“…al mondo non si fa quello che ci piace, solo e soltanto quello che si deve“. È questa probabilmente la summa del film di Alberto Antonini “Seguendo il sangue“, un thriller estremamente surreale a forti tinte horror, che deve moltissimo dell’impianto scenico alle opere più spaventose di David Lynch.
Sebbene si tratti di un’opera prima (dalla lunga gestazione, a quanto sappiamo), l’accostamento con il grande regista statunitense non appare fuoriluogo: certo, Antonini gira con mezzi ed ambientazione decisamente più ristretti di un Fuoco cammina con me, ma gli accostamenti visivi e stilistici non mancano. Senza che ciò possa apparire come pretenzioso, il risultato finale è di un surreale decisamente di livello.
La storia è abbastanza complessa da descrivere – sostanzialmente si tratta di un sequestro di persona rivisitato in chiave grottesco-surreale – e credo sia bene guardare il film cercando di carpirne lo spirito, lasciandosi trasportare dalla rappresentazione, dai giochi di sguardi e dalle parole solo sussurrate, senza contare le citazioni filmico-letterarie (tra cui un riferimento alla Nuova Carne – probabilmente di ispirazione cronenberghiana). E poi, al di là del riferimento a Freud ed allo sviluppo sapiente del tema del doppio, direi che la chiave di tutto è il Sangue del titolo, inteso come passione, simbolo della svolta e del cambiamento. Alcuni momenti spiazzano un po’ troppo (uno su tutti: il “macellaio” con la testa di maiale), e mentre si fatica a comprendere si resta al tempo stesso come ipnotizzati dal film. Tantissimi i temi che, tra sogno, realtà e delirio, vengono simbolicamente affrontati: tra di essi troviamo la sessualità morbosa, l’istinto omicida, la repressione del sentimento e – non ultima – la mutazione interiore dell’uomo.
La cosa che mi ha colpito maggiormente, al di là dell’interpretazione dei singoli (sempre di livello) è stato l’uso intensivo degli effetti visivi, ovvero l’alternarsi di vari tipi di ripresa allo scopo di sottolineare, in molti casi, stati d’animo ed emozioni. Riprese ordinarie alternate ad altre a circuito chiuso, oppure con effetti intricati quali mosaici e caleidoscopici. Altre volte, semplicemente, una videocamera amatoriale degna di un vero e proprio mockumentary. Un cinema “mentale”, in definitiva, risaputamente non amato dal circuito hollywoodiano, dal quale fuoriescono macerie sulle quali si prova a ricostruire. Ed è questo, secondo me, l’aspetto più interessante di “Seguendo il sangue“. Un film certamente (più) adatto al pubblico di appassionati del genere thriller che non disdegnano divagazioni irrazionali: se amate Lynch o avete apprezzato l’estremo di Begotten, molto probabilmente lo amerete. Orgogliosamente indipendente, distribuito per il momento solo sui circuiti più ristretti (come i circoli culturali) e prodotto con professionalità, coraggio e grande competenza dei mezzi.
Ma il Sangue arde dentro di noi, e non resterà immobile di fronte al suo eterno avversario: chi può prevedere quale sarà l’esito?
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