Intelligenza artificiale, perchè?

Viviamo in un’epoca di accelerazione tecnologica, di ottimizzazione sistematica, di digitalizzazione invasiva, di iperconnessione permanente, di automazione progressiva, di machine learning compulsivo, di reti neurali impazienti, di analisi predittiva ipertrofica, di deep learning ossessivo, di bias algoritmici sempre più sofisticati, di personalizzazione al limite dell’inquietante e, soprattutto, di un costante senso di déjà vu digitale, perché ogni volta che apriamo Instagram ci troviamo davanti contenuti che non abbiamo mai visto ma che ci sembrano inevitabilmente familiari.

Si parla di intelligenza artificiale perché l’umanità, dopo millenni passati a sbagliare da sola, ha deciso che era ora di farsi aiutare da qualcosa che può sbagliare più velocemente. E su scala globale. Perché, diciamocelo, se per secoli abbiamo avuto il dubbio cartesiano (“Cogito, ergo sum”), oggi l’algoritmo ci regala la certezza assoluta (“Scorri, ergo ti conosco”).

Filosoficamente parlando, l’IA è il nostro tentativo di dare vita a un’intelligenza che non ha dubbi, non ha esitazioni, non ha esitazioni sui propri dubbi e, soprattutto, non si pone domande esistenziali. Se la filosofia umana è stata per millenni un’indagine sulla natura della conoscenza e della realtà, l’intelligenza artificiale è un’enorme operazione di riduzione di tutto ciò che è complesso a semplici click, impressioni, engagement e tempi di permanenza sul post. Platone parlava del mondo delle idee pure, ma poi è arrivato l’algoritmo che ha deciso che la tua idea perfetta è un video di gatti in loop, seguito da una pubblicità di un corso di trading online.

L’IA finisce per diventare il Super-Io digitale definitivo, quello che non solo osserva ogni nostra azione, ma la prevede, la categorizza e la sfrutta economicamente. Freud si strapperebbe i baffi: se lui scavava nell’inconscio per svelare i nostri veri desideri, l’IA li anticipa, li confeziona e ce li ripropone sotto forma di contenuti sponsorizzati, spesso prima ancora che ci rendiamo conto di averli. L’algoritmo non ha bisogno di interpretare i sogni, perché li conosce già. E te li vende con lo sconto del 10%.

L’IA è l’ultima creazione dell’essere umano per delegare anche l’errore, dopo aver già delegato il pensiero critico, la memoria e la capacità di fare di conto senza calcolatrice. È la macchina perfetta per dirti cosa vuoi, anche quando non lo vuoi. È come un amico che ti conosce bene, ma con la personalità di un venditore di aspirapolveri porta a porta: sa esattamente quando hai bisogno di qualcosa, ma soprattutto sa quando sei più vulnerabile per fartela comprare.

E alla fine, cosa abbiamo creato? Un’entità onnisciente che sa tutto di noi, tranne come filtrare i contenuti sensibili di Instagram senza mandare in tilt mezzo mondo. Forse era meglio restare con le vecchie divinità mitologiche: almeno non cercavano di venderci un abbonamento premium.

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