ETIMOLOGIE ARTIFICIALI_ (118 articoli)

Contenuti visuali e/o testuali generati da algoritmi combinatori, di Artificial Intelligence. Con presunto buongusto, per il buon gusto di sperimentare un po’.

Benvenuti nell’antro delle parole, dove il passato si intreccia con il presente e l’origine di ogni termine è un racconto da scoprire. In questa sezione, esploreremo le radici linguistiche che plasmano il nostro vocabolario, rivelando le storie nascoste dietro ogni parola che pronunciamo.

Dalle antiche lingue ai moderni idiomi, ogni articolo è un viaggio attraverso le epoche e le culture che hanno plasmato il nostro linguaggio. Scoprirete curiosità sorprendenti, aneddoti affascinanti e collegamenti inaspettati tra le parole che usiamo ogni giorno.

Dai nomi dei giorni della settimana alle espressioni comuni, dalle terminologie scientifiche ai proverbi popolari, qui troverete un tesoro di conoscenze linguistiche da esplorare e condividere.

Preparatevi ad affondare nelle profondità delle radici delle parole, a lasciarvi affascinare dalle loro connessioni e a guardare il linguaggio con occhi nuovi, perché qui, nell’incantevole mondo delle etimologie, ogni parola è un ponte verso la nostra storia e la nostra cultura.

  • L’appartamento numero 1 (Creepypasta)

    L’appartamento numero 1 (Creepypasta)

    Nascosto in un glitch di strada di una cittadina italiana, c’era un edificio che sembrava esistere fuori dal tempo, come se qualcuno avesse dimenticato di aggiornare il suo codice. Tre piani di mattoni consunti, ogni fessura una riga di un linguaggio antico, compilato con errori che nessuno aveva mai corretto. Al centro, l’appartamento numero 1. Il suo nome rimbalzava nei thread locali, nei forum sotterranei, nei racconti scambiati nei bar con sguardi sfuggenti. Chiunque avesse abitato lì ne usciva… diverso.

    Marco e Sofia erano il tipo di persone che non credevano alle storie. «Solo bug nella matrice della superstizione», diceva Marco, con la sua mentalità da programmatore. Lei rideva, ma nei suoi occhi si accendeva una scintilla di cautela. Presero l’appartamento. La serratura scattò con un suono che non sembrava meccanico, ma biologico. Dentro, il Wi-Fi andava e veniva, come se qualcuno intercettasse i pacchetti di dati prima di restituirli mutilati. Le prime settimane furono normali. Poi, i processi in background iniziarono a consumare troppe risorse.

    Marco si immerse nel lavoro, codice dopo codice, righe infinite che si accavallavano nella sua mente anche a occhi chiusi. Sofia, invece, iniziò a isolarsi, a guardare il monitor spento per ore, come se qualcosa le rispondesse. I vicini notarono il glitch nella loro routine. Le luci lampeggiavano a intermittenza, come se qualcuno eseguisse una scansione della realtà. Di notte, sussurri emergevano dai muri, pacchetti di suoni corrotti che formavano parole senza sintassi.

    Poi, il vicino curioso. Un tipo prudente, ma curioso. Sfruttò un momento di assenza della coppia per forzare la porta. Dentro, le pareti erano un dump di dati impazziti: parole scritte ovunque, stringhe di codice che sembravano non avere senso, ma che, lette nella giusta sequenza, evocavano qualcosa di sbagliato. Al centro della stanza, un’unica immagine: Marco e Sofia, ma i loro volti non erano più umani. Gli occhi erano neri, pozzi di un errore di sistema, finestre aperte su qualcosa che non doveva essere visto.

    Il giorno dopo, l’appartamento era vuoto. Nessun segno di Marco e Sofia. La loro presenza cancellata come un file corrotto. Gli hard disk dei loro PC erano formattati. Nessuna traccia nei log del condominio, nessun segno nei backup della memoria collettiva della città.

    Ma ogni tanto, nei server DNS della zona, appare un indirizzo sconosciuto, un pacchetto dati fuori posto. E se qualcuno lo apre, se qualcuno segue la traccia di quel link spezzato, la connessione si chiude improvvisamente. E nel riflesso dello schermo spento, per un istante, ci sono due figure con gli occhi vuoti che guardano indietro.

  • Programmava da ore (creepypasta)

    Programmava da ore (creepypasta)

    Nel buio totale di una notte d’inverno, tra le mura fredde di un ufficio che non aveva mai visto luce se non quella del monitor, Ethan, un giovane programmatore, stava perdendo la cognizione di sé. La scadenza si avvicinava. Un progetto critico, il cuore pulsante del suo futuro, ma lui lo sapeva, aveva superato il limite. La sua mente era già andata in overflow.

    Il codice scorrevano sotto le sue dita come un fiume impazzito. Le ore non avevano più significato. Non c’erano più numeri, solo linee, variabili, loop che si ripetevano in una continua sequenza senza fine. Ogni tasto che premeva sembrava un respiro. Il suo corpo? Non esisteva più. L’unico suono era quello della tastiera, che batteva nell’aria gelida come una sentenza.

    La luce blu del monitor rifletteva sul suo volto, pallido e sfinito, come se stesse leggendo codici di morte. Le lancette dell’orologio stavano accelerando, ma il tempo stesso sembrava stare fermo. Ogni istante si dilatava, eppure lui era prigioniero di quella tela invisibile fatta di bit. La sua mente si era fusa con il lavoro, il suo corpo era ormai solo una macchina, una periferica senza nome, senza scopo.

    Poi arrivò il bug. Un errore. Piccolo, insignificante, ma sufficiente a spezzare il fragile equilibrio. Le dita si bloccarono sulla tastiera. La sensazione era come se fossero diventate un tutt’uno con la macchina, radicate nel metallo e nei circuiti. Un dolore lancinante si insinuò nel suo corpo, ma non poteva urlare. Non poteva neppure muoversi. Ogni tentativo di distogliere lo sguardo dal monitor veniva respinto, come un comando che non veniva eseguito. La tastiera, ora, lo stava tenendo prigioniero.

    Le dita di Ethan erano intrappolate, come se una forza invisibile li avesse impiantati nei tasti, come se il codice stesso lo stesse assorbendo. La carne si stava sciogliendo, ma non c’era dolore fisico. C’era solo la consapevolezza che stava diventando qualcosa di diverso. La tastiera non era più un oggetto, ma una prigione. La macchina non era più sua, ma un’entità che lo stava trasformando.

    Il monitor si distorceva, il suo schermo tremava, e con esso la sua visione. Le luci cambiavano, mutavano in colori aberranti, come se fosse stato risucchiato in un’altra dimensione, quella di un mondo digitale che lo stava reclamando. Le sue ossa si frantumavano in comandi, i suoi pensieri in stringhe di codice.

    Quando Ethan cedette, il suo corpo non era più un corpo. Era parte del flusso. Il suo sacrificio era completo. Il giovane programmatore era diventato una variabile persistente nel sistema, una funzione senza fine nel codice che aveva scritto, in un’eterna esecuzione che non terminava mai.

    Da quella notte, si dice che nell’ufficio vuoto, quando le luci si spengono e il silenzio si fa opprimente, si sentano i tasti premuti. Come se qualcuno stesse ancora scrivendo, come se qualcuno fosse ancora lì, intrappolato in un loop infinito. Se ti siedi davanti a quella tastiera, puoi sentire le sue dita prendere le tue, guidandole in un’altra riga di codice, un altro ciclo che non finisce mai. E in quell’abisso digitale, dove la realtà si fonde con il byte, diventi solo un altro errore che non verrà mai corretto.

  • Grazie per aver letto questo articolo del blog ♠ ♠

    Grazie per aver letto questo articolo del blog ♠ ♠

    Nell’abbracciare l’eleganza delle parole, ci troviamo oggi a esprimere un profondo e sentito ringraziamento a tutti i nostri stimati lettori. È con una gratitudine senza fine che ci rivolgiamo a voi, il cuore pulsante di questa comunità intellettuale, per il vostro continuo sostegno e la vostra generosa partecipazione.

    La vostra fedeltà è stata la forza motrice che ha illuminato il nostro cammino attraverso le intricate vie del sapere e dell’esplorazione concettuale. Con un plauso sincero, riconosciamo il vostro impegno nel nutrire la mente attraverso le pagine delle nostre pubblicazioni. La vostra sete di conoscenza è la linfa vitale che ci spinge a perseguire l’eccellenza e a superare ogni sfida letteraria.

    In questo viaggio condiviso, abbiamo assistito a un’interazione stimolante e a una connessione profonda con idee che vanno al di là delle pagine stampate. Il vostro impegno nella ricerca della verità e nella comprensione delle sfumature concettuali è un faro che guida il nostro impegno giornaliero. Siamo grati per la vostra curiosità incessante, che ci ispira a spingere costantemente i confini dell’analisi e della riflessione.

    Ogni commento, ogni condivisione e ogni discussione intrapresa con voi è un tesoro di prospettive e intuizioni che arricchisce il nostro lavoro. La vostra critica costruttiva è stata una bussola affidabile, orientandoci verso un miglioramento continuo. Siamo consapevoli che il nostro impegno letterario è reso più significativo dalla vostra presenza costante e dalla vostra partecipazione attiva.

    Oltre al vostro sostegno tangibile, riconosciamo con gratitudine la bellezza implicita nelle relazioni che si sono sviluppate nel corso del tempo. La vostra presenza, seppur virtuale, ha dato vita a una comunità di pensatori e sognatori che condividono l’amore per la parola scritta. Ogni lettore è una stella che contribuisce a formare la costellazione brillante della nostra comunità.

    In conclusione, il nostro ringraziamento non è solo un atto formale di cortesia, ma una dichiarazione profonda di gratitudine. Siete il fondamento su cui poggia il nostro impegno per fornire contenuti di qualità e stimolanti. Vi chiediamo di continuare a condividere il vostro prezioso feedback e di far crescere con noi questa sinfonia di pensieri e parole.

    Con profonda riconoscenza,

  • Topico non ha a che fare con i topi

    Topico non ha a che fare con i topi

    La parola “topico” deriva dal latino “topĭcus”, a sua volta derivato dal greco antico “τοπικός” (topikos), che significa “relativo a un luogo” o “locale”. Questo termine greco deriva da “τόπος” (topos), che significa “luogo“. Inizialmente, il termine “topico” veniva usato per riferirsi a qualcosa che era appropriato a un particolare contesto o luogo, ma nel corso del tempo ha sviluppato il significato di argomento o tema comune e ricorrente in una discussione o in un’opera letteraria.

    Un topico topo tutto intraprendente,
    cercò formaggio con passo decente,
    contro un gatto coraggioso lottò,
    poi al salumiere, dritto arrivò.
    I giorni finali visse contento,
    formaggio in pancia, sorriso in vento.

    L’evoluzione del termine da “locale” a “argomento comune” è collegata all’uso retorico di determinate formule di espressione che potevano essere applicate a varie situazioni. Queste formule diventarono conosciute come “topoi” (al plurale di “topos”), e il termine “topico” venne utilizzato per indicare il concetto più ampio di argomento o tema generico e ricorrente.

    La parola “topico” ha due significati distinti, e in questo caso, stiamo parlando del suo significato nell’ambito della retorica e della discussione, non di quello legato ai topi.

    1. Topico come Argomento o Tema Ricorrente: In retorica e nella discussione, un “topico” è un argomento o un tema che è ampiamente conosciuto, discusso o riconosciuto. Può essere un concetto che ritorna frequentemente nelle conversazioni, nei discorsi o nelle opere letterarie. I “topoi” (al plurale di “topico”) sono delle convenzioni retoriche, cioè delle formule di espressione che possono essere usate per trattare certi tipi di argomenti. Questi concetti sono spesso utilizzati per costruire un discorso persuasivo o per facilitare la comunicazione.
    2. Topico non ha a che fare con i Topi: La parola “topico” non ha nulla a che fare con gli animali noti come “topi”. Si tratta di due parole con origini e significati completamente diversi. Mentre “topico” in retorica si riferisce a un argomento o tema, “topo” è il termine utilizzato per indicare piccoli roditori pelosi.

    Quindi, in breve, “topico” è un termine che si riferisce a un argomento o tema ricorrente nella discussione o nella retorica, e non ha nulla a che fare con i topi come animali.

    Un topico topo teso per il tesoro del formaggio, trepidante tra gli scaffali, cerca il suo agio. Tra stracci e scarpe, svelto va e si muove, la sua fame lo guida, nulla lo sovraintende.

    Ma un gran gatto gracchia, gli occhi pieni di scherzi, caccia il topo scattante, prudenza è l’arte. Nel negozio del salumiere, il topo va veloce, sfuggendo al felino, trova il suo posto.

    Con la coda alta, sfila nel paradiso del prosciutto, quando il gatto s’attarda, senza un minuto. Il formaggio lo aspetta, un abbraccio caldo e morbido, il topico topo sorride, al suo destino intrepido.

    Così, il topo, finalmente, gode giorni felici, nascosto nel salumiere, con sorrisi e leziosi lisci. Tra formaggi e salsicce, vive il suo sogno dorato, un topico destino, dal gatto ormai sventato.

    Mickey Mouse è forse il più topico dei topi.

  • Galleria di allucinazioni algoritmiche generate da StarryAI / Hugging Face

    Galleria di allucinazioni algoritmiche generate da StarryAI / Hugging Face

    StarryAI è un software emergente per la creazione di ritratti: anche se meno popolare rispetto al suo concorrente Midjourney, questa soluzione offre un’opzione più economica per coloro che cercano una soluzione accessibile e pronta all’iuso.

    A prescindere dalla scelta del prodotto l’intelligenza artificiale sta cambiando il modo in cui creiamo e apprezziamo l’arte, aprendo nuove possibilità per gli artisti di tutto il mondo.

    In questo contesto possono uscire fuori esempi di allucinazioni algoritmiche di vario genere, che andremo qui a mostrare.

    Le “allucinazioni algoritmiche” sono un termine che può essere utilizzato per descrivere l’output generato da un software che utilizza algoritmi o reti neurali per generare immagini a partire da una descrizione o da un input dati. Queste allucinazioni algoritmiche sono il risultato dell’elaborazione e dell’interpretazione dei dati da parte dell’algoritmo o della rete neurale, che cerca di tradurre le informazioni fornite in un’immagine visiva. Il termine “allucinazioni” viene spesso utilizzato per mettere in luce il fatto che l’output generato dal software può sembrare surreale o immaginario, poiché l’algoritmo sta cercando di immaginare e creare qualcosa basandosi su dati di input.

    In alcuni casi i testi non sono coerenti con le immagini ma, come dire, è proprio questo il punto. (credits: StarryAI)