Titolo: La Grande Bellezza Regia: Paolo Sorrentino Cast Principale:
Toni Servillo nel ruolo di Jep Gambardella
Carlo Verdone nel ruolo di Romano
Sabrina Ferilli nel ruolo di Ramona
Carlo Buccirosso nel ruolo di Lello Cava
Iaia Forte nel ruolo di Trumeau
Pamela Villoresi nel ruolo di Viola
Galatea Ranzi nel ruolo di Stefania
Storia e Produzione
“La Grande Bellezza” è un film italiano del 2013 diretto da Paolo Sorrentino. Il regista ha co-scritto la sceneggiatura con Umberto Contarello. Il film è stato prodotto da Indigo Film e Pathé in collaborazione con Medusa Film e Canal+.
Stile e Sinossi
Il film segue la vita di Jep Gambardella, un giornalista e scrittore di successo che vive a Roma. Jep compie sessantacinque anni e, nonostante il suo stile di vita mondanamente ricco e affascinante, si sente insoddisfatto e alienato dalla sua esistenza. Il film esplora il mondo dell’alta società romana attraverso gli occhi di Jep, rivelando le relazioni superficiali, le feste esclusive e l’ossessione per l’apparenza.
Nel corso del film, Jep si imbatte in una serie di personaggi eccentrici e affascinanti, mentre riflette sulla sua giovinezza, sul suo unico romanzo di successo e sul senso della vita. La bellezza e la decadenza di Roma sono rappresentate in modo surreale e spesso grottesco, con scene iconiche che mettono in luce l’arte, l’architettura e l’atmosfera unica della città. (immagini tratte da IMDB)
SET DEL FILM “LA GRANDE BELLEZZA” DI PAOLO SORRENTINO.
NELLA FOTO TONI SERVILLO.
FOTO DI GIANNI FIORITO
SET DEL FILM “LA GRANDE BELLEZZA” DI PAOLO SORRENTINO.
NELLA FOTO SABRINA FERILLI, TONI SERVILLO E GIORGIO PASOTTI .
FOTO DI GIANNI FIORITO
SET DEL FILM “LA GRANDE BELLEZZA” DI PAOLO SORRENTINO.
NELLA FOTO TONI SERVILLO E GALATEA RANZI.
FOTO DI GIANNI FIORITO
SET DEL FILM “LA GRANDE BELLEZZA” DI PAOLO SORRENTINO.
FOTO DI GIANNI FIORITO
Curiosità
Il titolo “La Grande Bellezza” è un riferimento al termine “Grande Belle Époque”, che si riferisce a un periodo di ottimismo e prosperità culturale prima della prima guerra mondiale.
Il film è stato ampiamente elogiato per la sua regia innovativa, la fotografia suggestiva e la performance di Toni Servillo nel ruolo principale.
“La Grande Bellezza” è stato ispirato dal romanzo “Il desiderio” dello scrittore italiano Giacomo Leopardi.
Spiegazione del Finale
(avviso spoiler) Alla fine del film, Jep raggiunge una maggiore consapevolezza della sua vita e delle scelte che ha fatto. Dopo aver attraversato momenti di introspezione e interazione con vari personaggi, Jep comprende che la vera bellezza risiede nelle piccole cose, negli affetti genuini e nelle esperienze autentiche.
L’ultima scena mostra Jep che partecipa a una festa all’aperto, dove una ragazza canta “Non dimenticar le mie parole” (Don’t Forget My Words), una canzone che Jep aveva sentito anni prima in un’occasione speciale. Questa canzone scatena in lui una profonda riflessione e un senso di malinconia. La scena finale simboleggia il desiderio di Jep di catturare momenti di bellezza e significato in un mondo dominato dalla superficialità e dal caos.
In definitiva, il finale suggerisce che Jep ha trovato una forma di riconciliazione con se stesso e con la città di Roma, riconoscendo che la vera grandezza e bellezza risiedono nelle emozioni autentiche, nei legami personali e nell’apprezzamento per la vita semplice e autentica. Il film si chiude con un senso di speranza e una rinnovata consapevolezza per Jep e per lo spettatore.
Recensione
“La Grande Bellezza” è un film italiano del 2013 diretto da Paolo Sorrentino. È un dramma che esplora temi come l’arte, la bellezza, la vita, la vecchiaia e la società contemporanea. Il film si svolge a Roma e segue le vicende di Jep Gambardella, un giornalista e scrittore di successo che vive una vita mondana e superficiale tra feste, incontri e relazioni.
La trama del film ruota attorno a Jep, interpretato da Toni Servillo, che compie sessantacinque anni e si ritrova a riflettere sulla sua vita e sulle scelte che ha fatto. Nonostante il suo successo e la sua vita lussuosa, Jep è pervaso da un senso di vuoto e insoddisfazione. Il film esplora il contrasto tra l’apparente bellezza e ricchezza di Roma e la superficialità e l’alienazione della società contemporanea.
Attraverso una serie di incontri e avventure, Jep esplora diverse sfaccettature dell’esistenza umana, dai desideri inappagati alle illusioni dell’amore, dalla ricerca della bellezza all’arte, dall’amicizia alla solitudine. Il film si avvale di una narrazione visiva e simbolica molto forte, con scene suggestive e dialoghi profondi, spesso accompagnati da un’atmosfera onirica.
“La Grande Bellezza” è una riflessione profonda e spesso sarcastica sulla vita moderna, sul vuoto spirituale e sull’ossessione per l’apparenza. Il titolo stesso suggerisce l’ironia dietro la ricerca continua della bellezza esteriore mentre si trascurano i veri significati e valori della vita. Il film è stato acclamato per la sua regia, la recitazione di Toni Servillo e la sua rappresentazione evocativa di Roma, oltre che per il modo in cui affronta temi universali legati all’esistenza umana.
Gli Intoccabili” è un film del 1987 diretto da Brian De Palma e interpretato da Kevin Costner.
Si tratta di un film di culto diretto da Brian De Palma, interpretato da Kevin Costner, Sean Connery, Robert De Niro e Andy Garcia. Il film si basa sulla vera storia dell’agente federale Eliot Ness e del suo team, noti come “Gli Intoccabili”, che andarono alla caccia del noto gangster Al Capone durante il periodo del proibizionismo. Nella realtà, Al Capone è stato uno dei gangster più noti e influenti dell’epoca negli Stati Uniti. È stato il capo di un’organizzazione criminale che si occupava principalmente di contrabbando di alcol durante il periodo in cui la vendita e la produzione di alcol erano vietate per legge.
Capone nasce il 17 gennaio 1899 a Brooklyn, New York. Durante la sua carriera criminale, ha accumulato una grande ricchezza e potere attraverso attività illegali, inclusi il contrabbando di alcol e il controllo di locali notturni, casinò e scommesse. Era noto per il suo stile di vita lussuoso e per la sua abilità nell’evitare la cattura e le condanne legali. Nel film “Gli Intoccabili” del 1987, Al Capone è interpretato da Robert De Niro.
Il personaggio di Capone nel film è una rappresentazione cinematografica basata sulla sua figura storica, ma potrebbe essere accentuato per scopi narrativi e drammatici. “Gli Intoccabili” si concentra sulla lotta degli agenti federali per smantellare il suo impero criminale e porta l’attenzione sugli sforzi dei protagonisti per far rispettare la legge in un’epoca di corruzione e violenza.
Trama / Sinossi
Negli anni ’30, durante il proibizionismo, Al Capone (Robert De Niro) domina Chicago con il contrabbando di alcol e l’attività criminale. L’agente federale Eliot Ness (Kevin Costner) decide di mettere insieme un team di agenti onesti e incorruttibili, noti come “Gli Intoccabili”, per smantellare l’organizzazione criminale di Capone. Ness recluta il veterano di polizia Jim Malone (Sean Connery) e altri agenti determinati. Inizia così una lotta per la giustizia che li porterà a fronteggiare la violenza e la corruzione per mettere fine al dominio di Capone.
Critica
“Gli Intoccabili” è stato ben accolto dalla critica e dal pubblico per la sua combinazione di azione, dramma e una forte dose di stile cinematografico. La regia di Brian De Palma è notevole per le sue sequenze visivamente accattivanti e la colonna sonora epica di Ennio Morricone aggiunge ulteriore impatto emotivo al film. Le interpretazioni del cast, in particolare quella di Sean Connery, sono state ampiamente lodate.
Cast
Kevin Costner nel ruolo di Eliot Ness
Sean Connery nel ruolo di Jim Malone
Robert De Niro nel ruolo di Al Capone
Andy Garcia nel ruolo di George Stone
Charles Martin Smith nel ruolo di Oscar Wallace
Patricia Clarkson nel ruolo di Catherine Ness
Sinossi
Negli anni ’30, durante il periodo del proibizionismo, la città di Chicago è dominata dal potente gangster Al Capone (Robert De Niro). Capone controlla il contrabbando di alcol, il gioco d’azzardo e altre attività illegali con il pugno di ferro. L’agente federale Eliot Ness (Kevin Costner) è incaricato di mettere fine al regno di terrore di Capone. Tuttavia, scopre presto che il sistema giudiziario e la polizia locale sono corrotti e incapaci di affrontare Capone e la sua organizzazione criminale.
Deciso a combattere la corruzione, Ness forma un gruppo speciale di agenti incorruttibili noti come “Gli Intoccabili”. Questo team comprende l’esperto di polizia Jim Malone (Sean Connery), il giovane agente George Stone (Andy Garcia) e l’esperto contabile Oscar Wallace (Charles Martin Smith). Insieme, cercano di smantellare l’organizzazione di Capone, raccogliendo prove e infiltrandosi nelle sue operazioni criminali.
La lotta degli Intoccabili contro Capone è segnata da violenti scontri, colpi di scena e momenti di tensione. Nel corso del film, Malone offre a Ness consigli preziosi e gli insegna a combattere “alla maniera di Chicago”. La sfida raggiunge l’apice quando gli Intoccabili riescono a incastrare Capone per evasione fiscale e lo mandano in prigione.
La storia culmina in un epico scontro tra Capone e Ness durante un processo legale. Nonostante le minacce e la violenza, Capone è condannato e inviato in prigione. Il film si conclude con Ness che, dopo la vittoria, getta il distintivo di agente federale nell’acqua, simboleggiando la fine della sua lotta e il raggiungimento del suo obiettivo.
“Gli Intoccabili” è un mix di azione, dramma e storia, che offre uno sguardo affascinante sulla lotta tra la giustizia e il crimine durante un periodo turbolento dell’America.
Spiegazione del finale
Nel finale di “Gli Intoccabili”, la lotta degli Intoccabili contro Al Capone raggiunge il suo culmine durante un processo legale. Nonostante le minacce e la violenza, Capone viene condannato per evasione fiscale e viene condannato a undici anni di prigione. Questo segna la fine del suo dominio criminale su Chicago.
Dopo il processo, Eliot Ness (Kevin Costner) e il suo team celebrano la vittoria. Tuttavia, il film prende una svolta tragica quando uno dei membri dell’organizzazione di Capone uccide Jim Malone (Sean Connery). Questo evento rafforza la determinazione di Ness nel continuare la sua lotta contro il crimine.
Il film si conclude con Ness che, dopo aver gettato il distintivo di agente federale nell’acqua in segno di rispetto per Malone, riceve una chiamata che lo avvisa della morte di Capone in prigione. La voce narrante di Ness sottolinea che, nonostante le vittorie e le perdite, il suo impegno a cercare la giustizia è rimasto costante. La scena finale ritrae Ness che cammina lungo un pontile sul mare, dando uno sguardo al distintivo che giace in fondo all’acqua.
Questo finale riflette l’idea che la lotta per la giustizia non è mai completa, ma che la dedizione di individui come Ness può fare la differenza. La perdita di Malone rappresenta un prezzo personale pagato nel corso della battaglia, ma il trionfo finale contro Capone simboleggia una vittoria duramente conquistata per la legge e l’ordine.
Alla fine del film, il team degli Intoccabili riesce a ottenere le prove necessarie per mettere Al Capone dietro le sbarre, non per i crimini principali, ma per evasione fiscale. Capone viene condannato e inviato in prigione, ponendo fine al suo dominio criminale su Chicago. La narrazione sottolinea che Ness ha perso sia il suo mentore, Jim Malone, che un altro membro del suo team, George Stone, nel corso della lotta contro Capone. La vittoria è stata ottenuta a un alto costo personale
Scena iconica del film
Brian De Palma ha preso l’idea della scena della stazione ferroviaria dal film russo La corazzata Potemkin (1925), che include una classica scena di massacro su una scalinata dove rotola anche una carrozza. I marinai che vengono coinvolti nel fuoco incrociato in questo film sono un omaggio ai marinai dell’incrociatore Potemkin. L’idea della carrozzina che rotola giù per i gradini è apparsa anche in film precedenti, tra cui Il dittatore dello stato libero di Bananas (1971) e Brazil (1985). In Brazil c’era anche Robert De Niro.
Nel film “Gli Intoccabili,” c’è una scena in una stazione dove Eliot Ness (interpretato da Kevin Costner) sta cercando di catturare un assassino sotto la custodia di un poliziotto. Durante l’incubo della sparatoria, una carrozzina scende giù per le scale della stazione, simboleggiando l’innocenza perduta e la minaccia imminente. Questa scena è iconica per il suo utilizzo della suspense visiva e dell’immagine della carrozzina che rotola giù per le scale in modo quasi surreale.
La scena delle scale in “Gli Intoccabili” è un tributo a questa iconica sequenza e rappresenta un momento di alta tensione nel film, dove il pericolo è palpabile e l’azione raggiunge il suo apice.
Curiosità sul film
In una scena viene lasciata cadere una busta sulla scrivania di Eliot Ness. Si presume che si tratti di una bustarella, ma l’importo all’interno non viene mai rivelato. Nella vita reale, Al Capone promise a Eliot Ness che due banconote da 1.000 dollari sarebbero state sulla sua scrivania ogni lunedì mattina se avesse chiuso un occhio sulle sue attività di contrabbando (un’enorme somma di denaro all’epoca; più di 30.000 dollari oggi). Ness rifiutò la bustarella e negli anni successivi ebbe problemi di denaro. Morì quasi al verde all’età di cinquantaquattro anni. Nella vita reale, Al Capone, sapendo che l’uccisione di un agente del Proibizionismo avrebbe portato solo più problemi di quelli che lui o il suo gruppo potevano gestire, aveva in realtà un ordine di non violenza ai suoi uomini riguardo agli Intoccabili. Sebbene Capone abbia ripetutamente tentato di comprarli, non ha mai tentato di uccidere Eliot Ness o uno dei suoi uomini.
Titolo: C’era una volta il West (Once Upon a Time in the West)
Anno: 1968
Regia: Sergio Leone
Cast
Henry Fonda nel ruolo di Frank
Claudia Cardinale nel ruolo di Jill McBain
Charles Bronson nel ruolo di “L’Uomo Armonica” (Harmonica)
Jason Robards nel ruolo di Cheyenne
Gabriele Ferzetti nel ruolo di Morton
“C’era una volta il West” è un celebre film western italiano diretto da Sergio Leone. Dopo il grande successo dei suoi precedenti film della Trilogia del Dollaro (Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più, Il buono, il brutto, il cattivo), Leone decise di realizzare un epico western che esplorasse le tematiche classiche del genere in modo più ampio e profondo.
La produzione del film fu complessa e coinvolse diversi attori e creativi. Il cast includeva attori famosi come Henry Fonda e Charles Bronson, ma il ruolo di Fonda come l’antagonista spietato Frank era particolarmente sorprendente, dato che era solito interpretare personaggi positivi. La colonna sonora, composta da Ennio Morricone, è diventata iconica e contribuisce in modo significativo all’atmosfera del film.
Sinossi
Il film è ambientato nel selvaggio West americano e segue le storie intrecciate di vari personaggi. Jill McBain, una donna misteriosa, arriva in città con l’intenzione di incontrare suo marito, ma scopre che è stato ucciso da un gruppo di banditi guidati da Frank. L’Uomo Armonica, un pistolero misterioso con un conto in sospeso nei confronti di Frank, arriva anch’esso in città. Nel frattempo, Cheyenne, un famoso fuorilegge, diventa coinvolto in situazioni complicate e cerca di proteggere Jill. Le azioni di questi personaggi si intrecciano in una trama di vendetta, inganni e redenzione.
Curiosità
Sergio Leone ha avuto l’idea per il film dopo aver letto una serie di racconti scritti da Dario Argento, Bernardo Bertolucci e Sergio Donati.
L’Uomo Armonica di Charles Bronson è un personaggio enigmatico che deve il suo nome all’armonica che suona e che è legata al suo passato.
La scelta di cast Henry Fonda come il malvagio Frank è stata sorprendente per il pubblico e ha aggiunto una dimensione inquietante al film.
Spiegazione della Scena Finale
(Avviso: presente spoiler)
Alla fine del film, emerge che l’Uomo Armonica ha una vendetta personale contro Frank. Si scopre che Frank aveva ucciso il fratello di Harmonica quando entrambi erano bambini. La scena finale è un duello epico tra l’Uomo Armonica e Frank. Mentre si sfidano a suon di colpi di pistola, Frank viene ferito ma riesce ancora a tenere in mano la sua arma. Tuttavia, l’Uomo Armonica riesce a sparare e uccidere Frank. Prima di morire, Frank chiede all’Uomo Armonica il motivo della sua vendetta. Quest’ultimo rivela che è stato un misterioso sconosciuto a dargli la sua armonica quando era un bambino e gli ha detto di suonarla quando avrebbe visto il suo nemico. La rivelazione finale collega le storie dei due personaggi in un ciclo di vendetta che si conclude con la morte di Frank.
In questo modo, il film esplora temi di vendetta, destino e giustizia, mentre offre una conclusione soddisfacente alle trame intrecciate dei personaggi. La scena finale è un momento iconico che cattura l’essenza del film e delle sue complesse dinamiche.
Si tratta della storia di una giovane prostituta che diventa una sanguinaria killer, realmente esistita – nonchè ispiratrice di opere di vario genere e film su di lei (quello di Oshima è il secondo, in ordine cronologico). Una coproduzione internazionale tra Francia e Giappone, girata dal visionario e coraggioso Nagisa Oshima, destinato a suscitare numerose polemiche negli anni a venire e che valse ovviamente una singolare popolarità alla protagonista.
La vera storia di Sada Abe
Sada Abe era una giovane giapponese (nata nel 1905, data di morte non ufficialmente note) che aspirava a diventare una geisha; l’impatto con quel mondo non è dei migliori, in quanto viene relegata a soddisfare sessalmente i visitatori. Nel frattempo impara a suonare lo shamisen come tradizione imponeva e, dopo aver contratto la sifilide, decide di diventare una prostituta a tutti gli effetti. Conosce in seguito Kichizō Ishida, un uomo sposato con cui intrattiene una relazione clandestina: la storia racconta che rimasero a letto assieme per quattro giorni di seguito, e che Sada aveva sviluppato una forma di gelosia possessiva nei confronti dell’uomo, rivelando un’animo profondamente oscuro.
La gelosia diventa minaccia: Sada usa un coltello contro l’uomo per farle capire che fa sul serio e che lo vuole tutto per sè; in seguito, senza mai essere considerata seriamente da Kichizō, lo minaccia di castrarlo, il tutto dopo aver consumato l’ennesimo rapporto. Dopo una nuova notte di passione, Sada soffoca con la cintura il proprio amante fino ad ucciderlo, mediante una forma di asfissia erotica portata alle estreme conseguenze. In seguito castra il cadavere, scrive una frase d’amore con il sangue dell’uomo (Sada e Kichi, noi due), e tre giorni dopo viene arrestata. Al momento della cattura avrebbe affermato che il pene dell’uomo era il ricordo più caro che la legava a quella relazione.
Nella foto di archivio che viene associata al suo arresto Sada sembra sorridere, così come le autorità che l’avevano appena trovata (nel film viene detto che “risplendeva di felicità”: aveva letteralmente il partner, alla fine, tutto per sè).
Tutti dovrebbero ormai conoscere, a quasi cinquanta anni dalla sua purtroppo claudicante distribuzione (dovuta a numerosi problemi con la censura), il mood esplicito e claustrofobico che presenta Ecco l’impero dei sensi fin dalle sue prime sequenze: nudi maschili e femminili in primo piano con nonchalance, corpi che hanno poco di erotico e che sembrano inermi a fronti degli amplessi; in molti casi vediamo anche, a riguardo, inusuali peni flaccidi (la teorica del cinema Isolde Standish si è spinta a sostenere, a riguardo, che questa scelta voglia intaccare l’assunto base della società patriarcale in cui, come in gran parte dell’hardcore sia professionale che amatoriale, il pene non può che essere in erezione). Molte scene di sesso non sono simulate e questo, alla lunga, disturba e fa riflettere anzichè eccitare; amplessi e sesso orale sono letteralmente ribaditi fino allo sfinimento dello spettatore; una protagonista che soffre di eretismo (uno stato clinico di perenne, instancabile e morbosa eccitabilità, il che non la rende troppo diversa dalla protagonista di Nymphomaniac). È altresì impossibile non pensare che film come Moebius siano stati molto ispirati dalla visione di quest’opera, che rimane sostanzialmente su una falsariga identica o molto simile.
La storia raccontata nel film è sostanzialmente fedele alle cronache dell’epoca, e la regia insiste sia sulle nudità (nella versione uncut, quantomeno) che su varie forme di perversioni sessuali, tra cui sadismo, masochismo, voyeurismo e pissing. Gran parte delle relazioni rientrano nel triangolismo:c’è sempre un terzo ad assistere all’amplesso e, in un caso, la cosa diventa vero e proprio cuckolding (triolismo), quando Sada invita l’amante ad avere un rapporto con una geisha più anziana per poter assistere alla scena.
Sinossi del film
Si racconta di un hotel in cui la giovane ex prostituta protagonista va formalmente a lavorare come cameriera. Nelle sequenze iniziali viene molestata da un’altra ragazza dell’hotel, alle cui avances risponde con fastidio. Notata dal proprietario, inizierà una passionale relazione clandestina con lui, basata sulla concretizzazione di fantasie sessuali di vario ordine e grado. Non ultimo, quella per cui il rapporto diventa quasi equivalente a quello tra una mistress e uno slave.
Spogliati! Non sopporto di vederti vestito.
Il rapporto è basato sull’idolatria reciproca (almeno all’inizio), sull’autoindulgenza esasperata (i due partner acconsentono a qualsiasi desiderio dell’altro, in modo sostanzialmente passivo, e indulgendo sempre più sull’abuso e sulla violenza) finchè la relazione non si capovolge inesorabilmente: Kichizo, da ricco proprietario sicuro di sè (nonchè simbolo della potenza fallica) diventa remissivo, sempre più sottomesso ai desideri di Sada, la quale – da ragazza timida e riservata – appare sempre più insaziabile, tanto da esigere ripetuti rapporti e una costante erezione da parte dell’uomo. Allo zenith della possessione, Safa prende possesso del corpo dell’uomo e minaccia apertamente Kichizo: se avrà altri rapporti con sua moglie, lo ucciderà. La relazione diventa sempre più aperta e priva di inibizioni, tanto da prevedere rapporti dei due anche in presenza di sconosciuti.
A dispetto del suo impianto visivo esplicito e – solo in apparenza – assimilabile ad un film erotico o addirittura pornografico, Ecco l’impero dei sensi si colloca tra vari rimandi alla cultura giapponese, a cominciare dalla figura delle geisha (芸者), artiste tradizionali in grado di suonare (come si vede più volte nel film) e danzare, spesso confuse con prostitute di lusso per quanto il loro ruolo non preveda, formalmente, nulla di sessuale. Il contesto è fondamentale per inquadrare una trama che si ambienta all’inizio del novecento e che, è bene tenerlo a mente, si basa su una vera storia. Se è vero che la prima metà del film può risultare difficile da seguire senza abbandonarsi a considerazioni spicciole, è la seconda che mostra l’autentico climax che rende L’impero dei sensiuno dei capolavori del cinema erotico: la relazione tra i due non è solo sesso, ma è diventata amore non corrisposto (Sada che esplode in un pianto liberatorio durante l’ennesimo amplesso), e nel contempo esce fuori la futilità delle altre relazioni mostrare (quella tra Sada e l’insegnante che la rifiuta pubblicamente).
Alla base di In the Realm of the Senses vi è una chiave di lettura di tipo psico-sessuale, che prende ispirazione almeno in parte dagli scritti di Georges Bataille. Dell’erotismosipuòdire – scrive il filosofo e antropologo nel suo saggio L’erotismo –cheessoè[…]l’erotismoèl’approvazionedellavitafindentrolamorte.In effetti,benchél’attivitàsessualesiaall’inizioun’esuberanzadi vita,l’oggettodiquellaricercapsicologica,indipendente,comeho detto,dalpropositodellariproduzione,nonèaffattoestraneoalla morte.” per giustificare questo bizzarro paradosso, l’autore richiama l’attenzione di chi legge agli scritti del marchese De Sade, per il quale “ilmodo miglioredifamiliarizzareconlamorteè quello dilegarlaaun’idea libertina“. Il che è esattamente quello che fa la sceneggiatura di Nagisa Ōshima, nel rappresentare una relazione clandestina che non sfigurerebbe, per come viene presentata, in un qualsiasi film erotico, mentre sono i significati delle frasi stesse pronunciate negli scarni dialoghi a cambiare senso: su tutti, non ci lasceremo più, affermazione e richiesta topica per qualsiasi amante che verrà interpretata fin troppo alla lettera.
Può anche esistere un riferimento alla classica penisneid freudiana, l’invidia del pene, resa esplicita dalla sequenza – poco ricordata dai più – in cui Sada si ritrova a giocare con due bambini, scorge la nudità del maschietto e ne prova un’attrazione che fa emergere un pesante senso di colpa. La penisneid in questa veste potrebbe essere stata rappresentata dal regista in modo letterale, così come il complesso di castrazione affliggerebbe – dualmente – il protagonista maschile, a proprio agio con qualsiasi pratica sessuale quanto ossessionato, paradossalmente, dall’idea di perderlo per sempre. La liberazione di Sada avviene, non a caso, durante l’asfissia erotica che porterà la morte, in cui Sada afferma in estasi di avvertire il fallo “muoversi da solo dentro di lei”, conferendogli l’autonomia che tanto agognava e dando una motivazione al “taglio di coda” finale. La morte del protagonista, peraltro, viene vista dal regista come un sacrificio necessario, quasi un gesto di liberazione che l’uomo quasi accetta di buon grad, nella disperazione di non poter più reggere quella relazione.
Per quello che ne resta oggi, vale la pena anche l’assonanza sintattica – forse randomica – tra De Sade e il personaggio di Sada (che si rivelerà giusto una sadica possessiva, a dispetto di una relazione padrone-domestica che ha inizio in termini invertiti; in questo, potrebbero esserci degli echi del personaggio di Asami, visto in Audition di Takashi Miike), ma anche tra eretismo ed erotismo, a suggellare un potenziale legame semantico tra i due che, se fosse vero, renderebbe il sesso inquietante per definizione, a qualsiasi latitudine.
La lettura di Jacques Lacan
Nel libro Seminario XXIII – IL SINTHOMO, relativo ad uno dei suoi numerosi seminari aperti al pubblico, Jacques Lacan affronta una lettura psicoanalitica degli scritti di James Joyce, e da’ un significato profondo al flusso di coscienza che era in grado di produrre i suoi lavori. Nel capitolo XVIII (Del senso, del sesso e del reale) Lacan racconta al pubblico di aver visto Ecco l’impero dei sensi durante una proiezione privata, nel marzo 1976, quando il film non era ancora nemmeno uscito nelle sale. Lacan vede nel personaggio di Sada Abe l’erotismo femminile spinto all’estremo, quale delirante presenza fantasmatica che, dopo aver ucciso il partner, lo evira e si porta via il membro (“la coda”, come viene ironicamente chiamata dallo psicoanalista).
Viene da chiedersi perchè non l’abbia fatto prima, suggerisce Lacan, ed il motivo è legato sia ad una forma di consumo della relazione – che è sempre più ossessiva, claustrofobica e insostenibile per lo spettatore e per il protagonista – che non può che culminare nella morte, unita all’esigenza di possedere ciò che ha reso la relazione stessa feticistica, ovviamente il pene del padrone. La castrazione diventa orrendamente sostitutiva dell’uomo e della sua sessualità, si arriva alla conclusione che non possa esistere un Altro con cui fare l’amore: l’uomo fa l’amore col proprio inconscio, come dovrebbe essere evidente anche dalla pratica dell’autoerotismo, mentre La Donna prolifica, come un dio, proprio come vediamo nel film. Tanto da potere e volere disporre a piacimento del corpo maschile, imponendosi con una violenza che è prima mentale e psicologica e poi, di conseguenza, fisica.
Censura del film
Il film ebbe una distribuzione complicata già all’epoca dell’uscita: in Giappone venne bloccato all’origine, il regista subì un processo da cui venne assolto negli anni 80 e non uscì prima dell’anno 2000; in Italia la Medusa si era impegnata a far uscire il film con dei tagli di censura, ma la Commissione decide contro la distribuzione, “in considerazione del quasi ininterrotto susseguirsi di accoppiamenti e perversioni sessuali, spesso rappresentati attraverso l’esposizione di nudi integrali e di dettagli anatomici dei protagonisti, ciò che – unitamente al clima di esasperato erotismo che caratterizza la vicenda – rende il film nel suo complesso, oltre che nelle singole scene, contrario al buon costume“. Altro che Bataille, Lacan, psicoanalisi, parafilie e questione fallica: Ecco l’impero dei sensi viene bollato all’istante come film letteralmente “maleducato”, e anche i successivi tentativi di farlo circolare non vanno a buon fine. Fu disponibile sul mercao una versione tagliata per altri anni ancora, fino al 2003 in cui finalmente arriva la versione uncut a cura della Ripley’s Home Video. (fonte)
Le scene di sesso non simulato
Da un lato il film parte dai presupposti tipici di ogni fantasia erotica: una persona comune che viene coinvolta in un’esperienza sessuale che assume, per molti versi, il carattere di un gioco ossessivo e ripetitivo, di un esperimento che presto sfuggirà di mano. Una cameriera che diventa oggetto di attenzioni sessuali, nello specifico, che è un topos classico per molte situazioni del genere, il quale peraltro vìola scabrosamente sia la relazione coniugale dell’uomo che – forse soprattutto – il tabù della relazione interpersonale tra padrone e persona di servizio, il che rende ancora più significativo, inaccettabile e problematico l’instaurarsi del rapporto. Gli amplessi ripetuti, ostentati, riproposti con la fredda camera che li ripropone come un ossessivo di flusso di coscienza, creano un disagio interiore nello spettatore che nessun film pornografico, neanche il più audace o estremo, sarebbe probabilmente in grado di proporre in quella veste. L’impero dei sensi è psicoanalisi erotica nella forma più raffinata, sfruttando una forma cinematografica che potrebbe essere ricondotta ad una sorta di neorealismo erotico.
Il godimento degli attori è reale, sia in senso simbolico che sostanziale: manca la dimensione ostentativa tipica dei film hard, in cui il gemito è urlato, tanto da apparire irrealistico, pura forma, uno status symbol, un modo per rendere didascalico l’amplesso (“attenzione: noi stiamo godendo!“), un modo per far capire senza equivoci al più ingenuo degli spettatori quello che si fa. Oshima si libera di questi orpelli – a loro modo tanto terrificanti quanto de-sensualizzanti per il genere – e ribalta qualsiasi assunto stereotipato: la forza de L’impero dei sensi, pertanto, non si limita a costruire presupposti tipici dei film erotici in cui le relazioni di potere sono simboleggiate in termini sessuali (Salon Kitty, per intenderci). C’è anche questo ma si va olte: Oshima rappresenta un sesso autentico, non simulato, realistico al massimo, anche a costo di de-sensualizzarlo, mostrare erezioni tutt’altro che perfette, ostentare sesso orale che sembra non avere alcuno scopo, rendere progressivamente l’impianto scenico sempre più esplicito e sempre meno eccitante. Eppure l’esperienza sessuale del singolo non è troppo diversa da quella rappresentata, in quanto è a volte segnata da equivoci, richieste non facili da accondiscendere o negare (la richiesta di essere soffocati, ad esempio), immaginari, situazioni e gradi di coinvolgimento che possono essere, in alcuni casi, sulla falsariga di quanto rappresentato nel film. E poi gli imbarazzi, i fastidi, il sesso che si consuma all’infinito ma poi non basta più, la perenne insoddisfazione interiore, l’attrazione fisica che muta serpentinamente in desiderio di possesso, esclusività e gelosia dell’altro. Chiunque non abbia ancora visto L’impero dei sensi, in altri termini, farebbe bene a provvedere quanto prima: perchè la sua forza ed il suo quid (sociale, politico e figurativo) sono ancora oggi molto attuali, tanto più che si parla di sesso e relazioni in maniera ancora problematica, e quella di Oshima è una buona doccia gelata per le nostre coscienze.
Per quanto non si tratti ovviamente di un film mainstream, data la sua forma in grado di sfidare la comune convenzione (il regista disse a riguardo che “L’impero dei sensi è diventato il perfetto film pornografico in Giappone, perchè non può essere visto. La sua stessa esistenza è pornografica, indipendentemente dal contenuto. Una volta visto, L’impero dei sensi non sarebbe più tale…”), unita la sua reperibilità non elevatissima (su Prime Video di Amazon, ad oggi, è disponibile con l’abbonamento a MUBI), Ecco l’impero dei sensi ha fatto scalpore per via delle numerose e ripetute scene di sesso reale.
Una scelta che non può essere casuale, ovviamente, e che non ha risparmiato censure e blocchi in vari paesi mondiali, sempre per motivazioni censorie. Il film contiene scene di attività sessuale non simulata tra gli attori, tra cui Eiko Matsuda e Tatsuya Fuji. La circostanza nel ginema è stata tutt’altro che infrequente, a ben vedere, dato che esistono almeno altri 273 film non pornografici (fonte: Wiki inglese) contenenti scene di sesso reale incluse nel girato. La lista che abbiamo reperito ad oggi include i seguenti titoli (sono riportati il più delle volte i titoli internazionali, quelli italiani solo qualora disponibili).
They Call Us Misfits
Blue Movie
99 Women
Double Face
Quiet Days in Clichy
Groupie Girl
The Deviates
Bacchanale
Kama Sutra ’71
Cry Uncle!
Slaughter Hotel
A Lizard in a Woman’s Skin
Luminous Procuress
Secret Rites
A Clockwork Blue
Pink Flamingos
Who Killed the Prosecutor and Why?
La verità secondo Satana [it] (lit. The Truth According to Satan)
So Sweet, So Dead
The Red Headed Corpse
Commuter Husbands
Delirium (Delirio caldo [it])
Christina, the Devil Nun (Cristiana monaca indemoniata [it])
I Jomfruens tegn [da] (Danish Pastries)
Ingrid sulla strada [it] (Ingrid the Streetwalker )
Thriller – A Cruel Picture
Revelations of a Psychiatrist on the World of Sexual Perversion (Rivelazioni di uno psichiatra sul mondo perverso del sesso [it])
A Scream in the Streets
The Devil in Miss Jones
Fleshpot on 42nd Street
The Other Side of the Mirror (Al otro lado del espejo [es], Le Miroir obscène [fr], Al otro lado del espejo [it])
Sinner: The Secret Diary of a Nymphomaniac (Le Journal intime d’une nymphomane [fr])
Titolo: Cuori in Atlantide Regia: Scott Hicks Cast principale: Anthony Hopkins, Anton Yelchin, Hope Davis
Storia:
“Cuori in Atlantide” è un film del 2001 diretto da Scott Hicks, basato su una serie di racconti brevi di Stephen King. La trama si svolge nell’estate del 1960 e segue un giovane di nome Bobby Garfield (interpretato da Anton Yelchin) che sviluppa un legame profondo con il misterioso inquilino della casa di fianco, Ted Brautigan (interpretato da Anthony Hopkins). Bobby scopre che Ted ha poteri telepatici e sta cercando di sfuggire a una misteriosa organizzazione che vuole sfruttare le sue abilità.
Storia dettagliata:
Il film si concentra sul rapporto tra Bobby e Ted, un uomo misterioso che si stabilisce nella casa di fianco. Ted rileva le capacità telepatiche di Bobby e stabilisce una connessione speciale con lui. Ted rivela di essere inseguito da una forza oscura che cerca di sfruttare i suoi poteri. Mentre la relazione tra i due cresce, Bobby deve affrontare anche le complessità dell’infanzia e le dinamiche familiari difficili.
Nel corso del film, si scopre che la madre di Bobby, interpretata da Hope Davis, è coinvolta con l’organizzazione che sta cercando di rintracciare Ted. Bobby decide di aiutare Ted a sfuggire alla cattura, nonostante il pericolo che ciò comporta. Nel processo, Bobby scopre la vera natura dell’amicizia, l’importanza di affrontare le proprie paure e la complessità del mondo degli adulti.
Temi principali:
Il film esplora temi come l’amicizia, l’innocenza dell’infanzia, la corruzione dell’età adulta e il potere della memoria. Ted funge da figura paterna per Bobby, guidandolo attraverso la transizione dall’infanzia all’adolescenza e insegnandogli importanti lezioni sulla vita. Il film dipinge un ritratto affettuoso e nostalgico degli anni ’60 e delle esperienze che plasmano l’identità di Bobby.
Curiosità:
Il film è basato sulla raccolta di racconti di Stephen King intitolata “Cuori in Atlantide”, anche se il film si concentra principalmente su uno dei racconti, “La Camera della Scimmia”.
Anthony Hopkins è elogiato per la sua interpretazione di Ted Brautigan, catturando l’essenza misteriosa e complessa del personaggio.
Spiegazione del finale con spoiler
“Cuori in Atlantide” è un film che tocca il cuore degli spettatori attraverso il rapporto unico tra il giovane Bobby e il misterioso Ted. La storia offre una visione intima delle sfide e delle opportunità dell’infanzia, avvolta in un alone di mistero e magia. La telepatia di Ted aggiunge un elemento di fantastico al contesto realistico degli anni ’60. In definitiva, il film esplora la profonda influenza che le persone speciali possono avere sulla nostra vita e il potere della memoria nel plasmare chi siamo diventati.
Alla fine il protagonista afferma che Ted sparisce dalla sua vita, e pur ricordandolo sempre non lo incontrò mai più, entrando ufficialmente nell’età adulta e perdendo, apparentemente, le propri capacità telepatiche.
Immagine: Di DMarx22 – catturato da me, Copyrighted, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=9739545
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