Recensioni

Raccolta di opere che qualcuno deve aver visto in TV, al cinema o in DVD. Trattiamo soprattutto classici, horror, thriller e cinema di genere 70/80. E non solo. Contiene Easter Egg.

  • Magnolia: trama, curiosità, spiegazione finale

    Magnolia: trama, curiosità, spiegazione finale

    Molti critici considerano “Magnolia” l’esempio di film postmoderno, nonchè tra i più famosi e iconici lavori cinematografici di fine anni novanta. Il film presenta molte caratteristiche e temi che sono tipici del periodo, sia a livello di approccio che di narrazione intrecciata, dove le storie dei personaggi sono collegate inaspettatamente tra loro, in un turbine non lineare che non lesina la critica sociale.

    Una riflessione profonda e complessa, secondo i più, sulla natura umana e sulla società moderna.

    Sinossi Magnolia

    Magnolia” è un film del 1999 scritto e diretto da Paul Thomas Anderson, regista noto anche per Il filo nascosto. Il film è noto per la sua struttura narrativa complessa e il ricco cast di personaggi, interpretati da attori di talento come Tom Cruise, Julianne Moore, Philip Seymour Hoffman, John C. Reilly, William H. Macy, e molti altri. “Magnolia” è apprezzato per la sua regia, le prestazioni degli attori e la profondità delle sue tematiche. Il film ha ricevuto molte recensioni positive da parte della critica ed è stato nominato per diversi premi, incluso il premio Oscar. Il film è diventato di culto e ha ricevuto elogi dalla critica per la sua maestria tecnica e le prestazioni degli attori. Daniel Day-Lewis è stato particolarmente lodato per la sua interpretazione e ha vinto l’Oscar come Miglior Attore Protagonista per il suo ruolo nel film.

    La storia si svolge a Los Angeles e intreccia diverse trame che coinvolgono personaggi e storie diverse, ma collegate tra loro in vari modi. Il film affronta temi come il destino, la casualità, la solitudine, la redenzione e l’umanità.

    1. Introduzione: Il film inizia con una sequenza che mostra diverse storie brevi di eventi casuali che accadono nella vita di persone sconosciute. Questi eventi apparentemente casuali sottolineano il tema della casualità e del destino che saranno presenti nel resto del film.
    2. Earl Partridge (interpretato da Jason Robards): Earl è un anziano produttore televisivo di successo che è gravemente malato di cancro. La sua giovane moglie Linda (interpretata da Julianne Moore) è sopraffatta dalla colpa e rimorso per aver sposato Earl solo per il suo denaro. Il loro rapporto è complicato e tormentato.
    3. Frank T.J. Mackey (interpretato da Tom Cruise): Frank è un motivatore sessuale di successo, noto per il suo programma di auto-aiuto chiamato “Seduzione e sicurezza”. Nonostante il suo successo professionale, ha un rapporto complicato con suo padre morente, Earl Partridge, e si sforza di affrontare il suo passato turbolento.
    4. Stanley Spector (interpretato da Jeremy Blackman): Stanley è un bambino prodigio della televisione, noto per la sua intelligenza e conoscenza enciclopedica. Il padre di Stanley è ossessionato dal suo successo e lo sfrutta finanziariamente.
    5. Donnie Smith (interpretato da William H. Macy): Donnie è un ex bambino prodigio del quiz televisivo, che ora è un adulto sfortunato e insoddisfatto. Lotta con la sua solitudine e il suo desiderio di trovare amore e successo.
    6. Jim Kurring (interpretato da John C. Reilly): Jim è un onesto poliziotto che sta indagando su una serie di eventi strani e casuali che accadono in città durante la giornata piovosa.
    7. Claudia Wilson Gator (interpretata da Melora Walters): Claudia è una giovane donna tossicodipendente, figlia di un produttore televisivo, Jim Gator (interpretato da Philip Baker Hall). Claudia cerca disperatamente di liberarsi dalla tossicodipendenza e riconciliarsi con suo padre morente.
    8. Intrecci delle storie: Le storie di tutti questi personaggi e di altri ancora si intrecciano e si sovrappongono, spesso in modo inaspettato, durante la giornata. Il film esplora i temi della casualità, del destino e della redenzione, mentre i personaggi affrontano le loro sfide personali e cercano di trovare significato nelle loro vite.

    Il film culmina in un epilogo coinvolgente che lascia spazio all’interpretazione dello spettatore, con eventi misteriosi e straordinari che sconvolgono la vita dei personaggi e offrono una riflessione sulla natura umana e sulla connessione tra gli individui.

    Cast Magnolia

    Il cast di “Magnolia” è composto da un eccezionale insieme di talentuosi attori, molti dei quali hanno ricevuto ampi elogi per le loro interpretazioni nel film. Di seguito è riportato il cast principale:

    1. Jeremy Blackman – Stanley Spector
    2. Tom Cruise – Frank T.J. Mackey
    3. Melinda Dillon – Rose Gator
    4. Philip Baker Hall – Jimmy Gator
    5. Philip Seymour Hoffman – Phil Parma
    6. Ricky Jay – Burt Ramsey
    7. William H. Macy – Donnie Smith
    8. Julianne Moore – Linda Partridge
    9. John C. Reilly – Jim Kurring
    10. Jason Robards – Earl Partridge
    11. Melora Walters – Claudia Wilson Gator
    12. Michael Bowen – Rick Spector
    13. Luis Guzmán – Luis
    14. April Grace – Gwenovier
    15. Orlando Jones – Moderatore TV
    16. Alfred Molina – Solomon Solomon
    17. Pat Healy – Sir Edmund William Godfrey
    18. Michael Murphy – Alan Kligman

    Interpretazione del film

    Nel gioco della vita l’importante non è quello che sperate o che meritate, ma quello che prendete. Sono Frank T.J. Mackey, sovrano assoluto della fica e creatore del programma Seduci e Distruggi, ora disponibile anche in audio e videocassette. Seduci e Distruggi vi insegnerà tutte le tecniche necessarie a conquistare bionde mozzafiato pronte a benedire con i loro caldi umori il vostro letto. La parola chiave è il “linguaggio”: come per incanto il linguaggio ci aprirà le porte della mente femminile e ci permetterà di penetrare nelle loro speranze, desideri, paure, aspettative e nelle loro profumate mutandine. Imparate a trasformare la vostra buona amica in una schiava affamata di sesso. (Frank T.J. Mackey)

    “Magnolia” è un film ricco di simbolismi e temi complessi, che permette a diversi spettatori di trarre interpretazioni e significati personali dalla trama intricata. Va notato che “Magnolia” è un film aperto all’interpretazione e molte delle tematiche presentate sono intenzionalmente ambigue, lasciando spazio per diverse interpretazioni personali. La complessità delle storie e dei personaggi contribuisce a rendere il film un’esperienza cinematografica unica e coinvolgente per molti spettatori. Di seguito sono riportate alcune delle interpretazioni comuni del film:

    1. Casualità e destino: Un tema centrale del film è l’interconnessione degli eventi casuali e il ruolo del destino nella vita dei personaggi. Il film mette in evidenza come le azioni di una persona possono avere impatti inaspettati sulla vita di altre persone, creando una rete di connessioni e coincidenze.
    2. Solitudine e disconnessione: Molti dei personaggi del film sperimentano una profonda solitudine e disconnessione emotiva dagli altri. Nonostante vivano in una grande città come Los Angeles, si sentono isolati e incapaci di connettersi veramente con gli altri. Questo tema viene enfatizzato attraverso la rappresentazione di diverse storie di vita separate che si intrecciano solo occasionalmente.
    3. Redenzione e perdono: Diversi personaggi nel film stanno cercando la redenzione dalle loro azioni passate o stanno cercando di perdonare se stessi o gli altri. Il processo di redenzione è spesso ostacolato dalla complessità delle relazioni familiari e dei conflitti interni.
    4. Relazioni genitoriali: “Magnolia” esplora il tema delle relazioni complicate tra genitori e figli, evidenziando come il passato dei genitori possa influenzare profondamente la vita dei loro figli. Questo tema è rappresentato attraverso vari personaggi, come Frank T.J. Mackey e suo padre Earl Partridge, Claudia Wilson Gator e suo padre Jimmy Gator, e Donnie Smith e la figura paterna di Stanley Spector.
    5. Rinascita e cambiamento: Il film suggerisce che anche nelle situazioni più difficili, esiste la possibilità di una rinascita personale e di un cambiamento positivo. Molti personaggi affrontano momenti di crisi e, attraverso queste esperienze, trovano la forza di cambiare le loro vite.
    6. Il potere delle emozioni: “Magnolia” esplora l’intensità delle emozioni umane e il modo in cui queste possono influenzare le azioni e le decisioni dei personaggi. L’emozione è spesso rappresentata in maniera esplosiva e straordinaria nel film.

    A cosa si riferisce Magnolia del titolo?

    Il titolo “Magnolia” fa riferimento a un simbolo ricorrente nel film, ossia il fiore della magnolia. La magnolia è un albero sempreverde che produce grandi fiori profumati e appariscenti. Nel contesto del film, il fiore della magnolia assume diversi significati simbolici:

    1. Bellezza e fragilità: La magnolia è spesso associata alla bellezza e alla delicatezza dei suoi fiori. Questo simboleggia la bellezza e la fragilità delle vite dei personaggi nel film, che sono complesse e vulnerabili, ma allo stesso tempo affascinanti.
    2. Rinascita e speranza: La magnolia è un albero il cui fogliame e fiori rimangono durante tutto l’anno. Questo simboleggia la possibilità di rinascita e di speranza per i personaggi, anche attraverso momenti difficili e oscuri.
    3. Connessione e interconnessione: Nel film, il tema delle connessioni casuali tra i personaggi è centrale. La magnolia simboleggia la rete di connessioni che collega le loro vite, creando una trama intrecciata.
    4. Dualità: La magnolia è nota per la sua dualità, in quanto i suoi fiori sbocciano sia in primavera che in autunno. Questa dualità si riflette nel film, dove i personaggi possono essere complicati e contraddittori, con sfaccettature nascoste.
    5. Bellezza nascosta: Nei fiori della magnolia, i petali sono spesso coperti da un involucro protettivo che si apre per rivelare la bellezza interna. Questo può essere visto come un simbolo per la scoperta delle verità nascoste e delle emozioni profonde dei personaggi nel film.

    Noi possiamo chiudere col passato, ma il passato non chiude con noi. (Jimmy Gator)

    10 cose che non sapevi su Magnolia

    Ecco dieci curiosità interessanti sul film “Magnolia”:

    1. Origine del titolo: Il titolo “Magnolia” è ispirato a una canzone di Aimee Mann, intitolata “Save Me”, che è anche presente nella colonna sonora del film. Aimee Mann ha contribuito con diverse canzoni per la colonna sonora del film.
    2. Numeri ricorrenti: Nel film, il numero 82 ricorre in varie scene. Ad esempio, compare sulla scatola delle scarpe di Jim Kurring, sulla targhetta dell’ufficiale di polizia, e anche sulla camicia di Stanley Spector.
    3. La pioggia nel film: La pioggia è un elemento ricorrente in molte scene del film. La pioggia è stata generata artificialmente durante le riprese, poiché il film è ambientato a Los Angeles, che non è una città particolarmente piovosa.
    4. Personaggi doppi: Molte delle storie dei personaggi nel film hanno delle parallele tra loro. Ad esempio, i personaggi di Frank T.J. Mackey e Donnie Smith condividono alcuni tratti e hanno entrambi problemi con la figura paterna.
    5. Audizione di Tom Cruise: Tom Cruise, che interpreta Frank T.J. Mackey, ha ottenuto il ruolo dopo un’audizione telefonica con il regista Paul Thomas Anderson. Cruise ha ricevuto elogi per la sua performance, ottenendo anche una nomination all’Oscar come Miglior Attore Non Protagonista per il ruolo.
    6. Riferimenti a altre opere: Il film presenta diversi riferimenti a opere letterarie e cinematografiche. Ad esempio, il film inizia e finisce con una citazione dal libro “Frogs” di Aristofane.
    7. La traccia di Aimee Mann: Come accennato prima, Aimee Mann è una presenza importante nella colonna sonora del film. La sua musica contribuisce a creare un’atmosfera emozionante e si adatta perfettamente alla narrazione del film.
    8. Philip Seymour Hoffman e gli uccelli: Durante il film, il personaggio interpretato da Philip Seymour Hoffman, Phil Parma, mostra un amore per gli uccelli e li tiene come animali domestici. Hoffman era noto anche per il suo amore per gli animali nella vita reale.
    9. Lunghezza del film: “Magnolia” ha una durata piuttosto estesa, con una durata di circa 3 ore e 8 minuti. Questo lo rende uno dei film più lunghi nella filmografia del regista Paul Thomas Anderson.
    10. Finale ambiguo: Il finale del film è aperto all’interpretazione dello spettatore e ha suscitato diverse teorie e discussioni tra i fan e i critici. Il finale straordinario e misterioso ha contribuito a rendere “Magnolia” un film memorabile e discusso.

    Queste curiosità aggiungono ulteriore fascino e profondità a “Magnolia”, rendendolo un’opera cinematografica affascinante e intrigante da esplorare.

    Spiegazione del finale Magnolia

    Il finale di “Magnolia” è un’esperienza intensa e surreale che mette in luce i temi chiave del film, come la casualità, il destino, la redenzione e la connessione umana. È una sequenza carica di emozioni, che offre uno sguardo complesso e profondo sulla natura umana e il modo in cui le nostre vite sono intrecciate.

    Attenzione: Spoiler a seguire per chi non ha visto il film.

    Di seguito una spiegazione dettagliata del finale:

    1. La pioggia: La pioggia nel finale simboleggia un momento di catarsi e purificazione per i personaggi. La pioggia può essere vista come una manifestazione esterna delle intense emozioni e tensioni interiori che i personaggi stanno vivendo.
    2. La pioggia di rane: Durante la sequenza finale, in un evento straordinario e surreale, cominciano a piovere rane dal cielo. Questo evento è un elemento surreale e allegorico che simboleggia l’imprevedibilità e l’incredibile natura della vita. È come se il mondo si stesse ribellando e reagendo in modo straordinario alle emozioni e ai drammi che i personaggi stanno vivendo.
    3. Le scelte dei personaggi: Molti dei personaggi si trovano ad affrontare momenti di svolta nelle loro vite durante la pioggia di rane. Si scontrano con la loro coscienza e cercano di trovare la forza di fare scelte cruciali che cambieranno il corso delle loro storie.
    4. La scena della pistola: Durante la pioggia di rane, il personaggio di Jim Kurring, interpretato da John C. Reilly, affronta una situazione drammatica. Viene chiamato a gestire una situazione in cui un ragazzo sta minacciando di uccidersi con una pistola. Jim riesce a calmare il ragazzo, convincendolo a lasciare la pistola. Questa scena rappresenta il tema della redenzione e della compassione.
    5. Il canto: Durante la pioggia di rane, i personaggi iniziano a cantare insieme la canzone “Wise Up” di Aimee Mann. Il canto è una sorta di catarsi collettiva, un modo per esprimere le emozioni che stanno attraversando. Anche i personaggi che erano stati isolati o chiusi a loro stessi si uniscono nel canto, sottolineando l’importanza della connessione umana.
    6. L’epilogo: Dopo la pioggia di rane, il film presenta un epilogo che mostra il destino dei personaggi principali. L’epilogo offre alcune chiusure alle storie dei personaggi, ma allo stesso tempo lascia spazio per l’interpretazione e la riflessione dello spettatore.
  • Malombra di Mario Soldati: cast, storia, cenni alla regia, produzione, stile, sinossi, curiosità

    Malombra di Mario Soldati: cast, storia, cenni alla regia, produzione, stile, sinossi, curiosità

    “Malombra” è un film italiano del 1942 diretto da Mario Soldati, basato sull’omonimo romanzo gotico scritto da Antonio Fogazzaro nel 1881. Si tratta di un film drammatico e misterioso che mescola elementi di romance gotico con un’atmosfera cupa e sinistra.

    Cast:

    • Isa Miranda nel ruolo di Marina di Malombra
    • Andrea Checchi nel ruolo di Corrado Silla
    • Irasema Dilián nel ruolo di Lally
    • Gualtiero Tumiati nel ruolo di Guido Silla
    • Carlo Ninchi nel ruolo di Vincenzo Silla

    Storia: Il film è ambientato a Venezia e segue la storia di Marina di Malombra, una giovane donna affascinante che arriva in città per riscuotere un’eredità. Soggiornando in un’antica villa, Marina inizia a sperimentare eventi strani e soprannaturali, mentre si avvicina al figlio della famiglia proprietaria, Corrado Silla. La storia ruota attorno a segreti di famiglia, gelosie e passati oscuri che influenzano la vita dei personaggi principali.

    Regia: Il regista Mario Soldati ha cercato di catturare l’atmosfera gotica e misteriosa del romanzo nel film, sfruttando la suggestiva ambientazione veneziana per creare un senso di inquietudine e mistero.

    Produzione: Il film è stato prodotto in Italia nel 1942.

    Stile

    “Malombra” è noto per il suo stile gotico e misterioso, con ambientazioni suggestive e giochi di luce che accentuano l’atmosfera inquietante. Il film si concentra sulla tensione emotiva e sulle relazioni complesse tra i personaggi.

    Sinossi

    Marina di Malombra arriva a Venezia per riscuotere l’eredità di famiglia. Mentre soggiorna in una villa secolare, inizia a vivere esperienze paranormali e sinistre. Si avvicina a Corrado Silla, il giovane erede della villa, e tra loro nasce un’intensa storia d’amore. Tuttavia, segreti di famiglia e oscuri eventi passati cominciano a emergere, gettando ombre sulla loro relazione e sulla vita di Marina stessa.

    Curiosità

    • “Malombra” è stata una delle prime opere adattate per lo schermo da un romanzo di Antonio Fogazzaro.
    • Il film è stato girato in parte nella vera Venezia, sfruttando le suggestive location della città.
    • Antonio Fogazzaro e Mario Soldati sono due figure importanti nella letteratura e nel cinema italiani del XX secolo.

      Antonio Fogazzaro (1842-1911) è stato uno scrittore e poeta italiano. È noto principalmente per i suoi romanzi che esplorano temi religiosi, sociali e psicologici. Uno dei suoi lavori più celebri è “Malombra”, un romanzo gotico pubblicato nel 1881. Questo romanzo è stato adattato in diversi media, tra cui il film del 1942 di cui hai chiesto informazioni. “Malombra” è un’opera che esplora le dinamiche complesse delle relazioni umane, mescolando elementi di mistero e spiritualità.

      Mario Soldati (1906-1999) è stato uno scrittore, regista e critico cinematografico italiano. Soldati ha lavorato sia nel campo della letteratura che in quello del cinema, distinguendosi in entrambi. Come regista, ha diretto diversi film di successo, tra cui “Malombra” (1942), adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Fogazzaro. Oltre a dirigere, Soldati è stato anche un critico cinematografico di spicco e ha scritto opere letterarie, inclusi racconti, romanzi e saggi.

      Entrambi questi autori hanno lasciato un’impronta significativa nella cultura italiana attraverso il loro lavoro letterario e cinematografico. Fogazzaro è ricordato per i suoi romanzi che esplorano le complessità dell’animo umano, mentre Soldati ha contribuito alla crescita del cinema italiano sia come regista che come critico.

    Spiegazione finale

    Verso la fine del film, emergono segreti oscuri legati alla famiglia Silla e alla villa stessa. Si scopre che Corrado Silla è in realtà il figlio di Marina, nato da una relazione segreta con Guido Silla. La malvagia Lally, figlia di Guido, ha cercato di tenere nascosta questa verità e ha manipolato gli eventi per far sì che Marina si innamorasse di Corrado, suo fratellastro. Lally è responsabile delle esperienze paranormali che Marina ha vissuto, cercando di farla impazzire.

    Alla fine, Marina scopre la verità grazie a una serie di rivelazioni e confronti. La villa e l’atmosfera sinistra rappresentano la manipolazione di Lally e il peso dei segreti di famiglia. Corrado e Marina, ora consapevoli della loro parentela, si allontanano l’uno dall’altro.

    La spiegazione finale mette in luce il tema della colpa, del destino avverso e della lotta contro le forze oscure che manipolano la vita dei personaggi. Il finale amaro riflette la tragedia e la complessità delle relazioni umane all’interno di un contesto gotico e misterioso.

  • Non si sevizia un paperino: uno dei film di Fulci che amiamo di più

    Non si sevizia un paperino: uno dei film di Fulci che amiamo di più

    Un giornalista ed una donna indagano su alcuni omicidi di ragazzini avvenuti ad Accendura, paese retrogrado dell’Italia meridionale.

    In breve: nonostante il titolo inquietante, si tratta di un film che fa molta attenzione a ciò che vuole trasmettere. Non manca il macabro, c’è un orrore “sporco”, che fa sentire sporchi – ma il messaggio sovversivo (anti-clericale) è altrettanto incisivo.

    Secondo Troy Howarth, Non si sevizia un paperino è sostanzialmente un film rabbioso (angry film): lo è essenzialmente per la sua estetica visuale che accarezza l’exploitation fin dalle prime sequenze (lo scheletro di un neonato che viene disseppellito). Ma lo è anche perchè si distacca dai canoni americani dei Jack e delle Jennifer a Londra o a New York, ambientando uno dei suoi thriller più macabri in un paesino dell’Italia meridionale, esibendo un atto registico coraggioso che avrebbe pagato soprattutto nel lungo periodo.

    Nel 1972 Lucio Fulci gira uno dei suoi migliori film, che considererà sempre uno dei suoi preferiti in assoluto: e non è poco, anche solo per il piglio iper-critico che aveva sempre accompagnato il famoso regista romano. Trattando temi scottanti per l’epoca (pedofilia, superstizione, intolleranza verso le le donne e le minoranze, ghettizzazione della maciara considerata colpevole solo perchè atipica) Fulci ambienta questo thriller atipico all’interno di un paese immaginario (Accendura), emblematico di un certo modo di pensare – e nel quale è all’opera un assassino di ragazzini. A rendere ancora più morboso il tutto, si aggiunge un’evidente movente di natura sessuale nei vari delitti: e così l’innocente paesello fatto di noia, di pettegolezzi e di vuoto diventa teatro di un macabro intreccio, grazie alla maestria del grande regista ed i suoi inconfondibili tocchi di classe.

    La polizia avvia le indagini, ogni paesano diventa un potenziale colpevole e vengono accusati ingiustamente prima lo scemo del villaggio, poi la “maciara” (Florinda Bolkan, considerata una vera e propria strega e massacrata di botte nella celebre scena con “Quei giorni insieme a te” di Ornella Vanoni a fare da chiaroscuro) e anche la donna più bella del paese, una disinibita Barbara Bouchet, contro cui il pregiudizio popolare colpisce duramente perchè cittadina e dipendente da droghe (l’attrice viene ricordata soprattutto per la celebre sequenza in cui si mostra senza veli di fronte ad un ragazzino: il prezzo da pagare per questa scena fu una denuncia, ma il giudice diede ragione al regista romano che, in realtà, aveva utilizzato un espediente per evitare che il minore vedesse l’attrice nuda: un nano come controfigura). A seguire le indagini vi è il giornalista Andrea Martelli (uno strepitoso Thomas Milian, in una interpretazione che ne mostra le doti attoriali in maniera decisiva, al netto degli stereotipi che lo associato a personaggi perlopiù da commedia), il quale indaga sugli strani fenomeni e che, sulla falsariga dei protagonisti dei film di Dario Argento, si fa letteralmente ossessionare dalla storia fin quando non riesce a venirne a capo.

    Fulci calca la mano sull’ipocrisia del piccolo paese, che si mostra superficiale, mostruoso nella propria ignoranza, forte con i deboli e debole con i forti a cominciare dalle autorità: nel frattempo i dettagli macabri e i cenni al voodoo diventano uno scenario perfetto per denunciarne i suoi pregiudizi e – in definitiva – la voglia maniacale di trovare un capro espiatorio, solo per lavarsi la coscienza. Potrebbe suonare anomala la scelta di una colonna sonora nostalgica, ma tutto sommato “leggera”, per accompagnare una delle scene più celebri e cruente del film: mentre vengono scandite le note di “Quei giorni assieme a te“, infatti, la povera “maciara” viene aggredita brutalmente a colpi di spranga e catene. Una critica simbolica alla mentalità retrograda (tipica del meriodione ma non solo, in effetti, e di cui avvertiamo vari echi ancora oggi), quelle che semplificano brutalmente i fatti per trovare un colpevole in modo populistico, senza preoccuparsi della verità. Il mondo di Non si sevizia un paperino è un mondo che ha rinunciato a conoscere le cose come stanno, ed elegge la realtà per mera votazione “a maggioranza”. L’essenziale si esprime proprio in quella musicalità romantica, unita alla nostalgia dell’amore perduto espresso dal pezzo, fa violentemente da contrappunto alla violenza visiva delle scene, e soprattutto all’immoralità dei protagonisti ed alla loro violenza machista.

    Per via delle tematiche trattate e della sostanziale critica alla chiesa cattolica, il film è stato messo in blacklist al tempo dell’uscita ed ebbe qualche problema di distribuzione (limitata in Europa, mai arrivato negli USA). Limiti che poi, ovviamente, le distribuzioni in DVD (ad esempio quella della Anchor Bay) ed i servizi di streaming hanno abbondamentemente permesso di superare.

    “Non si sevizia un paperino” è uno dei capolavori del giallo-thriller all’italiana, nel quale le interpretazioni sono tutte sopra le righe, e nel quale resta spazio per mostrare un’ottima sceneggiatura, un’ambientazione da incubo ed un’estetizzazione della violenza a voler rappresentare le brutture dei pregiudizi e dell’intolleranza verso il “diverso”. La conclusione del film, basata sull’osservazione di un pupazzo di Paperino privato della testa (da cui il titolo), mostra che a compiere i delitti era un personaggio davvero insospettabile – per via dei presupposti impostati all’inizio, ed anche qui la sceneggiatura di Fulci, Gianviti e Clerici si esalta in tutta la propria maestria.

    Opera dalla nascita e dallo sviluppo tormentatissimo, “Non si sevizia un paperino” fu uno dei pochi film in cui il regista ebbe massima libertà espressiva, nonostante l’evidente impopolarità dell’ambientazione e l’intreccio morboso obiettivamente “difficile” da proporre e girare senza problema (pare ci furono problemi con la Disney per via del titolo, che venne cambiato da “Non si sevizia Paperino” a “Non si sevizia un paperino“). Un cult dell’horror all’italiana da avere in DVD ad ogni costo, e del quale esistono almeno due versioni (la uncut del DVD andata in onda anche sul satellite, e la televisiva che è solitamente tagliata nei momenti più macabri).

    Le due versioni più popolari in DVD sono quella della Arrow e quella Medusa.

  • Virus L’inferno dei morti viventi: gli zombi secondo Bruno Mattei

    Virus L’inferno dei morti viventi: gli zombi secondo Bruno Mattei

    Un’industria multinazionale operante in Nuova Guinea (la H.O.P.E.) produce un pericoloso prodotto nocivo, che ispirerà parte di Resident Evil e soprattutto trasformerà le persone in zombi cannibali: una parabola ecologista e di denuncia sociale condita nel solito splatter all’italiana.

    In due parole. Direi che Mattei non si tocca: si può discutere lo script fallato, l’interpretazione traballante e lo svolgimento piuttosto noioso, ma è impossibile a mio parere dire che questo film sia girato male. Anche gli inserti documentaristici “mondo” che inframezzano il film non sono montati malaccio, ma bisogna riconoscere che l’attesa per la Evelyn nuda è forse una delle poche sostanziali “molle” voyeuristiche che spingono a (ri)vedere il film oggi (molto di più, per intenderci, del gore in sè o delle discutibili zombi-walk). Un revival sull’onda di Zombi di Romero, fatto ovviamente con molti meno mezzi e capacità, che richiama addirittura i militari vestiti in modo identico e- cosa davvero incredibile – la stessa colonna sonora.

    Quando si recensisce un prodotto del genere c’è il forte rischio, a mio avviso, di lasciarsi prendere la mano. Molte recensioni rischiano così di ridursi ad uno sterile elenco di difetti, senza che il suo potenziale pubblico possa davvero rendersi conto di cosa stiamo parlando. Anzitutto, direi che dopo un’intro piuttosto accattivante (un incidente nella centrale chimica che degenera nel putiferio) siamo introdotti alla storia dei quattri miltari protagonisti: gli stessi che, qualche momento dopo, saranno inviati in Nuova Guinea sostanzialmente a fare occultare le prove del fatto che il disastro apocalittico è esclusivamente colpa dell’uomo.

    La cosa non viene fatta capire troppo chiaramente ma tant’è: uno dei principali difetti di “Virus” è esattamente la scarsa consequenzialità di moltissime sequenze. Giocando un po’ con il residuo di spirito ecologista e no-global ereditato dagli anni 70, Mattei propone un film a fortissime trame kitsch, in cui i personaggi – cosa impossibile da non notare – vengono introdotti senza contesto, bensì sono spiattellati sullo schermo come se fosse la cosa più normale di questo mondo (di morti viventi). Un problema dello script di Mattei e Fragasso, a mio avviso, che ha certamente contribuito a consolidare la fama del duo presso i trash-seeker di tutto il mondo.

    Se è vero che, ad esempio, tra i quattro militari solo il mitico Santoro (quello che passa il tempo ad insultare i morti viventi nei modi più improbabili) ha capito che bisogna sparare loro in testa, al tempo stesso i suoi colleghi non sembrano aver chiaro questa semplice cosa: sparano invece all’impazzata, cercando accuratamente di NON colpire il cranio dei mostri e questo, evidentemente, fa sfociare la pellicola ad un passo dal ridicolo involontario. Al tempo stesso è impossibile non notare che, ad esempio durante l’aggressione in ascensore, viene inquadrata una zombi che, nonostante la situazione drammatica, sembra chiaramente ridere (sic). Del resto gli occhi perennemente spalancati della bella Margie Newton non aiutano la qualità recitativa, anche se l’idea di mescolare cannibalico e zombi movie è – nonostante non sia un picco di originalità – niente male di per sè.

    Per quanto riguarda gli zombi, abbiamo visto di meglio in giro: del resto non si spiega perchè alcuni siano verdastri, altri invece un po’ più scuri (Mattei ha amato molto, a mio avviso, mostrare di continuo occhi spalancati su volti coperti di trucco nero, per cercare di spaventare il suo pubblico in modo forse un po’ ingenuo). Qualche momento splatter all’ennesima potenza, corpi dilaniati senza un perchè, gente che spara quasi sempre a casaccio, le solite fughe all’impazzata ed un finale cupissimo: senza ulteriori descrizioni, direi che “Virus” è pressappoco questo. A poco serve, a questo punto, la metafora contro la società consumistica ed industrializzata, ormai del tutto indifferente al grido di dolore del Terzo Mondo: immersa in un contesto del genere il tutto finisce per passare decisamente in secondo piano.

    Un film adatto, dunque, ai sinceri estimatori del brutto cinematografico: non sarà un capolavoro – anzi, non lo è di sicuro – ma non è neanche lo zenith del trash come suggerito da moltissimi.

  • Dark star: quando John Carpenter propose una parodia di 2001 Odissea nello spazio

    Dark star: quando John Carpenter propose una parodia di 2001 Odissea nello spazio

    Film di satira fantascientifica di John Carpenter: il suo primo lungometraggio prodotto in strettissima collaborazione con Dan O’ Bannon (sceneggiatore di Alien di Ridley Scott nonchè regista del cult “Il ritorno dei morti viventi“).

    In breve: weird, ultra-trash e zeppo di ingenuità (spesso volute), merita di essere visto nonostante la lentezza di fondo anche solo per gli strepitosi 15 minuti conclusivi. Meglio l’alieno pallone che viene sgonfiato da un ago, oppure la bomba che inizia a discutere di filosofia?

    Dark Star è il nome dell’astronave che sta viaggiando nello spazio alla ricerca di pianeti instabili da abbattere: il suo equipaggio è composto da cinque astronauti piuttosto atipici, affetti da paranoie e schizofrenie che – a differenza del clima claustrofobico che si instaura ne “La cosa” – vengono ritratte in maniera piuttosto demenziale. Il sergente Pinback, in particolare, si configura come un burlone che si diverte a stuzzicare i propri compagni e che possiede idee alquanto bislacche. Sua è stata, ad esempio, quella di adottare come mascotte della nave un alieno trovato chissà dove, che ha la forma in tutto e per tutto di un pallone aerostatico con due mani artigliate al posto delle zampe (il ticchettare delle sue dita è, di per sè, già di culto!).

    Carpenter se ne sbatte della eventuale forma poco credibile da Z-movie di “Dark Star”: quello che conta è divertirsi e possibilmente divertire, ad esempio mostrando una sorta di “confessionale” nel quale gli astronauti descrivono i propri disastrosi rapporti sociali con gli altri membri dell’equipaggio, lamentando di amenità come chi ha dimenticato il compleanno di  qualcuno. I problemi degli astronauti sono di natura molto goliardica: è finita la carta igienica a bordo, oppure è stata caricata a borda una piantina di un pianeta sconosciuto che “rutta e scoreggia“.

    Chi se ne importa, alla fine, se si vede benissimo che “l’alieno” altri non è se non un pallone gonfiato che, dopo aver fatto i dispetti a Pinback (rischiando di ammazzarlo, peraltro), viene letteralmente bucato (!) da una siringa contente un anestetico. Successivamente, con la collaborazione del computer di bordo (un’evolutissimo “Hal” parodiato da 2001 Odissea nello spazio) si viene a scoprire che per colpa di un guasto la bomba della nave avrebbe deciso di farsi esplodere: a questo punto il tenente Dolittle ingaggia una discussione con la macchina a suon di filosofia (!), e si fa convincere di non compiere la detonazione fino all’inaspettato (e geniale) finale.

    “Dark star” è un film avanti per la sua epoca anche se, bisogna dire ad onor del vero, possiede alcuni difetti che lo rendono un film piuttosto “grossolano”, se si vuole, e poco adatto ad essere visionato dal pubblico moderno (o dalla sua maggioranza). Da non perdere per nessun motivo la chicca finale del surf, cosa che accomunerà questo film con il successivo “Fuga da Los Angeles”.