TECNOCRAZIA_ (52 articoli)

La tecnocrazia si riferisce a un sistema di governo o di organizzazione sociale in cui il potere decisionale è affidato principalmente a esperti tecnici o specialisti nei rispettivi campi, piuttosto che a politici o rappresentanti eletti.

  • I social NON leggono nel pensiero (ma ci arrivano lo stesso): fenomenologia del mago di Segrate

    I social NON leggono nel pensiero (ma ci arrivano lo stesso): fenomenologia del mago di Segrate

    Grand Hotel Excelsior era il cult di Castellano e Pipolo uscito nel 1982, giocato su un umorismo schietto, senza fronzoli e dai tratti surreali, oltre che precorritore di carovane di personaggi assurdi, macchiettistici, italiano-medio – tra cui naturalmente il mago di Segrate interpretato da Diego Abantantuono. Tra gli ospiti dell’hotel del film troviamo infatti il famoso “Mago di Segrate”, un mago autodidatta dotato di straordinari poteri paranormali, tra cui quello (gettonatissimo anche oggi, a giudicare dal successo dei cartomanti online) di prevedere il futuro di alcune persone, oltre a indovinare l’esito di un incontro di boxe.

    Oggi il “pubblico” che assiste a qualsiasi film (inclusi quelli delle vite dei popoli, ci viene da scrivere) lo osserva mediante internet. Nel film i poteri reali del mago rimangono in forte discussione per scopi grotteschi, ma il personaggio finisce lo stesso per conquistare il pubblico per il modo in cui viene costruito e per come presenta le cose – tanto che, ci verrebbe da scrivere, potremmo arrivare proporre una fenomenologia del mago di Segrate per la comunicazione sul web.

    La fenomenologia del Mago di Segrate potrebbe offrire un approfondimento interessante su come, alla lunga, le abilità magiche possono influenzare la percezione e la cognizione umana, oltre ad esplorare il significato culturale e storico di tali abilità. In particolare quella annessa alla lievitazione, che si vede verso la fine del film – quando il mago decide di eseguire una autentica levitazione dal balcone della sua camera, davanti a un pubblico entusiasta.

    La gioia e l’ammirazione sono di breve durata, nonostante tutto: l’assistente del mago, Ginevra, nel momento in cui si complimenta per la sua impresa, gli dà una pacca sulla spalla con un po’ troppa forza, che lo fa perdere l’equilibrio e cadere dal balcone, finendo così in ambulanza.

    I social hanno invaso le nostre vite private e produce una moderata indignazione, per dirla con un eufemismo, che i loro meccanismi siano ancora oggi poco comprensi e inquadrati dai più come qualcosa di esoterico. Perchè è inutile girarci attorno: quella del mago di Segrate voleva essere solo un’immagine suggestiva per mostrare l’idea che oggi, nonostante la mole di dati gigantesca con cui dobbiamo avere a che fare ogni giorno, nostro malgrado, dopo miriadi di spiegoni e di tomi che hanno spiegato in lungo e in largo il fenomeno della gestione “allegrotta” della privacy sui vari strumenti social, tutto sommato è “accettabile” scrivere che:

    i social “leggono nel pensiero”

    cosa che evidentemente rende l’idea e serve (si spera per loro) ad attirare qualche click in più.

    Strano a dirsi, ma questa è (articoli di settembre 2023).

    Nessun blog, nessuna testata è veramente immune al clickbait, per cui lungi da noi, sia chiaro, fare moralismo fine a se stesso per questo genere di scelta: del resto va detto non c’è lettura nel pensiero, signori, ci sono big data e analisi statistiche in ballo, oltre a numerosi bias psicologici che ci fanno sentire ancora più osservati del dovuto (il fenomeno più noto a riguardo è quando leggi qualcosa su internet e pensi che si rivolga automaticamente a te).

    Non vogliamo nemmeno minimizzare la portata dello spionaggio social, che peraltro sosteniamo non da oggi (da molto prima che diventasse una fissazione come un’altra per fan rossobruni e luddisti “le tecnologie sono il male“): ci piacerebbe, più che altro, che quei titoli (peraltro cappello di contenuti quasi sempre dettagliati e dignitosi, non è questo il punto) rischino di diventare l’espressione dell’epistemologia del Mago di Segrate, chie fa capire le cose a modo suo, fa ridere un po’ tutti (e nessuno ci crede sul serio, si spera) eppure tutti gli danno retta, in mancanza d’altro.

    Alzi la mano chiunque non sia incappato nella discussione con una persona qualsiasi che riteneva seriamente di attribuire poteri sovrannaturali al proprio smartphone, ad esempio. Se è vero che la quantità di dati personali trattati dall’IT è ultra-industriale, si potrebbe anche sostenere che nessuno è obbligato a stare sui social e tantomeno è obbligato (per quanto le condizioni contrattuali siano sempre più stringenti) a fornire dati reali agli stessi. Si potrebbe anche discutere sul fatto che non è affatto ideale fare uso di questi strumenti se davvero ci sentiamo come lo scarico di un lavandino in cui finisce letteralmente tutto.

    Rispondo sempre, in questi casi, che non si tratta di magia, magari fosse così semplice: magia in effetti sarebbe una spiegazione chiusa e ben definita (se ovviamente la scienza riuscirà mai a spiegarla, s’intende). Il punto è che promettere anche di magico a spiegazioni che sono ben note da tempo, significa anche sospettare che parlare di big data e di inferenza sui dati sia troppo per il pubblico a cui ci stiamo rivolgendo, E a qualche malizioso potrebbe venire il sospetto che si tratti di insopportabile snobismo. Ne stavo giusto parlando con un amico su WhatsApp, prima, sottolineando peraltro come – a mio umile parere – la migliore scrittura è sempre quella che spiega le cose difficili in modo semplice. Quello che forse dovrebbero fare quegli articoli, o altri che ne usciranno. Senza mai usare parallelismi con la magia e con i maghi di Segrate, se possibile.

    Stiamo peraltro imparando a nostre spese che le spiegazioni delle “cose” – le cose di cui si occupa la fenomenologia, di per sè: comprensione della coscienza e dell’esperienza umana – sono quasi sempre complesse, niente è mai causa di tutto, non è mai colpa di X (con X singoletto), e soprattutto sappiamo bene che constatare la complessità del mondo crea scompensi notevoli ad alcuni: negazionismo, complottismo, cecità al cambiamento ostentata come la tessera di un partito politico. Che finisce anche per svilire la nobiltà degli intenti di chi vorrebbe denunciare le violazioni della privacy, che non dovrebbe fare appello ad allegorie fantasmologiche, sortilegi o fatture (se non in senso fiscale: gran parte dei social network si affida a data broker per rivendere i dati che volontariamente ci chiedono, come spiegato in quel primo articolo del Corriere dove, purtroppo, rimane il difetto di fondo dell’aver voluto fare uso dell’immagine impropria della “lettura nel pensiero”, nè più nè meno che attribuire il moto di un’automobile al turco meccanico).

    Se il concetto di “lettura del pensiero” può sembrare affascinante o misterioso, in definitiva, spesso le spiegazioni razionali si basano su processi cognitivi e comunicativi ben compresi, tutt’altro che noiosi o incomprensibili (breaking news: si possono divulgare tranquillamente a scuola e nei corsi di formazione per chiunque), il che sarebbe preferibile per limitare allarmismi ed isterie (una cosa di cui non abbiamo bisogno, nel contesto attuale). Le aziende che gestiscono i social sono più mentalisti che altro, al giorno d’oggi. Il mentalismo, lo ricordo, è un tipo di performance in cui il mentalista  fa sembrare di avere la capacità di leggere i pensieri, mentre sta usando tecniche consolidate di cold reading, suggestioni, bias psicologici e chi più ne ha, ne metta.

    Non che uno debba conoscere per forza queste cose, però almeno dotarsi della capacità di razionalizzarle, visto che parliamo di tecnologia e non di magia, sarebbe molto meglio.

  • Le app di dating ti aiutano solo se stai già sorpassando

    Le app di dating ti aiutano solo se stai già sorpassando

    Ho sperimentato anche io le app di dating per un periodo della mia vita, sia free che a pagamento. Non ne sono rimasto entusiasta, a conti fatti, ad oggi non ne faccio più uso – e, per quanto sembri paradossale, ho vissuto esperienze più concrete usando un social come X (quando ancora si chiamava Twitter) per proporre incontri, che in un paio di casi hanno portato a vedersi di persona. In altri casi, classico due di picche o risposta troppo enigmatica o ambigua perchè valesse la pena insistere. Mi considero una persona autentica, ma non abbastanza da riuscire a fare auto-analisi. Cosa che non farò qui, ci mancherebba altro. So solo una cosa: non incoraggerei mai nessuno a dare credito a queste app, nè su Tinder nè tantomeno su X, anche se non demonizzo affatto chi ne fa uso e si diverte pure. Sono infatti piuttosto convinto che questi strumenti favoriscano gli incontri solo a chi è già “portato” di suo all’incontro, e non possano certamente fare miracoli con tutti gli altri.

    Non voglio dire che non funzionino in assoluto, ovviamente, tantomeno che chi ne sostiene l’uso sia un povero mitomane: dico soltanto che non fanno per me, che non vanno bene per me e che forse mi hanno fatto capire che non sto esattamente cercando una relazione fissa. È lecito sognare, non costa nulla farlo, ma difficilmente sogno di persone conosciute sui social o nell’oscurità di una chat, senza neanche l’assoluta certezza che la persona in questione passi il test di Turing. Certo, poi anche io faccio qualche sogno ad occhi aperti, ogni tanto, un sogno di quelli che si avvinghiano alle tempie e non ti lasciano andare, come una piovra che si annoda sulla tua testa coi suoi tentacoli appiccicosi quando avresti solo voluto una persona vicino a te poco prima di addormentarti. Vuoi mettere l’orrore lovecraftiano di ritrovarsi un polpo appena pescato nel proprio letto?

    Se c’è una cosa che ho capito è che le app di dating funzionano prevalentemente con chi è già socialmente predisposto a farne uso: non potranno funzionare mai, per definizione, con chi si sente maldisposto a farne uso, non ama gli azzardi, socializza con difficoltà, non sopporta l’idea che una persona che sembra carina e garbata online si riveli aggressiva e scostante dal vivo (mi è capitato e probabilmente ho fatto questa impressione qualche volta anche io). Non funzionano neanche con chi tende all’introversione, o teme che il novello Brad Pitt che ha appena conosciuto possa trasformarsi nel nuovo Donato Bilancia.

    Insomma, Tinder e compagnia amplificano l’effetto di chi è già abbastanza sicuro e privo di complessi di suo, dandogli ulteriori possibilità oltre a quelle che potrebbero avere al pub, al circoletto sotto casa, incrociando il vicino di casa per la trentesima volta di fila, ad un concerto heavy metal o hip hop e via dicendo.

    Così, le dating app finiscono per amplificare le dinamiche della vita reale, senza aggiungere nulla di nuovo e limitandosi a imitare ciò che avviene nelle conoscenze dal vivo: stiamo un po’ insieme, parliamo, siamo attratti o meno, poi ci molleremo per sempre senza aggiungere altro o ci ritroveremo a considerarci estranei l’uno dell’altro, sia pure abitando nella stessa casa. Non sono molto ottimista sull’amore, devo riconoscerlo, ma quantomeno ne esistono numerose forme diverse e le persone, se non altro, sono sempre numerose. E per qualche strana statistica, prima o poi girerà bene.

  • La vera storia del meme di Spiderman

    La vera storia del meme di Spiderman

    Il meme di Spider-Man, in cui due versioni del supereroe si indicano reciprocamente, viene utilizzato per rappresentare situazioni di confusione, accuse reciproche o situazioni in cui due entità simili si confrontano. La scena del meme, tratta dall’episodio “Double Identity” della serie animata del 1967, mostra due Spider-Man che si accusano a vicenda di essere l’impostore, creando un momento comico e surreale di doppio inganno.

    Le principali interpretazioni del meme includono:

    1. Confusione e Accusa Reciprocate: Quando due persone o gruppi simili si accusano a vicenda o si confondono l’uno con l’altro, il meme rappresenta visivamente questa dinamica.
    2. Situazioni di “Simili ma Diversi”: Il meme può essere usato per evidenziare somiglianze tra due cose che, nonostante siano molto simili, hanno delle differenze che causano confusione o conflitto.
    3. Critiche o Ironia: Viene anche usato in contesti ironici o critici, per esprimere la difficoltà di distinguere tra due cose che dovrebbero essere chiaramente diverse ma che appaiono identiche.

    Il meme è diventato popolare grazie alla sua semplicità e versatilità, adattandosi a una vasta gamma di situazioni per esprimere la confusione o il conflitto in modo umoristico.

    Storia

    Nella puntata “Double Identity” (Episodio 19, stagione 1), appare un impostore che si traveste da Spider-Man, portando a una situazione in cui i due personaggi si indicano reciprocamente per identificarsi.

     

  • Il mondo dietro di te: trama, cast, critica, recensione

    Il mondo dietro di te: trama, cast, critica, recensione

    Bene. Il sole risplendeva. Lo presero come un segno propizio – la gente trasforma qualsiasi cosa in un presagio. Era come se tutto dicesse che non ci sarebbero state nuvole all’orizzonte. Il sole era al suo solito posto. Il sole persistente e indifferente. (Rumaan Alam, Il mondo dietro di te)

    Leave the World Behind” è un romanzo scritto da Rumaan Alam, sul quale si basa il film “Il mondo dietro di te” molto popolare su Netflix. Un romanzo dallo stile apparentemente scorrevole, accattivante, punteggiato meravigliosamente. Che rende l’atmosfera della storia fin dalle prime righe, con quel sole che inquieta e risplende, con le persone che vedono presagi qualunquisti in qualsiasi cosa, stanno bene così, non importa il resto; l’assenza di nuvole nel frattempo sembra suggerirti che, alla lunga, potresti morire disidratato.

    Un “semisconosciuto romanzo”, per usare la parafrasi generalista usata dal quotidiano La Repubblica, finalizzato alla rappresentazione in chiave sociologica di un mondo che collassa inesorabilmente sotto il peso delle proprie responsabilità politiche, della propria avidità della propria tecnocrazia. L’uso dell’aggettivo non dovrebbe a mio avviso suggerire di un qualcosa di secondo o terz’ordine, anche per quello che traspare dalla scrittura, per quanto poi l’idea sia sempre la stessa dalla notte dei tempi, temiamo. Per certi versi, a guardare bene, nulla di veramente nuovo: nulla che non abbiano già trattato i vari Don’t Look up, Zombi, Il seme della follia, Eaters, The divide e tutta la sequela di horror e fantascienza post apocalittica che conosciamo da tempo. Una fantascienza che oggi è diventata più spaventosa del solito, peraltro, a causa dell’assetto socio-economico e geo-politico che caratterizza gli anni che viviamo, e che finisce per spaventare più di quanto, probabilmente, fosse nelle intenzioni dei rispettivi autori e registi.

    Di National Book Foundation – Rumaan Alam, 2020 Fiction National Book Award Finalist, reads from LEAVE THE WORLD BEHIND at 2:42, rotated, cropped, background extended, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=105567741

    Rumaan Alam è uno scrittore americano classe 1977, autore di diversi romanzi acclamati dalla critica. Prima di dedicarsi alla scrittura, ha lavorato in ambito editoriale e pubblicitario, ed è oggi riconosciuto per la sua capacità di affrontare tematiche complesse, esaminando in profondità le relazioni umane e le sfumature della società contemporanea. Uno dei suoi romanzi più noti è proprio questo “Leave the World Behind”, pubblicato nel 2020 del covid-19 e dell’isolamento che tutto il mondo ha vissuto. Il libro è stato accolto molto positivamente ed è stato finalista per il National Book Award, prefigurandosi come un thriller che esplora le tensioni sociali e familiari durante un evento catastrofico, mettendo in luce le dinamiche di classe, le divisioni razziali e la paura dell’ignoto.

    Il mondo dietro di te ha attirato oltre 42 milioni di spettatori (più Elon Musk) – Il mondo dietro di te, la spiegazione

    Su internet il dibattito intorno a Leave the World Behind – e in particolare il film, in italiano reso con un titolo da commedia adolescenziale (Il mondo dietro di te), è diventato virale, alimentato da un lato dalla straordinaria affluenza di spettatori (42 milioni di visualizzazioni nei primi tre giorni), ma anche da Elon Musk, autentico sponsor non ufficiale dell’opera per via di una dichiarazione sulla sua piattaforma X che ha fatto molto discutere. Per la verità, non mi era troppo chiaro il motivo del risentimento, e del perchè sia stato interpretato come tale: sembra più una marketta alla modalità “Mad Max” che sarebbe disponibile sulle sue auto, e che risale almeno al 2018 (primi tweet hanno quella data). Una tecnologia che richiama le proporzioni e le funzionalità presenti nel celebre film, in cui il combattimento per strada è figlio di una sostanza multiforme determinata da cinismo filosofico, darwinismo sociale, nichilismo e una società letteralmente desertificata e individualista.

    Di (U.S. Air Force photo by Trevor cokley) - https://www.dvidshub.net/image/7132411/usafa-hosts-elon-musk, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=134662229
    U.S. AIR FORCE ACADEMY, Colo. — Tesla Inc. Chief Executive Officer Elon Musk speaks with Lt. Gen. Richard Clark, Superintendent of the U.S. Air Force Academy, during the Ira C. Eaker Distinguished Speaker Presentation in the Academy’s Arnold Hall on April 7, 2022 in Colorado Springs, Colo. (U.S. Air Force photo by Trevor cokley)

    Ma andiamo per ordine: la sequenza promozionale di Netflix “incriminata” andrebbe prima di tutto visionata per comprendere il contesto.

    Vediamo una donna (interpretata da Julia Roberts) che si aggira tra varie macchine bianche che sembrano proprio delle Tesla, mentre la sua famiglia in macchina con figli e padre (interpretato da Ethan Hawke) si interroga sul perchè del blocco per strada. [spoiler] Si nota poi che le Tesla sono tutte “brand new“, nuove di zecca, ma nonostante tutto non sembrano funzionare e soprattutto sono tutte schiantate tra loro, senza alcun passeggero all’interno. Ovviamente l’intento narrativo è quello di costruire un climax che porta alla rivelazione conclusiva del trailer: le macchine si stanno in qualche modo “suicidando”, nel senso che si schiantano senza alcun guidatore all’interno costruendo un cumulo di auto demolite, che dal campo lungo finale sembra essere uan sorta di destino collettivo di gran parte delle autovetture mondiali. [fine spoiler]

    La risposta di Musk a quello scenario impazzito sembra consistere in un non sequitur da manuale:

    “Le Tesla si possono ricaricare dai pannelli solari anche se il mondo diventasse come quello di Mad Max e non ci fosse più carburante disponibile”

    Ma il punto non sembra sostanziale, viene da scrivere che non c’entra molto con il focus in questione (che mostra un mondo impazzito in cui le macchina finiscono per ribellarsi agli uomini, un po’ come avveniva in Brivido di Stephen King). A conti fatti, il tutto ricorda più una marketta auto-promozionale che una qualsiasi osservazione pertinente o critica su quello che viene mostrato.

    Non è la prima volta che Musk fa dichiarazioni poco ovvie o criptiche, ma la cosa da rilevare a mio avviso è che il suo background non sembra troppo sostanziale e ricorda, per l’appunto, più un qualcosa atto a provocare reazioni (sia pure in maniera, riteniamo, goffamente calcolata) quali che esse siano, e sfruttare il brand Musk che qualsiasi cosa scriva pubblicamente, in qualche modo, trova sempre adepti e critici su larga scala.

    La parafrasi dell’episodio, tuttavia, è diventata della fantomatica sequenza “che ha fatto arrabbiare Elon Musk“, in bilico tra l’interpretazione pseudo-psicologica e la pura invenzione, e a quel punto viene un po’ da mettersi le mani nei capelli sia perchè la rabbia eventuale da qui non traspare, sia perchè siamo lontani dalle dichiarazioni del passato (che erano sempre piccate e non sempre erano condivisibili, ovviamente, ma almeno si capivano: tutti ricordano Musk che critica il woke mind virus che avrebbe “infettato” le produzioni Netflix).

    Recensione di “Leave the World Behind” di Rumaan Alam

    Pubblicato nel 2020, il libro è un thriller che esplora le tensioni razziali, sociali e di classe durante un evento catastrofico. La storia segue due famiglie, una coppia di Manhattan e una coppia più anziana, che si trovano a dover affrontare insieme una situazione di emergenza quando il mondo esterno sembra sconvolto da un evento misterioso e minaccioso. Il romanzo esplora le dinamiche familiari, la paura dell’ignoto e le divisioni sociali in un contesto di crisi. È stato molto apprezzato per il modo in cui affronta temi attuali e scottanti, oltre alla sua suspense avvincente.

    Rumaan Alam si rivela un narratore straordinario nel suo romanzo “Leave the World Behind”, un’opera che cattura il lettore con un’abilità impeccabile nel dipingere le tensioni e le incertezze del mondo moderno. Con una scrittura affilata e penetrante, Alam affronta tematiche cruciali come la paura, le divisioni sociali e la disconnessione umana.

    Il romanzo si apre con una prospettiva urbana, presentando una coppia di Manhattan, Amanda e Clay, che si avventurano in una vacanza isolata con i loro due figli adolescenti. La tensione già si avverte nell’aria mentre la famiglia cerca una pausa dalla frenesia cittadina. Tuttavia, il tranquillo rifugio si trasforma improvvisamente quando una coppia più anziana, G.H. e Ruth, si presenta chiedendo riparo durante un’inaspettata emergenza.

    Il potere di Alam risiede nella sua capacità di tessere abilmente le tensioni sottili tra le due famiglie, creando un’atmosfera claustrofobica e tesa. La paura dell’ignoto e l’incertezza sul mondo esterno diventano protagoniste mentre l’evento misterioso fuori dal loro rifugio genera sospetto, timore e domande senza risposta.

    L’autore dipinge con maestria le differenze sociali e di prospettive tra le due famiglie, sottolineando le divisioni razziali e di classe che diventano più evidenti in situazioni di crisi. La trama si sviluppa con un senso costante di inquietudine, mantenendo il lettore avvinto alla storia attraverso la suspense e la paura che permeano ogni pagina.

    Alam affronta la narrativa con una prosa elegante e acuta, in grado di trasportare il lettore in un vortice di emozioni contrastanti. Il modo in cui il romanzo affronta le dinamiche familiari, le incertezze e le paure collettive riflette in modo straordinario il nostro mondo contemporaneo.

    In conclusione, “Leave the World Behind” si rivela un romanzo straordinario, una riflessione acuta sulle nostre paure collettive e sulla fragilità della società moderna. Rumaan Alam emerge come un autore che cattura non solo la realtà attuale, ma anche le ansie più profonde dell’animo umano attraverso una storia coinvolgente e profonda.

    Cast

    Julia Roberts … Amanda Sandford
    Mahershala Ali … G. H. Scott
    Ethan Hawke  … Clay
    Myha’la Myha’la … Ruth Scott
    Farrah Mackenzie … Rose Sandford
    Charlie Evans … Archie Sandford
    Kevin Bacon … Danny
    Alexis Rae Forlenza  … Danny’s Daughter
    Vanessa Aspillaga … Salvadora
    Josh Drennen Josh Drennen … Officer Crow
    Erica Cho Erica Cho … Jocelyn
    Orli Gottesman Orli Gottesman … Taylor

  • ANOMALIA MESSAGGIO: clicca qui per ricevere il tuo pacco

    ANOMALIA MESSAGGIO: clicca qui per ricevere il tuo pacco

    Le email di spam spesso utilizzano frasi come “fattura non pagata”, “denuncia autorità giudiziaria”, “consegna in sospeso”, “hai violato la policy”, per manipolare le emozioni e le reazioni dei destinatari. Questa tecnica si basa su diversi bias cognitivi e meccanismi psicologici studiati in dettaglio in vari ambiti della psicologia e della scienza comportamentale: il bias di urgenza (per indurre le persone ad agire rapidamente senza riflettere), l’autorità percepita (aspetto su cui Eli Roth ha diretto il programma How evil are you?, sulla falsariga dell’esperimento di Milgram, per quanto lo stesso sia da tempo oggetto di discussione). Gli spammer possono usare informazioni personali o dati che sembrano credibili per far sembrare il messaggio autentico, sfruttando il bias di conferma. In altri casi gli spammer possono promettere qualcosa in cambio di un’azione rapida (“clicca qui per ricevere il tuo pacco“), inducendo il destinatario a sentirsi obbligato a rispondere. Se puoi convincere una persona a farti un versamento o a raggiungerti in qualche luogo in cui non la troverai, a fare click su qualsiasi cosa o a convincersi di qualsiasi cazzata, nulla di strano che tu possa convincerlo a fare di peggio.

    Il discorso è complesso – e facilmente banalizzabile, del resto: si rischia di fare appello a tutta quella psicologia fagocitata dal marketing che è fin troppo di frequente oggetto di semplificazioni clickbait. Del resto da tempo studiosi come Stuart Sutherland hanno sottolineato quanto l’obbedienza all’autorità sia radicata nell’animo umano, spesso in modo del tutto insospettabile: molti, ad esempio, tendono a conformarsi alle indicazioni di figure autoritarie per paura delle conseguenze, ma anche per desiderio di approvazione sociale, o magari per la semplice (ed irrazionale) percezione che l’autorità sia sempre e comunque legittima e competente.

    L’esperimento di Milgram, ad esempio, in cui alcune persone erano indotte a compiere atti crudeli su altre persone sulla base del principio di autorità, dimostra teoricamente che le persone sono sorprendentemente disposte a obbedire agli ordini , anche nel caso in cui violassero i loro principi, purché gli stessi provengano da una figura percepita come autoritaria. E c’è un aspetto ancora più interessante nello studio, per quanto non accettato universalmente dalla comunità scientifica (per un fatto di metodo, ovviamente): che se fosse vera l’ipotesi dell’esperimento, cioè che le persone si conformano alla crudeltà per convenienza o paura o autorità percepita, lo farebbero anche per un’attiva identificazione con una fonte che riesce a spacciare azioni crudeli per gesti virtuosi. Il che forse potrebbe essere un inizio di spiegazione del perchè non votiamo alle elezioni, o peggio ancora perchè votiamo politici crudeli che, in troppi casi, spacciano credibilmente il menefreghismo per virtuosismo.