DEUS EX MACHINA_ (4 articoli)

Esplora il futuro della tecnologia e della mente umana con la nostra vasta selezione di film sull’intelligenza artificiale. Dal classico ‘2001: Odissea nello spazio’ all’emozionante ‘Ex Machina’, immergiti in un mondo di intelligenza artificiale, robotica e intuizioni sull’evoluzione dell’umanità. Scopri i film che sfidano le nostre concezioni sulla realtà e il progresso tecnologico. Entra in una dimensione in cui la scienza e l’immaginazione si fondono. Non perdere l’opportunità di esplorare il futuro oggi.

  • Limitless, la recensione del film con Bradley Cooper

    Limitless, la recensione del film con Bradley Cooper

    Diretto da Neil Burger, Limitless è un film del 2011 che, all’uscita, interessò moltissimo gli appassionati di cinema e dell’assurdo. La pellicola getta le radici in Territori oscuri, romanzo del 2001 di Alan Glynn. Un’opera affascinante, la cui trama, gira intorno ad una misteriosa droga in grado di incrementare la potenza del cervello negli esseri umani.

    Limitless risponde ad un interrogativo che attanaglia moltissime persone. Usando soltanto il 20% del nostro cervello, cosa accadrebbe se ne sbloccassimo tutte le capacità? Sono diverse le nozioni che si incastrano nei meandri più nascosti della mente, finendo molto facilmente nel dimenticatoio. In Limitless, per l’appunto, tutte queste barriere crollano attraverso una pillola apparentemente miracolosa che cambierà la vita del protagonista.

    La recensione di Limitless: premessa

    Limitless è la storia del decaduto scrittore Eddie Morra, interpretato da Bradley Cooper, che, nei primi frame, si barcamena tra le strade affollate di New York. Un creativo senza storie, lontano dalle sponde più estrose del suo essere. Insomma, l’intera pellicola si muove sul cliché di una figura scapestrata che, giorno dopo giorno, tira avanti nella speranza di un’idea sensazionale che cambierà per sempre il corso della sua vita. Morra è assalito da un blocco micidiale, sopraffatto dallo squallore dei sobborghi newyorkesi.

    Il suo, è un personaggio devastato, abbandonato dai suoi affetti e dalla compagna, la Lindy di Abbie Cornish, in piena scalata sociale. Il controverso aiuto dell’ex cognato, Vernon Gant, interpretato da Johnny Whitworth cambierà il corso della sua esistenza. Quest’ultimo, infatti, suggerirà allo scrittore di fare uso di NZT-48, il farmaco che renderà la visione esistenziale di Morra vivida e positiva. Morra sistemerà casa sua e, nel giro di un giorno, guadagnerà le avance della moglie del suo padrone di casa, salvo poi tornare, il giorno successivo, alla solita vita.

    Da qui, il plot di Limitless si fa chiaro. Morra farà di tutto per procurarsi la pillola dei miracoli, consegnare il libro alla casa editrice e diventare la versione migliore di sé stesso. In men che non si dica la pellicola diventa una escalation dei migliori successi dello scrittore che, intanto, si sarà lanciato in borsa e sarà diventato una figura travolgente, non mancando di portare l’attenzione dello spettatore su una delle chimere che attanagliano il mondo moderno: la ricerca persecutoria e spasmodica di un irraggiungibile appagamento.

    I pregi della pellicola

    L’interpretazione di Bradley Cooper è ciò che colpisce maggiormente lo spettatore. L’attore ricopre il ruolo poliedrico di Morra alla perfezione, raccontando luci e ombre di un uomo ossessionato dalla realizzazione personale, eppure incapace di sfruttare le proprie potenzialità a pieno. Limitless è seducente adrenalina, ma anche inquietudine melancolica, specie grazie alla regia magistrale di Burger che permette allo spettatore di rimanere immediatamente coinvolto nelle vicende del protagonista.

    La fotografia gioca un ruolo chiave nella differenziazione delle fasi di Morra, accentuando i toni caldi nei momenti di esaltazione, quasi a rimarcare un aumento della temperatura. I cambi di scena sono dinamici, la trama si muove su una premessa semplice, senza mai risultare banale. Ci saranno delle conseguenze, aspre, a tutto questo. Lo scrittore lo scoprirà presto e, mentre lo spettatore comincia a interrogarsi sul futuro del protagonista, compare in scena Robert De Niro, nei panni dell’uomo d’affari Carl Van Loon, pronto a distruggere i sogni di gloria del neonato business-man Eddie Morra.

    La recensione di Limitless: conclusioni

    Insomma, il film si rivela spiazzante e lascia lo spettatore con un plot twist sorprendente o, meglio, con più interrogativi. Il primo, ovviamente, riguarda il destino del protagonista, ormai riavvicinatosi alla ex compagna e in corsa alla Casa Bianca e, l’altro, su sé stesso. Alla visione della pellicola, infatti, sovviene spontaneo chiedersi: “Cosa accadrebbe se potessimo usare il 100% del nostro cervello?”. Superficialmente si penserebbe di consultare le app casino online con bonus e stravincere, ma in realtà, fin dove ci spingeremmo pur di avere successo e quanti rischi saremmo disposti a correre? Se state cercando un lungometraggio che vi intrattenga in maniera dinamica e che vi lasci anche degli spunti di riflessione interessanti, allora Limitless è ciò che fa per voi. Da thriller psicologico, infatti, riesce a mutare in un fantascientifico assurdo, seppur verosimile, impreziosito da un cast ed una regia d’eccezione.

  • Strange Days: gli strani giorni già immaginati a metà anni 90

    Strange Days: gli strani giorni già immaginati a metà anni 90

    Il film è ambientato nel Capodanno del 1999: l’alba del nuovo millennio viene proposta in una prospettiva completamente distopica. Nella New York del degrado e della repressione poliziesca, infatti, si arriva a spacciare le vite altrui in forma di filmati che è possibile iniettarsi direttamente nel cervello. In questo modo si attua una sorta di gigantesco file-sharing delle esperienze umane, fenomeno illegale ed aspramente combattuto dalle autorità. Lenny Nero è un ex poliziotto, licenziato con disonore, che pratica per sopravvivere la diffusione di questo tipo di materiale, e ne abusa egli stesso. Un giorno un’amica gli recapita un singolare wire-trip clip

    In breve. Un quasi-cyberpunk intenso e dai toni romantici, caratterizzato da una sceneggiatura molto intensa e con interpretazioni sempre all’altezza. Peccato, in definitiva, perchè in alcuni punti – tipo nell’approfondimento delle relazioni tra i personaggi – si perde in momenti mielosi che fanno quasi passare la voglia.

    Senza bisogno di scomodare Blade Runner – tutta un’altra faccenda, per la verità – e senza voler sparlare di una delle più prolifiche e creative registe statunitensi (Kathryn Bigelow, artefice del popolarissimo Point Break e dell’horror Il buio si avvicina), direi che Strange Days deve parte della sua fama ad una storia che “odora” molto di Philip Dick, e che potrebbe ricordare A scanner darkly. Certamente i presupposti sono micidiali: l’idea dello spaccio di esperienza altrui in prima persona è qualcosa di davvero molto interessante, che fa riflettere di rimando – tanto per rimanere sul banale – sulla spersonalizzazione che soffriamo nel quotidiano. Questo, di fatto, diventa un solido pretesto perchè queste allucinazioni, molto ben rese, possano fare da contorno ad una curiosa poetica in chiave cyberpunk. La chiave di lettura, come si scoprirà, sta nel misterioso clip che viene rivelato soltanto alla fine, e che mostra uno spaccato di triste realtà che potrebbe, di fatto, provocare una vera e propria Apocalisse.

    Grande merito, quindi, a James Cameron, davvero molto abile nel costruire lo script, e noto per essere stato il regista dei due Terminator (1984 e 1991), di Titanic (1997) e di Avatar (2009 – il che appare come un crescendo di delirio, a suo modo). Dal canto loro gli interpreti se la cavano egregiamente, a parte forse Juliette Lewis che sembra quasi imprigionata nelle caratteristiche del personaggio di Natural Born Killers, esprimendosi così in modo fiacco e poco convincente. A parte questo, potremmo dire che Strange Days inizia bene, prosegue meglio e finisce per annacquarsi, come un ottimo whisky mescolato con acqua di rubinetto, seguendo molti (troppi) dei dettami che l’industria hollywoodiana impone da decenni. Senza bisogno che li citi tutti: favorire l’identificazione del pubblico coi “Buoni”, rendere odiosi i “Cattivi”, rendere lineare la trama, sorprendere in modo piuttosto prevedibile e far trasparire una visione forzatamente ottimistica sull’amore che-viene-e-che-va.

    Molto dell’ accento viene posto, oltre che sui risvolti sociali (cittadino vs. polizia), sul romanticismo della vicenda, e la cosa potrebbe quasi risultare gradevole a qualcuno (beato lui): ma è un’arma a doppio taglio, un trucchetto per tenere viva l’attenzione, quasi come se qualcuno avesse deciso di cambiare i toni più o meno nell’ultima mezz’ora di film. Attenzione che poi, probabilmente intrigati dai mille dettagli della storia, finiamo per perdere del tutto, per orientarci su un volemose-bbene che dovrebbe rendere tutti felici. Ecco, l’ho detto: la nota stonata di Strange Days, al di là dal fascino magnetico di Angela Bassett (quasi tarantiniana nella sua interpretazione) e della bravura di Ralph Fiennes sta proprio nella colossale forzatura favolistica degli ultimi fotogrammi. Lo stesso effetto sgradevole che mi procurò il finale di AI – Intelligenza Artificiale, e chi lo ha visto dovrebbe intuire a cosa mi riferisco. Una cosa su cui non riesco a darmi pace, proprio perchè il concept di Strange Days è realmente esplosivo.

    Mi consolo comunque, solo parzialmente, ironizzando su certe battute, un po’ come faceva Nanni Moretti (“hai mai ZIGOVIAGGIATO? mmm, un cervello vergine“; ma l’originale era “hai mai filo-viaggiato“), e non posso esimermi dall’esprimere un’ulteriore critica sull’eccessiva lunghezza del film: certamente incalzante fino alla fine, ma quelle due ore sono interminabili. Mai davvero ruvido, graffiante e oscuro come l’ambientazione e l’attitudine imporrebbero: quindi, perlomeno, non si scomodino confronti con il capolavoro di Ridley Scott.

    Non certo da buttare, sia chiaro, anzi d’obbligo per molti spettatori assuefatti alle storielline facili: ma tanti altri possono tranquillamente fare a meno di guardarlo.

  • Cosa significherebbe vivere nella Matrice (matrix)

    Cosa significherebbe vivere nella Matrice (matrix)

    La parola “matrix” in italiano si traduce come “matrice”.

    Il termine ha vari significati a seconda del contesto:

    1. Matematica e Informatica: Una matrice è una tabella di numeri disposti in righe e colonne, utilizzata per rappresentare dati o per eseguire calcoli complessi.
    2. Biologia: La matrice può riferirsi a una sostanza intercellulare, come la matrice extracellulare, che fornisce supporto strutturale alle cellule.
    3. Cinematografia e Cultura Popolare: Il termine “matrice” è diventato famoso grazie al film “The Matrix” (in italiano “Matrix”), in cui si riferisce a una realtà simulata creata da macchine per controllare la mente umana. In questo contesto, “vivere nella matrice” significa vivere in un mondo illusorio, creato artificialmente, senza rendersi conto della vera realtà.

    Vivere nella matrice può quindi essere interpretato come vivere in una condizione di illusione, dove le percezioni di una persona sono manipolate o controllate, e dove la vera natura del mondo rimane nascosta. Questa espressione è spesso usata in senso figurato per descrivere una situazione in cui qualcuno è inconsapevole della verità o è intrappolato in un sistema ingannevole. Uscire dalla “matrice” implica un viaggio di auto-scoperta e consapevolezza, dove la verità e la libertà personale diventano l’obiettivo principale. Questo percorso può essere difficile, ma anche estremamente liberatorio.

    Uscire dalla condizione di “vivere nella matrice”, intesa come una situazione di inganno o illusione, richiede una serie di passaggi che coinvolgono la consapevolezza, il pensiero critico e l’azione. Ecco alcune idee su come farlo:

    1. Acquisire Consapevolezza:
      • Il primo passo è riconoscere che potresti essere in una “matrice”, ovvero in una situazione in cui la tua percezione della realtà è distorta o controllata. Questo richiede un’apertura mentale e la volontà di mettere in discussione ciò che hai sempre dato per scontato.
    2. Sviluppare il Pensiero Critico:
      • Imparare a pensare in modo critico significa analizzare informazioni, valutare fonti e considerare diverse prospettive prima di accettare qualcosa come vero. Questo ti aiuta a distinguere tra realtà e inganno.
    3. Ricerca della Verità:
      • Esplora diverse fonti di informazione, leggi, studia e cerca di comprendere il mondo da vari punti di vista. La conoscenza è uno strumento potente per smascherare le illusioni.
    4. Mettere in Discussione le Autorità e i Sistemi:
      • Non accettare passivamente ciò che viene detto da chi è al potere, che si tratti di governi, media, o altre istituzioni. Metti in discussione le loro motivazioni e cerca di capire cosa potrebbe esserci dietro le loro affermazioni.
    5. Connettersi con Altri:
      • Parlare con persone che hanno esperienze o punti di vista diversi può aiutarti a vedere le cose sotto una luce nuova. Le comunità e i gruppi di discussione possono offrire supporto e nuove idee.
    6. Esplorare la Spiritualità e la Filosofia:
      • Alcuni trovano utile esplorare questioni esistenziali attraverso la filosofia o la spiritualità. Questi ambiti possono offrire prospettive sul significato della realtà e della vita al di là di ciò che è immediatamente percepibile.
    7. Agire in Coerenza con la Nuova Consapevolezza:
      • Una volta acquisita una nuova comprensione, è importante agire in modo coerente con essa. Questo potrebbe significare cambiare abitudini, prendere decisioni informate o addirittura modificare la tua vita in modo significativo.
    8. Essere Pronti ad Affrontare le Conseguenze:
      • Uscire dalla “matrice” può comportare sfide e sacrifici, poiché significa abbandonare vecchie convinzioni e forse anche affrontare l’opposizione di chi preferisce restare nell’illusione.

    La psicoterapia, ad esempio, può essere uno strumento molto efficace per uscire dalla condizione di “vivere nella matrice,” soprattutto se la intendiamo come una condizione in cui una persona si sente intrappolata in schemi mentali negativi, credenze distorte o una percezione della realtà che non riflette la verità.

  • Tecnocrazia è il saggio sul dilagare del digitale

    Tecnocrazia è il saggio sul dilagare del digitale

    “Una tecnologia dilagante ci aiuta davvero a vivere meglio, o finisce solo per condizionarci e dominare, alla lunga, le nostre esistenze?”

    Viviamo una quotidianità dove il “cellulare è diventato un prolungamento della nostra organicità”, scrive Capolupo nel suo ultimo lavoro, Tecnocrazia. Un saggio in cui affronta come i rapidi cambiamenti del mondo tecnologico stanno definendo nuovamente le nostre abitudini. Secondo l’autore, infatti, la tecnologia potrebbe imporsi definitivamente sulla nostra passività e arrivare a imporre un dominio tecnocratico.

    Oggi la presenza pervasiva della tecnologia ha raggiunto un punto in cui non possiamo più immaginare un mondo senza di essa. La tecnologia, infatti, è diventata così centrale nelle nostre vite che non può più essere considerata solo un aspetto accessorio, ma assumere un ruolo più attivo, portando a un possibile dominio tecnocratico: “Una tecnologia che si impone con decisione in virtù di una curiosa e autoreferenziale necessità d’esserci.”

    La tecnologia, dunque, diventa un attore influente che modella le dinamiche sociali, economiche e politiche. In questo senso, l’autore parla di “tecnocrazia”, suggerendo come la governance basata sulla competenza tecnologica, potrebbe emergere come forma predominante di organizzazione sociale.

    “Internet ci accoglie, ci coccola, ci fa trovare quello che vogliamo, su misura per ognuno, e ci fa diventare permalosi se qualcuno ci fa notare che quella conoscenza è farlocca. Una forma di sapienza che potremmo definire totalitaria.”

    I cambiamenti avvengono troppo rapidamente per essere osservati o analizzati con la dovuta attenzione, per questo è fondamentale riflettere sulle implicazioni della crescente influenza tecnologica che sta cambiando byte dopo byte, nostra percezione del mondo.
    “Complessità + velocità è diventato un binomio stordente, colossale, ingestibile, impossibile da dibattere senza degenerare in analisi semplicistiche, parziali o ingenue.”

    Riflessioni supportate anche dal lavoro dello scienziato Turing, uno dei più significativi studiosi di informatica, che l’autore cita a proposito della genialità delle sue intuizioni.

    La tecnocrazia, con le sue mille sfaccettature e modalità sempre più difficili da decifrare, sta andando ben oltre la soglia che si era prefissata alle origini. Oggi è già uno strumento invasivo: “può scrivere al tuo posto, cambiare le tue abitudini, produrre risultati umanizzati, ingannarti.”

    “Tecnocrazia nasce da un personale flusso di coscienza che deve qualcosa al cyberpunk, la corrente letteraria che analizza il rapporto uomo-macchina da più di quarant’anni. È frutto di analisi puntuali frammiste a personaggi che conosco da sempre, alle prese con le proprie psicosi tecnologiche: app che non si aprono, email da perfetti sconosciuti, messaggi smarriti, GPS fuori controllo e intelligenze artificiali che sembrano darci del tu.”

    Capolupo mette in evidenza come, grazie all’intelligenza artificiale, la tecnocrazia abbia saputo trovare nuove soluzioni e livelli di realtà in maniera tanto credibile da confondersi con la realtà stessa.

    “C’è moltissimo altro in gioco, nelle tecnologie di oggi: non soltanto numeri, sesso, politica e finanza, ma anche sentimenti, stati d’animo dei singoli individui che si rapportano con le stesse.”

    Come possiamo combattere la tecnocrazia? “Con il silenzio, a volte, o con un impopolare quanto sempre lecito: «non lo so».”, oppure possiamo fare qualcosa di più?

    Sull’autore

    Salvatore Capolupo (1979, Vibo Valentia) è un ingegnere informatico, consulente, blogger e formatore, oltre che appassionato attore e factotum teatrale. Immerso nel contesto di internet fin dai suoi albori, collabora con varie realtà digitali e startup, da molto prima che “lavorare da casa” diventasse pop. Esperto di tecnologie open source, è da sempre incuriosito dai risvolti pratici delle applicazioni e da come la tecnologia si innesti nella società in cui viviamo. Gestisce vari blog su argomento tecnologico, finanziario e cinematografico, tra cui lipercubo.it. Ha pubblicato Tecnofobia per El Doctor Sax, Tecnocrazia è il suo secondo libro.

    TECNOCRAZIA di Salvatore Capolupo (190 pagine, 13.00€) è impreziosito dalla splendida copertina dell’illustratore digitale Javier Escribano (instagram: odottan_cosmic_alchemist). Il volume verrà presentato in anteprima a Roma, alla Fiera della piccola e media editoria Più Libri Più Liberi, dal 6 al 10 dicembre 2023 e sarà disponibile nelle librerie fisiche e online dal 30 novembre.

    Recapiti

    È possibile concordare con la casa editrice l’invio gratuito di copie dell’opera per recensioni, interviste all’autore, eventi promozionali. Per ordini, distribuzione, informazioni contattare attraverso i seguenti canali: