Recensioni

Raccolta di opere che qualcuno deve aver visto in TV, al cinema o in DVD. Trattiamo soprattutto classici, horror, thriller e cinema di genere 70/80. E non solo. Contiene Easter Egg.

  • 50M² è la serie turca su un sicario di Instanbul

    50M² è la serie turca su un sicario di Instanbul

    “50m²” è una serie TV turca distribuita su Netflix. Ecco una breve panoramica della trama, del cast e della sinossi:

    Trama: “50m²” segue la storia di Gölge, un sicario di una gang di Istanbul che un giorno decide di fuggire dal suo passato criminale. Durante la fuga, si rifugia in un negozio di tappeti nella zona di Beyoğlu e inizia a costruirsi una nuova identità. Nel frattempo, scopre un legame con l’anziano proprietario del negozio e sviluppa legami con i vicini. La serie esplora il tema del riscatto, della ricerca di una nuova vita e della redenzione.

    Cast principale:

    • Engin Öztürk nel ruolo di Gölge: Il protagonista, un ex sicario in cerca di redenzione.
    • Aybüke Pusat nel ruolo di Dilara: Una giovane donna legata al passato di Gölge.
    • Cengiz Bozkurt nel ruolo di Servet: L’anziano proprietario del negozio di tappeti e figura paterna per Gölge.

    La serie esplora i temi del cambiamento, dell’identità e delle relazioni umane in un contesto di azione e dramma. Tuttavia, tieni presente che i dettagli potrebbero essere cambiati o sviluppati dopo la mia data di taglio nell’agosto 2021.

  • Memento: trama, produzione, spiegazione del film

    Memento: trama, produzione, spiegazione del film

    Titolo: Memento
    Regia: Christopher Nolan
    Cast principale: Guy Pearce, Carrie-Anne Moss, Joe Pantoliano

    “Memento” è un thriller psicologico del 2000 scritto e diretto da Christopher Nolan. La trama segue Leonard Shelby (interpretato da Guy Pearce), un uomo che soffre di perdita di memoria a breve termine a causa di un trauma cerebrale subito durante un’aggressione in cui sua moglie è stata violentata e uccisa. Leonard non riesce a formare nuovi ricordi a lungo termine e vive con l’incapacità di conservare nuove esperienze. La sua ricerca di vendetta è guidata da una serie di tatuaggi, polaroid e annotazioni che si fa sul corpo per ricordare gli eventi importanti. La storia è narrata in ordine cronologico inverso, in modo che gli spettatori vivano l’esperienza di Leonard e della sua confusione.

    Produzione

    “Memento” è stato prodotto con un budget relativamente basso di circa 5 milioni di dollari. Christopher Nolan ha adattato la sceneggiatura da un racconto del fratello Jonathan Nolan intitolato “Memento Mori”. Il film è noto per la sua struttura narrativa non lineare, che è diventata un marchio di fabbrica del regista.

    Stile

    “Memento” è stato scritto e diretto da Christopher Nolan ed è uscito nel 2000. Il film presenta uno stile visivo distintivo, con sequenze in bianco e nero che scorrono in ordine cronologico inverso, alternate a sequenze a colori in ordine cronologico normale. Questa scelta dovrebbe, nelle intenzioni registiche, aiutare il pubblico a entrare nella mente confusa di Leonard e a sperimentare la sua lotta per capire ciò che sta accadendo.  Nolan ha lavorato a stretto contatto con suo fratello, Jonathan Nolan, per sviluppare la storia e la struttura narrativa uniche del film. La produzione di “Memento” è stata notevolmente interessante e ha contribuito a definire il suo stile originalissimo, praticamente unicum per l’epoca.

    Ecco alcuni punti chiave sulla produzione del film:

    1. Struttura narrativa non lineare: Una delle caratteristiche più distintive di “Memento” è la sua struttura narrativa non lineare. La storia è presentata in due sequenze separate: una in bianco e nero che avanza cronologicamente e l’altra a colori che va all’indietro nel tempo. Questa struttura riflette la prospettiva del protagonista, Leonard, che soffre di amnesia anterograda, rendendo la trama confusa e frammentata.
    2. Finanziamento indipendente: Il film è stato prodotto con un budget relativamente modesto di circa 9 milioni di dollari. Il finanziamento è stato ottenuto da diverse fonti, tra cui un consorzio di investitori indipendenti e la Newmarket Films.
    3. Cast e personaggi: Il film ha visto la partecipazione di attori come Guy Pearce (nel ruolo di Leonard), Carrie-Anne Moss, e Joe Pantoliano. Ciascuno di questi attori ha svolto un ruolo significativo nel tessere la trama intricata del film.
    4. Lavoro sul set: Christopher Nolan e il suo team creativo hanno lavorato in modo diligente per creare l’atmosfera giusta per il film. La fotografia in bianco e nero per la sequenza in avanti e a colori per quella all’indietro è stata una scelta stilistica chiave. La trama si svolge in vari luoghi, spesso degradati e urbani, per creare un’atmosfera di confusione e sospetto.
    5. Critiche positive: “Memento” è stato acclamato dalla critica per la sua narrazione innovativa e complessa, oltre che per le performance degli attori. Il film ha guadagnato una seguace base di fan grazie alla sua sfida alle convenzioni narrative tradizionali.

    La produzione di “Memento” ha contribuito a definire lo stile e la firma distintiva di Christopher Nolan come regista, portando all’attenzione del pubblico la sua abilità di creare trame complesse e coinvolgenti.

    Sinossi

    Leonard cerca di scoprire l’identità dell’aggressore che ha ucciso sua moglie e ha causato la sua condizione. Durante il suo viaggio, incontra Natalie (Carrie-Anne Moss) e Teddy (Joe Pantoliano), due persone che sembrano aiutarlo, ma la fiducia di Leonard viene spesso messa in discussione. La trama svela lentamente le connessioni tra i personaggi e il modo in cui Leonard è stato manipolato.

    Curiosità

    • “Memento” è diventato un film di culto grazie alla sua trama unica e alla struttura narrativa innovativa.
    • Il film affronta temi complessi come la memoria, l’identità e la percezione della realtà.

    Spiegazione dettagliata finale (Spoiler)

    Alla fine del film, si scopre che la realtà non è come sembra. Teddy rivela a Leonard che in realtà è stato lui a uccidere sua moglie, ma Leonard ha creato una narrazione fittizia in cui insegue un criminale chiamato “John G.” per dare un senso alla sua vita. Teddy ha manipolato Leonard per i suoi scopi personali, sfruttando la sua incapacità di formare nuovi ricordi. Leonard ha manipolato la sua stessa percezione della realtà, creando una serie di indizi falsi e bugie per guidare la sua ricerca vendicativa.

    Il film sfida lo spettatore a mettersi nei panni di Leonard e a cercare di separare la verità dalle menzogne. La sequenza finale, in cui Leonard decide di mentire a se stesso creando una nuova verità da inseguire, mette in luce la fragilità della memoria e l’illusione della percezione. La struttura narrativa a due fili, che scorrono in direzioni opposte, rappresenta la dualità tra la realtà oggettiva e la percezione soggettiva.

    In sostanza, “Memento” mette in discussione la natura della verità e la costruzione della realtà attraverso la lente di una mente gravemente compromessa. La storia di Leonard è un’esplorazione profonda e disturbante della memoria e dell’identità umana.

    Monologo finale del film

    Devo credere in un mondo fuori dalla mia mente, devo convincermi che le mie azioni hanno ancora un senso, anche se non riesco a ricordarle. Devo convincermi che, anche se chiudo gli occhi, il mondo continua ad esserci… allora sono convinto o no che il mondo continua ad esserci? …c’è ancora? Sì. Tutti abbiamo bisogno di ricordi che ci rammentino chi siamo, io non sono diverso… Allora, a che punto ero?

    Il monologo tratto dal film “Memento” di Christopher Nolan riflette profonde dinamiche psicologiche, inclusa la questione dell’identità, della realtà soggettiva e della ricerca di senso. In termini psicoanalitici, questo monologo potrebbe essere interpretato attraverso il concetto di inconscio, le difese psicologiche e la ricerca di coerenza e continuità.

    1. Inconscio e memoria: La psicoanalisi suggerisce che parte delle nostre motivazioni e desideri sono nascosti nell’inconscio. Il protagonista del film, Leonard, soffre di una rara forma di amnesia che gli impedisce di creare nuovi ricordi a lungo termine. Questa condizione può essere vista come una rappresentazione dell’inconscio che influenza profondamente il suo comportamento. Leonard lotta per afferrare la realtà a causa della sua incapacità di formare nuove memorie e di integrarle nel suo io cosciente.
    2. Difese psicologiche: Nel monologo, il personaggio esprime la necessità di credere in un mondo esterno che abbia un senso, nonostante la sua amnesia. Questa potrebbe essere una forma di “negazione” o “razionalizzazione”, meccanismi di difesa attraverso i quali la mente cerca di ridurre l’ansia nascondendo o modificando la realtà. Leonard sembra cercare di creare un senso di continuità e stabilità, nonostante le sfide della sua condizione.
    3. Ricerca di coerenza e identità: Il monologo riflette anche la lotta di Leonard per mantenere un senso di identità e continuità. L’identità personale è spesso legata alla memoria e alla storia personale. Leonard si aggrappa ai pochi ricordi che ha, come i tatuaggi che elencano i dettagli importanti della sua ricerca di vendetta. Questo può essere interpretato come un tentativo di preservare un senso di sé coerente e individuale, anche quando la sua capacità di ricordare è compromessa.
    4. Crisi della realtà soggettiva: La domanda ricorrente di Leonard sull’esistenza continua del mondo suggerisce una lotta con la percezione della realtà soggettiva. La sua incapacità di creare nuove memorie lo costringe a dipendere fortemente dai suoi ricordi passati, ma allo stesso tempo si trova spesso in situazioni in cui non può confermare o negare la veridicità delle informazioni che gli vengono presentate. Questa ambiguità contribuisce alla sua costante confusione sulla realtà.

    In sintesi, il monologo del protagonista riflette una complessa interazione tra l’inconscio, le difese psicologiche, la ricerca di identità e la percezione distorta della realtà. La trama del film, che è strutturata in modo non lineare e sfocia nell’ambiguità, enfatizza ulteriormente la sfida di Leonard nel trovare un senso coerente nel caos delle sue esperienze amnesiche.

  • Un po’ di pace, ai confini della realtà: il mediometraggio di Wes Craven

    Un po’ di pace, ai confini della realtà: il mediometraggio di Wes Craven

    Wes Craven ha diretto – direi magistralmente – questo secondo episodio della serie: il tema trattato rimane sulla falsariga di quanto visto ad esempio in “Tempo di leggere”, e possiede diversi sprazzi che sono poi i tratti caratteristici del cinema di questo grande artista.

    In breve: uno dei miei episodi preferiti della serie, sia perchè opera del regista di Nightmare, sia perchè ricordo ancora (è un fatto personale, mi rendo conto, ma conta parecchio) quanto mi fece paura quando lo vidi da ragazzino.

    I registi horror in genere trattano alla grande la fantascienza: lo ha fatto egregiamente Carpenter, lo ha fatto Hooper, non poteva certo mancare il contributo di Craven. La storia è quella di una donna comune, stressata dalla propria famiglia e da una vita che sembra non riservarle qualche minuto per se stessa. Il ritrovamente di un vecchio orologio seppellito nel proprio giardino regala un dono inatteso e graditissimo alla protagonista: la capacità di fermare il tempo. Così, non appena le cose si mettono male per lei, Penny non deve fare altro che avere addosso lo strano aggeggio e chiedere letteralmente al mondo di fermarsi. L’idea funziona davvero, e sembra non conoscere limiti: basta file snervanti per la spesa, basta persone con cui discutere porta a porta, basta battibecchi familiari per cucinare, pulire o andare a fare la spesa.

    L’episodio è ricco dei dettagli caratteristici del cinema di Craven, e si riconoscono vagamente alcuni aspetti che possiamo legare al leggendario Nightmare, uscito appena un anno prima (1984) di questo episodio. Se a questo aggiungete gli ingredienti tipici della sci-fiction apocalittica classica (su tutti “L’ultimo uomo della terra“), un’ironia di fondo sullo stress della vita moderna ed un finale con sorpresa, con tanto di critica sociale da piena guerra fredda, si ha di fronte quasi un capolavoro.

    La condanna ad un’eterna solitudine vista dagli occhi di uno spettatore preoccupato, come lo era all’epoca, dalla Guerra Fredda e dall’atomica. Probabilmente uno dei migliori episodi della serie mai realizzati, nonostanza la scarsità di mezzi e qualche trucchetto che fa sorridere: il missile del finale è stato realizzato in modo un po’ posticcio, e la falce e martello rossa ben in vista è un messaggio simbolico chiaro (pure troppo, per un americano dell’epoca). I fermo-immagine degli scenari, comunque, con la protagonista che va a spasso nel “tempo congelato” – senza poter cambiare gli eventi ma soltanto rallentandoli, rimangono da antologia. Masterpiece!

  • Le orme: un cult anni 70 firmato Bazzoni

    Le orme: un cult anni 70 firmato Bazzoni

    Alice Campos è una traduttrice tormentata da un incubo atroce, che sembra avere riflessi nella realtà; tra i tanti indizi, una cartolina strappata che raffigura l’esterno di un albergo su un’isola sperduta, che la convincerà a recarsi sul posto…

    In breve. Un thriller suggestivo quanto introspettivo, che strizza l’occhio alla fantascienza: da non perdere.

    Le orme: se avete pensato alla band progressive rock nota per l’album Sospesi nell’incredibile, sappiate che si tratta solo di omonimia. Eppure, curiosamente, la protagonista di questa pellicola di Bazzoni (noto anche per Giornata nera per l’ariete, di qualche anno prima) si troverà in una situazione di sospensione intollerabile, una spada di Damocle che pende sulla sua testa e della quale – in modo vagamente kafkiano – non ha idea della natura e delle motivazioni.

    Le orme si caratterizza da subito come buon film – soprattutto perchè vanta uno script solido, tratto dal romanzo Las Huellas di Mario Fenelli, che nulla ha da invidiare ad altri equivalenti lavori su questo genere. Poi la regia è sicura dei propri mezzi ed impeccabile in ogni fotogramma, e questo naturalmente giova alla visione, nonostante alcuni passaggi che strizzano l’occhio al surreale – e a lidi comunque lontani dal mainstream.

    Un’interpretazione magistrale, soprattutto, quella di Florinda Bolkan, immersa in un tessuto sociale che le sembra ostile e che cattura da subito l’immedesimazione dello spettatore. Le orme è una meteora di classe cinematografica assoluta, che si fa strada con grande autorevolezza nel panorama di un genere spesso angusto quanto stereotipato e poco “d’autore”. Un film disponibile in formato VHS – e, da qualche tempo, anche in DVD – per le gioie di tutti i palati underground, per uno dei gialli all’italiana più originali e suggestivi mai girati.

    Tra le sequenze cult, la claustrofobica sequenza dell’astronauta che muore soffocato sulla superficie lunare.

  • La morte cammina con i tacchi alti: il giallo erotico all’italiana con finale a sorpresa

    La morte cammina con i tacchi alti: il giallo erotico all’italiana con finale a sorpresa

    Un tale di nome Rochard viene ucciso da un uomo incappucciato: il movente sembra legato ad un tentato furto, così le autorità interrogano Nicole, figlia della vittima e celebre attrice da nightclub. La donna sostiene di non sapere nulla in merito, ma poco dopo l’assassino inizia a minacciarla falsificando la voce mediante un apparecchio elettronico per la gola…

    In due parole. Un thriller all’italiana ambientato in uno scenario da horror classico, con numerosi richiami ai più celebri stereotipi del genere (dinamiche degli omicidi, caratterizzazioni dei personaggi, “scenette” di intermezzo). Questo senza mai abusare del “già sentito”, e presentando piccole variazioni sul tema per un film complesso, avvicente ed altrettanto scorrevole. Finale sopra le righe, con tanto di doppio finale.

    La morte cammina con i tacchi alti” è probabilmente uno dei meglio riusciti gialli all’italiana degli anni settanta, e riesce ad emergere con autorità, incisività e decisione. La trama, costruita sostanzialmente come un poliziesco classico, mostra personaggi apparentemente innocenti e rispettabili, per quanto con un’anima nera che, per alcuni, si rivelerà nel finale. A questo si aggiunge un azzeccatissimo filo di ironia inglese, che riesce a calarsi alla perfezione nel contesto, e soprattutto da parte dell’ispettore di polizia, oltre che dell’immancabile assistente poco sveglio. Nieves Navarro, sensualissima protagonista principale, è perfettamente calata nel proprio ruolo, ed il regista non risparmia occasioni per mostrarne le grazie integralmente; alla donna fanno da contorno svariati personaggi molto ben caratterizzati ed altrettanto avvolgenti.

    Questo per far capire come gli ingredienti de “La morte cammina con i tacchi alti” siano essenziali, ben calibrati e funzionali alla storia, tanto che gli elementi prettamente violenti – per quanto parte integrante del genere – sono ridotti all’osso (l’unica scena gore, di fatto, è talmente cruda che sembra essere stata l’ispirazione delle sevizie psicopatiche del futuro squartatore di New York). Dal canto proprio l’assassino in passamontagna e con gli occhi azzurri (senza impermeabile e cappello nero, tanto per cambiare) mostra la propria identità solo alla fine e questo, naturalmente, costituisce un ulteriore elemento distintivo. Gli elementi del giallo italiano ci sono comunque tutti, a partire dal “doppio ruolo” dei protagonisti a finire col il ritmo, sempre di buon livello ed arricchito da elementi prettamente exploitation (voyeurismo, aggressioni, omicidi e nudi femminili a volte piuttosto gratuiti). Che poi il film sia dimensionato in una direzione rigidamente razionalista (e neanche troppo bizzarra, a ben vedere) non dovrebbe essere una novità per il genere: e proprio nella delineazione del personaggio (e delle sue contraddizioni ambigue) di Nieves Navarro si viene a creare la complessa personalità di una donna, ritratta come in perenne fuga da qualcosa di oscuro e minaccioso.

    Il colpo di scena a metà film, del resto, contribuisce a mettere pepe in una trama che diversamente sarebbe divenuta piuttosto monotona, e questo si sposa alla perfezione con uno dei migliori finali mai concepiti per un film di questo genere nel periodo. Una chicca decisamente imperdibile, in altri termini, che potrebbe aiutare a riscoprire la fama dei giallo-movie presso chi non sia troppo avvezzo alle tematiche ed allo stile.

    “Ma… cos’ha in testa, ispettore?” – “Un cappello”