Recensioni

Raccolta di opere che qualcuno deve aver visto in TV, al cinema o in DVD. Trattiamo soprattutto classici, horror, thriller e cinema di genere 70/80. E non solo. Contiene Easter Egg.

  • the-blair-witch-project-daniel-myrick-eduardo-sanchez

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    Tre studenti di cinema, Heather Donahue, Michael C. Williams e Joshua Leonard, si avventurano nei boschi del Maryland per girare un documentario sulla leggenda locale della Strega di Blair. Del gruppo si perdono le tracce. Un anno dopo, viene ritrovato il loro girato.+1

    Realizzato con un budget stimato tra i 35.000 e i 60.000 dollari, il film ne ha incassati quasi 250 milioni in tutto il mondo, diventando uno dei film indipendenti di maggior successo di sempre. Parte del suo trionfo è dovuto a una campagna di marketing che presentava gli attori come “scomparsi” o “deceduti”, confondendo il confine tra finzione e realtà.​

    Diretto da Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez, il film è un’opera che ha ridefinito il genere horror. La sua forza non risiede in ciò che mostra, ma in ciò che nasconde. Utilizzando la tecnica del “found footage”, la pellicola immerge lo spettatore in un’esperienza di terrore psicologico, dove la paura nasce dai suoni spezzati nel buio, dalle figure di rami appese agli alberi e dalla crescente disperazione dei protagonisti.​

    Nonostante il plauso della critica, che lo ha definito “straordinariamente efficace”, il pubblico si è diviso. Molti lo considerano un capolavoro di suggestione, altri lo hanno criticato per la camera a mano e l’assenza di un vero e proprio mostro visibile. Indipendentemente dalle opinioni, The Blair Witch Project rimane una pietra miliare: un esperimento cinematografico che ha dimostrato come la paura più grande sia quella che non si può vedere.​

    1. https://www.imdb.com/title/tt0185937/
    2. https://en.wikipedia.org/wiki/The_Blair_Witch_Project
    3. https://www.imdb.com/title/tt1540011/reviews/
    4. https://www.imdb.com/title/tt33265727/
    5. https://www.imdb.com/search/title/?title=The+Blair+Witch+Project
    6. https://www.imdb.com/title/tt1086249/
    7. https://www.imdb.com/title/tt20835992/
    8. https://www.imdb.com/news/ni64924149/
    9. https://www.imdb.com/title/tt32082826/
    10. https://www.imdb.com/video/embed/vi9044249/
  • Decadenza post-apocalittica: “2019 Dopo la caduta di New York” (S. Martino, 1983)

    Decadenza post-apocalittica: “2019 Dopo la caduta di New York” (S. Martino, 1983)

    In una New York post-apocalittica, bersagliata da soldati armati di balestra, raggi laser e legge marziale, un anti-eroe solitario viene inviato a salvare l’unica donna delle Terra non ancora contaminata dalla radiazioni, che potrebbe contribuire a ripopolare l’umanità sterminata da guerre nucleari. Un film del regista italiano Sergio Martino, ricco di suggestioni e rimandi ad altre pellicole.

    In breve: Martino realizza un film, anche se nominalmente in buonafede, brutta copia del cult di Carpenter, a cominciare da Parsifal che somiglia nettamente, come fisionomia, a Kurt Russell. Estremamente ottantiano come stile, da riscoprire ma non aspettatevi il capolavoro incompreso.

    … Marinetti considerò Parsifal il simbolo della decadenza della cultura occidentale (Parsifal, ultimo dramma di Richard Wagner)

    Nel 2019 New York (!) è ridotta ad un cumulo di macerie da una spaventosa guerra atomica: in questo scenario viene aperta la caccia all’uomo da parte dell’esercito vincitore (gli Eurac) sui vinti, massacrati o catturati per essere sottoposti ad esperimenti genetici. Parsifal è un guerriero assoldato dalla Federazione PanAmericana, assieme ad altri due misteriosi individui, allo scopo di mettere al sicuro l’unica donna rimasta che dovrebbe garantire la rigenerazione della razza umana, non ancora contaminata dalla radiazioni. I tre incontreranno una razza di mutanti (i Contaminati) e saranno catturati dagli Eurac, i quali sospettano una riorganizzazione della rivale PanAmericana. Dopo varie peripezie, tra cui l’incontro con dei nani mutanti e con uomini-scimmia armati di scimitarra (!), avverrà l’epilogo della storia, tutto sommato piuttosto prevedibile.

    “Il solito fottuto bastardo!”

    “Suppongo che questo significhi: sì”

    Se dovessi dare una sorta di ricetta per la realizzazione un film del genere di: prendere Interceptor (il Mad Max di Mel Gibson), miscelarlo con una bella spruzzata di Fuga da New York di John Carpenter, shakerare con cura ed osservare il risultato finale. In fondo la somiglianza di Michael Sopwik / Parsifal con Kurt Russel / “Snake” Plinski rende piuttosto raggelante qualsiasi paragone con il cult americano, sia perchè ambientato sempre a New York, sia perchè  c’è comunque di mezzo un mercenario che lotta contro tutti per salvare sè stesso (ed il mondo).

    Del resto Martino sembra aver detto che la sceneggiatura sarebbe stata scritta prima dell’opera carpenteriana, quindi dobbiamo pensare che – senza ulteriore malizia – si tratti di una somiglianza casuale che non degrada nel plagio: in altri termini un po’ come accaduto tra Pet Sematary di King e Zeder di Pupi Avati (due trame molto simili per due film piuttosto distanti geograficamente). Del resto il gioco delle ispirazioni e dei rifacimenti segue il noto principio di imitazione (inteso con valenza positiva), presente sia presso gli antichi romani sia, in tempi moderni, nella replica di “memi” riadattati e modificati sul web.

    2019 – Dopo la caduta di New York“, rimuovendo qualsiasi pretesa intellettualistica da cinema “serio”, è un tributo al post-apocalittico divertente e scorrevole, che esprime paura ancora attualissime e che non risparmia dettagli in quanto ad horror e splatter, rendendo riconoscibile una sorta di old-school italiana. Se non fosse per qualche dialogo improbabile, qualche situazione vagamente trash ed una pochezza di mezzi generalizzata, potremmo dire di aver assistito ad un film originale, con valide idee di fondo, ben girato e anche discretamente interpretato: del resto la cosa migliore della pellicola rimangono i momenti horror, che sono realmente oggetto di culto. La sceneggiatura, di per sè, era complessa da sviluppare senza sbavature e, in effetti, soltanto Carpenter ci è riuscito per ben due volte senza errori. Da ricordare infine che l’Uomo Scimmia è interpretato da George Eastman, il cinico “32” di “Cani Arrabbiati”, mentre trucchi e miniature del film sono di Antonio Margheriti. (recensione concessa in cross-posting su Cinema Italiano Database con il mio consenso)

  • Strange Circus: un trip filmico tra cosa è reale e cosa non lo è

    Strange Circus: un trip filmico tra cosa è reale e cosa non lo è

    Una storia cattiva e ricca di shock emotivi per un ennesimo, incredibile, film sui generis.

    In breve. Riduttivo definirlo horror: un film completo, coinvolgente e altamente disturbing (sfido chiunque a proseguire la visione entro la prima mezz’ora). Per il pubblico dallo stomaco d’acciaio, s’intende, un’opera perfetta e riuscitissima, che metaforizza l’esistenza come se fosse un’esibizione circense. Da giudicare dopo averlo visto per intero o, in alternativa, rinunciare del tutto all’impresa.

    Dopo aver assistito a quello che molti indicano come il capolavoro spiazzante di Shion Sono, non mi sento in piena coscienza di consigliare questo film al primo che passa per la strada. Non che sia brutto, intendiamoci, ma è davvero una cosa che tocca le viscere per la sua crudeltà. Un po’ come avvenuto per Il centipede umano e per A Serbian Film – due “pugni nello stomaco” tutto sommato visionabili con qualche precauzione; qui siamo di fronte ad un film che esprime l’eccesso della violenza domestica, espressa in tutte le forme possibili (padre-figlia, madre-figlia, padre-madre). Il contorno grottesco delle figure circensi, del resto, servono molto poco a creare un clima caricaturale, perchè nessuno – credo –  avrà niente di cui sorridere per circa due ore. Soprattutto in Italia, dove siamo molto poco abituati a vedere film impostati in questi termini brutali, presi come siamo dai rigurgiti pseudo-intellettualistici dei trentenni che si comportano da tredicenni (ed al massimo accettiamo parte della produzione di Tarantino), e questo dovrebbe mettere in guardia il pubblico meno avvezzo al cinismo su pellicola. E attenzione, non parlo della violenza bizzarra alla Tarantino bensì di quella realistica, cattiva ed amara di American History X, per fare un esempio ben noto, elevata all’ennesima potenza.

    Stange circus narra, molto in breve, la vita di una povera ragazzina di appena dodici anni (Mitsuko), turbata dal padre pervertito – il quale non solo la obbliga ad assistere ai rapporti sessuali con la madre, ma inizia a dedicarsi attivamente all’incesto. Il segno di questa esistenza terrificante sembra riversarsi nel racconto di una scrittrice disabile: dunque tra uno scambio di identità e l’altro, come chiedono nel film stesso, “cosa è reale e cosa non lo è“?

    La cosa davvero sconvolgente, al di là dell’argomento decisamente morboso – che nel nostro paese avrebbe implicato articoli velenosi, polemiche nella TV spazzatura, richieste di ritiro dalla circolazione, accuse di oltraggio alla decenza, agli uomini, agli animali ed agli Dei – è stata a mio parere la capacità di Shion Sono di affrontare il tema spinoso (la pedofilia) senza sconfinare in dinamiche che qualcuno avrebbe trovato quantomeno ambigue o peggio autocompiaciute. Sì, perchè le scene più spaventose vedono il cinico preside (il padre), poco prima intento a fare moralismo sul bene e sul male e ad inneggiare all’amore verso i fanciulli – fare sesso con la consorte (la bella Masumi Miyazaki) mentre è in corso uno scambio di ruoli tra madre e figlia. Lo scambio avviene perchè il brutale padre-padrone rinchiude l’osservatrice (moglie o figlia, a turno) dentro la custodia di una viola, nella quale ha praticato un buco, e forzandola ad assistere all’amplesso.

    Tutto appare stravolto, a quel punto, per la piccola Mitsuko: anche il rapporto con la madre, inizialmente mite ed affettuosa, che diventa gelosa e indisponente nei suoi confronti. È l’idea di fondo ad essere profondamente disgustosa: e il tutto non diventa un mero pretesto per fare snuff, sia ben chiaro, perchè costruisce i presupposti solidi per un finale che, alla fine, compare limpido sotto gli occhi dello spettatore. Non aggiungo altro, per non rovinare la visione a nessuno, permettendomi di ricordare che lo stesso regista ha affermato che non è l’amore morboso verso i fanciulli ad essere il fulcro di questo suo lavoro.

    Del resto, circa trenta anni fa, per il semplice sospetto che un minorenne avesse visto il bel corpo di Barbara Bouchet (cosa che avrebbe potuto fare ugualmente con una rivista qualunque, per la verità) Lucio Fulci subì un processo in piena regola, nel quale dovette dimostrare che il minore che porta l’aranciata alla procace protagonista di “Non si sevizia un paperino” fosse stato sostituito da una controfigura. Nessuno vuole processare, si spera, Shion Sono, osannato come regista horror ma, in verità, autentico cinesta fuori dalle righe, capace di strutturare le sequenze, creare ambienti da sogno (o da incubo), confondere i livelli della realtà e dare il giusto input agli interpreti. Qualche reminiscenza che sconfina in Shining di Kubrick (i corridoi lunghissimi nei quali si consumano i misfatti) e qualche altra chicca sparsa nel film contribuiscono ad autorizzarmi ad affermare che “Strange circus” sia un grandissimo (e molto incompreso) lavoro. Non per tutti, anzi i più sensibili stiano alla larga, questo è certo, ma qui resto dell’idea che Sono abbia girato il suo personale “Arancia Meccanica“; e, in caso, scusate se è poco.

  • Ultracorpo: una fantascienza intelligente che riflette sulla discriminazione di genere

    Ultracorpo: una fantascienza intelligente che riflette sulla discriminazione di genere

    Umberto lavora come idraulico, è il classico “uomo medio” insicuro e al tempo stesso affetto da machismo, il quale soddisfa la propria sessualità barcamenandosi, con pochi soldi, tra prostitute e pornografia. Per pura necessità un giorno finisce a casa di un ragazzo all’interno di un quartiere popolare: questi è omosessuale dichiarato, e la situazione provocherà una forte mutazione interiore…

    In breve. Interessante cortometraggio thriller cosparso di citazioni (a partire ovviamente dal cult dei celebri body snatchers, e finendo con una rappresentazione dell’orrore interiore da vero cinema d’autore), viene proposto come forte atto di denuncia anti-omofoba. Non tutti i personaggi sono curati con la stessa intensità, ed esiste per la verità qualche pecca a livello narrativo: ma il risultato colpisce dritto nel segno ugualmente, pur contenendo una sola vera sequenza allucinatoria riconducibile all’horror. Il resto è psicologia, e riesce a fare molta più paura.

    All’interno del mercato globalizzato e conformistico all’italiana, una ventata di aria fresca fa sempre piacere. E questo piccolo gioiello del regista Michele Pastrello certamente riesce ad andare orgogliosamente (e con intelligenza: non era facile) in controtendenza rispetto al “volemose-bene” che regna sovrano da diversi anni nelle nostre distribuzioni più grosse, riuscendo a farsi carico di un importante messaggio sociale senza alcun appesantimento. Film tecnicamente notevole, dotato di una fotografia suggestiva e tipicamente metropolitana, Ultracorpo parte da una celebre citazione del quasi omonimo film per arrivare a collegare, in modo forse prevedibile, il “baccello” alieno con una trasformazione interiore del protagonista. Una mutazione facile da indovinare, così come non sarà difficile intuire lo sviluppo delle vicende: un uomo come tanti, vittima delle proprie assurde convizioni che viene sopraffatto dal lato oscuro del cambiamento, e finisce per cambiare per sempre. Un passaggio che merita una visione per sua fortissima attualità: perchè la solitudine di Umberto, costellata di cura per il corpo nella palestra di casa e istinti repressi che tardano ad uscire fuori, esplode nella violenza nel modo più inatteso, e lascia un messaggio forte e chiaro. Un qualcosa che, nell’Italia delle aggressioni facili contro i “diversi”, lascia svariati spunti di riflessione.

    Il mio nome è Umberto. E sta succedendo qualcosa in me. Sì, c’è qualcosa che non va. Non ho un soldo in questi tempi di crisi, vivo in una vecchia casa che mi ha lasciato mia madre e devo accettare qualsiasi sporco lavoro pur di non sprofondare. Ma lì, in quel cesso di posto non dovevo andarci, non dovevo accettare. Maledetti soldi. Ora sono qui, con lui. No, ora se n’è andato, ma sento che i suoi occhi continuano ad osservarmi. Ce ne sono altri come lui in giro, ti attraggono a loro, l’ho capito ora ma non mi faccio ingannare. Sento che vuole il mio corpo: sento che può entrare. E’ un incubo. Devo rimanere sveglio e all’erta.

  • Le regole della casa del sidro racconta tematiche sociali nell’America rurale negli anni Quaranta

    Le regole della casa del sidro racconta tematiche sociali nell’America rurale negli anni Quaranta

    “Le regole della casa del sidro” (titolo originale: “The Cider House Rules”) è un film del 1999 diretto da Lasse Hallström, basato sull’omonimo romanzo scritto da John Irving nel 1985. Il film è una dramedy che affronta temi complessi come l’aborto, l’identità personale e il senso di famiglia. Il film è stato elogiato per le interpretazioni del cast, in particolare di Michael Caine e Tobey Maguire, e per la sua trattazione sensibile di questioni etiche complesse. Il film è stato nominato a diversi premi, tra cui sette candidature agli Oscar, vincendo due per Migliore Attore Non Protagonista (Michael Caine) e Migliore Sceneggiatura Non Originale. È un lavoro che affronta temi delicati con profondità e compassione, suscitando riflessioni sulle scelte morali e sulla complessità delle relazioni umane.

    Sinossi del film

    La storia è ambientata in un orfanotrofio chiamato St. Cloud’s nella zona rurale del Maine, negli Stati Uniti, durante la seconda guerra mondiale. Il protagonista, Homer Wells (interpretato da Tobey Maguire), è un giovane che è cresciuto nell’orfanotrofio e ha sviluppato una relazione molto stretta con il dottor Wilbur Larch (interpretato da Michael Caine), che gestisce l’istituzione e compie aborti illegali per le donne incinte.

    La trama si sviluppa quando Homer inizia a sentire il desiderio di esplorare il mondo al di fuori dell’orfanotrofio e scoprire la vita al di là di ciò che ha sempre conosciuto. Lascia l’orfanotrofio e inizia una serie di avventure che lo portano in un frutteto di mele, la “casa del sidro“, dove incontra una famiglia di lavoratori migranti, inclusa la giovane Candy Kendall (interpretata da Charlize Theron) e suo padre Wally (interpretato da Paul Rudd). Homer si innamora di Candy, ma la relazione si complica a causa degli sviluppi che coinvolgono Wally e l’intensa influenza di Homer sulle decisioni personali dei membri della comunità. Il sidro, per inciso, è una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del succo di mele. Le mele vengono pressate per estrarre il loro succo, che contiene zuccheri naturali. Questo succo viene quindi lasciato fermentare grazie all’azione dei lieviti, i quali trasformano gli zuccheri in alcol e anidride carbonica. Il risultato finale è il sidro.

    Il film affronta in modo attento temi morali e sociali, compresi l’aborto, il diritto di scelta e il concetto di famiglia. Esplora anche la crescita personale di Homer mentre cerca di trovare il proprio posto nel mondo, bilanciando il suo senso di responsabilità verso l’orfanotrofio con il desiderio di una vita autonoma.

    10 curiosità su Le regole della casa del sidro

    1. Adattamento del romanzo: Il film è tratto dal romanzo omonimo scritto da John Irving nel 1985. L’autore stesso ha partecipato alla stesura della sceneggiatura.
    2. Ruolo di Tobey Maguire: Tobey Maguire, l’attore che interpreta il protagonista Homer Wells, ha dichiarato che questo è stato uno dei suoi ruoli preferiti e più significativi nella sua carriera.
    3. Ruolo di Michael Caine: L’interpretazione di Michael Caine nel ruolo del dottor Wilbur Larch gli ha fruttato l’Oscar come Miglior Attore Non Protagonista nel 2000.
    4. Luoghi di ripresa: Il film è stato girato principalmente in Vermont, Stati Uniti. Il paesaggio rurale ha contribuito a creare l’atmosfera del film.
    5. Titolo originale: Il titolo originale del film, “The Cider House Rules“, deriva dal nome dell’orfanotrofio in cui si svolge gran parte della trama.
    6. Colonna sonora di Rachel Portman: La colonna sonora del film è stata composta da Rachel Portman ed è stata molto apprezzata per il suo contributo emotivo alla storia.
    7. Influenza del regista: Lasse Hallström, il regista del film, è noto per la sua abilità nel dirigere storie umane e sentimentali. Ha anche diretto altri film di successo come “Chocolat” e “La mia vita a Garden State“.
    8. Tempo di sviluppo: Il film è stato in sviluppo per molti anni prima di essere realizzato. L’adattamento cinematografico del romanzo è stato un processo complesso che ha coinvolto vari registi e sceneggiatori.
    9. Differenze tra il libro e il film: Come spesso accade nelle trasposizioni cinematografiche, il film semplifica alcune parti della trama del libro e apporta alcune modifiche ai personaggi e agli eventi.
    10. Messaggi sociali: Il film affronta temi sociali importanti, tra cui l’aborto e la lotta per l’autonomia individuale nella società. La storia solleva questioni etiche che stimolano la riflessione e la discussione.

    Spiegazione del finale (contiene spoiler)

    Il finale del film “Le regole della casa del sidro” è aperto e ricco di significati, lasciando spazio a interpretazioni personali da parte degli spettatori. Attenzione: Spoiler sul finale a seguire.

    Nel finale, Homer Wells fa una scelta che riflette la sua crescita personale e la sua comprensione della complessità della vita. Dopo essere tornato all’orfanotrofio e aver incontrato il dottor Wilbur Larch, Homer decide di prendere una decisione indipendente riguardo al suo futuro. Decide di rimanere con i bambini rimasti all’orfanotrofio e di prendersi cura di loro.

    Questo finale rappresenta il culmine del viaggio interiore di Homer. Fin dall’inizio del film, Homer ha cercato di trovare il suo posto nel mondo e di definire il suo senso di appartenenza. L’orfanotrofio è stato per lui un punto di riferimento costante, e il dottor Larch è stato una figura paterna. Tuttavia, con l’esperienza nella “casa del sidro” e le sfide che ha affrontato, Homer ha maturato una prospettiva più ampia sulla vita.

    La sua decisione di restare all’orfanotrofio rappresenta la sua accettazione di responsabilità e la sua volontà di creare una famiglia alternativa per quei bambini che sono stati abbandonati o non hanno un luogo dove chiamare casa. Questo è anche un modo per Homer di continuare il lavoro del dottor Larch, che aveva dedicato la sua vita a prendersi cura di chi aveva bisogno.

    Il finale suggerisce che il concetto di famiglia può essere costruito in modi diversi e che l’idea di “casa” può essere più profonda di un semplice luogo fisico. Homer ha finalmente trovato un significato nella sua vita, abbracciando il ruolo di guida e protettore per i bambini dell’orfanotrofio.

    In sostanza, il finale del film esplora temi di identità personale, scelte morali, responsabilità e il concetto di famiglia, offrendo agli spettatori una riflessione sul percorso di crescita e auto-scoperta del protagonista.

    Cast del film

    Ecco il cast principale del film “Le regole della casa del sidro” (1999):

    • Tobey Maguire nel ruolo di Homer Wells
    • Michael Caine nel ruolo del dottor Wilbur Larch
    • Charlize Theron nel ruolo di Candy Kendall
    • Paul Rudd nel ruolo di Wally Worthington
    • Delroy Lindo nel ruolo di Mr. Rose
    • Jane Alexander nel ruolo di Nurse Edna
    • Kathy Baker nel ruolo di Nellie Worthington
    • Erykah Badu nel ruolo di Rose Rose
    • Kieran Culkin nel ruolo di Buster
    • Heavy D nel ruolo di Peaches
    • Kate Nelligan nel ruolo di Olive Worthington
    • Paz de la Huerta nel ruolo di Mary Agnes
    • J.K. Simmons nel ruolo di Ray Kendall