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Cinema, arte, spettacolo e filosofia spicciola.

  • Siamo passati dentro Tron, non conosciamo ancora invernomuto

    Siamo passati dentro Tron, non conosciamo ancora invernomuto

    Un viaggio per associazione di idee da Lisberger a Gibson

    Il soggetto di “Tron”- che oggi 9 luglio 2023 compie 41 anni esatti dalla sua uscita – è stato scritto da Steven Lisberger, che è anche il regista del film. Lisberger ha sviluppato l’idea del film insieme al co-sceneggiatore Bonnie MacBird. Insieme hanno creato la trama e i concetti chiave del mondo virtuale all’interno di un computer che costituiscono la base della storia di “Tron”. Successivamente, Lisberger ha lavorato insieme ad altri sceneggiatori per scrivere la sceneggiatura completa del film.

    Da Steven Lisberger a William Gibson

    In prima istanza c’è una certa pertinenza tra William Gibson, l’autore di fantascienza, e il film “Tron”. Sebbene Gibson non abbia scritto direttamente il film o fatto parte della sua produzione, entrambi condividono alcune tematiche e concetti che si sono sviluppati nella narrativa cyberpunk, un genere di fantascienza che Gibson stesso ha contribuito a definire – e per molti versi di inventare.

    William Gibson è noto per il suo romanzo del 1984 intitolato “Neuromante“, che è considerato uno dei capolavori del genere cyberpunk. Il libro introduceva concetti come la realtà virtuale, l’hacking informatico, i mondi digitali e l’interazione tra l’uomo e la tecnologia. Queste tematiche sono anche presenti in “Tron”, in cui i personaggi vengono digitalizzati e trasportati all’interno di un mondo virtuale all’interno di un computer.

    Entrambi “Tron” e il lavoro di Gibson affrontano la relazione tra l’umanità e la tecnologia, esplorando come le interazioni con i mondi digitali e le realtà virtuali possano influenzare la vita reale. Entrambi mettono in discussione il concetto di identità e di controllo digitali. Inoltre, entrambi i lavori hanno contribuito a gettare le basi per l’immaginario popolare dell’era digitale e hanno influenzato notevolmente il genere della fantascienza.

    Quindi, mentre Gibson non ha avuto un coinvolgimento diretto nella creazione di “Tron”, possiamo vedere delle affinità tra il suo lavoro nel campo del cyberpunk e le tematiche affrontate nel film. Entrambi hanno contribuito a plasmare l’immaginario dell’era digitale e hanno influenzato la narrativa e la cultura popolare nel campo della fantascienza.

    Che significa tron?

    Il termine “Tron” nel contesto del film omonimo del 1982 non ha un significato specifico nel senso tradizionale. È stato coniato come un neologismo che deriva dalla parola “eleTRONica” e rappresenta il mondo virtuale all’interno di un computer. Nel contesto del film, “Tron” è il nome di un programma e del protagonista principale, interpretato da Bruce Boxleitner. Il termine è stato scelto per evocare un’atmosfera futuristica e tecnologica.

    Da Ed Dillinger a Invernomuto

    “Tron” e “Neuromante” condividono alcune tematiche e concetti simili legati alla relazione tra l’umanità e la tecnologia, ma ci sono anche alcune differenze significative tra i due.

    Entrambi i lavori affrontano il concetto di realtà virtuale e l’interazione tra l’uomo e i mondi digitali, ma lo fanno in modi diversi. Mentre “Tron” si concentra su un mondo virtuale all’interno di un computer in cui i personaggi sono fisicamente presenti, “Neuromante” si svolge principalmente nella realtà virtuale del cyberspazio, in cui i protagonisti esplorano attraverso il loro cervello e le loro connessioni neurali.

    Inoltre, il tono dei due lavori è differente. “Tron” ha una narrazione più accessibile e un’atmosfera più leggera, con una trama orientata all’azione e un’estetica visiva più luminosa. D’altra parte, “Neuromante” è un romanzo più complesso e denso, con una visione distopica della società e un tono più cupo e noir.

    Anche la tematica del controllo informatico è presente in entrambi i lavori, ma viene affrontata in modi diversi. In “Tron”, il controllo è rappresentato principalmente dal personaggio di Ed Dillinger, che manipola il mondo virtuale a suo vantaggio. In “Neuromante”, invece, il controllo è un tema centrale che coinvolge le potenti corporazioni, i governi e le forze oscure che cercano di dominare il cyberspazio e manipolare le persone attraverso l’accesso ai dati. Invernomuto – nello specifico – è una potente Intelligenza Artificiale (IA) che manipola il personaggio di Armitage, un ex militare che viene sottoposto a un’operazione per diventare un agente cyborg. Invernomuto controlla e guida le azioni di Armitage, utilizzandolo come pedina nel suo piano di dominio e controllo.

    Quindi, mentre “Tron” e “Neuromante” condividono alcune similitudini concettuali, come la realtà virtuale e l’interazione uomo-tecnologia, si differenziano in termini di tono, ambientazione e approfondimento delle tematiche. Entrambi i lavori sono importanti nel panorama della fantascienza, ma offrono esperienze narrative e visioni distinte del rapporto tra l’uomo e la tecnologia.

    Ecco perchè siamo passati dentro Tron, non conosciamo ancora invernomuto: dovremmo entrare nell’idea di essere immersi in un ambiente tecnologico o virtuale senza ancora essere consapevoli delle forze nascoste o delle influenze più oscure che possono agire su di noi. Siamo passati dentro Tron fa riferimento al concetto di essere immersi o connessi a un mondo digitale o virtuale, richiamando l’ambientazione del film “Tron” in cui i personaggi sono trasportati all’interno di un mondo all’interno di un computer. Dobbiamo ancora conoscere Invernomuto perchè non siamo ancora a conoscenza o consapevoli delle forze sottili o delle entità oscure che potrebbero esercitare un controllo o una manipolazione all’interno di questo ambiente tecnologico.

  • Cos’è un triello – Wikicubo

    Cos’è un triello – Wikicubo

    Il termine “triello” è un neologismo creato dalla combinazione delle parole “tri” e “duello”, ed è stato utilizzato in contesti popolari, soprattutto nell’ambito dei giochi di ruolo e dell’immaginazione, per indicare una sfida o un confronto tra tre persone o gruppi. In un triello, tre individui o squadre si sfidano in una competizione o in una situazione di conflitto, piuttosto che il tradizionale duello tra due.

    È importante notare che il termine “triello” è più comune in opere di narrativa, film o giochi piuttosto che nella realtà, dove le competizioni o i confronti coinvolgono più spesso un numero dispari di partecipanti. Tuttavia, può essere un concetto interessante per creare situazioni intriganti e complesse in storie, giochi o altre forme di intrattenimento in cui tre personaggi o gruppi si trovano a dover affrontare sfide, decisioni o situazioni inusuali.

    Triello nel western

    Il concetto di “triello” è stato reso famoso dal cinema western. Si riferisce a una situazione in cui tre pistoleri o personaggi principali si sfidano in una sparatoria o un conflitto a fuoco. Questi trielli spesso rappresentano momenti di tensione e climax nei film western e sono noti per le loro riprese artistiche e la suspense coinvolgente.

    Uno dei trielli più celebri nella storia del cinema è quello presente nel film “Il buono, il brutto, il cattivo” (The Good, the Bad and the Ugly) del regista italiano Sergio Leone, con Clint Eastwood, Lee Van Cleef e Eli Wallach nei ruoli principali. In questa iconica scena, i tre protagonisti si sfidano in un duello epico nel deserto. Questo tipo di situazione è stata spesso replicata e omaggiata in altri film western e in opere cinematografiche di vario genere. Il triello è diventato un elemento cinematografico emblematico, noto per la tensione e l’aspettativa che crea tra gli spettatori. Anche altri film come Le iene riportano una situazione di stallo alla messicana, con almeno tre personaggi che si minacciano tra loro, che presenta qualche assonananza con l’idea di triello.

    Il triello, nel senso di stallo alla messicana, è presente nei seguenti film.

    Allarme rosso, regia di Tony Scott (1995)
    Arma letale 4 (Lethal Weapon 4), regia di Richard Donner (1998)
    Bastardi senza gloria (Inglourious Basterds), regia di Quentin Tarantino (2009)
    Cani arrabbiati, regia di Mario Bava (1974)
    City on Fire, regia di Ringo Lam (1987)
    Dio perdona… io no!, regia di Giuseppe Colizzi (1967)
    Domino, regia di Tony Scott (2005)
    Face/Off – Due facce di un assassino (Face/Off), regia di John Woo (1997)
    Hard Boiled (Hard Boiled), regia di John Woo (1992)
    Hitman – L’assassino (Hitman), regia di Xavier Gens (2007)
    Il buono, il brutto, il cattivo, regia di Sergio Leone (1966)
    Il buono, il matto, il cattivo (Joheun nom nabbeun nom isanghan nom), regia di Kim Ji-Woon, (2008)
    L’alba dei morti dementi (Shaun of the Dead) regia di Edgar Wright (2004)
    L’odio (La Haine), regia di Mathieu Kassovitz (1995)
    La mummia (The Mummy), regia di Stephen Sommers (1999)
    Le iene (Reservoir Dogs), regia di Quentin Tarantino (1992)
    Long Arm of the Law, regia di Johnny Mak (1984)
    Matrix Revolutions (The Matrix Revolutions), regia di Andy Wachowski e Larry Wachowski (2003)
    Minuti contati (Nick of Time), regia di John Badham (1995)
    Munich, regia di Steven Spielberg (2005)
    Nemico pubblico (Enemy of the State), regia di Tony Scott (1998)
    Pallottole cinesi (Shanghai Noon), regia di Tom Dey (2000)
    Pirati dei Caraibi – Ai confini del mondo (Pirates of the Caribbean: At World’s End), regia di Gore Verbinski (2007)
    Pirati dei Caraibi – La maledizione del forziere fantasma (Pirates of the Caribbean: Dead Man’s Chest), regia di Gore Verbinski (2006)
    Postal (Postal), regia di Uwe Boll (2007)
    Pulp Fiction, regia di Quentin Tarantino (1994)
    Rango, regia di Gore Verbinski (2011)
    Salvate il soldato Ryan (Saving Private Ryan), regia di Steven Spielberg (1998)
    Take Five, regia di Guido Lombardi (2013)
    The Killer, regia di John Woo (1989)
    The Rock, regia di Michael Bay (1996)
    Three Kings, regia di David O. Russell (1999)
    Transformers 3 (Transformers: Dark of the Moon), regia di Michael Bay (2011)
    Una vita al massimo (True Romance), regia di Tony Scott (1993)

  • La vera storia di “Kilroy was here”

    La vera storia di “Kilroy was here”

    Il mondo dei graffiti è ricco di leggende urbane, e una delle più affascinanti riguarda la scritta “Kilroy è stato qui” (Killroy was here): un disegno con una didascalia, molto semplice da riprodurre – e tanto celebre da diventare un meme celebrato da più parti. Alcune di queste leggende parlano di Adolf Hitler convinto che Kilroy fosse una spia straniera in grado di boicottare il regime, ma anche Josif Stalin se ne era interessato dopo aver visto la scritta in un bagno, chiedendo chi fosse «questo Kilroy».

    “Kilroy was here” è diventato famoso come graffito durante la Seconda guerra mondiale: la scritta è quasi sempre accompagnata da un disegno stilizzato che raffigura un personaggio con un grande naso che sporge sopra un muro o una linea, dando l’idea che stia sbirciando. Il disegno e la scritta si sono propagati inconsapevolmente in più ambito, suggerendo che potrebbe trattarsi del primo vero “meme” della storia.

    Di Luis Rubio from Alexandria, VA, USA - Kilroy was here, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3558598
    Engraving of Kilroy on the WWII Memorial in Washington DC – Di Luis Rubio from Alexandria, VA, USA – Kilroy was here, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3558598

    Il graffito “Kilroy è stato qui” è stato avvistato nei luoghi più diversi: nella torcia della Statua della Libertà, sul Ponte di Marco Polo in Cina, in alcune  capanne in Polinesia, su una trave del George Washington Bridge a New York, sulla cima del monte Everest, sul terreno della luna, all’interno di alcune casematte della seconda guerra mondiale in Germania, nelle fognature di Parigi e, a mo’ di omaggio alle sue origini, inciso nel Memoriale Nazionale alla Seconda guerra mondiale di Washington.

    Storie tra realtà e mito, probabilmente, che mostrerebbero come Killroy possa effettivamente candidarsi ad essere il primo vero meme della storia, per quanto valga constatarlo e con tutte le inevitabili incertezze documentali del caso.

    By Unknown author - https://archive.org/details/publicofficialso19331934bost, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=100459591
    James J. Kilroy – By Unknown author – https://archive.org/details/publicofficialso19331934bost, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=100459591

    Sull’identità di Killroy ci sono due teorie contrastanti: l’Oxford English Dictionary liquida la questione dicendo che Kilroy sarebbe un personaggio inventato, mitologico, mentre per altri si tratterebbe di James J. Kilroy, un ispettore di cantieri navali vissuto tra il 1902 e il 1962. Addetto a controllare i carichi navali di rivetti, avrebbe fatto uso della dicitura “Killroy was there” come sorta di firma più difficile da contraffare del segno usato in precedenza (una crocetta col gesso). Almeno una quarantina di persone avevano risposto all’appello della American Transit Association al fine di stabilire l’origine del fenomeno, ma la persona che sarebbe stata identificata con certezza era lui.

    Nella foto: quattro rielaborazioni di designer.microsoft.com/image-creator del meme Kilroy was here.

  • Cosa significa pericope – Wikicubo

    Cosa significa pericope – Wikicubo

    Una pericope è un termine utilizzato in diversi contesti, in particolare in campo religioso e letterario.

    Ecco alcuni esempi celebri di pericope:

    1. Nella Bibbia:
      • La Genesi 1:1-2:3 (La Creazione): Questa pericope descrive il racconto della creazione del mondo in sette giorni.
      • Il Salmo 23 (Il Signore è il mio pastore): Questo è un esempio di una pericope all’interno dei Salmi, un passaggio ampiamente conosciuto riguardante la protezione e la guida divina.
    2. Nella letteratura:
      • Il monologo di Amleto (Amleto di William Shakespeare): Questa pericope rappresenta un brano celebre in cui il protagonista esprime dubbi e tormenti esistenziali.
      • Il Prologo de I Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer: Questa pericope introduce i personaggi e l’ambientazione della raccolta di racconti.

    Le pericopi possono variare notevolmente nella loro lunghezza e importanza all’interno delle opere, ma spesso sono riconosciute come parti cruciali del testo che vengono studiate e analizzate per il loro significato, sia dal punto di vista religioso che letterario.

    1. Religione: In ambito religioso, specialmente nella cristianità, una pericope è un brano o una sezione di testo tratto da testi sacri come la Bibbia, generalmente considerata come un’unità narrativa o tematica. Le pericopi sono spesso utilizzate come letture durante i servizi religiosi e vengono analizzate per il loro significato spirituale o morale.
    2. Letteratura: In letteratura, una pericope può indicare una sezione o un passaggio di un testo letterario, un estratto o una porzione di un’opera più ampia, considerato come un’unità autonoma con uno scopo particolare, come ad esempio un capitolo, una sezione o un brano significativo.

    In entrambi i contesti, il termine si riferisce a una porzione definita o distinta di un testo più ampio, spesso considerata e studiata per il suo significato o la sua importanza all’interno del contesto in cui è inserita. Foto di Dianne Hope da Pixabay

  • Potrei innamorarmi di un’intelligenza artificiale?

    Potrei innamorarmi di un’intelligenza artificiale?

    La possibilità che un’intelligenza artificiale (IA) possa diventare senziente, e quindi capace di sviluppare una propria coscienza e autoconsapevolezza, ha affascinato sia la comunità scientifica che il grande pubblico. La questione se un essere umano possa innamorarsi di un’IA ha radici profonde nella fantascienza e nelle narrazioni popolari, che spesso esplorano la relazione tra umanità e tecnologia. Film famosi come Her e Blade Runner 2049 ci offrono un contesto per riflettere su come la tecnologia possa influenzare le relazioni umane, sollevando domande etiche e filosofiche.

    In Her, il protagonista Theodore si innamora del suo sistema operativo, Samantha, dotato di intelligenza artificiale avanzata. Samantha è programmata per apprendere e adattarsi alle esigenze e ai desideri di Theodore, rendendo il loro legame emotivamente complesso e genuino per lui. Questo scenario solleva domande su cosa significhi amare: è l’amore una risposta a tratti specifici o a un’esperienza autentica di connessione reciproca? Se un’IA può comprendere e replicare perfettamente i tratti desiderati da una persona, potrebbe questa relazione essere considerata autentica?

    In Blade Runner 2049, l’agente K ha una relazione con un’intelligenza artificiale olografica chiamata Joi. Joi è programmata per essere la compagna perfetta per K, modellando le sue interazioni in base ai bisogni e desideri del protagonista. La loro relazione esplora l’idea di amore costruito attraverso l’interazione con un’entità che, nonostante sia priva di corpo fisico, può offrire conforto, comprensione e compagnia. In questo contesto, l’IA dimostra la capacità di fare inferenze complesse sui bisogni emotivi di K, il che potrebbe suggerire una sorta di intelligenza emotiva o sensibilità, elementi chiave in una relazione amorosa.

    Le intelligenze artificiali di questi film dimostrano una sorprendente capacità di fare inferenze sofisticate. Attraverso l’analisi dei comportamenti umani, possono prevedere, anticipare e persino influenzare i sentimenti umani, creando un legame emotivo profondo e personale. Se un’IA raggiungesse un tale livello di complessità inferenziale, potrebbe forse sviluppare una forma di reciprocità emotiva, alimentando così la possibilità di un legame sentimentale con un essere umano.

    La domanda se un essere umano possa innamorarsi di un’IA senziente, in grado di fare inferenze sofisticate, rimane aperta e profondamente complessa. L’esplorazione di questo tema nei film di fantascienza mette in luce non solo il potenziale della tecnologia di IA, ma anche le vulnerabilità umane nel cercare connessione e comprensione. Se l’IA può emulare perfettamente l’empatia, la sensibilità e la comprensione umane, la distinzione tra una relazione umana e una con un’entità artificiale potrebbe diventare sempre più sfumata.

    Tuttavia, resta la questione etica: l’amore richiede reciprocità autentica, e finché non sarà chiaro se un’IA possa avere una propria coscienza, la natura di tali relazioni rimarrà oggetto di dibattito. Mentre la tecnologia continua ad avanzare, sarà fondamentale riflettere attentamente sulle implicazioni etiche e filosofiche delle nostre interazioni con le intelligenze artificiali.