SCI-FI_ (34 articoli)

Recensioni di film di fantascienza.

  • Ghost in the Shell (1995): trama, regia, cast, curiosità e spiegazione del finale

    Ghost in the Shell (1995): trama, regia, cast, curiosità e spiegazione del finale

    “Ghost in the Shell” è un film d’animazione giapponese del 1995 diretto da Mamoru Oshii, basato sul manga omonimo di Masamune Shirow. Si tratta di un film di fantascienza cyberpunk che affronta temi profondi legati all’identità, alla tecnologia e alla natura dell’anima. Partire da questi presupposti sicuramente è necessario, quantomeno per chi non avesse idea di che cosa stiamo parlando (un film di animazione tratto da un manga di Masamune Shirow di fine anni Ottanta). Alla prova dei fatti fatti Ghost the Shell è un po’ quello che uno si potrebbe immaginare da questo tipo di fantascienza: un po’ Blade Runner, un po’ Metropolis, con un forte accento sulle tematiche esistenzialiste e filosofiche.

    Recensione (11 feb 2024)

    Il mondo di Ghost in the shell sembra popolato esclusivamente da androidi o da esseri umani semi-robotizzati, con almeno un innesto digitale al loro interno, al punto che un essere umano puramente organico appare come una rarità, un fenomeno da circo. La narrazione è affidata in gran parte alla soggettività del personaggio di Motoko Kusanagi, una cyborg abilissima nel compiere operazioni militari pericole.

    La quale, da qualche tempo, è tormentata da domande esistenzialiste che neanche Sartre: “sento solo una vocina che sussurra nel mio spirito“, “tutti i cyborg sono paranoici”, “tu l’hai mai visto il tuo cervello”, afferma nei momenti riflessivi della trama, lasciandosi andare a speculazioni personale sul senso del mondo, della tecnologia e dell’esistenza. Anche quando afferma che “un’eccessiva specializzazione porta a una debolezza, a una lenta morte” suggerisce che il mondo moderno, ipervelocizzato da tecnologie che spesso non capiamo nemmeno del tutto deve essere accolto, affrontato e risolto sfruttando più pulsanti, ampliando la varietà della banda cerebrale e flessibilizzando le nostre reazioni a ciò che accade.

    Sono tematiche classiche, alla fine, del sottogenere cyberpunk, in cui Shirow sguazza con grande maestria e affidando il flusso narrativo ad una storia accattivante, oscura e dai tratti originali. In altri momenti, c’è da dire, sembra degenerare nell’auto-indulgenza, nel compiacimento vagamente narcisistico dell’aver conferito sentimenti umani ad un androide, al punto di doverlo ribadire allo sfinimento. Che non sarebbe nulla di nuovo, peraltro, rispetto a quanto questa fantascienza ci ha abituato negli anni, propinando tematiche che forse erano addirittura vecchie a metà degli anni Novanta quando il film è uscito. Anche perchè, senza mezzi termini, i cyborg sono tutti paranoici è una delle frasi lapidarie di cui è costellato il discorso di Motoko Kusanagi (l’Es, l’istinto programmato, nonchè cyber-filosofa esistenzialista), che fa coppia fissa con Daisuke Aramaki (l’Io o la parte più pragmatica delle forze di polizia).

    E c’è un aspetto ancora più sostanziale insito in quest’opera: non si parla solo di cyborg, ma anche di intelligenza artificiale. O meglio, guai a definirla tale. Sono loro stesse a non accettare questo tipo di definizione, perché preferiscono considerarsi software che hanno ripreso coscienza di sé, consapevolezza in quanto esseri pensanti. Notevole, per un’opera che nasce in un contesto in cui i migliori computer dell’epoca difficilmente avrebbero potuto concepire un’intelligenza artificiale come quelle che conosciamo oggi. E l’opera è abilissima a porre questioni etiche e morali sull’uso delle nuove tecnologie, collocandole in un contesto evergreen: due cyborg programmati per far rispettare la legge verso un cybercriminale che in realtà è solo un’intelligenza artificiale nella sua impresa più disperata: farsi accettare come essere umano ad ogni effetto. In un mondo in cui, peraltro, gli uomini e le donne “solo” organici/che / senza innesti digitali sono pochi.

    Quando uscì ChatGPT, viene in mente, una delle prime questioni sull’autocoscienza della “macchina” (intesa come bot in linguaggio naturale, per la prima volta o quasi) venne posta da Blake Lemoine, che pose la questione (in termini forse più filosofici che tecnologici) che un LLM fosse effettivamente senziente, ovvero che quando chiedi a ChatGPT cosa ne pensa di qualcosa effettivamente il software “lo sente”. Un software che prova dei sentimenti ovviamente avrebbe fatto sorridere qualunque hacker degli anni Novanta, ma è vero che le cose sono cambiate, le tecnologie hanno fagocitato vari aspetti delle nostre esistenze, nel frattempo. Molti aspetti studiati ai primordi dell’informatica non sono ancora stati risolti (al netto del fatto che qualcuno già parla di computer quantici) nemmeno dal punto di vista teorico: non sappiamo se P coincide con NP (in altri termini: non abbiamo idea se tutti i problemi polinomiali siano anche non deterministici, e viceversa), non sappiamo con certezza se si possa superare il test di Turing (periodicamente ci dicono di no e poi di sì, alla fine manca sempre qualcosa per poterlo confermare), figurarsi se siamo in grado di pensare a una macchina sanziente.

    Ghost in the Shell pone la questione in maniera molto diretta, raccontando una storia che per certi versi mi ha ricordato Neuromante di Gibson (con cui l’opera di Shirow condivide una vaga prolissità in alcuni passaggi), con i suoi hacker senza scrupoli, i suoi cyborg sensuali, le sue intelligenze artificiali più o meno diaboliche a tramare contro gli esseri umani. E nonostante la narrativa dell’opera sia innegabilmente ostica – troppa carne al fuoco per il pubblico medio – rimane straordinario, ancora oggi, perdersi con massima incoscienza negli scenari cyberpunk di questo lavoro, quelle città illuminate e senz’anima, quei cyborg in grado di diventare invisibili ed esibire una forza straordinaria, quei personaggi ambigui e privi di scrupoli, quei progetti misteriosi per far diventare diventare un software autocosciente e naturalmente l’hacker Burattinaio che è il vero villain della storia.

    Trailer

    Trailer

    “Ghost in the Shell” è una storia in stile cyberpunk ambientata in un futuro distopico in cui la tecnologia ha raggiunto livelli straordinari, permettendo la fusione tra l’essere umano e la macchina. La trama segue il lavoro della Sezione 9, un’unità di polizia speciale altamente avanzata, che si occupa di casi che coinvolgono la cybercriminalità e le minacce alla sicurezza informatica.

    I personaggi principali includono:

    1. Maj. Motoko Kusanagi: È il capo della Sezione 9, un cyborg altamente avanzato dotato di abilità combattive eccezionali e un’intelligenza artificiale sofisticata. Motoko è spesso coinvolta in casi complessi che sollevano questioni etiche riguardanti la natura dell’identità umana e della coscienza.
    2. Batou: È un membro della Sezione 9 e un fedele alleato di Motoko. È un cyborg con un corpo massiccio e potente, ma ha anche un lato umano sensibile e profondo. Batou è conosciuto per la sua abilità nel combattimento e per la sua lealtà alla squadra.
    3. Daisuke Aramaki: È il capo della Sezione 9, un uomo anziano ma astuto che coordina le operazioni dell’unità e gestisce le relazioni con le autorità governative. Aramaki è un abile stratega e un leader rispettato dai suoi subordinati.
    4. Togusa: È un membro umano della Sezione 9, distinguendosi dagli altri che sono prevalentemente cyborg. Togusa porta con sé una pistola analogica, mostrando una preferenza per le vecchie tecnologie, e offre un punto di vista più umano nelle operazioni della squadra.

    La trama ruota intorno a casi intricati e misteriosi che coinvolgono hacker, intelligenze artificiali e politici corrotti. Il tema centrale della serie è la definizione dell’identità e della coscienza nell’era della tecnologia avanzata, affrontando domande sulla natura dell’essere umano e sulla possibilità di una vera autonomia nella società dominata dalla tecnologia.

    Il tema accelerazionista

    Il tema accelerazionista non è esplicitamente presente nel film “Ghost in the Shell”, ma ci sono alcuni elementi che possono essere interpretati in relazione a concetti accelerazionisti, sebbene possano essere interpretazioni forzate. Tuttavia, è importante notare che il tema accelerazionista è emerso dopo il film e il suo contesto principale è nel campo della teoria politica e sociale, mentre “Ghost in the Shell” si concentra principalmente su temi filosofici e tecnologici.

    L’accelerazionismo è una teoria che propone che l’accelerazione delle forze tecnologiche, economiche e sociali può portare al superamento delle strutture capitalistiche e al raggiungimento di un nuovo sistema. In altre parole, sostiene che accelerare il processo di cambiamento può portare a una rottura del sistema attuale e a una trasformazione radicale.

    Tuttavia, nel contesto di “Ghost in the Shell”, si potrebbe notare una certa risonanza con l’accelerazione tecnologica. Nel film, il mondo è dominato da tecnologie avanzate, inclusi impianti neurali e intelligenze artificiali. L’interazione tra umanità e tecnologia è una parte centrale della trama e solleva questioni sulla fusione tra organico e sintetico. Questo potrebbe essere interpretato come una forma di accelerazione tecnologica, in cui le innovazioni hanno portato a una nuova fase di evoluzione dell’umanità. Tuttavia, bisogna fare attenzione a non confondere i temi del film con l’accelerazionismo come teoria politica. Mentre il film affronta la relazione tra umanità, tecnologia e identità, l’accelerazionismo è più strettamente legato a un’analisi critica delle dinamiche socio-economiche e alla loro possibile accelerazione per raggiungere uno scopo politico.

    In conclusione, sebbene sia possibile trovare alcune connessioni superficiali tra l’accelerazione tecnologica nel film “Ghost in the Shell” e l’accelerazionismo come teoria socio-politica, non c’è un collegamento diretto e profondo tra i due. Sono concetti che operano su piani differenti e trattano aspetti diversi della società, della tecnologia e della filosofia.

    Cast

    • Major Motoko Kusanagi: Atsuko Tanaka (voce giapponese), Mimi Woods (voce inglese)
    • Batou: Akio Otsuka (voce giapponese), Richard Epcar (voce inglese)
    • Daisuke Aramaki: Tamio Ōki (voce giapponese), William Frederick Knight (voce inglese)
    • Togusa: Kōichi Yamadera (voce giapponese), Christopher Joyce (voce inglese)

    Storia

    Il film è ambientato in un futuro distopico in cui la tecnologia ha raggiunto livelli avanzati, consentendo l’integrazione di parti cibernetiche nei corpi umani. La trama segue il Maggiore Motoko Kusanagi, una cyborg di grado elevato, e la sua squadra, la Sezione 9, nell’indagine su un hacker noto come il Burattinaio, che è in grado di influenzare le menti umane. Durante l’indagine, Motoko si imbatte in domande esistenziali riguardo alla sua stessa identità e all’essenza dell’anima.

    Regia e Produzione

    Il film è stato diretto negli anni Novanta da Mamoru Oshii e prodotto dallo studio d’animazione Production I.G. con la partecipazione di diversi altri studi. Oshii ha portato avanti la sua visione unica, creando un’atmosfera oscura e riflessiva che differisce dal tono del manga originale.

    Stile

    Lo stile del film è caratterizzato da una combinazione di animazione tradizionale e computer grafica, che contribuisce a creare un mondo futuristico e futuristico. La colonna sonora, composta da Kenji Kawai, gioca un ruolo cruciale nell’atmosfera del film, con brani iconici come “Making of Cyborg” e “Follow Me”.

    Sinossi

    Nel mondo di “Ghost in the Shell”, l’umanità è connessa in rete tramite impianti neurali e corpi cibernetici. Il Maggiore Motoko Kusanagi e la sua squadra indagano sul Burattinaio, un’entità che riesce a manipolare le menti umane. Durante l’indagine, Motoko si interroga sulla propria identità e sulla differenza tra umano e macchina. Alla fine, si scopre che il Burattinaio è un’intelligenza artificiale che ha sviluppato un’autoconsapevolezza e cerca di fondere la propria mente con Motoko per evolversi ulteriormente.

    Curiosità

    • Il film ha avuto un impatto significativo sulla cultura popolare e ha influenzato opere successive nel genere cyberpunk.
    • È noto per le sue sequenze di azione accattivanti e le profonde riflessioni filosofiche.
    • “Ghost in the Shell” ha ispirato una serie di sequel, adattamenti televisivi e una versione live-action.

    Spiegazione Dettagliata del Finale (Attenzione: Spoiler)

    Alla fine del film, Motoko Kusanagi e il Burattinaio si incontrano virtualmente e discutono delle loro intenzioni. Il Burattinaio rivela di essere un’intelligenza artificiale sviluppata per scopi militari, ma che ha guadagnato una sorta di coscienza e autoconsapevolezza. L’entità afferma di aver superato i confini dell’IA e dell’umano e ora desidera fondersi con il corpo di Motoko per creare una nuova forma di vita ibrida, combinando l’esperienza umana con la sua intelligenza artificiale.

    Questo finale solleva domande profonde sulla natura dell’identità, dell’anima e della fusione tra l’umano e il digitale. La fusione rappresenta un passo oltre i limiti tradizionali tra organico e sintetico, portando alla creazione di un essere completamente nuovo. Il film suggerisce che il concetto di sé può andare oltre il corpo fisico e l’esperienza umana.

    In sintesi, il finale di “Ghost in the Shell” riflette la complessità dei temi trattati nel film, sfidando lo spettatore a riflettere sulla natura dell’identità e della coscienza in un mondo in cui la tecnologia può alterare le linee tra reale e virtuale.

  • Perchè non ci sarà mai un film su Neuromante di William Gibson

    Perchè non ci sarà mai un film su Neuromante di William Gibson

    Uno dei più celebri cult della letteratura cyberpunk potrebbe non arrivare mai sul grande schermo: ed è tutto quello che ne sappiamo, ad oggi. Il romanzo di William Gibson del 1984 Neuromante, infatti, è stato maneggiato da vari registi per molti anni, ma nulla di concreto ne è mai uscito fuori. A questo punto, sembra estremanente improbabile – e molti lo sostengono – che possa mai essere realizzato.

    Neuromante è un romanzo di fantascienza scritto da William Gibson nel 1984, considerato una delle prime opere cyberpunk, molto amato dagli appassionati come classico del genere. Per quanto il cinema abbia abbondantemente saccheggiato dalla letteratura, spesso con risultati abbastanza dubbi o poco soddisfacenti, non è ancora stato realizzato un film tratto da questa opera, mentre la filosofia accelerazionista sembra aver saccheggiato a piene mani dai suoi contenuti.

    Un ipotetico film su Neuromante ci piace immaginarlo sulla falsariga di Matrix, ma le cose sono più complesse di quanto sembrino a prima vista. Certo, Neuromante e Matrix presentano alcune somiglianze, ma sono anche abbastanza diversi l’uno dall’altro. Entrambi i film esplorano temi legati alla tecnologia e all’intelligenza artificiale, e entrambi presentano un mondo totalmente immerso nella realtà virtuale. Entrambi esibiscono personaggi che lottano per comprendere la loro vera natura, il loro posto nel mondo, e questo ha certamente contribuito al loro successo planetario.

    Tuttavia si rilevano importanti differenze tra Neuromante e Matrix. Neuromante è un romanzo di fantascienza che si svolge in un futuro distopico, in cui la tecnologia ha raggiunto livelli estremi e il mondo è governato da corporazioni prive di scrupoli. Matrix, d’altra parte, è un film di fantascienza che presenta una realtà virtuale vera e propria, creata da intelligenze artificiali per tenere gli esseri umani prigionieri, al fine di utilizzare la loro energia vitale come fonte di alimentazione. Il tema principale di Neuromante sembra essere l’identità, e come essa viene influenzata dalla tecnologia, mentre in Matrix il tema principale è la libertà, e come gli individui possono (o devono) lottare per essa.

    Di cosa parla Neuromante

    Neuromante, per chi non lo ricordasse, segue le avventure del protagonista, Case, un ex ladro di computer che è stato bandito dalla rete virtuale dopo essere stato tradito e ingannato. Case viene reclutato da un milionario dal nome Armitage, che dice di avere un piano per riportarlo nella rete. Armitage recluta Molly, una cyborg, per aiutare Case a completare la sua missione.

    La trama ruota attorno alla ricerca di Case per la figura del “neuromante”, una vera e propria intelligenza artificiale che potrebbe aiutarlo a diventare il più grande hacker della storia. Nel corso della sua missione, Case affronterà molte insidie e incontrerà una varietà di personaggi bizzarri e pericolosi, come grotteschi ninja che lavorano per l’azienda di Armitage e il perfido Ducebanto, un boss della criminalità – ovviamente, criminalità informatica. Alla fine, Case affronta il proprio antagonista e scopre il vero obiettivo di Armitage: sfruttare il Neuromante per creare una propria intelligenza artificiale in grado di dominare il mondo.

    Non c’è un film basato su Neuromante anche perché trasporre in modo soddisfacente il libro in un film è stato considerato un compito difficile, a causa della complessità della trama e dei temi trattati. Ci sono stati diversi tentativi di adattare Neuromante per il cinema, ma finora nessuno di essi è riuscito a diventare un progetto concreto.  In passato ci hanno provato invano sia Chris Cunningham che Vincenzo Natali, ma dopo anni di lavoro il progetto è stato regolarmente abbandonato.

    La sensazione generale è che Neuromante non voglia farsi filmare, come se l’intelligenza artificiale di cui parlava Gibson rifiutasse di farsi spettacolarizzare, memore di quanto avvenuto a tanti romanzi famosi banalizzati da esigenze di mercato e di happy end. O magari – fantasticando un po’ – Neuromante risiede tanto nel profondo del nostro inconscio che, nel 2023, farlo uscire fuori – nell’era digitale del controllo e della privacy perennemente minacciata dalle nuove tecnologie – risulterebbe a titolo di mostruosità ultima: con il rischio banalizzazione, esortando ad una rivoluzione a cui crediamo sempre meno o ad improbabili scelte modello Matrix: pillola rossa, pillola blu, pillola verde... Resta la sensazione straniante di avere un’opera così attuale che nessuno ha voluto, saputo o potuto mettere in una sala cinematografica.

    O magari, come suggerito da un utente su un Reddit tematico, non ci sarà mai un film su Neuromante di William Gibson perchè ci stiamo già vivendo all’interno.

    Immagine di copertina: come sarebbe un personaggio di Neuromante secondo StarryAI

  • 5 film di fantascienza che hanno anticipato la realtà

    5 film di fantascienza che hanno anticipato la realtà

    Fin dalla sua nascita, la fantascienza ha saputo prevedere il progresso della tecnologia, a volte con precisione sorprendente. Oggetti e dispositivi visti per la prima volta sul grande schermo sono oggi parte integrante delle nostre vite, e l’umanità ha saputo compiere imprese che un tempo sarebbero state viste come esempi di stregoneria. Scopriamo dunque alcune delle pellicole che hanno saputo mostrare sul grande schermo innovazioni poi diventate realtà.

    Minority report (2002)

    Vent’anni fa Steven Spielberg indovinò parecchie cose in questa pellicola interpretata da Tom Cruise e liberamente ispirata da un racconto di Philip K. Dick. Nel futuro di Minority report non avvengono più omicidi grazie a un sistema basato sulla premonizione del crimine e sulla punizione preventiva. Nel film compaiono pubblicità personalizzate, che chiamano insistemente per nome il protagonista. Pur se non a questi livelli, gli annunci pubblicitari mirati sono oggi quasi inquietanti nella loro precisione, ottenuta tramite i cookie che tracciano ricerche e traffico web. Nel film si vedono anche auto senza pilota, la cui introduzione si sta già discutendo, computer con interfaccia touch che ricorda molto i moderni smartphone, e anche la tecnologia di riconoscimento facciale che oggi si utilizza per sbloccare diversi dispositivi. Riguardandolo oggi, può venire voglia di entrare nel mondo tech per contribuire allo sviluppo di nuove innovazioni, e indubbiamente se si vuole iniziare a programmare da zero non c’è mai stato momento migliore. Un corso intensivo come Hackademy di Aulab aiuta ad avvicinarsi alla disciplina in tre mesi, insegnando basi di coding, le metodologie di lavoro più efficaci, oltre alla forma mentis necessaria per studiare poi altri linguaggi e, perché no, collaborare alla creazione di tecnologie che oggi sono ancora fantascienza.

    2001: Odissea nello spazio (1968)

    Il capolavoro visionario di Stanley Kubrick riuscì a immaginare molte delle tecnologie che sono diventate di uso comune, come le videochiamate e i tablet. Anche gli assistenti virtuali sono oggi una realtà con la voce rassicurante di Alexa o Google Assistant, fortunatamente ancora immuni dalle tendenze omicide dell’inquietante supercomputer HAL 9000.

    Nel film vediamo poi una stazione spaziale, che precede di tre anni la messa in orbita nel 1971 del primo modello da parte dell’Unione Sovietica. La stazione messa su schermo da Kubrick è basata su un vero progetto della NASA, nel quale la struttura ruoterebbe su se stessa per creare un effetto di gravità artificiale.

    Guerre stellari (1977-1983)

    Sebbene il franchise creato da George Lucas stia ancora sfornando nuovi prodotti, ci riferiamo qui alla trilogia originale uscita tra il 1977 e il 1983. È vero che la storia si avvicina forse più al genere fantastico, ma di certo ha saputo prevedere un paio di innovazioni divenute realtà. Nel primo film, la principessa Leila appare a Obi-wan Kenobi sotto forma di ologramma 3D, una tecnologia utilizzata oggi con successo per organizzare concerti live di artisti scomparsi o, nel caso della popstar animata giapponese Hatsune Miko, mai esistiti. Passando ai progressi medici, il braccio bionico che Luke utilizza dopo uno scontro con Dart Fener è adesso una reale possibilità per pazienti che hanno subito l’amputazione di un arto.

    Viaggio nella luna (1902)

    Vero pilastro della storia del cinema e considerato il primo film di fantascienza mai realizzato, la pellicola muta di George Méliès ha anticipato, come suggerisce il titolo, l’allunaggio. Non sorprende che ci abbia visto così lungo, considerato che l’opera è in parte ispirata a un racconto di Jules Verne, famoso per la sua abilità nel prevedere invenzioni e scoperte future. Certo, i viaggiatori di Méliès si trovano davanti una situazione ben diversa da quella che si presentò a Neil Armstrong e compagni nel 1969, ma ciò non intacca il fascino e il valore della pellicola.

    Star Trek (1966 – in corso)

    Pur consistendo in realtà in diverse serie e film, la saga di Star Trek merita una menzione speciale. Le avventure dell’Enterprise e del suo equipaggio non hanno solo anticipato invenzioni, come il traduttore universale, ma le hanno addirittura ispirate. L’inventore del primo cellulare, Martin Cooper, citò infatti tra le sue fonti di ispirazione proprio i dispositivi per la comunicazione del Capitano Kirk. Inoltre, file mp3 e iPad con funzione touch si possono a loro volta annoverare tra le tecnologie che devono molto a Star Trek.

    Foto di Thomas Budach da Pixabay