Non tutti sanno che si tratta di un termine per lo più storico, utilizzato in psichiatria per descrivere una condizione femminile caratterizzata da un desiderio sessuale femminile eccessivo e incontrollabile. Era considerata una sorta di “dipendenza morbosa” dal sesso, che spingeva le donne a una ricerca continua e insaziabile di rapporti sessuali. È essenziale sottolineare che oggi questo termine non è più utilizzato in ambito medico o psicologico. È considerato obsoleto e stigmatizzante, in quanto semplifica eccessivamente una realtà molto più complessa e riduce la sessualità femminile a una patologia.
Di fatto, la ninfomania era spesso utilizzata per patologizzare e stigmatizzare il desiderio sessuale femminile, che veniva visto come deviante e fuori controllo. Non sembrano esistere vere e proprie prove scientifiche solide a sostegno dell’esistenza di una tale condizione medica. L’uso del termine ninfomania semplificava eccessivamente una vasta gamma di esperienze sessuali femminili, riducendole a un unico disturbo, secondo una visione semplicistica e maschilista.
Nel 1992, l’Organizzazione Mondiale della Sanità non ha più riconosciuto la ninfomania come una patologia, sottolineandone indirettamente l’uso improprio che viene fatto, purtroppo, spesso anche solo a livello discorsivo. Successivamente, nel 1995, l’American Psychiatric Association rimosse questo termine dalla IV edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV). Il concetto, insieme all’equivalente maschile noto come satiriasi, fu ricondotto all’interno della più ampia categoria dell’ipersessualità. Oggi, al posto del termine ninfomania, si preferisce parlare di disturbi dell’iper-sessualità. Questi disturbi sono caratterizzati da un desiderio sessuale persistente e intenso che causa disagio significativo o compromissione in importanti aree del funzionamento. Questi disturbi sono complessi e possono avere diverse cause, tra cui fattori biologici, psicologici e sociali.
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