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  • Porte aperte: trama, cast, curiosità sul film

    Porte aperte: trama, cast, curiosità sul film

    “Porte Aperte” è un film italiano del 1990 diretto da Gianni Amelio. Il film è noto per il suo impegno sociale e politico ed è stato ispirato da eventi reali. Di seguito, ti fornirò dettagli sulla trama, il cast, la regia, la produzione, lo stile, alcune curiosità e una spiegazione dettagliata del finale con un avviso spoiler.

    Trama: “Porte Aperte” è ambientato in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale e segue la storia di un prete cattolico, Don Benedetto (interpretato da Gian Maria Volontè), che lavora per aiutare e proteggere i detenuti politici antifascisti. La storia ruota attorno alle sue interazioni con un giovane detenuto politico di nome Luigi (interpretato da Ennio Fantastichini), che è stato condannato a morte per le sue attività antifasciste.

    Il film esplora il conflitto tra Don Benedetto, che cerca di offrire conforto spirituale e sostegno umano a Luigi e agli altri detenuti, e il regime fascista che cerca di reprimere l’opposizione politica in Italia. La narrazione si sviluppa attraverso una serie di incontri tra Don Benedetto e Luigi, rivelando il crescente legame tra i due uomini e la lotta per la sopravvivenza e la giustizia.

    Cast:

    • Gian Maria Volontè come Don Benedetto
    • Ennio Fantastichini come Luigi
    • Renato Carpentieri
    • Tuccio Musumeci
    • Renato Scarpa

    Regia: Il film è stato diretto da Gianni Amelio, un regista italiano noto per il suo stile realistico e la sua attenzione per i temi sociali e politici. La sua regia in “Porte Aperte” è stata apprezzata per la sua capacità di catturare l’angoscia e la tensione dei personaggi e dell’epoca storica in cui è ambientato il film.

    Produzione: Il film è stato prodotto da Giuseppe Tornatore e Angelo Rizzoli Jr. ed è stato distribuito nel 1990.

    Stile: Il film presenta uno stile realista, con una fotografia che cattura l’atmosfera cupa e opprimente del periodo storico. La narrazione si concentra sulla profondità dei personaggi e sulle loro relazioni, piuttosto che su effetti speciali o azione spettacolare.

    Sinossi: “Porte Aperte” racconta la storia di un prete che cerca di sostenere detenuti politici antifascisti durante la Seconda Guerra Mondiale in Italia, mettendo in evidenza i conflitti morali e politici dell’epoca.

    Curiosità:

    • Il film è stato nominato per l’Academy Award come Miglior Film Straniero nel 1991.
    • È basato su eventi e personaggi reali, il che aggiunge una dimensione storica significativa alla storia.

    Spiegazione dettagliata del finale (SPOILER ALERT): Nel finale del film, Luigi è stato condannato a morte, ma Don Benedetto continua a sostenere spiritualmente e moralmente il giovane prigioniero fino all’ultimo momento. Mentre Luigi viene condotto al plotone di esecuzione, Don Benedetto è presente e lo guarda morire. Questa sequenza finale è profondamente toccante e rappresenta il culmine della relazione tra i due personaggi.

    La morte di Luigi sottolinea la brutalità del regime fascista e il sacrificio di coloro che si sono opposti ad esso. Don Benedetto, pur avendo fatto tutto ciò che poteva per aiutare Luigi, è costretto a confrontarsi con l’ingiustizia e la durezza della realtà politica dell’epoca.

    Il finale offre una potente riflessione sulla lotta per la giustizia, la fede e la resistenza contro le forze oppressive. È un momento di grande impatto emotivo che rimane con lo spettatore anche dopo la fine del film, rappresentando il tema centrale della storia e la sua forza emotiva.

  • Wanna: su Netflix la docuserie sulla televenditrice più discussa di sempre

    Wanna: su Netflix la docuserie sulla televenditrice più discussa di sempre

    Wanna è la docuserie lampo di Netflix (di appena 4 puntate) che racconta la storia di due tra i personaggi TV più iconici di sempre: Wanna Marchi e Stefania Nobile, coppia TV di madre e figlia, nella veste delle iconiche venditrici di prodotti cosmetici (e di lì a poco, di consulti magici, rituali del sale, del desiderio, del danaro, del corallo), dedite ad una singolare forma di upselling telefonico che venne, infine, giudicato come estorsione da una giuria. La scrittura della docuserie in questione è affidata ad Alessandro Garramone, già noto per la sceneggiatura di Italian Horror Stories, mentre produzione e regia sono affidate a Gabriele Immirzi e Nicola Prosatore.

    Tutti abbiamo bisogno di illusioni, nella vita! (W. Marchi)

    Si tratta di quattro episodi per una durata complessiva di circa due ore, visionabili su Netflix a partire da settembre 2022, con la presenza di Wanna Marchi, Stefania Nobile, Federica Landi, Roberto Da Crema, che vengono sia proposti in veste storico-televisiva. Da Crema, ad esempio, è il televenditore che oggi sarebbe probabilmente un meme internet, dal caratteristico tono di voce alto ed esasperato che, come ammette lui stesso candidamente, era inizialmente legato alla sua scarsa esperienza in ambito TV, che interpretava le proprie performance come fosse in un centro commerciale senza microfono. La docuserie è ricca di lunghe, personali e approfondite interviste, mentre viene esplicitato nel finale come le protagonisti abbiano scontato le loro pene e siano, ad oggi, libere cittadine. Wanna Marchi proviene da una famiglia di umili origini, con un marito con cui ha un rapporto complicato ed una figlia a cui è legatissima, tanto da farla esordire in TV come sua spalla fin da giovanissima (il documentario è infarcito di spezzoni TV d’epoca, ovviamente).

    La dinamica delle televendita viene spiegata dalla docuserie ben nel dettaglio: l’hype delle seminali e numerosissime TV commerciali (primi anni ottanta) si stava per scontrare con la necessità di fare cassa, cosa non facile per imprenditori a volte improvvisati o poco avveduti che, come avvenuto nel caso in questione, sfruttavano televendite “memetiche”, facilmente riconoscibili, dirette, molto aggressive, che portarono inaspettatamente a vendite stellari.

    Parliamo della vendita di cosmetici che poi, come viene mostrato, ad un certo punto più non basta: si passa alla vendita di “numeri fortunati” al lotto, di talismani contro la sfortuna e via dicendo, in una catena commerciale infinita che prevedeva, per inciso, l’interlocuzione diretta per telefono con tutti i clienti (circa 300 mila, di cui solo qualche centinaio accettò di testimoniare al processo subito nel 2006). Fa sensazione pensare a tutti questi italiano che “credevano“, come si meraviglia di ammettere una ex centralinista durante un’intervista: il che indica la generazione sottovalutazione del sentimento di credenza o credulità popolare, a nostro avviso, mettendo in luce – cosa che viene apertamente ammessa – come il successo del trio Marchi, Nobile, Do Nascimento fosse da imputare più a cosa (e come lo) dicevano, che ai prodotti in sè. Non importa se poi fossero, come è stato, cure dimagranti o per la cellulite, numeri del lotto, talismani, fino ad arrivare alle televendite telefoniche basate sull’urgenza, sul pericolo imminente quanto non sulla minaccia ai clienti, a livello implicito o esplicito. Non importava perchè il prodotto si situava in un territorio borderline che, ad un certo punto, sfugge di mano alle stesse protagoniste.

    La Marchi auto-assume (con grande personalità ed una buona dose di sfrontatezza, mescolata ad una incoscienza di fondo che quasi certamente fu presente tra gli “ingredienti” di questa storia) il ruolo di leader aziendale, guadagnando tantissimi soldi grazie ad una capacità teatralizzante di effettuare vendite, sfruttando la credenza di cui sopra. Il tutto fino a  insospettire la Finanza, grazie ad una celebre segnalazione al programma Striscia la notizia ed una signora che si prestò a fare da “gancio” per avviare l’inchiesta (un format, quello di Mediaset, che possiede forse un’idea discutibile della comicità e della satira, ma che su questi frangenti è sempre stato molti passi oltre chiunque altro). Fa ancora più impressione, del resto, la linea difensiva delle Marchi, che si muove (estremizzando un po’ la sintesi) sulla falsariga del darwinismo sociale, per cui non sarebbe affatto un delitto raggirare degli ingenui.

    La sua aggressività iconica, in barba a qualsiasi criterio di razionalità e tabù moderno sul body shaming (la Marchi appellava fin dall’inizio come “grasse” le clienti target a cui si rivolgeva, e questa cosa era uno dei tratti distintivi del suo registro di comunicazione), sembrava far parte di una strategia psicologica (probabilmente non del tutto consapevloe) quanto alla prova dei fatti efficace: l’attacco frontale e senza mezzi termini serviva a sbarazzarsi della reticenza nell’acquisto, costruendo un bisogno nel futuro acquirente e facendolo sentire in dovere di fare come dicevano dall’altra parte del telefono.

    Cosa che portò la tele-venditrice più famosa d’Italia negli anni ottanta e novanta a guadagnare molti soldi, salvo doversi confrontare con situazioni non sempre trasparenti (al dramma familiare si aggiunge, ad esempio, la circostanza con cui il suo negozio viene in una circostanza preso di mira, incendiato da ignoti). Niente male, a conti fatti e dopo il trascorrere di qualche tempo, per una persona che nasce e cresce nella promozione di prodotti cosmetici, e che racconta le circostanze incredibili con cui ha arricchito la propria esistenza, fino a scontrarsi con un fallimento negli anni novanta e un processo per truffa e associazione a delinquere.

    Approfondimento esterno: Psicologia e manipolazione mentale

    Wanna colpisce nella lucidità delle testimonianze presentate dai protagonisti delle vicende, ed è interessante cogliere una sostanziale (e poco ovvia, per certi versi) riflessività della vicenda: se accettiamo che personalità del genere siano tipi psicologici più o meno “machiavellici“, il fatto che siano riuscite a vendere l’improbabile a varie gradazioni non le immunizza, come potrebbe sembrare, dal dare per scontato che il loro target fosse altrettanto sincero. In pratica, stando a questa visione psicologica, se è vero che la manipolazione c’è stata è altrettanto vero che non sarebbe comunque facile, per loro, notare a loro volta se qualcuno stesse mentendo

    Magra consolazione, per le vittime, ma tant’è: se una personalità machiavellica tende per sua natura mentire, il rovescio della medaglia è che non per forza si accorgerà se l’Altro mente, a sua volta. Il che suggerisce una escalation di significanti per cui, per associazione di idee neanche troppo arbitraria, che ciò che hanno fatto non siano le sole ad averlo fatto, che insomma il mood trasmesso da Wanda sia stato quasi riciclato da certe multinazionali digitali, per non parlare dei vari settori borderline di vendita-fuffa di cui il web è zeppo. A quel punto non puoi nemmeno farne una questione personale, per così dire, e non ti resta che chiederti: ma come hanno fatto, in quegli anni, a vendere più prodotti di quel tipo che cellulari costosi? Altro interrogativo non da poco consisterebbe, poi, nel chiedersi se quanto avvenuto sia così localizzato, o sia diventato, al contrario, emblematico di un certo modo di vendere abusando della buonafede altrui (con vari gradienti di gravità, s’intende) mediante leve psicologiche, cosa a cui dovremmo essere abituati un po’ tutti, peraltro, a giudicare dal ritmo e dal tenore delle telefonate di marketing da cui siamo tragicamente tempestati.

    Il sistema di vendita della Marchi, così come viene descritto nella docuserie in questione, ricorda in parte quello proposto dalla versione moderna del telemarketing, il digital marketing nelle sue forme più aggressive, anche lì basato sulla costruzione di bisogni e su vari gradi di upselling – ad un certo punto si iniziano a vendere numeri del lotto vincenti e, nel caso in cui non uscissero, si proponeva la lettura delle carte da parte dell’iconico, anche qui, Mário Pacheco do Nascimento. Nulla che in effetti su internet non sia ampiamente diffuso da anni, e sul quale sono cambiate certe modalità di erogazione, in parte, ma non la sostanza: la distrubuzione mediante ads ambigue di info-prodotti fake, pseudo-formazione e via dicendo, rimane ancorata al registro dell’aggressività, dello sminuire il prossimo, con marketer ambiziosi, sprezzanti ed egotici (oltre che moralmente discutibili), dell’”io so’ io e voi non siete un cazzo” di marco-grilliana memoria, uno strano mood che dovrebbe soltanto infastidire ma che, a conti fatti, accresce solo il senso di urgenza dell’acquisto nelle persone più fragili, in un delirio di iperboli e tecniche di manipolazione (implicita ed esplicita) che, spiace riconoscerlo, continuano a funzionare ancora oggi.

    La canzone “prendimi” della colonna sonora di Wanna è il brano Cinque minuti di te di Don Antonio, The Graces. Wanna è disponibile in streaming su piattaforma Netflix.

  • Spogliamoci così, senza pudor… è la commedia erotica di Sergio Martino

    Spogliamoci così, senza pudor… è la commedia erotica di Sergio Martino

    Titolo: Spogliamoci così, senza pudor…

    Regia: Sergio Martino

    Anno: 1976

    Genere: Commedia erotica

    Cast

    • Edwige Fenech
    • Vittorio Caprioli
    • Lino Banfi
    • Carlo Delle Piane
    • Giuseppe Pambieri

    Storia e produzione

    “Spogliamoci così, senza pudor…” è un film italiano del genere commedia erotica diretto da Sergio Martino. Ambientato negli anni ’70, il film segue le vicende di un gruppo di amici che si trovano in situazioni imbarazzanti e impreviste in una località turistica.

    Sinossi

    Il film racconta le avventure e gli equivoci che si verificano durante le vacanze di un gruppo di amici in una località turistica. Le situazioni comiche si susseguono quando si trovano coinvolti in fraintendimenti romantici e imbarazzanti. La trama ruota attorno a equivoci amorosi e situazioni spiacevoli che mettono alla prova le relazioni e la moralità dei personaggi.

    Curiosità

    Il film appartiene al genere della commedia erotica all’italiana, che era popolare nel cinema italiano degli anni ’70. Queste pellicole spesso mescolavano umorismo e contenuti piccanti, creando un mix caratteristico del periodo.

  • C.H.U.D.: l’orrore nelle fognature

    C.H.U.D.: l’orrore nelle fognature

    Nella città di New York si verificano ripetute scomparse di persone di ogni estrazione sociale: il capitano di polizia indaga sul caso, scoprendo progressivamente una incredibile verità.

    In breve. Poco noto in Italia, probabilmente, ma rientra nelle chicche del genere completamente da non perdere. Per intenditori del genere anni ’80, e per pochi altri.

    Chi si nasconde nei bassofondi delle fogne di New York? Secondo una diffusa leggenda urbana, con un fondo di verità, dei coccodrilli o dei caimani: la versione più popolare di questa storia impone che siano grandi, grossi, affamati e albini, per via della manca di luce solare. I coccodrilli nel sistema fognario di NY sono una delle urban legend più potenti mai raccontate, ed in questo film di Douglas Cheek si respira, fin da subito, aria di urban legend. Solo che non si tratta di rettili, in questo caso, bensì di creature umanoidi dagli occhi luminosi, che sembrano cibarsi degli esseri umani e che, secondo una certa opinione pubblica, non sarebbero altri se non i barboni che affollano le strade. Col tempo, un fotografo ed un poliziotto scopriranno la verità.

    Le creature hanno il potere di chiudere il cielo…

    C.H.U.D. – che è un acronimo che fa riferimento sia a “Cannibalistic Humanoid Underground Dweller” che a “Contamination Hazard Urban Disposal” – parte col botto, senza preamboli nè orpelli narrativi: un campo lungo su una strada desolata, con una donna che porta in giro il proprio cane. Da un tombino fuoriesce uno strano fumo; la donna si avvicina un po’ troppo e, neanche a dirlo, viene trascinata in basso da una creatura misteriosa. La dimensione è quella del classico horror anni 80 che tutti conosciamo, del resto a metà anni 80 l’horror era così: diretto, immediato, senza complimenti. Un film che, peraltro, presenta anche una certa importanza come cult, tant’è che in tempi recenti è stato apertamente citato come ispirazione per US di Jordan Peele.

    Nel film si intrecciano più storie parallele, dimensione atipica per un horror del genere che, in genere, ne racconta quasi sempre una, focalizzandosi su al massimo un paio di protagonisti o di villain. I personaggi minacciosi della storia sono volutamente indefiniti, ma si intuisce senza neanche troppo sforzo che vivono nelle fognature e ogni tanto si affacciano per cibarsi di qualche essere umano. I vari personaggi saranno successivamente destinati ad incontrarsi nel seguito, mentre la trama introduce il sospetto che dietro le sparizioni possa esserci un complotto del governo americano.

  • I miserabili: trama, cast, curiosità, produzione

    I miserabili: trama, cast, curiosità, produzione

    “I miserabili” del 1998 è una versione cinematografica dell’omonimo romanzo di Victor Hugo, diretta da Bille August. Ecco alcune informazioni sul film:

    Cast Principale:

    • Liam Neeson nel ruolo di Jean Valjean.
    • Geoffrey Rush nel ruolo di Ispettore Javert.
    • Uma Thurman nel ruolo di Fantine.
    • Claire Danes nel ruolo di Cosette.
    • Hans Matheson nel ruolo di Marius.
    • Natalie Baye nel ruolo di Madame Thénardier.
    • Claire Rushbrook nel ruolo di Madame Thénardier giovane.
    • Christopher Adamson nel ruolo di Montparnasse.
    • John McGlynn nel ruolo di Père Fauchelevent.

    Recensione e Critica: “I miserabili” del 1998 ha ricevuto recensioni miste da parte della critica. Mentre alcune recensioni hanno elogiato le performance degli attori principali, la scenografia e la fedeltà al materiale originale, altri critici hanno trovato il film piuttosto lento e privo di energia rispetto ad altre adattamenti della storia. La recitazione di Liam Neeson come Jean Valjean è stata generalmente ben accolta, così come quella di Geoffrey Rush nel ruolo di Ispettore Javert. La colonna sonora e la cinematografia del film sono state anche elogiate.

    Produzione: Il film è stato prodotto da Sarah Radclyffe e James Gorman ed è stato girato in varie location in Francia, tra cui Parigi.

    Curiosità:

    • Questa versione di “I miserabili” è stata girata principalmente in lingua inglese, con attori di lingua inglese che interpretano i personaggi francesi. Questa scelta ha ricevuto alcune critiche da parte di coloro che preferiscono un adattamento più fedele dal punto di vista linguistico.
    • Il film è una delle numerose trasposizioni cinematografiche del celebre romanzo di Victor Hugo. La storia è stata adattata in film, musical e serie televisive molte volte nel corso degli anni.
    • Nonostante la divisione della critica, il film ha ricevuto una nomination per l’Oscar per la miglior canzone originale per la canzone “A Heart Full of Love.”

    “I miserabili” del 1998 offre una delle tante interpretazioni cinematografiche della storia di Victor Hugo ed è considerato da alcuni come un adattamento fedele, mentre altri preferiscono altre versioni cinematografiche o teatrali della stessa storia.