Salvatore

  • Che cos’è l’ipotiposi

    Che cos’è l’ipotiposi

    L’etimologia del giorno: Ipotiposi

    Parola: Ipotiposi

    Origine e storia: La parola “ipotiposi” deriva dal greco antico ὑποτύπωσις (hypotýpōsis), composto da ὑπό (hypó), che significa “sotto”, e τύπος (týpos), che significa “immagine” o “figura”. Originariamente, il termine indicava una rappresentazione vivida e dettagliata, quasi come un’immagine visiva, di una scena o di un evento. Questo termine è stato adottato in retorica per descrivere una figura retorica che mira a creare un’immagine vivida e dettagliata nella mente dell’ascoltatore o del lettore.

    Uso nella storia: L’ipotiposi è stata utilizzata fin dall’antichità nelle opere letterarie e nei discorsi oratori per coinvolgere il pubblico e rendere le descrizioni più vivide e impressionanti. Retori come Cicerone e Quintiliano ne hanno discusso nelle loro opere, evidenziando l’importanza di questa tecnica per l’arte della persuasione e della narrazione.

    Significato moderno: Oggi, l’ipotiposi è ancora utilizzata nella letteratura, nella poesia e nella retorica per creare descrizioni particolarmente vivide e dettagliate. È una tecnica che permette agli scrittori e agli oratori di far “vedere” ciò che descrivono, coinvolgendo i sensi del lettore o dell’ascoltatore in modo più intenso.

    Curiosità: L’ipotiposi è spesso usata nei discorsi politici e nelle arringhe degli avvocati per evocare immagini potenti che possano influenzare l’emotività del pubblico o della giuria. Anche nelle opere di narrativa, questa tecnica è impiegata per rendere le scene più coinvolgenti e realistiche.

    Esempi celebri: Un esempio famoso di ipotiposi si trova nell’oratoria di Cicerone, che descrive con dettagli vividi e drammatici le scene di crimini o ingiustizie per convincere i suoi ascoltatori. Anche Dante Alighieri utilizza frequentemente l’ipotiposi nella “Divina Commedia” per descrivere le scene dell’inferno, del purgatorio e del paradiso con una vividezza impressionante.

    Connessione con altre lingue: In altre lingue, la figura retorica dell’ipotiposi è conosciuta con termini derivati dal greco o da radici simili. In inglese, ad esempio, si usa il termine “hypotyposis” per indicare la stessa tecnica di rappresentazione vivida e dettagliata.

    Conclusione: La parola “ipotiposi” rappresenta una potente tecnica retorica e letteraria che permette di creare immagini vivide nella mente del lettore o dell’ascoltatore. Utilizzata fin dall’antichità, continua a essere uno strumento efficace per rendere le descrizioni più coinvolgenti e persuasive.

    Immagine di copertina: Di User:Rodasmith – Photo of Bellevue College ASL student Keri Roggenbeck by User:Rodasmith, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6599011

  • Guida pratica alla mano a pigna

    Guida pratica alla mano a pigna

    Che vuoi?

    Anche se il gesticolare è un fenomeno presente in tutte le culture, la gestualità italiana è generalmente riconosciuta come una delle caratteristiche distintive degli abitanti del Bel Paese. Nel febbraio del 2020, il Consorzio Unicode ha approvato la proposta di un imprenditore amalfitano di rendere il tipico gesto della “mano a pigna” un’emoji. Il simbolo è stato aggiunto con il nome di “pinched fingers” nel rilascio di luglio 2020. La nuova emoji è stata introdotta come ed è diventata parte integrante dello standard tecnologico Unicode 13.0 : si può ottenere in markup HTML con

    • 🤌
    • 🤌

    oppure usando:

    0x0001F90C

    mediante la codifica Unicode UTF-32 (UTF a 32 bit).

    Codice U+1F90C

    • U: Sta per “Unicode” e indica che si tratta di un carattere codificato nello standard Unicode.
    • 1F90C: È il codice esadecimale che rappresenta l’emoji specifica.

    Emoji pinched fingers – Che vuoi?!

    C’è anche una pagina Wikipedia dedicata al tema.

    Mano a Pigna: Significato e Uso

    Che vuoi?, descritto in alternativa come ma che vuoi?, ma che dici?/ma che stai dicendo? (“di cosa stai parlando?“), o semplicemente che? (“cosa?”), è uno dei gesti delle mani più conosciuti in Italia. In inglese, a volte viene chiamato “pinched finger” o “finger purse” (italiano: mano a borsa), ha lo scopo di esprimere incredulità verso ciò che l’altra persona sta dicendo o facendo e/o eventualmente ridicolizzare le sue opinioni.

    La mano a pigna, conosciuta anche come mano a tulipano, è un gesto distintivo in cui le dita vengono raccolte insieme in modo da ricordare la forma di una pigna o di un tulipano. Questo gesto comporta l’oscillazione della mano verso l’interlocutore e può avere un doppio significato: interrogativo o di critica.

    • Significato Interrogativo: In questo contesto, la mano si muove rapidamente e il gesto può essere tradotto in parole con l’espressione “che vuoi?”. È un modo per chiedere chiarimenti o esprimere perplessità.
    • Significato di Critica: Quando il gesto ha una connotazione critica, la mano oscilla più lentamente, sottolineando una posizione di disapprovazione o incredulità nei confronti dell’interlocutore. In questo caso, il gesto può essere interpretato come “ma che dici?!” o “niente affatto”.

    La mano a pigna è considerata uno dei gesti più caratteristici del linguaggio non verbale italiano, particolarmente espressivo e spesso utilizzato per accompagnare il parlato.

    Esempio Letterario

    Un esempio aulico dell’uso di questo gesto è presente nell’opera di Carlo Emilio Gadda, che descrive vividamente questa azione nel suo stile caratteristico:

    “Raccolte a tulipano le cinque dita della mano destra, altalenò quel fiore nella ipotiposi digito-interrogativa tanto in uso presso gli Apuli.”

    Vediamo di spiegare la frase  in questione:

    • “Raccolte a tulipano le cinque dita della mano destra” significa che le dita della mano destra sono state unite e piegate in modo da formare una figura che assomiglia a un tulipano, con le dita che si uniscono in un punto e si curvano verso l’alto.
    • “Altalenò quel fiore” utilizza la metafora del “fiore” per riferirsi alla mano raccolta a tulipano. Il verbo “altalenò” indica che la mano viene mossa avanti e indietro, come un’altalena.
    • “Nella ipotiposi digito-interrogativa” fa riferimento a una figura retorica, l’ipotiposi, che consiste nel descrivere qualcosa in modo così vivido da farlo apparire visivamente chiaro nella mente dell’osservatore. In questo caso, “digito-interrogativa” significa che il gesto fatto con le dita serve per porre una domanda o esprimere interrogazione.
    • “Tanto in uso presso gli Apuli” indica che questo specifico gesto è comunemente utilizzato dagli Apuli, una popolazione dell’antica Puglia. Questo suggerisce che il gesto è una tradizione culturale tipica di quella regione.

    In sintesi, la frase descrive una persona che unisce le dita della mano destra in una forma simile a un tulipano e la muove avanti e indietro in un gesto tipico degli Apuli, usato per esprimere una domanda o una perplessità.

    Chi sono gli Apuli?!

    Gli Apuli erano un antico popolo italico che abitava la regione conosciuta oggi come Puglia, nel sud-est dell’Italia. La cultura degli Apuli era caratterizzata da tradizioni e usanze particolari, molte delle quali sono sopravvissute e si sono integrate nella cultura pugliese moderna. L’uso di gesti espressivi, come la mano a pigna, può essere visto come una continuazione di queste antiche tradizioni culturali, contribuendo alla ricca e variegata comunicazione non verbale italiana.

  • Simulare simulacri: guida pratica allo scambio simbolico di Baudrillard

    Simulare simulacri: guida pratica allo scambio simbolico di Baudrillard

    In italiano, la parola “simulacro” deriva dal latino “simulacrum“, che significa “immagine” o “rappresentazione”. “Simulacrum” a sua volta è composto da “simul”, che significa “allo stesso tempo” o “insieme”.

    In origine, il termine si riferiva a una rappresentazione o immagine di qualcosa, come statue o idoli. Nel tempo, il significato di “simulacro” si è ampliato per includere non solo rappresentazioni fisiche ma anche imitazioni che non riflettono necessariamente la realtà. In ambito teorico o filosofico, un simulacro può riferirsi a una rappresentazione che ha preso il posto della realtà stessa o che è considerata più reale della realtà originale. Nell’informatica, un classico simulacro può essere considerato ad esempio una videochat.

    Come aveva provato a spiegarci tempo fa un’intelligenza artificiale, Baudrillard sostiene che la realtà sia modellata dal linguaggio (in parte sulla falsariga di Lacan), e concepisce lo scambio simbolico come uno scambio di merci in funzione puramente simbolica. Questo, in altri termini, significa che gli oggetti hanno valore in funzione del prestigio o l’appartenenza che conferiscono e non della loro reale utilità. Alla lunga, lo scambio diventa fuorviante e può trasmettere un’idea o un’immagine distorta della realtà.

    Iperrealismo

    Per Baudrillard il reale e l’immaginario non sono distinguibili, per cui finisce tutto per spostarsi sul piano dello (scambio) simbolico. Il lavoro, radicalmente, è una morte lenta e inesorabile per l’uomo in contrapposizione a quella veloce e violenta che avviene realmente. Reale e virtuale sono talmente similari che il reale è collassato nell’iperrealtà: passando di medium in medium, infatti, il reale si dissolve progressivamente, diventando un reale che somiglia a se stesso e provoca una autentica vertigine di simulazione realistica.

    Se il reale è ciò di cui è possibile fare una riproduzione equivalente, ovvero risponde al principio di riproduttività, l’iperreale si troverà dentro una simulazione, un simulacro di terzo ordine.

    Simulacri

    Il concetto di simulacro assume un significato differente a seconda del livello a cui fa riferimento, ma potrebbe farsi risalire a Lucrezio (1 secolo AC), che nell’opera De rerum natura definisce i sottili veli che ricoprono le cose come forma e apparenza, per l’appunto, come simulacri. Se in senso lato un simulacro è una forma di modello per una macchina, con particolare riferimento alla sua forma esterna

    Nella dottrina epicurea, esposta da Lucrezio (sec. 1° a. C.) nel IV libro del De rerum natura, pensare ai simulacri significa credre in una dottrica per cui dalle cose si staccherebbero dei sottili veli atomici, del tutto identici alle cose, i quali, venendo in contatto con i sensi, determinerebbero sia le percezioni sia i sogni. Nella tecnica, modello al vero di una macchina o di una parte di essa, generalmente riproducente la sola forma esterna.

    Simulacri di primo, secondo e terzo ordine (Baudrillard)

    Vengono chiamati da Baudrillard simulacri

    • del primo ordine quelli legati al concetto di contraffazione, risalenti all’epoca classica,
    • di secondo ordine quelli legati alla produzione (età industriale)
    • del terzo ordine quelli relativi alla modernità.

    La tecnologia e la conseguente tecnocrazia sono già presenti da tempo, radicati nella società, e si fondano sui simulacri dell’organizzazione statale, scolastica e via dicendo.

    I simulacri di terzo ordine sono, infine, veri e propri modelli di simulazione, governati dal principio di digitalità e rispondenti alla logica binaria basata su 0 e 1. La stessa che Leibnitz chiamava “l’eleganza mistica del sistema binario” non introduce solo un codice di rappresentazione, come l’informatica teorica ha sempre insegnato: è un vero e proprio spirito di fondo, che crea sistemi automatici di domanda e risposta in cui non esistono sfumature, e tutto è bianco/nero, pro/contro e via dicendo.

    L’ordine neocapitalistico cibernetico

    Il medium è il messaggio. (McLuhan)

    Si fonda così un “ordine neo-capitalistico cibernetico” (concetto poi ripreso da Nick Land) in cui la digitalità assilla tutti i messaggi, ed appare soprattutto in forma di test e/o sistema domanda/risposta, prettamente binari ed in cui non esistono terze o quarte possibilità: ne esistono soltanto due, 0 e 1. La logica binaria diventa, secondo Baudrillard, l’essenza della modernità.

    Il sistema di terzo ordine è infido, secondo Baudrillard, perchè induce instantaneità di giudizio, si pone come sistema di test perpetuo per l’utente umano. Gli stessi messaggi inviati e ricevuti nel sistema non hanno più un ruolo informativo, bensì di test e sondaggio degli utenti.

    L’oggetto non è più funzionale, non vi serve – scrive Baudrillard ne Lo scambio simbolico e la morte –  semmai vi sottopone ad un test. Il test, di fatto, serve a tradurre ogni conflitto o problema complesso in un gioco di dualità forzato, in cui sarai sempre pro-zero oppure pro-uno (oppure, dualmente, contro-zero / contro-uno). Lo schema binario di domanda e risposta disarticola ogni discorso, introducendo una logica di realtà di tipo iper-reale. I sondaggi ad esempio fanno riferimento pertanto al simulacro dell’opinione pubblica e “manipolano l’indecidibile“.

    Ciò provoca una circolarità totale, perchè gli interrogati si dipingono sempre come la domanda li immagina e li sollecita ad essere, [il che diventa] una modalità di profezia che si autoavvera (per l’accelerazionismo, una iperstizione).

    Automi e robot

    la contrapposizione tra automi e robot è fondamentale in Baudrillard: i primi afferiscono ai simulacri del primo ordine, e ancora a questo stadio assumono una differenza o una faglia tra reale e simulacro.

    Nello specifico, l’automa è una contraffazione del reale, mentre il robot lavora in automatico e rappresenta un simulacro di secondo ordine, in grado di liquidare il reale ed annullare la divergenza tra i due livelli (realtà e simulazione).

    Foto di copertina: Baudrillard di fronte ad un simulacro simile ad uno smartphone, in versione cyberpunk (generato da StarryAI)

  • La vera storia del meme “Megamind”

    La vera storia del meme “Megamind”

    Il meme “Megamind” deriva dal film d’animazione del 2010 “Megamind”, prodotto da DreamWorks Animation. Il meme ha preso piede su Internet, utilizzando spesso l’immagine del protagonista Megamind, un personaggio blu con una testa grande e calva, noto per la sua intelligenza e il suo carisma.

    Origini e significato

    Il meme di Megamind ha origine da scene specifiche del film, ma la più famosa è quella in cui Megamind dice “No bitches?”. Questa frase viene utilizzata per scherzare su situazioni in cui qualcuno si trova senza compagnia femminile o in generale per sottolineare l’assenza di successo sociale o romantico.

    Utilizzo sui social media

    Il meme di Megamind viene utilizzato in vari contesti, solitamente per evidenziare situazioni ironiche o per fare battute su insuccessi sociali, romantici o personali. Alcuni dei modi più comuni in cui viene usato includono:

    • Autoironia: Le persone utilizzano il meme per fare autoironia sulle proprie situazioni sociali o romantiche, spesso riconoscendo la loro mancanza di successo in modo scherzoso.
    • Stereotipi: Il meme viene usato per commentare situazioni stereotipiche in cui qualcuno è considerato poco attraente o socialmente inetto.
    • Situazioni ridicole: Può anche essere utilizzato per fare battute su situazioni particolarmente ridicole o assurde, dove l’assenza di “bitches” (compagnia o successo) è una parte centrale della battuta.

    Esempio visivo

    Un tipico meme di Megamind potrebbe apparire così:

    1. Un’immagine di Megamind con un’espressione particolare, spesso tratta dalla scena “No bitches?”.
    2. Un testo sovrapposto che riprende la frase “No bitches?” o una variazione di essa per adattarsi al contesto specifico della battuta.

    Evoluzione del meme

    Con il tempo, il meme di Megamind si è evoluto e adattato a diverse situazioni, spesso sfruttando la versatilità delle espressioni facciali del personaggio e le sue citazioni iconiche. Oltre alla famosa “No bitches?”, altre citazioni e immagini del film vengono utilizzate per creare nuovi meme.

    Meme correlati

    • “Galaxy Brain”: Un meme che utilizza immagini di personaggi con grandi cervelli per rappresentare livelli crescenti di intelligenza o comprensione.
    • “Intellectual jokes”: Meme che utilizzano concetti di intelligenza e conoscenza per creare battute complesse o sofisticate.

    In sintesi, il meme di Megamind è diventato un modo popolare per fare battute su insuccessi sociali e romantici, utilizzando il personaggio iconico del film per aggiungere umorismo visivo e testuale alle situazioni quotidiane.

  • La vera storia del meme “bonk”

    La vera storia del meme “bonk”

    Il meme “bonk” è un popolare meme di internet che implica l’uso di un’immagine o di un breve video in cui qualcuno, spesso un animale, viene colpito in testa con un oggetto (solitamente un bastone o una mazza) accompagnato dalla parola “bonk“. Il suono “bonk” è onomatopeico, rappresentando il rumore di un colpo sulla testa. In sintesi, il meme “bonk” è una rappresentazione visiva e umoristica di una “punizione” leggera e giocosa per pensieri o comportamenti considerati non appropriati.

    Origini e significato

    Il meme “bonk” è diventato particolarmente popolare su piattaforme come Reddit, Twitter, e TikTok. È spesso associato all’immagine di un cane, di solito un Doge, che viene “punito” con un bastone per avere pensieri considerati “impuri” o inappropriati.

    Utilizzo sui social media

    Il meme viene usato in modo umoristico per scherzare su pensieri o comportamenti considerati non appropriati o troppo lascivi. Ecco alcuni contesti comuni:

    • Pensieri impuri: Se qualcuno fa un commento o condivide un’immagine con contenuto leggermente lascivo o sessualmente suggestivo, qualcuno potrebbe rispondere con “bonk” accompagnato dall’immagine del cane colpito.
    • Comportamenti inappropriati: Viene usato anche per scherzare su comportamenti sciocchi o stupidi, suggerendo che la persona ha bisogno di una “bonk” per rimettersi in riga.

    Evoluzione del meme

    Con il tempo, il meme “bonk” si è evoluto e diversificato. Ora può includere vari personaggi e situazioni, mantenendo sempre il tema del colpo in testa come “punizione” umoristica. Si trovano varianti con altri animali, personaggi di film, o anche figure animate.