Grand Guignol è usato più che altro come aggettivo, in questi anni, e probabilmente non tutti ricordano le sue oscure origini. Non è un caso che in pochi ricordino questo particolare sottogenere, anche perchè la critica fondamentalmente lo disprezzò sempre, a cominciare da Silvio D’Amico che non perse mai occasione per evidenziarne i limiti. Limiti che, a ben vedere, riguardano sempre le solite questioni per cui l’horror viene snobbato ancora oggi: trame risibili, interpreti sacrificati, minestra riscaldata e così via.
Nella sua primordiale sublimazione della paura, il palcoscenico apparve come lo scenario claustrofobico ideale per la nascita e la morte di quelle micro-storie, spesso affidate ad effetti speciali artigianali ed ingegnosi che, ovviamente, risentivano dell’effetto “dal vivo”. Uno dei volumi di riferimento sull’argomento, per l’Italia, è senza dubbio Teatro Sinistro di Carla Arduini (Bulzoni Editore), che traccia una storia molto puntuale e precisa del fenomeno, e che abbiamo utilizzato come fonte per la nostra analisi.
Nascita del Grand Guignol
Il Grand Guignol venne fondato formalmente a Parigi, nel quartiere Montmatre, nel 1897, dove rimase attivo fino al 1962. Col tempo si diffuse anche fuori dai confini francesi,e furono moltissime le compagnie che provano, non sempre con troppo successo, ad emularne le gesta. Lungi dall’essere un fenomeno localizzato o di provincia, il Grand Guignol venne emulato un po’ dovunque in Europa, ed affascinò per molto tempo artisti, impresari e pubblico, ponendo una base indiretta del concepimento di moltissimi film horror, sia di vecchia e nuova generazione.
Tematiche del Grand Guignol
Gli spettacoli di questo genere, che potremmo agevolmente definire un teatro horror o teatro thriller che dir si voglia, erano quasi sempre atti unici estremamente compressi e circoscritti, in cui venivano narrate storie di efferati delitti caratterizzati da una forma di realismo molto marcato. Sangue, crudeltà e violenza la facevano da padrone, ed in cui le narrazioni sono ambientate, spesso e volentieri, nei vicoli bui delle città in cui si viveva all’epoca.
La derivazione del genere horror a livello cinematografico dal Grand Guignol appare, a questo punto, lampante – così come il tasso di exploitatation in qualche modo in nuce, vincolato da effetti speciali da palcoscenico che, per forza di cose, dovevano sfruttare l’ingegnosità (al contrario di un film, se un effetti speciale salta perde credibilità l’intera messa in scena, e non si può certamente tagliare nulla).
Grand Guignol in Italia
Nel nostro paese la figura di riferimento nel genere fu senza dubbio la compagnia di Alfredo Sainati, capocomico ed attore della Drammatica Compagnia Italiana, che propose un ricco repertorio di Gran Guignol dal 1908 al 1936). A livello internazionale, per inciso, la drammaturgia di riferimento viene spesso ricondotta ad Andrè De Lorde (1871-1942).
Sainati non fu l’unico artefice di una compagnia del genere, ma sicuramente fu tra quelli che durarono di più: si contarono compagnie di Gran Guignol italiane che non durarono neanche un anno, a volte. Sulla figura di Sainati ci sarebbe moltissimo da scrivere: venne considerato l’unico autentico artefice del genere del teatro horror nel nostro paese, nonostante un esordio non proprio incoraggiante: dopo il debutto al Teatro Pavone di Perugia, Sainati lancia il Grand Guignol nelle città di Napoli, Torino, Firenze e Milano, ottenendo una reazione quasi sempre non esaltante dalla critica, che considerò il genere eccessivo e, in qualche modo, diseducativo.
La cosa che rende interessante il genere, di fatto, è che a mio avviso conferisce al genere una forma di letteratura popolare: della serie, se è vero che le storie di questo tipo sembrano tratte da fatti di cronaca tanto assurdi da sembrare inventati, c’è sempre l’approfondimento psicologico e intimo dei personaggi, con riferimenti espliciti a sesso, morte e violenza. Eppure all’inizio del Novecento un letterato come James Joyce si era interessato al genere, tanto da contattare Sainati per fargli realizzare la Cavalcata del Mare di Synge, progetto mai realizzato per mancata autorizzazione degli eredi dell’autore. Riders to the sea è considerato uno dei capolavori del teatro irlandese, un atto unico in cui si mescola un singolare connubio tra realismo, sovrannaturale e folklore.
Alcune trame degli spettacoli di Grand Guignol
Gli intrecci del Grand Guignol erano in genere brevi ed intensi, spesso anche a discapito dell’approfondimento psicologico dei personaggi, e caratterizzati da micro-mondi che si aprivano e si dischiudevano in pochi attimi. Molte di quelle storie si limitavano ad aprire e chiudere un micro-universo, come avviene nel caso della storia di un medico che, scoperto che la propria moglie aveva un amante, li chiude in un cottage, inoculando ad uno dei due il virus della rabbia (senza specificare quale). Quasi un Hostel in nuce, verrebbe da dire, in grado di fornire in modo essenziale uno dei feeling più comuni del teatro horror: il tema, svisceratissimo anche nel cinema, della vendetta.
Premesso che molti di questi spettacoli assorbivamo più elementi al proprio interno (inclusi alcuni ironici o intrisi di humor nero), il libro più celebre nella nostra lingua che ne parla è senza dubbio Teatro del Grand Guignol di Corrado Augias, un libro non più edito dei primi anni 70 e attualmente (a quanto pare) di complicata reperibilità. Tra le opere citate ve n’è una, Mammina, che suscita più di una curiosità: è l’unica della raccolta di cui non è noto il nome del traduttore (la maggioranza sono state tradotte da Carlo Cignetti e Giuseppe Concabilla), e a dispetto dell’innocenza del titolo è una storia terribile, in qualche modo quasi antesignana del genere rape’n revenge. Una prostituta in vena di trasgressione si concede ad un apache dall’aria selvaggia: chiede all’uomo, durante il rapporto, di raccontargli il suo ultimo crimine. Si rende progressivamente conto che le vittime da lui indicate sono la madre ed il figlio della donna, motivo per cui ucciderà l’uomo pugnalandolo. Sabotaggio di Charles Hellem, W. Valcros e Pol D’Estoc è un altro dramma incidentalmente familiare dai toni simili: un operaio fa saltare la corrente del proprio quartiere come atto di ribellione e sabotaggio, ma nel farlo provoca un problema al figlio malato di crup, proprio mentre sta subendo una tracheotomia che ovviamente fallisce.
Con l’avvento del cinema, progressivamente, il Gran Guignol perse, anno dopo anno, la propria popolarità, per essere recuperato solo in seguito da alcune compagnie teatrali (in Italia, ad esempio, il Grand Guignol de Milan). Le suggestioni del teatro dell’orrore, ovviamente, non dovrebbero mai essere sottovalutata – nemmeno oggi.
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