fenomeno – perchè probabilmente, nella piccola provincia USA dell’Idaho, non era pensabile che potesse succedere un fatto del genere.

    Per ben due volte, peraltro, e passando per personaggi ambigui ed inquietanti quali finti psicologi, e ne fuoriesce un’immagine del crudele protagonista subdola, manipolatrice, perversa e attento ai minimi dettagli, oltre decisamente scaltra ed in grado, ogni volta, di farsi ridurre la pena (morì suicida per non scontare la terza condanna). In grado di architettare, fin dall’inizio, un modo pazzesco per darsi credito: far credere alla giovane vittima di essere stati rapiti dagli alieni, e di doversi unire a lui come unica possibilità per salvarsi.

    L’ingenuità della ragazzina, derivante anche dall’educazione ricevuta in famiglia e dall’ambiente di provincia, non le permise tragicamente di sospettare nulla, almeno all’epoca dei fatti, fino alla liberazione da parte della polizia messicana e dopo un secondo rapimento, questa volta degno di una spy story. Senza timore di cadere negli stereotipi, a questo punto, potremmo dire che nel caso di Rapita alla luce del sole la realtà aveva abbattuto qualsiasi imprevedibile trama da fiction.

    Un ritratto forse impietoso dell’America dell’epoca, senza dubbio, che restituisce un’immagine ingenua delle vittime che fa scalpore, probabilmente più come effetto indiretto che come autentico sensazionalismo. Sicuramente da vedere.

  • Il mondo dietro di te: trama, cast, critica, recensione

    Il mondo dietro di te: trama, cast, critica, recensione

    Bene. Il sole risplendeva. Lo presero come un segno propizio – la gente trasforma qualsiasi cosa in un presagio. Era come se tutto dicesse che non ci sarebbero state nuvole all’orizzonte. Il sole era al suo solito posto. Il sole persistente e indifferente. (Rumaan Alam, Il mondo dietro di te)

    Leave the World Behind” è un romanzo scritto da Rumaan Alam, sul quale si basa il film “Il mondo dietro di te” molto popolare su Netflix. Un romanzo dallo stile apparentemente scorrevole, accattivante, punteggiato meravigliosamente. Che rende l’atmosfera della storia fin dalle prime righe, con quel sole che inquieta e risplende, con le persone che vedono presagi qualunquisti in qualsiasi cosa, stanno bene così, non importa il resto; l’assenza di nuvole nel frattempo sembra suggerirti che, alla lunga, potresti morire disidratato.

    Un “semisconosciuto romanzo”, per usare la parafrasi generalista usata dal quotidiano La Repubblica, finalizzato alla rappresentazione in chiave sociologica di un mondo che collassa inesorabilmente sotto il peso delle proprie responsabilità politiche, della propria avidità della propria tecnocrazia. L’uso dell’aggettivo non dovrebbe a mio avviso suggerire di un qualcosa di secondo o terz’ordine, anche per quello che traspare dalla scrittura, per quanto poi l’idea sia sempre la stessa dalla notte dei tempi, temiamo. Per certi versi, a guardare bene, nulla di veramente nuovo: nulla che non abbiano già trattato i vari Don’t Look up, Zombi, Il seme della follia, Eaters, The divide e tutta la sequela di horror e fantascienza post apocalittica che conosciamo da tempo. Una fantascienza che oggi è diventata più spaventosa del solito, peraltro, a causa dell’assetto socio-economico e geo-politico che caratterizza gli anni che viviamo, e che finisce per spaventare più di quanto, probabilmente, fosse nelle intenzioni dei rispettivi autori e registi.

    Di National Book Foundation – Rumaan Alam, 2020 Fiction National Book Award Finalist, reads from LEAVE THE WORLD BEHIND at 2:42, rotated, cropped, background extended, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=105567741

    Rumaan Alam è uno scrittore americano classe 1977, autore di diversi romanzi acclamati dalla critica. Prima di dedicarsi alla scrittura, ha lavorato in ambito editoriale e pubblicitario, ed è oggi riconosciuto per la sua capacità di affrontare tematiche complesse, esaminando in profondità le relazioni umane e le sfumature della società contemporanea. Uno dei suoi romanzi più noti è proprio questo “Leave the World Behind”, pubblicato nel 2020 del covid-19 e dell’isolamento che tutto il mondo ha vissuto. Il libro è stato accolto molto positivamente ed è stato finalista per il National Book Award, prefigurandosi come un thriller che esplora le tensioni sociali e familiari durante un evento catastrofico, mettendo in luce le dinamiche di classe, le divisioni razziali e la paura dell’ignoto.

    Il mondo dietro di te ha attirato oltre 42 milioni di spettatori (più Elon Musk) – Il mondo dietro di te, la spiegazione

    Su internet il dibattito intorno a Leave the World Behind – e in particolare il film, in italiano reso con un titolo da commedia adolescenziale (Il mondo dietro di te), è diventato virale, alimentato da un lato dalla straordinaria affluenza di spettatori (42 milioni di visualizzazioni nei primi tre giorni), ma anche da Elon Musk, autentico sponsor non ufficiale dell’opera per via di una dichiarazione sulla sua piattaforma X che ha fatto molto discutere. Per la verità, non mi era troppo chiaro il motivo del risentimento, e del perchè sia stato interpretato come tale: sembra più una marketta alla modalità “Mad Max” che sarebbe disponibile sulle sue auto, e che risale almeno al 2018 (primi tweet hanno quella data). Una tecnologia che richiama le proporzioni e le funzionalità presenti nel celebre film, in cui il combattimento per strada è figlio di una sostanza multiforme determinata da cinismo filosofico, darwinismo sociale, nichilismo e una società letteralmente desertificata e individualista.

    Di (U.S. Air Force photo by Trevor cokley) - https://www.dvidshub.net/image/7132411/usafa-hosts-elon-musk, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=134662229
    U.S. AIR FORCE ACADEMY, Colo. — Tesla Inc. Chief Executive Officer Elon Musk speaks with Lt. Gen. Richard Clark, Superintendent of the U.S. Air Force Academy, during the Ira C. Eaker Distinguished Speaker Presentation in the Academy’s Arnold Hall on April 7, 2022 in Colorado Springs, Colo. (U.S. Air Force photo by Trevor cokley)

    Ma andiamo per ordine: la sequenza promozionale di Netflix “incriminata” andrebbe prima di tutto visionata per comprendere il contesto.

    Vediamo una donna (interpretata da Julia Roberts) che si aggira tra varie macchine bianche che sembrano proprio delle Tesla, mentre la sua famiglia in macchina con figli e padre (interpretato da Ethan Hawke) si interroga sul perchè del blocco per strada. [spoiler] Si nota poi che le Tesla sono tutte “brand new“, nuove di zecca, ma nonostante tutto non sembrano funzionare e soprattutto sono tutte schiantate tra loro, senza alcun passeggero all’interno. Ovviamente l’intento narrativo è quello di costruire un climax che porta alla rivelazione conclusiva del trailer: le macchine si stanno in qualche modo “suicidando”, nel senso che si schiantano senza alcun guidatore all’interno costruendo un cumulo di auto demolite, che dal campo lungo finale sembra essere uan sorta di destino collettivo di gran parte delle autovetture mondiali. [fine spoiler]

    La risposta di Musk a quello scenario impazzito sembra consistere in un non sequitur da manuale:

    “Le Tesla si possono ricaricare dai pannelli solari anche se il mondo diventasse come quello di Mad Max e non ci fosse più carburante disponibile”

    Ma il punto non sembra sostanziale, viene da scrivere che non c’entra molto con il focus in questione (che mostra un mondo impazzito in cui le macchina finiscono per ribellarsi agli uomini, un po’ come avveniva in Brivido di Stephen King). A conti fatti, il tutto ricorda più una marketta auto-promozionale che una qualsiasi osservazione pertinente o critica su quello che viene mostrato.

    Non è la prima volta che Musk fa dichiarazioni poco ovvie o criptiche, ma la cosa da rilevare a mio avviso è che il suo background non sembra troppo sostanziale e ricorda, per l’appunto, più un qualcosa atto a provocare reazioni (sia pure in maniera, riteniamo, goffamente calcolata) quali che esse siano, e sfruttare il brand Musk che qualsiasi cosa scriva pubblicamente, in qualche modo, trova sempre adepti e critici su larga scala.

    La parafrasi dell’episodio, tuttavia, è diventata della fantomatica sequenza “che ha fatto arrabbiare Elon Musk“, in bilico tra l’interpretazione pseudo-psicologica e la pura invenzione, e a quel punto viene un po’ da mettersi le mani nei capelli sia perchè la rabbia eventuale da qui non traspare, sia perchè siamo lontani dalle dichiarazioni del passato (che erano sempre piccate e non sempre erano condivisibili, ovviamente, ma almeno si capivano: tutti ricordano Musk che critica il woke mind virus che avrebbe “infettato” le produzioni Netflix).

    Recensione di “Leave the World Behind” di Rumaan Alam

    Pubblicato nel 2020, il libro è un thriller che esplora le tensioni razziali, sociali e di classe durante un evento catastrofico. La storia segue due famiglie, una coppia di Manhattan e una coppia più anziana, che si trovano a dover affrontare insieme una situazione di emergenza quando il mondo esterno sembra sconvolto da un evento misterioso e minaccioso. Il romanzo esplora le dinamiche familiari, la paura dell’ignoto e le divisioni sociali in un contesto di crisi. È stato molto apprezzato per il modo in cui affronta temi attuali e scottanti, oltre alla sua suspense avvincente.

    Rumaan Alam si rivela un narratore straordinario nel suo romanzo “Leave the World Behind”, un’opera che cattura il lettore con un’abilità impeccabile nel dipingere le tensioni e le incertezze del mondo moderno. Con una scrittura affilata e penetrante, Alam affronta tematiche cruciali come la paura, le divisioni sociali e la disconnessione umana.

    Il romanzo si apre con una prospettiva urbana, presentando una coppia di Manhattan, Amanda e Clay, che si avventurano in una vacanza isolata con i loro due figli adolescenti. La tensione già si avverte nell’aria mentre la famiglia cerca una pausa dalla frenesia cittadina. Tuttavia, il tranquillo rifugio si trasforma improvvisamente quando una coppia più anziana, G.H. e Ruth, si presenta chiedendo riparo durante un’inaspettata emergenza.

    Il potere di Alam risiede nella sua capacità di tessere abilmente le tensioni sottili tra le due famiglie, creando un’atmosfera claustrofobica e tesa. La paura dell’ignoto e l’incertezza sul mondo esterno diventano protagoniste mentre l’evento misterioso fuori dal loro rifugio genera sospetto, timore e domande senza risposta.

    L’autore dipinge con maestria le differenze sociali e di prospettive tra le due famiglie, sottolineando le divisioni razziali e di classe che diventano più evidenti in situazioni di crisi. La trama si sviluppa con un senso costante di inquietudine, mantenendo il lettore avvinto alla storia attraverso la suspense e la paura che permeano ogni pagina.

    Alam affronta la narrativa con una prosa elegante e acuta, in grado di trasportare il lettore in un vortice di emozioni contrastanti. Il modo in cui il romanzo affronta le dinamiche familiari, le incertezze e le paure collettive riflette in modo straordinario il nostro mondo contemporaneo.

    In conclusione, “Leave the World Behind” si rivela un romanzo straordinario, una riflessione acuta sulle nostre paure collettive e sulla fragilità della società moderna. Rumaan Alam emerge come un autore che cattura non solo la realtà attuale, ma anche le ansie più profonde dell’animo umano attraverso una storia coinvolgente e profonda.

    Cast

    Julia Roberts … Amanda Sandford
    Mahershala Ali … G. H. Scott
    Ethan Hawke  … Clay
    Myha’la Myha’la … Ruth Scott
    Farrah Mackenzie … Rose Sandford
    Charlie Evans … Archie Sandford
    Kevin Bacon … Danny
    Alexis Rae Forlenza  … Danny’s Daughter
    Vanessa Aspillaga … Salvadora
    Josh Drennen Josh Drennen … Officer Crow
    Erica Cho Erica Cho … Jocelyn
    Orli Gottesman Orli Gottesman … Taylor

  • Archive 81: recensione, trama e cast della serie TV su Netflix

    Archive 81: recensione, trama e cast della serie TV su Netflix

    Da due settimane Archive 81 – Universi alternativi di Rebecca Thomas si trova sulla cresta dell’onda tra gli spettatori di Netflix, anche in Italia – dove è comparsa con tanto di buon doppiaggio (tanto vale scriverlo a chiare lettere). Classe 1984, la Thomas è nota per il film (ispirato a Pasolini, per la cronaca) Electrick Children e per un episodio (il primo ) di Stranger Things, oltre che per questo Archive 81 prodotto e distribuito da Netflix e Atomic Monster, con Paul Harris Boardman e James Wan (Insidious, Saw: L’enigmista) come produttore esecutivo.

    VHS ritrovate, ambientazione da inizio anni 80, tensione e distorsioni temporali ci conducono in una dimensione narrativa complessa, accattivante e che si preannuncia piuttosto lunga. Ma cosa c’era in quelle videocassette?

    Trama

    Dan è un esperto di archivistica in grado di recuperare vecchi nastri di VHS d’epoca, riportandoli in condizione di poter essere visionati. Durante il proprio lavoro si imbatte nella singolare storia del condominio Visser, distrutto da un incendio ed i cui condomini sembrano scomparsi nel nulla. Una multinazionale di cui non si sa nulla nemmeno dal web, nel frattempo – la LMG – lo contatta per proporgli un restauro pagato una cifra spropositata, da svolgersi  in una casa sperduta modello Shining. Inutile sottolineare che durante il proprio lavoro succederanno strane cose: i personaggi dei filmati VHS sembrano quasi rivolgersi a lui, e la figura del padre del protagonista (prematuramente scomparso) apparirà all’interno di uno dei nastri.

    E se la LMG fosse un’enorme multinazionale di giochi da tavolo? […]

    Recensione

    La genesi dell’opera è senza dubbio curiosa perchè, tanto per cominciare, è stata prodotta sulla falsariga narrativa dell’Inferno di Dante Alighieri. Quantomeno, il riferimento è sostanziale: il protagonista si chiama Dan (T.), mentre il suo accompagnatore sarà, come si scoprirà, Virgil. Ma non solo: non mancano i personaggi di Beatrix, il cerchio (riferimento a quello dantesco) e naturalmente, essendo una serie thriller horror, Kharon, il Caron dimonio. Alla base della trama gli aspetti più inquietanti legati alle videocassette VHS (per qualche strano motivo quel formato video induce una specie di paura ancestrale) nonchè alla storia, confermata solo in parte, che alcune di esse fossero state commercializzate come snuff (ovvero filmati in cui si assiste a morti reali, di animali o persone, non sceneggiate o simulate). L’inferno di Archive 81 non sembra dissimile da quello mortifero, inquietante e a suo modo ordinario di Antrum.

    Fosse solo una serie TV modello mockumentary horror, forse, non varrebbe forse neanche la pena approfondirla: certo, i riferimenti ad elementi fondanti di film come V/H/S, The last horror movie The poughkeepsie tapes, S&MAN non sono da poco, e restano sostanziali. Ma c’è dell’altro, e basta vedere i primi trenta minuti dell’episodio pilota (su Netflix, ovviamente) per capacitarsene. Peraltro, gli stessi vengono declinati dentro Archive 81 (dove 81 fa riferimento all’anno 1981, per capirci) nel senso più paranoico possibile. Ed è chiaro che Dan è un archetipo, oltre che letteralmente dantesco, del protagonista medio di serie come Ai confini della realtà, travolto o coinvolto da un gioco più grande di lui, forse manipolato da tante scatole cinesi panottiche, in cui tutti possono spiare tutti. Nulla di diverso dal mondo qualunquista e iperconnesso in cui viviamo, in effetti, e di cui questo Archive 81 si mostra in tutta la propria preoccupazione, tensione e paranoia, per una serie che è (solo per comodità) di genere horror sovrannaturale e che, ad oggi, conta otto episodi in tutto. Molto probabilmente e come da tradizione, non si fermerà neanche a questi ultimi.

    Del resto il buon Dan, difensore della propria privacy dalle incursioni internet (come dice a più riprese lui stesso), a parte essere un personaggio romeriano – un solitario, oppresso dalla società e di etnia afro-americana, come il Duane Jones / Ben de La notte dei morti viventi –  è uno scettico convinto: non crede al sovrannaturale, lo rigetta e nasconde un passato traumatico (aveva pure un padre docente di psicologia, come se non bastasse). Un vero e proprio en plein di stereotipi psico-sociali – e, anche solo per questo, vittima designata delle peggiori sofferenze di qualsiasi opera di questo tipo.

    Opera molto diretta, pertanto, ispirata ad un sottogenere mockumentary preciso e a suo modo archetipica (nonostante l’idea di fondo non sia nuova), diretta brillantemente da una regista con le idee chiare. Girata, peraltro, riportando alla luce le narrazioni classiche di pseudo-snuff exploitativi, paranoici e gran guignoleschi come quelli citati: il mood paranoico e spaventoso non è cambiato, e farlo diventare una serie TV relativamente pop non era cosa banale.

    Tanto più se nel farlo si evitano gli eccessi dei vari filmacci qui citati, rimanendo su un equilibrio visuale e comunicativo di sostanza, che si riflette, soprattutto, in un horror lucido quanto onirico, anche solo nella trovata dei “paralleli comunicanti” mediante nastri VHS. Nastri, questi ultimi, simbolo di un tempo che non c’è più, di un filmato amatoriale che è simbolo quasi implicito di scheletro nell’armadio, filmato amatoriale come locuzione più ambigua che mai (..amatoriale in che senso?). Un cinema ritrovato on the road, parte del vissuto di ognuno di noi,un espediente narrativo in parte abusato ma che qui, nonostante tutto, si rinnova con saggezza nel gioco di ricicli del caso.

    Archive 81 è anche debitore di (ovvi?) echi ottantiani, gli stessi che serie come Stranger Things hanno saputo sfruttare (forse in vaga modalità poser, in quel caso), sulla falsariga del dubbio ancestrale che un qualche parente di qualsiasi famiglia custodisse sempre e comunque VHS atipiche nell’armadio della nonna. Ma anche solo (se preferite) del sano, classico e archetipico effetto nostalgia, lo stesso rievocato periodicamente da radio e TV – nonchè sbeffeggiato da South Park mediante la trovata dell’uva parlante, i ricordàcini.

    Effetto che in questa sede va al di là della semplice evocazione modello “si stava meglio quando si stava negli anni 80″: grazie alla trovata dei mondi paralleli alternativi, di fatto, dentro Archive 81 il sottogenere acquisisce, finalmente, nuova linfa. Suscita, a suo modo, curiosità rinnovata, anche nel pubblico meno propenso o più disilluso da mille mostri e villain considerati poco attuali o poco credibili. Il tutto anche grazie all’idea di un protagonista credibile quanto insolito, affiancato da una sorta di doppelganger femminile con cui ovviamente, si instaurerà fin da subito una sorta di legame psichico. Due protagonisti – forse volutamente, a questo punto – fuori norma, romeriani e carpenteriani a tutti gli effetti perchè multi-etnici, umani e coinvolgenti.

    Ci basta questo per farci amare, una volta tanto, una serie TV: specie noi che difficilmente le apprezziamo, in generale, siamo felici di essere smentiti.

    Cast

    Mamoudou Athie – Dan Turner
    Dina Shihabi – Melody Pendras
    Evan Jonigkeit – Samuel
    Ariana Neal
    Matt McGorry
    Martin Donovan Martin Donovan …
    Daniel Johnson Daniel Johnson …
    Kate Eastman Kate Eastman …
    Charlie Hudson III Charlie Hudson III …
    Kristin Griffith Kristin Griffith …
    Johnna Leary Johnna Leary …
    Eden Marryshow Eden Marryshow …
    Jacqueline Antaramian Jacqueline Antaramian …
    Jaxon Rose Moore Jaxon Rose Moore …
    Trayce Malachi Trayce Malachi …
    Sol Miranda Sol Miranda …
    Hilda Ivette Rodriguez Hilda Ivette Rodriguez …
    Martin Sola Martin Sola …
    Shay Guthrie Shay Guthrie …
    Gameela Wright Gameela Wright …
    Africa Miranda Africa Miranda …
    Allyson R. Hood Allyson R. Hood …
    Penelope Bauer Penelope Bauer …
    Frances Chao Frances Chao …
    Dennis Joseph Dennis Joseph …
    Georgina Haig Georgina Haig …
    Roger Petan Roger Petan …
    Robert Kwiatkowski Robert Kwiatkowski …
    Meg Hennessy Meg Hennessy …
    Nick Podany Nick Podany …
    Gilles Geary Gilles Geary …
    Zach Villa Zach Villa …
    Ellen Adair Ellen Adair …
    Michelle Federer Michelle Federer …
    Emy Coligado Emy Coligado …
    Mitzi Akaha Mitzi Akaha …
    Anaya Farrell Anaya Farrell …
    Ken Bolden Ken Bolden …
    Carla Brandberg Carla Brandberg …
    Curtis Caldwell Curtis Caldwell …
    Ebony Cunningham Ebony Cunningham …
    Jay Klaitz Jay Klaitz …
    Rosie Koster Rosie Koster …
    Angela Nicole Hunt Angela Nicole Hunt …
    Jake Andolina Jake Andolina …
    Ahlam Abbas Ahlam Abbas …
    Kaylin Horgan Kaylin Horgan …
    Teri Clark Teri Clark …
    Joseph Cannon Joseph Cannon …

    Trailer ufficiale