MAGLIE OSCURE_ (21 articoli)

Film di ogni genere basati su cospirazioni, reali o immaginarie.

  • Invaders from Mars: il classico di Tobe Hooper che omaggia i cult anni 50 di fantascienza

    Invaders from Mars: il classico di Tobe Hooper che omaggia i cult anni 50 di fantascienza

    Il giovane David scopre che un’astronave aliena è atterrata dietro la collina vicino casa: gli extraterrestri prenderanno possesso delle menti dei suoi cari, e poi di tutti gli esseri umani – fino ad un finale a sorpresa.

    In breve: remake a tinte horror di uno dei più celebri leitmotiv del cinema di fantascienza. Poco amato dal pubblico e dalla critica, a mio avviso ingiustamente snobbato: da riscoprire.

    Remake del classico di culto “Gli invasori spaziali” del 1953, Hooper fornisce qui una buona prova registica, e cambia leggermente il finale dell’originale – rendolo decisamente più inquietante (quanto significativo). Alcuni dettagli della storia appaiono forse poco credibili visti oggi, come quelli diventati teorie complottistiche sugli UFO: faranno sorridere per l’ingenuità con cui i protagonisti ci credono, ma hanno un senso nella storia in sè. Si tratta di un archetipo della fantascienza, una base di conoscenza fondamentale che molti danno per scontata nella cinematografia e nella cultura popolare, ed a cui sembra essersi ispirato Matt Groening, per citare un esempio noto, per alcuni personaggi di Futurama.

    Invaders“, disponibile in DVD Multivision in qualità non eccelsa (almeno nella versione che ho mi sono procurato io), venne inesorabilmente snobbato dal pubblico e dalla critica, tacciato di essere un b-movie di scarso valore: forse per la trama in sè, forse per alcuni dettagli evidentemente puerili (i film andrebbero visti fino alla fine, prima di giudicare). Si tratta di un’opera in effetti più gradevole della media, che ho sempre rivisto con piacere, pur dovendone evidenziare alcuni limiti che lo accomunano, per intenderci, ad un buon numero di abusati stereotipi. Il punto di vista del protagonista è per buona parte quello di un bambino che “vede” la storia, e che ricorda quella – descritta in modo decisamente più incisivo e “politico” – da John Carpenter in Essi vivono. Sono quindi sostanzialmente d’accordo con chi ha scritto che il film “non presenta pregi particolari, ma […] tutto sommato è in grado di farsi voler bene“.

    David Gardner (Jimmy, nella copertina del DVD) è un bambino americano affascinato dalla fantascienza e dagli UFO; è anche piuttosto incompreso, a scuola come in famiglia, a parte da parte del padre con il quale condivide la passione per l’astronomia. Una notte si sveglia a causa del rombo di un’astronave aliena, atterrata dietro la collina, ma i genitori non fanno in tempo a vedere nulla e ovviamente non credono alla sua storia. Tutto il film è quindi incentrato sul mutato comportamento da parte degli uomini che circondano David, e che – a cominciare dal padre, a finire con i poliziotti o la sua maestra – fanno scatenare il classico leitmotiv sci-fi anni 50: un singolo solitario che nota qualcosa di strano, che non viene creduto e che è destinato a soccombere a causa conformismo della maggioranza crescente, che si adegua lentamente ai “nuovi padroni”.

    La stranezza notata, se ci fosse bisogno di dirlo, è rappresentata da parenti, amici e conoscenti di David che iniziano a comportarsi in modo diverso: il pubblico lo sa, e la tensione sale proprio perchè nessuno crede all’incredibile storia, e finisce per rimanere a sua volta soggiogato. Non male neanche la componente horror, anche se solo accennata: su tutti l’enorme “cervellone” alieno, il risucchio delle vittime sottoterra e la celebre scena della maestra con la rana. Le interpretazioni rendono inquietanti gli alieni che si impadroniscono delle menti delle persone, mediante un’operazione al collo che lascia una ferita visibile, simbolo inequivocabile dell’ “infezione”: il tutto è collocato in uno scenario tipicamente anni 80 degno de “I confini della realtà“. Un buon film in definitiva, tutt’altro che banale quanto genuino nel proprio concepimento.

    “Povero, piccolo umano…”

  • Terrore nello spazio è la fantascienza futuristica di Mario Bava

    Terrore nello spazio è la fantascienza futuristica di Mario Bava

    Da non confondersi con il successivo Terrore dallo spazio profondo, Terrore nello spazio di Mario Bava è un film classico del puro fanta-horror.

    Ambientato interamente durante una missione spaziale, racconta di un equipaggio di venti persone dentro due navicelle, i cui astronauti si imbattono in una civiltà aliena ostile. Questo almeno è ciò che intuiscono dalle prime battute: la nave viene attratta da un pianeta sconosciuto ricoperto di nebbia, la gravità diventa quattro volte più del normale e fa perdere i sensi all’equipaggio, come se non bastasse – non appena atterrati – gli astronauti iniziano ad azzuffarsi tra loro senza una ragione apparente. Solo l’intervento di autorità del comandante riesce a evitare il peggio, mentre l’altro equipaggio è meno fortunato. Si prosegue la storia di un gruppo di sopravvisuti costretti a lottare contro alieni ostili (per quanto poi il finale suggerisca che non si trattava di terrestri, grazie a un piccolo colpo di genio della sceneggiatura), mentre l’eterna lotta tra Bene e Male è in realtà una lotta intestina, a causa della tendenza maggioritaria ad autodistruggersi da parte dell’uomo.

    Non è difficile accorgersi fin dalla prima visione che l’orrore di cui si parla in questa gemma della fantascienza italiana è puramente psicologica, interiore, accennata, ossessiva – tant’è che a un certo punto una delle persone dell’equipaggio afferma che l’alieno parassita è come se ingaggiasse una “lotta interiore” dentro se stesso. Questo naturalmente serve anche a compensare la scarsità di effetti speciali per un film che riesce, con pochi mezzi e tante idee, a risultare comunque visionario: il pubblico viene sorpreso alle numerose trovate che vengono tirate fuori, inclusa la presenza di corpi posseduti da alieni parassiti che si comportano di fatto come zombie (La notte dei morti viventi, vale la pena ricordarlo, uscirà solo tre anni dopo questo film). Come ulteriore nota di merito si può rilevare che i protagonisti seguono una sorta di religione materialista, ispirata ai principi di natura scientista e che parla degli atomi delle particelle come se fossero espressione di volontà divina (scena del funerale degli astronauti), con preghiere che sembrano tratte da uno scritto di Deleuze e Guattari. Questo dettaglio non è un vezzo, ma possiede una funzione specifica all’interno della storia – come sarà possibile osservare visionando il film per intero. In tal senso ci sentiamo di dire che terrore nello spazio sia sicuramente uno dei film di sci-fi più avanguardistici mai girati, sia per lo svolgimento della storia che per le conseguenze tutt’altro che ovvio della conclusione della stessa. La sceneggiatura sempre guardare a un futuro prossimo in cui bisognerà liberarsi dell’ottica e egocentrica che caratterizza gli esseri umani, in favore di una sorta di internazionalismo spaziale che sembra peraltro possedere vaghi spunti accelerazionisti (civiltà aliene che cercano posti in cui poter sopravvivere, più rapidamente possibile e per evitare di estinguersi).

    Visto negli anni successivi, gran parte della critica ha suggerito che questo film possa aver grandemente ispirato Ridley Scott, e questo sia per Alien (1979) che per Prometheus (2012). Non ci sentiamo di dar loro torto: per quanto i film di Scott brillino l’uso di effetti speciali e per la componente smaccatamente horror, è assodato che questa caratteristica sia archetipica di già di questo film, ricordando che siamo nel 1965, tre anni prima che uscisse un film avvenieristico come 2001 Odissea nello spazio. Gli elementi narrativi sono del resto analoghi: si tratta sempre di missioni di astronauti alla ricerca di vita su pianeti sconosciuti, nei quali troveranno resti di antiche civiltà – e soprattutto alieni parassiti. Quest’idea del parassitismo come villain della storia è naturalmente comune a un altro cult del periodo come l’invasione degli ultracorpi, con la differenza che il clima claustrofobico viene costruito all’interno di una angusta astronave e, soprattutto, come poi farà John Carpenter ne La cosa, il pubblico non sa quale degli astronauti sia infetto dal parassita quale invece no.

    Gran parte del film viene girato all’interno di un teatro di posa in condizioni proibitive – Bava ebbe a dire, in una celebre intervistaVorrei che la gente, la critica, si rendesse conto delle condizioni nelle quali sono costretto a girare i miei film.
    Per Terrore nello spazio non avevo nulla, ma realmente nulla a disposizione. Dico, c’era il teatro di posa, tutto vuoto e squallido, perché mancavano i soldi: avrebbe dovuto rappresentare un pianeta. Che ho fatto allora? Nel teatro affianco c’erano due grosse rocce di plastica, residuato di qualche film mitologico, le ho prese e messe in mezzo al mio set, poi per coprire il pavimento ho seminato quegli zampironi fumogeni e ho oscurato lo sfondo, dove c’era solo la parete bianca. Poi, spostando quelle due rocce da un posto all’altro ho girato il film. Le sembra possibile?” – costringendo il regista a ricorrere a stratagemmi di vario genere.

    La fantascienza pre-ballardiana come questa sa essere un genere decisamente complesso dal punto di vista scenografico, chiaramente, ma il fatto che si noti poco la mancanza di mezzi depone per far credere che si tratti, a ragione, di uno dei migliori film di fantascienza italiani mai girati. Tanto più che si tratta dell’unico esperimento di Mario bava nel genere, da lui molto amato eppure prodotto soltanto in questo unicum. Una tradizione che in Italia non ha mai mai preso troppo piede, in effetti, e sicuramente le prime avvisaglie si vedevano già allora: motivo per cui questo film rimane un piccolo gioiello del genere, ricco di trovate creative e sottile ironia (il finale del film è l’apoteosi in tal senso: per non rischiare di perdersi nello spazio, l’equipaggio alieno decide di atterrare proprio sul pianeta Terra).

    Distribuito negli USA con il titolo Planet of the vampires, incassa 251 mila dollari dell’epoca (per un film di fantascienza del 1965 sembra ancora più notevole), mentre la sceneggiatura è tratta da un racconti di Renato Pestriniero (Una notte di 21 ore, disponibile integralmente su altrimondi.org). Il film viene coprodotto da AIP e Italian International Film, con il finanziamento della spagnola Castilla Cooperativa Cinematográfica.

    La locandina dell’edizione americana, per inciso, promette senza mantenere: si vedono gli astronauti combattere con le creature di cui, nel film, vediamo solo gli scheletri (probabili esseri di altri pianeti non scampati al peggio).

    Immagine tratta da https://hotcorn.com/it/film/news/alien-40-terrore-nello-spazio-mario-bava-film-cult-ridley-scott/
  • Il talento di Mr. Ripley: cast, trama, significato, produzione

    Il talento di Mr. Ripley: cast, trama, significato, produzione

    “Il talento di Mr. Ripley” è un film del 1999 diretto da Anthony Minghella, basato sul romanzo omonimo di Patricia Highsmith.

    Sinossi e genere

    Si tratta di un thriller psicologico che segue le vicende di Tom Ripley, interpretato da Matt Damon, un giovane ambizioso e affascinante che viene incaricato di convincere un ricco playboy, interpretato da Jude Law, a tornare negli Stati Uniti dalla sua vita spensierata in Italia.

    Trama

    Tom Ripley viene inviato in Italia per convincere Dickie Greenleaf a tornare negli Stati Uniti. Dickie è un ragazzo ricco e disinvolto, e Tom inizia ad ammirarlo. Si stabilisce un legame tra loro, ma quando Dickie inizia a stancarsi della compagnia di Tom, questo sviluppa un’ossessione crescente per lui. L’amicizia si trasforma in qualcosa di oscuro e pericoloso quando Tom inizia ad adottare l’identità e lo stile di vita di Dickie.

    Cast:

    • Matt Damon – Tom Ripley
    • Jude Law – Dickie Greenleaf
    • Gwyneth Paltrow – Marge Sherwood
    • Cate Blanchett – Meredith Logue
    • Philip Seymour Hoffman – Freddie Miles

    Produzione e Regia: Il film è stato prodotto da Miramax Films e diretto da Anthony Minghella, che ha ricevuto anche crediti per la sceneggiatura. La pellicola ha ottenuto diverse nomination e riconoscimenti per le performance degli attori e la regia di Minghella.

    Storia e Significato

    La storia si concentra sulla complessa psicologia di Tom Ripley, un giovane ambizioso e problematico che cerca di sfondare nel mondo della ricchezza e del lusso adottando identità e comportamenti non suoi. Il film esplora temi come l’identità, la manipolazione, l’invidia e la ricerca ossessiva del successo, mettendo in luce il lato oscuro e torbido della natura umana. È una storia che analizza la dualità dell’essere umano e le sfumature morali che emergono quando si è disposti a tutto pur di raggiungere il proprio scopo.

    Sinossi

    In breve, il film segue il percorso di Tom Ripley mentre si insinua sempre più nella vita di Dickie Greenleaf, finendo per adottarne l’identità in un gioco pericoloso di bugie, manipolazioni e oscuri segreti.

    Significato

    Il film esplora le sfumature della personalità umana, la ricerca dell’identità e l’ossessione per la vita altrui. Rappresenta anche una critica nei confronti di una società ossessionata dalla ricchezza e dalle apparenze, mettendo in luce le conseguenze psicologiche della ricerca disperata del successo e della felicità a qualsiasi costo.

  • Corti di fantascienza degni di nota: “Pathos” (2009, Dennis Cabella, Marcello Ercole, Fabio Prati)

    Corti di fantascienza degni di nota: “Pathos” (2009, Dennis Cabella, Marcello Ercole, Fabio Prati)

    In un futuro post apocalittico la Terra è un deserto inospitale e sommerso di spazzatura: gli uomini vivono in squallide stanze chiuse, nelle quali pagano mediante carta di credito anche per sognare…

    In breve. Corto “mordi e fuggi” all’italiana, che cita apertamente il tema distopico alla Verhoeven, si fa contaminare sia da “The cube” che da “Matrix”, ha certamente considerato la crudeltà di qualche post-apocalittico cult (pur senza svilupparla, di fatto) ed esce fuori in assoluta autonomia, senza poter essere tacciato di citazionismo o scopiazzatura.

    Mentre viviamo, il Grande Fratello ci osserva, e ci suggerisce come vivere, come pensare e cosa sognare: i cinque sensi non sono più gratuiti, nel futuro esiste un vero e proprio abbonamento da rinnovare. Chi ritarda per qualsiasi motivo l’abbonamento periodico, si ritroverà a perderne l’uso. Film forse troppo breve (a volergli trovare un difetto) e sostanzialmente privo di un vero e proprio intreccio (ma questo, in fondo, non è un problema): forse avrebbe potuto essere maggiormente arricchito da dettagli di vario tipo, caratterizzazioni dei personaggi, interazioni.

    Probabilmente il tutto, confinato tra inquietanti schermi televisivi alla Videodrome e squallide stanze semi-vuote, finisce per accentuare il senso di isolamento degli individui e, in tal senso, è una mossa molto azzeccata. Inquadrature e fotografia cyberpunk da brivido: un ottimo prodotto, in definitiva, per chi ama l’essenzialità e la fantascienza classico-complottistica.

    L’interpretazione di Fabio Prati, vittima della macchina “pathos”, è davvero convincente ed intensa, e merita certamente una citazione finale.

  • Society – The horror è una metafora del mondo in cui viviamo

    Society – The horror è una metafora del mondo in cui viviamo

    Billy è di famiglia benestante nell’America di fine anni ’80: dovrebbe essere felice, godersi le sue giornate spensieratamente e passare le notti con le donne più belle di Beverly Hills. Eppure qualcosa lo turba, non dialoga coi genitori, vive ambiguamente i propri rapporti ed è tormentato da paure inspiegabili. Un orrore incredibile sta per spalancare le porte contro di lui..

    In due parole. Prima parte da telefilm, seconda grand guignol a coronare un notevole horror satirico di Yuzna contro l’ipocrisia della società capitalistica.Una delle chicche orrorifiche (e più politicizzae di sempre) del cinema americano anni ’90.

    Già John Carpenter aveva espresso con grande maestria il rapporto conflittuale tra sfruttati e sfruttatori nel mondo degli yuppie, basandosi sulle fondamenta degli zombi mai troppo compresi di George Romero. Yuzna, sceneggiatore promettente di splatter inquientanti e fan di Lovecraft della prima ora, decide di girare una sostanziale satira contro il mondo finto ed ipocrita della borghesia americana. Il soggetto fu firmato da Woody Keith e Rick Fry, e crea i presupposti – grazie ad una regia solida e ad effetti speciali da manuale – per un film divertente e pauroso al tempo stesso, forse non sempre ben interpretato ma con varie “macchiette” davvero irresistibili. Lo spettatore passa mezzo film a chiedersi cosa veda Billy, se si tratti di paranoia o chissà che altro: le conclusioni horror probabilmente oggi appaiono scontate, ma si tratta pur sempre di un’idea originalissima, e mai realizzata prima. Come già in “Essi vivono“, le apparenze ingannano lo stesso protagonista, che sospetta che i suoi familiari covino qualcosa di mostruoso: ma, dal loro punto di vista, si tratta di comuni paranoie adolescenziali, che scemeranno non appena Billy sarà introdotto nella Società che conta. Ai suoi occhi, nel frattempo, si compone un puzzle infernale che ogni volta sembra chiaro, e che inevitabilmente viene scombinato da una forza esterna: la stessa che lo tormenta dall’inizio, e che rende terribile il suo passaggio da “ragazzo qualunque” a “persona che conta”. Terrorizzato da quel mondo adulto in cui non riesce a riconoscersi, viene contattato dall’ex fidanzato della sorella, che gli fa ascoltare una cassetta registrata piuttosto inquietante: in essa ascolta la propria famiglia che racconta l’iniziazione nella società della ragazza come un’autentica orgia, a cui avrebbero partecipato addirittura i suoi genitori ed un bullo che lo tormenta. Sospetti paranoici o realtà?

    “Mamma, papà, vorrei parlare un po’ con voi…”

    E’ ovvio che Yuzna intende costruire una metafora piuttosto esplicita del mondo borghese, un mondo divora chiunque non si omologhi ai suoi canoni, e questo dopo averlo adulato con mille “giocattoli” irresistibili. Ma il regista opera in tal senso con grande stile, facendo sorridere ogni tanto e senza appesantire mai lo spettacolo con slogan politici, anzi rivelandosi apertamente non politically-correct nel finale. In particolare “la società che uccide per mantenere segreta la sua esistenza” non deve essere intesa in senso cospirazionista: questo è il “manifesto” di Yuzna, che si scaglia contro la società in cui viviamo tutti, chi da un lato, chi dall’altro della barricata. Dunque chi si omologa avrà agi, un posto di lavoro assicurato, bellezza esteriore e ricchezza materiale: chi invece si azzardi anche solo a discutere l’assunto capitalistico verrà letteralmente… mangiato vivo. Tale aspetto, a scanso di possibili equivoci, viene specificato nell’inizio della scena conclusiva, quando Billy è additato come appartenente ad una razza diversa per “addestramento“, un piccolo insieme di persone della razza umana che sottomette tutti gli altri e detta subdolamente legge.

    Una visione non banalmente romantica, quella del ragazzo, dato che non desidera un mondo ideale di persone simili a lui: semplicemente uno in cui sia lecito vivere la vita vera, umana, fatta di complicazioni, problemi, pulsioni e naturalmente di sesso (il vero leitmotiv di Society, probabilmente). Insomma, quell’umanità che dovrebbe essere ovvia e che invece ai genitori, alla sorella ed agli altri “normali” evidentemente manca, e gli fa addirittura venire il sospetto di relazioni incestuose tra i suoi familiari. In questo scenario anche il rapporto “normale” con Clarissa – interpretata perfettamente dalla conturbante playmate Devin DeVasquez – appare pauroso, visto che anche lei sembra parte di quel mondo. In fondo se la Società, intesa come insieme di rapporti umani tenuti assieme dalla convenienza, della speculazione e dall’opportunismo, impone universalmente dei modelli disumani, Yuzna suggerisce che il tutto non possa che sfociare nella perversione, nel cinismo e – neanche a dirlo – nel cannibalismo. La “grande orgia” e la “cosa informe” degna dei peggiori incubi lovecraftiani è, in effetti, una letterale fusione dei corpi dei borghesi-mutanti: flaccidi, umidicci, solidali tra loro e propensi a cibarsi dei poveri, degli oppressi e di chi non sta alle loro “regole”. Più chiaro di così, si muore (è proprio il caso di scriverlo).

    Vale la pena aspettare la fine del film (il gore nella prima parte è praticamente assente), perchè le scene conclusive sono realmente spaventose, tutte figlie di allucinazioni horror sul corpo umano (mani che escono dalla bocca, persone rivoltate letteralmente come guanti, deformazioni e contorsioni). Non mancano momenti surreali, come le allucinazioni di Billy che vede ninfomani in pose insolite un po’ ovunque (colpa degli squilibri ormonali della sua età!), senza contare la rappresentazione stra-cult dell’irreprensibile padre di famiglia, ovvero una letterale… “faccia da culo”! Anche se la forma è ironica – e richiama una commedia americana – il sottotesto è serissimo e viene affrontato in modo irreprensibile: il pubblico si diverte, e tutti (o quasi) sono soddisfatti dalla visione. Ogni appassionato di horror dovrebbe vedere Society, poi ovviamente la scelta finale spetta a voialtri.

    L’intera vita delle società, in cui dominano le moderne condizioni di produzione, si annuncia come un immenso accumulo di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione (G. Debord, “La società dello spettacolo”)