FOBIE_ (182 articoli)

Recensioni dei migliori horror usciti al cinema e per il mercato home video.

  • Il primo film di Aldo Lado: “La corta notte delle bambole di vetro”

    Il primo film di Aldo Lado: “La corta notte delle bambole di vetro”

    Un giornalista viene ritrovato apparentemente morto dentro un parco: in realtà è ancora vivo, ma non riesco a muovere un muscolo pur avendo ancora la capacità di pensare.

    In breve. Il primo film di Aldo Lado (Chi l’ha vista morire?, L’ultimo treno della notte) è probabilmente uno dei più sorprendenti che abbia mai girato: segue la struttura di un giallo argentiano e riesce, soprattutto, ad accarezzare l’horror più incisivo senza inutili eccessi.

    Film decisamente interessante e poco valorizzato dalla critica, che tendenzialmente lo capì poco (le recensioni sul Davinotti, ad esempio, sono discordanti e quasi tutte impietose). Introdotto da una tagline piuttosto classica (When things are not what they seem, ovvero quando le cose non sono quello che sembrano) che sembra dire pochissimo di per sè (le apparenze decostruite diventeranno un classico del cinema horror, da Society in poi), ma che rivela un impianto molto originale. Qualcosa che all’epoca deve avere molto sorpreso il pubblico, che si trovano di fronte una realtà surreale e spaventosa: il protagonista è apparentemente morto, ma riesce ancora a pensare. Si scoprirà che questo stato catatonico è stato indotto da una serie di circostanze, per le quali molta critica arrivò a parlare di vera e propria fanta-politica.

    Dead? I’m dead? Can’t be. I’m alive. Can’t you tell I’m alive? I’ve got to make them see. You! Listen to me! Look at me! Can’t you hear me? Maybe it’s a nightmare. I’ll try to wake up. I’ve got to move. Yeah, a finger. Ca’ Can’t! I must! Don’t leave me like this. Help me! HELP ME!

    Vedere Greg Moore portare la propria compagna (Mira) ad un party in cui sono tutti ricchi, potenti ed anziani non potrà che far pensare al succitato cult di Brian Yuzna, tanto da suggerirne una potenziale ispirazione. La trama si sviluppa come un flashback dei ricordi del giornalista, intervallati dai tentativi di un amico chirurgo che cercherà in ogni modo di rianimarlo. Riuscirà Gregory a svegliarsi prima che la sua ora arrivi definitivamente? Lo scopriremo solo nell’ultima scena, quella che probabilmente ha consacrato la fama di questa opera prima di Lado, a mio modo di vedere, come uno dei migliori film di genere giallo-thriller.

    Esiste un piccolo mistero sulla scelta del titolo, dato che non è esplicitato quali siano le “bambole di vetro” (il titolo originale è The Short Night of the Butterflies, ovvero La corta notte delle farfalle, le farfalle – che, si dice nel film, “non volano più“, uno degli indizi per ricostruire l’enigma). A meno che non si voglia pensare alle bambole di vetro come alle ragazze tenute in stato catatonico e sostanzialmente controllate dalla setta, per quanto questa cosa non sia forse sufficentemente rimarcata dall’intreccio (a parte Mira, solo un’altra ragazza dimostra esplicitamente di aver subito questa sorte: l’americana presentata a Gregory durante il party, poco prima che la sua compagna scompaia nel nulla).

    C’è da sottolineare la parvenza rivoluzionaria dello spaventoso quid della trama, ovvero la capacità di tenere il cervello attivo di una vittima, dandogli esternamente la parvenza di morto. Il non-morto cerca disperatamente di comunicare con l’esterno ma non riescono a sentirlo, e questa cosa viene schiaffata in faccia allo spettatore dopo qualche minuto di film: uno spaventoso stato catatonico che evoca, almeno in parte, il soldato tenuto in vita forzatamente protagonista di E Johnny prese il fucile di Dalton Trumbo.

  • Possession (1981): l’horror metaforico sulla gelosia di A. Zulawski

    Possession (1981): l’horror metaforico sulla gelosia di A. Zulawski

    Una donna in crisi col marito possessivo inizia a manifestare un comportamento sempre più crudele; i sospetti di infedeltà coniugale, poi, la renderanno ancora più sinistra.

    In breve. Sebbene relegato all’ambito del cinema d’essai, Possession è la dimostrazione di come l’horror possa essere un linguaggio ideale per la rappresentazione di drammi. Un piccolo capolavoro del regista recentemente scomparso, forse la sua testimonianza più importante. Nonostante qualche bizzaria nella narrazione, riesce a farsi seguire anche dal grande pubblico.

    Possession rientra – almeno nella mia esperienza di spettatore, e ad una prima analisi – tra i film sostanzialmente privi di genere: classificato spesso come horror psicologico, sarebbe quantomeno onesto ammettere che si tratta di una semplificazione brutale – se non altro parziale, per non dire ingiusta – rispetto al lavoro di Zulawski.

    Possession è un film che funziona, in effetti, perchè focalizza le proprie qualità sulle doti interpretative dei singoli protagonisti, con un grado di espressività esasperata – tipica ad esempio del teatro moderno, più introspettivo o psicologico – per quanto si ceda, a volte, alla tendenza a rappresentare simbolismi forse astrusi, forse poco chiariti. Una splendida (in ogni senso) protagonista come Isabelle Adjani è in grado di calarsi completamente nella doppia parte Anna / Helen, e se il film è decisamente bello (e riesce a turbare lo spettatore) gran parte del merito è della sua interpretazione. Impossibile non notare, poi, l’ambientazione nella Berlino all’epoca divisa dal muro, sorvegliata militarmente e simbolo della divisione familiare forzata.

    In questo senso, e senza che ciò possa sembrare troppo arbitrario, Possession è un film lynchiano, nel senso che va vissuto nel suo fluire e che, soprattutto, lascia spazio alle interpretazioni soggettive degli spettatori, tutte egualmente valide – a patto che si sappia accettare il linguaggio (non proprio convenzionale) scelto dal regista. Buona parte della fama di incomprensibilità, per inciso, è probabile che derivi dalla versione italiana in videocassetta di questo film, doppiata in maniera discutibile e montata (cosa davvero assurda) in maniera arbitraria; la versione da vedere è quella di quasi due ore edita in DVD dalla Raro Video (e non banalissima da reperire, ad oggi).

    In questo contesto l’aspetto puramente narrativo finisce quasi in secondo piano, tanto che – astraendoci per un attimo dal contesto – saremmo di fronte a premesse tanto banali da risultare sconcertanti: una donna sposata con un figlio trova un amante, e vive il dramma del divorzio. La storia è tutta qui, per cui è chiaro che la regia di Zulawski ha contribuito grandemente ad impreziosirla ed espanderla. Un discreto (e neanche originalissimo) melodramma che, nel caso di Possession, è solo il punto di partenza per l’evoluzione e lo sviluppo di situazioni imprevedibili, e per favorire il dispiegarsi di una tragedia consumata tra mostri interiori ed esteriori.

    Il predominio dei personaggi è tanto forte da essere, di fatto, il vero focus su cui concentrare l’attenzione: il rigido conformismo e l’aggressività latente di Mark, incapace di accettare la mutazione (in parte cronenberghiana) della moglie, ed ossessionato dal proprio amore al punto di perdere il controllo di sè; la natura doppia ed imprevedibile di Anna, in bilico tra come – suo malgrado – sta diventando (Anna, nella sua versione “posseduta” da un amante incontrollabile, imprevedibilmente violenta e tormentata e, poco dopo, assassina) e come il marito vorrebbe che fosse, in versione idealizzata (la maestra, angelo del focolare domestico, Helen). L’autolesionismo dei due, che emerge simbolicamente nel momento in cui si feriscono, deliberatamente, col coltello elettrico, da’ il via al lato più terrificante della storia, che fino alla comparsa del mostro visibile poco dopo – e che gli ha conferito la fama di horror di cui sopra. L’elemento di mostruosità (il “polipone” ideato da Carlo Rambaldi) interviene nel film a spezzare l’ordinarietà del dramma, e poco importa quanto possa apparire fuori posto una presenza del genere; è proprio questo mix, piuttosto, a rendere Possession un unicum del suo genere, alla pari di film analoghi sulla possessione/ossessione amorosa imprescindibili per qualsiasi amante del genere (e non posso fare a meno di pensare ad Audition, e a quanto Miike possa aver da qui attinto a livello di atmosfere).

    Proprio il tema del doppio, certamente non nuovo al cinema – basterebbe pensare a Doppelganger del 1969, ma anche a buona parte della filmografia di David Cronenberg – è centrale in questo film del regista polacco. La sequenza in cui Anna urla e scalpita in metropolitana, emblema di una psicosi al culmime,  se da un lato appare quasi grottesca nella sua insistenza, finisce per rappresentare l’essenza dei suoi tormenti interiori, da sempre in bilico tra una (apparente) libertà che la illude, ed un vincolo familiare che la fa semplicemente sentire in colpa.

    Dall’altro lato, la rigida tranquillità di Mark pronta ad degradare nella follia (un Sam Neill in una delle due migliori interpretazioni), è anch’essa magistrale, tanto da presentare echi di ciò che lo renderà celebre quasi quindici anni dopo (l’assicuratore de Il seme della follia di John Carpenter). La possession della moglie diventa, per lui, pura ossessione: ossessione per le sue ordinarie ambizioni (il lavoro, la carriera, l’amore, la famiglia), che lo porteranno inevitabilmente all’autodistruzione.

    Per un film del genere, poi, qualche parola va inevitabilmente spesa per il finale: i due coniugi sembrano avere un doppio, apparentemente frutto di una mente ormai distorta dalle circostanze. Nel momento in cui tali doppi si sostituiscono agli originali, arriva il momento dell’apocalisse, simboleggiato dal suicidio finale del figlio (davvero terrificante nella sua semplicità) e dall’incontro tra Helen ed il doppio di Mark, una versione algida e sulfurea che sembrerebbe “nata” dal mostro partorito da Anna, che preannuncia una spettacolare quanto spiazzante apocalisse (le bombe che si sentono esplodere dall’esterno).

    Se è genericamente improprio chiamare horror Possession di Zulawski, dunque, può essere quantomeno sensato notare che le sue dinamiche narrative sono, a tutti gli effetti, quelle degli horror, a partire dal crescendo da una situazione ordinaria ad una decisamente imprevedibile. Molti passaggi del film sembrano non causali e questo, oltre ad essere tipico del genere, è anche tipico del periodo. Del resto ci troviamo negli anni del Fulci dell’assurdo visto nel cult …e tu vivrai nel terrore! L’aldilà, e proprio con quest’ultimo si potrebbero scovare interessanti parallelismi; su tutti, il finale apocalittico che, almeno in parte, li accomuna: l’aldilà del quadro, simbolo della conclusione dell’esistenza terrena, e l’apocalisse di Possession, simbolo dell’isolamento e della solitudine.

  • 39 immagini generate da una intelligenza artificiale su paranoia e inconscio

    39 immagini generate da una intelligenza artificiale su paranoia e inconscio

    Inconscio, paranoia, fobie e psicoanalisi. Cosa succede se si da’ in pasto come input ad un software di generazione immagini dei concetti spaventosi, intimisti o legati al mondo dell’horror? Abbiamo provato a generare delle immagini basate su frasi di Lacan e Freud, e su quanto di più intrigante e spaventoso possa esistere.

    L’intelligenza artificiale di starryai, progetto software gratuito nato quest’anno, sembra aver colto nel segno: di seguito i risultati più impressionanti che abbiamo ottenuto (credits: Starryai).

    Clicca su ogni immagine per vederla meglio.

    Come si generano le immagini mediante intelligenza artificiale?

    È possibile generare immagini (disegni, anche fotorealistici, con vari stili) grazie all’intelligenza artificiale e software come StarryAI.

  • 11 Video Creepypasta che potete vedere su Youtube

    11 Video Creepypasta che potete vedere su Youtube

    In alcuni casi, i creepypasta video presenti su Youtube sembrano più che altro sensazionalismo o informazione di bassa qualità, cosa che sorbiamo periodicamente anche dalle nostre parti, del resto, e che non è il caso di approfondire (alcuni esempio possono essere quelli del bambino ventriloquo, del fantasma in pieno giorno o di certi video di avvistamenti fantasmi o UFO). In altri casi, la creepypasta – una storia horror breve ma intensa, per definizione –  è perfettamente attinente, e siti come Reddit sono letteralmente zeppi di contenuti di questo tipo. Molti creepypasta celebri in passato, del resto, sono stati cancellati per sempre, e a meno di recuperarli per vie traverse o se qualcuno ne avesse una copia nei propri dischi sconnessi dalla rete, difficilmente potremo mai rivederli.

    Quasi tutte le creepypasta citate, per inciso, sembrano semplicemente video horror ultra-amatoriali realizzati più o meno bene, i migliori dei quali hanno ottenuto effetto virale.

    La posizione antibufala in merito, del resto, è quasi sempre assodata (quindi tutti i video non sono reali, senza eccezioni) per quanto possa sembrare a volte contraddittoria insoddisfacente: si assume che quasi tutte le creepypasta non siano reali, e si ispirino più che altro a leggende urbane raccontate in forma di video, un po’ come avvenuto per il revival degli horror POV e realistici modello [REC] diffusi nei cinema fino a qualche anno fa. C’è ad esempio, su questa falsariga, il cortometraggio Still Life, che rientra nel novero del genere per quanto non sia esattamente una creepypasta vera e propria (che in genere sono al più film amatoriali).

    Nulla rende meglio l’idea della diffusione ed il successo di queste video-storie se non il fatto che, per convenzione perturbante, vengono credute reali anche se sappiamo bene non esserlo.

    Avvistamento di un magnapinna

    Le profondità dei mari sono ancora poco studiate e il magnapinna rientra tra gli animali più misteriosi che vivono tra quelle oscurità.

    Bigfin Squid

    Video del Tuyul

    Sul modello di [REC] esiste un video che si chiama semplicemente Ghost, e che vanta molte visite e sul quale non sembrano disponibili molte informazioni in merito. La qualità è bassa, la questione è un po’ confusa e certi aspetti del video non sembrano troppo credibili, ma le visualizzazioni sono state più di 500.000 ad oggi. Se facciamo una lista di creepypasta video è impossibile non citare il Video di un tuyul, un demone della tradizione indonesiana, che nel video appare sul divano con effetto scary jump assicurato.

    Meow meow I am a cat

    Meow meow I am a cat

    Rientra a pieno titolo nel bizzarro sul web, se non proprio nelle creepypasta. Quasi due milioni di visualizzazioni ad oggi per il creatore di questa animazione.

    Il film è suddiviso in quattro parti, reperibili ad oggi su Youtube (anche solo la prima rende perfettamente l’idea).

    Max Headroom Pirating Incident

    Max Headroom Pirating Incident non è una creepypasta vera e propria, ma poco ci manca: la storia vera di una delle prime incursioni hacker nella storia della televisione americana, con quest’uomo mascherato che si intromette nel canale di comunicazione dell’emittente TV e si diverte a trasmettere se stesso per diversi secondi mentre balla e delira in diretta nazionale. Alla base dei fatti una banale disattenzione del tecnico incaricato della trasmissione, a quanto sembra. L’identità di Max Headroom è rimasta ignota fino ad oggi.

    The Wyoming Incident

    Versione “alternativa”, molto simile e meno nota del caso di Max Headroom, per quanto abbia una parvenza più costruita a tavolino si tratta di un altro caso di incursione TV non prevista. Secondo questo sito si tratterebbe dell’opera di un hacker riuscito a interrompere le trasmissioni da un canale di programmazione locale (che si ritiene servisse diverse comunità più piccole nella contea di Niobrara, negli USA) e ha mandato in onda il proprio video. Il video conteneva numerose clip con visi umani in varie pose. Nella narrazione da urban legend della storia, la visione del video provocherebbe vomito, mal di testa e addirittura allucinazioni, per via delle particolari tonalità di colore e frequenza di riproduzione utilizzata.

    The Wyoming Incident

    There Are Monsters

    Questo cortometraggio, fondato essenzialmente su un mood misterioso e sui primi piani ai suoi grotteschi personaggi, esprime forse al meglio lo spirito dei creepypasta, e li rende un film patinato e ben realizzato, tanto da finire nella selezione del London Film Festival nel 2008.

    There Are Monsters

    Maskie

    Si tratta di una storia postata il 4 luglio 2012 sulla versione di 4chan dell’epoca, e che mostra il video di una figura accovacciata e non visibie che sembra pregare. Sembrerebbe essere il video degli omicidi di un killer girati in prima persona, se si vuole credere alla sospensione di incredulità, e sul quale non sembrano disponibili molte altre informazioni ad oggi. Sicuramente tra le creepypasta più suggestive di sempre.

    You Will Never Find Me

    The Gable Film

    In questo caso si tratta di un cortometraggio, girato da Mike Agrusa, diventato virale sul web nell’anno 2007. Presenta l’apparizione di una strana ed ignota creatura, il Michigan Dogman, una sorta di quadrupede di colore bianco e dalla parvenza quasi umanoide. Figura appartenente al folklore americano, in The Gable Film si tratterebbe dell’unico video che ne mostra uno autentico.

    Il figlio di Aaron Gable sale in sella alla propria motoslitta per compiere le proprie consuete attività: bere birra,  spaccare la legna, andare in motoslitta. All’improvviso un cane non si accorge di qualcosa che non va, finchè non viene avvistata una creatura che cammina a quattro zampe nella foresta. Gable ferma il camion per cercare di riprenderlo, ma non è una buona idea: l’animale resta fermo da lontano, poi sembra attaccare il cameraman. La creatura si vede da vicino solo per un attimo, prima che l’operatore cada evidentemente a terra.

    The Gable Film

    Altro caso di creepypasta virale sul quale non si sa molto: un video dai tratti psichedelici che mostra varie immagini grottesche in alternanza, e che produce quella che potrebbe essere definita la pertubanza, ovvero quel mix di familiarità delle immagini e paura indotta dalle stesse tipica di qualsiasi horror ben realizzato.

    FACE

    Body of a pig

    Altro creepypasta molto suggestivo e spaventoso, con colpo di scena finale (in inglese con sottotitoli).

    Body of a Pig EVP

    (Foto di copertina generata via Starryai)

  • Trauma di Dario Argento parla di disturbi alimentari e shock psicologici

    Trauma di Dario Argento parla di disturbi alimentari e shock psicologici

    Aura Petrescu, una ragazzina sofferente di anoressìa, assiste all’omicidio dei propri genitori da parte di un killer: grazie all’aiuto dell’amico David scoprirà un’imprevedibile trama ordita dall’assassino…

    In breve. Un corposo trattato di sadismo, incentrato sulla figura di un inquietante serial killer tagliatore di teste: uno dei film forse meno noti di Argento che comunque, a ben vedere, rimane nella sua filmografia come lavoro di buona qualità.

    “Con un cappio attorno al collo… non sono stata la prima vittima, e non sarò nemmeno l’ultima!”

    Prima produzione americana – e questo si riflette nelle ambientazioni e nei ruoli dei personaggi – di Dario Argento, con soggetto scritto con Ferrini e Romoli incentrato sulle vicende di una ragazzina rimasta orfana. Proprio per il ruolo di protagonista venne scelta la figlia Asia, all’epoca giovanissima e, per questa ragione, probabilmente acerba rispetto all’importanza del ruolo che rivestì. Già questo rende “Trauma“, thriller novantiano ricco di tipiche trovate “teatrali” del regista, un film vagamente ostico da guardare, senza contare la sua lunghezza atipica (circa due ore) in cui, tanto per (non) cambiare, l’assassino viene rivelato solo alla fine dopo il consueto gioco di falsi sospetti ed indiziati. Al di là di una scelta di interpreti poco esaltante e di una trama forse poco incisiva nella prima parte, quasi nulla è da buttare, tenendo conto dell’ambientazione architipica, della dinamica da thriller mainstream, di alcune citazioni di Profondo rosso, del sottotesto del film e del fatto che riguarda l’anoressia, un dramma vissuto realmente dalla sorellastra di Asia (Anna, scomparsa nel 1994). Quantomeno potremmo affermare che questo lavoro è l’ennesima dimostrazione di come l’horror sappia essere, in opportune condizioni, un genere più maturo e profondo di quanto troppe persone vogliano farci credere. L’argomento cardine di Trauma, al di là delle micro-storie che contiene, riguarda un’imprevedibile vendetta dovuta ad uno spaventoso trauma – per l’appunto – vissuto dal killer, proprio come avveniva nel succitato capolavoro del regista.

    Trauma è un buon thriller, ben ritmato ed a forti tinte horror, che mostra il “tocco” dell’Argento più sanguinario e viscerale, a cominciare dalla scena di decapitazione presentata all’inizio (mediante un laccio metallico motorizzato), che poi rappresenterà – piuttosto atipicamente per il regista romano – l’arma del delitto prefissata. Un villain che, in questo contesto, si muove di soppiatto e quasi sempre in soggettiva, restando nascosto con cura fino all’imprevedibile finale, giusto il tempo necessario perchè Aura possa ricordare ciò che la sua psiche ha rimosso (la faccia del maniaco, per l’appunto). Contemporaneamente, pero’, i toni appaiono smorzati rispetto al mai troppo celebrato passato del regista, il quale preferisce abbandonarsi a suggestioni da tipico film made in USA che ai consueti “tocchi di classe” che lo caratterizzarono all’epoca: a vederlo oggi, a conti fatti, avercene film “commerciali” così.