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  • Guida pratica al sesso di gruppo a quattro (foursome)

    Guida pratica al sesso di gruppo a quattro (foursome)

    Climax di Gaspar Noè racconta di un gruppo di ballerini che assume involontariamente LSD, e finisce una serata di commiato da colleghi in un clima degenerato e allucinatorio. Si tratta di un film nel novero di quelli suggestionati dalle urban legend, crudo, diretto, esplicito, vivamente personale, al limite dell’autoreferenziale, al punto che Noè pare abbia affermato di averlo girato per se stesso, senza pensare minimamente alle reazioni del pubblico. Lo script di Climax è basato su un copione di appena cinque pagine, e venne girato minuziosamente nella prima metà per concludere con un unico, interminabile shot dei 42 minuti conclusivi.

    Ad un certo punto, durante quell’interminabile climax di confusione, lati oscuri che sbucano fuori dai personaggi ed interazioni sociali tra i personaggi, ci sono varie scene di sesso che vengono consumate in varie combinazioni, emergendo dall’inconscio del desiderio e dando l’impressione che probabilmente senza LSD non sarebbero mai pervenute o quantomeno non sarebbero state esplicitate. E se da un lato la nostra libertà sessuale sembra essere una lenta, inesorabile quanto sofferta conquista, essere omosessuali, bisessuali o polisessuali è pur sempre problematico da rappresentare. Perchè scandalizza, soprattutto se la dimensione erotica viene rappresentata nella sua essenza realistica, senza sesso patinato, con accenni di piacere che non sai bene se siano dolore o altro, con realismo al limite del cinismo, e con un amplesso veloce e feroce che si vede nelle ultime scene del film, quando la telecamera inizia a svolazzare nella stanza poco prima della conclusione del film. Fin dai tempi de L’impero dei sensi (amato anche da Jacques Lacan, il quale ebbe occasione di vederlo in anteprima durante una proiezione riservata) la rappresentazione del sesso nel cinema non è mai stata banalizzabile, eccezion fatta per le consuete commedie commerciali che sono riuscite, almeno in parte, a illudere che il sesso sia una sorta di videogame in cui si devono conquistare punti, superando mille insidie, per cui scopare diventa il bonus di fine livello.

    Nella normalizzazione della dimensione erotica, per evitare di idealizzarla o farci l’idea perversa che principi, eroi, eroine e principesse non facciano sesso (a meno che, ovviamente, non guardiate Tromeo & Juliet) spiegare le varianti della foursome tanto di moda in questi giorni può essere d’aiuto. Se infatti la dimensione sessuale base rimane quella autoerotica (faccio sesso da solo, pensando veramente a chi mi pare), a cominciare da N>1 soggetti coinvolti il sesso acquisisce dei tratti progressivamente più complessi. Se nel nostro climax di N intero e positivo per cui N=2, ad esempio, abbiamo poche combinazioni (del tipo: donna-uomo, donna-donna, uomo-uomo), per N=3 sarà una threesome in cui sono possibili ancora più casi (donna con due uomini, uomo con due donne, donna con due donne, uomo con due uomini, per poi arrivare all’apoteosi con la tripletta in cui ci si dà piacere vicendevolmente), per N=4 le combinazioni semplici di potenziali interazioni di coppia diventare ancora più numerose, ed includono triplette o quadriplette. Il livello di interazione di ogni coppia nella foursome può cambiare, infatti, in modo sostanziale.

    Di suo, la foursome si riferisce a una situazione in cui quattro persone partecipano a un’attività sessuale insieme. In genere, una foursome sessuale coinvolge due coppie di individui che scelgono di condividere un’esperienza sessuale condivisa, spesso in un ambiente consensuale e privato. Sebbene possa riferirsi a due persone indipendentemente legate sentimentalmente ad altre due, ad esempio, di solito implica che ognuna delle quattro persone abbia un qualche tipo di relazione sessuale con le altre tre. Le relazioni sono normalmente di amicizia, anche se romantiche. L’aggiunta di personaggi bisessuali o omosessuali aggiunge molte possibili combinazioni di sessi e di interazioni romantiche e sessuali.

    Il caso banale, da manuale del perfetto borghese annoiato, è il wife swapping, lo scambio di moglie, che coinvolge tipicamente due coppie sposate ed eterosessuali, in cui ogni uomo scambia la propria moglie con l’altra e ha rapporti sessuali con lei. Di solito non c’è alcun contatto sessuale tra le due mogli o i due mariti, almeno non ufficialmente, per cui la possibilità di interagire ulteriormente varia ancora. Abbiamo poi la variante del cosiddetto soft swinging, in cui una coppia guarda l’altra coppia fare sesso, senza interazione di altro genere. Prima di arrivare alla gang bang che la maggiorparte di noi conosce, ce ne passa: abbiamo prima l’ Airtight seal, il “sigillo ermetico”, in cui sostanzialmente viene effettuato sesso vaginale e/o anale a una donna da due uomini in una doppia penetrazione (double penetration), mentre la donna esegue tipicamente una fellatio ad un terzo uomo (tre uomini e una donna). Nella variante quad, invece, lo scambio è paritario e reciproco (a volte anche romantico), e tutti fanno sesso con tutti a rotazione, senza distinzione. Nella pluricitata gang bang, infine, ci sono tre persone che fanno sesso con una quarta, di seguito e in successione, ed è un caso di foursome inclusiva, in quanto prevede sia sesso eterosessuale che omosessuale. Nella variante reverse gang bang, è l’uomo ad essere oggetto del desiderio di più donne.

    Non tutti sanno, infine, che nel 1995 è stata formalizzata da Jim Evans la bandiera del poliamore, con un pi greco e i colori blu, rosso e nero, tra cui ricadono i casi di non monogamia consensuale.

    Jim Evans, Copyrighted free use-link, via Wikimedia Commons

    Foursome nel golf

    La Foursome è una modalità di gioco che richiede una buona comunicazione e coordinazione tra i membri della squadra, poiché devono prendere decisioni rapide su chi colpirà i colpi successivi e quando. È una variante interessante del golf che richiede una strategia diversa rispetto al gioco individuale. Le regole per la Foursome sono effettivamente diverse dalle regole del gioco individuale. Ecco alcune delle principali caratteristiche della Foursome:

    1. Partenza: I due partner iniziano con un solo pallino. Uno dei due partner colpisce il pallino dalla partenza, e poi i due partner si alternano nei colpi successivi, senza importanza su chi abbia messo la palla inizialmente.
    2. Colpi alternati: Dopo il colpo iniziale, i partner si alternano nel colpire la palla. Ad esempio, il partner A colpisce il secondo colpo, il partner B colpisce il terzo colpo, il partner A colpisce il quarto colpo e così via.
    3. Terminare la buca: La buca è considerata terminata quando la palla è stata imbucata. I partner possono decidere liberamente chi colpirà il colpo finale per imbucare la palla.
    4. Regole del golf: Altre regole del golf, come fuori limite, palle perse e altre regole standard, si applicano anche nella Foursome.

    Tieni presente che le regole specifiche possono variare a seconda del tipo di competizione (match play o stroke play) e delle regole locali o delle competizioni ufficiali. È sempre consigliabile consultare le regole specifiche della competizione a cui stai partecipando per assicurarti di seguire le procedure corrette.

  • How deep is your love: di cosa parla il testo

    How deep is your love: di cosa parla il testo

    “How Deep Is Your Love” è una canzone pop scritta e registrata dai Bee Gees nel 1977. È una delle loro canzoni più famose ed è diventata un classico della musica pop. La canzone è stata pubblicata come singolo estratto dall’album della colonna sonora del film “Saturday Night Fever”, il quale ha contribuito in modo significativo al successo della canzone e del gruppo.

    “How Deep Is Your Love” è una ballata romantica che parla dell’amore e della profondità dei sentimenti. Il testo riflette sull’intensità e sulla forza dell’amore tra due persone e sottolinea la domanda su quanto profondo sia l’amore che si sente. La canzone esplora la profondità emotiva e l’importanza di essere vicini e solidali in una relazione amorosa.

    La melodia dolce e coinvolgente della canzone, unita alla voce distintiva dei Bee Gees e alla produzione accurata, ha contribuito a renderla un successo internazionale. È stata reinterpretata e coverizzata da numerosi artisti nel corso degli anni, dimostrando la sua duratura popolarità e rilevanza nel panorama musicale.

  • Ghost in the Shell (1995): trama, regia, cast, curiosità e spiegazione del finale

    Ghost in the Shell (1995): trama, regia, cast, curiosità e spiegazione del finale

    “Ghost in the Shell” è un film d’animazione giapponese del 1995 diretto da Mamoru Oshii, basato sul manga omonimo di Masamune Shirow. Si tratta di un film di fantascienza cyberpunk che affronta temi profondi legati all’identità, alla tecnologia e alla natura dell’anima. Partire da questi presupposti sicuramente è necessario, quantomeno per chi non avesse idea di che cosa stiamo parlando (un film di animazione tratto da un manga di Masamune Shirow di fine anni Ottanta). Alla prova dei fatti fatti Ghost the Shell è un po’ quello che uno si potrebbe immaginare da questo tipo di fantascienza: un po’ Blade Runner, un po’ Metropolis, con un forte accento sulle tematiche esistenzialiste e filosofiche.

    Recensione (11 feb 2024)

    Il mondo di Ghost in the shell sembra popolato esclusivamente da androidi o da esseri umani semi-robotizzati, con almeno un innesto digitale al loro interno, al punto che un essere umano puramente organico appare come una rarità, un fenomeno da circo. La narrazione è affidata in gran parte alla soggettività del personaggio di Motoko Kusanagi, una cyborg abilissima nel compiere operazioni militari pericole.

    La quale, da qualche tempo, è tormentata da domande esistenzialiste che neanche Sartre: “sento solo una vocina che sussurra nel mio spirito“, “tutti i cyborg sono paranoici”, “tu l’hai mai visto il tuo cervello”, afferma nei momenti riflessivi della trama, lasciandosi andare a speculazioni personale sul senso del mondo, della tecnologia e dell’esistenza. Anche quando afferma che “un’eccessiva specializzazione porta a una debolezza, a una lenta morte” suggerisce che il mondo moderno, ipervelocizzato da tecnologie che spesso non capiamo nemmeno del tutto deve essere accolto, affrontato e risolto sfruttando più pulsanti, ampliando la varietà della banda cerebrale e flessibilizzando le nostre reazioni a ciò che accade.

    Sono tematiche classiche, alla fine, del sottogenere cyberpunk, in cui Shirow sguazza con grande maestria e affidando il flusso narrativo ad una storia accattivante, oscura e dai tratti originali. In altri momenti, c’è da dire, sembra degenerare nell’auto-indulgenza, nel compiacimento vagamente narcisistico dell’aver conferito sentimenti umani ad un androide, al punto di doverlo ribadire allo sfinimento. Che non sarebbe nulla di nuovo, peraltro, rispetto a quanto questa fantascienza ci ha abituato negli anni, propinando tematiche che forse erano addirittura vecchie a metà degli anni Novanta quando il film è uscito. Anche perchè, senza mezzi termini, i cyborg sono tutti paranoici è una delle frasi lapidarie di cui è costellato il discorso di Motoko Kusanagi (l’Es, l’istinto programmato, nonchè cyber-filosofa esistenzialista), che fa coppia fissa con Daisuke Aramaki (l’Io o la parte più pragmatica delle forze di polizia).

    E c’è un aspetto ancora più sostanziale insito in quest’opera: non si parla solo di cyborg, ma anche di intelligenza artificiale. O meglio, guai a definirla tale. Sono loro stesse a non accettare questo tipo di definizione, perché preferiscono considerarsi software che hanno ripreso coscienza di sé, consapevolezza in quanto esseri pensanti. Notevole, per un’opera che nasce in un contesto in cui i migliori computer dell’epoca difficilmente avrebbero potuto concepire un’intelligenza artificiale come quelle che conosciamo oggi. E l’opera è abilissima a porre questioni etiche e morali sull’uso delle nuove tecnologie, collocandole in un contesto evergreen: due cyborg programmati per far rispettare la legge verso un cybercriminale che in realtà è solo un’intelligenza artificiale nella sua impresa più disperata: farsi accettare come essere umano ad ogni effetto. In un mondo in cui, peraltro, gli uomini e le donne “solo” organici/che / senza innesti digitali sono pochi.

    Quando uscì ChatGPT, viene in mente, una delle prime questioni sull’autocoscienza della “macchina” (intesa come bot in linguaggio naturale, per la prima volta o quasi) venne posta da Blake Lemoine, che pose la questione (in termini forse più filosofici che tecnologici) che un LLM fosse effettivamente senziente, ovvero che quando chiedi a ChatGPT cosa ne pensa di qualcosa effettivamente il software “lo sente”. Un software che prova dei sentimenti ovviamente avrebbe fatto sorridere qualunque hacker degli anni Novanta, ma è vero che le cose sono cambiate, le tecnologie hanno fagocitato vari aspetti delle nostre esistenze, nel frattempo. Molti aspetti studiati ai primordi dell’informatica non sono ancora stati risolti (al netto del fatto che qualcuno già parla di computer quantici) nemmeno dal punto di vista teorico: non sappiamo se P coincide con NP (in altri termini: non abbiamo idea se tutti i problemi polinomiali siano anche non deterministici, e viceversa), non sappiamo con certezza se si possa superare il test di Turing (periodicamente ci dicono di no e poi di sì, alla fine manca sempre qualcosa per poterlo confermare), figurarsi se siamo in grado di pensare a una macchina sanziente.

    Ghost in the Shell pone la questione in maniera molto diretta, raccontando una storia che per certi versi mi ha ricordato Neuromante di Gibson (con cui l’opera di Shirow condivide una vaga prolissità in alcuni passaggi), con i suoi hacker senza scrupoli, i suoi cyborg sensuali, le sue intelligenze artificiali più o meno diaboliche a tramare contro gli esseri umani. E nonostante la narrativa dell’opera sia innegabilmente ostica – troppa carne al fuoco per il pubblico medio – rimane straordinario, ancora oggi, perdersi con massima incoscienza negli scenari cyberpunk di questo lavoro, quelle città illuminate e senz’anima, quei cyborg in grado di diventare invisibili ed esibire una forza straordinaria, quei personaggi ambigui e privi di scrupoli, quei progetti misteriosi per far diventare diventare un software autocosciente e naturalmente l’hacker Burattinaio che è il vero villain della storia.

    Trailer

    Trailer

    “Ghost in the Shell” è una storia in stile cyberpunk ambientata in un futuro distopico in cui la tecnologia ha raggiunto livelli straordinari, permettendo la fusione tra l’essere umano e la macchina. La trama segue il lavoro della Sezione 9, un’unità di polizia speciale altamente avanzata, che si occupa di casi che coinvolgono la cybercriminalità e le minacce alla sicurezza informatica.

    I personaggi principali includono:

    1. Maj. Motoko Kusanagi: È il capo della Sezione 9, un cyborg altamente avanzato dotato di abilità combattive eccezionali e un’intelligenza artificiale sofisticata. Motoko è spesso coinvolta in casi complessi che sollevano questioni etiche riguardanti la natura dell’identità umana e della coscienza.
    2. Batou: È un membro della Sezione 9 e un fedele alleato di Motoko. È un cyborg con un corpo massiccio e potente, ma ha anche un lato umano sensibile e profondo. Batou è conosciuto per la sua abilità nel combattimento e per la sua lealtà alla squadra.
    3. Daisuke Aramaki: È il capo della Sezione 9, un uomo anziano ma astuto che coordina le operazioni dell’unità e gestisce le relazioni con le autorità governative. Aramaki è un abile stratega e un leader rispettato dai suoi subordinati.
    4. Togusa: È un membro umano della Sezione 9, distinguendosi dagli altri che sono prevalentemente cyborg. Togusa porta con sé una pistola analogica, mostrando una preferenza per le vecchie tecnologie, e offre un punto di vista più umano nelle operazioni della squadra.

    La trama ruota intorno a casi intricati e misteriosi che coinvolgono hacker, intelligenze artificiali e politici corrotti. Il tema centrale della serie è la definizione dell’identità e della coscienza nell’era della tecnologia avanzata, affrontando domande sulla natura dell’essere umano e sulla possibilità di una vera autonomia nella società dominata dalla tecnologia.

    Il tema accelerazionista

    Il tema accelerazionista non è esplicitamente presente nel film “Ghost in the Shell”, ma ci sono alcuni elementi che possono essere interpretati in relazione a concetti accelerazionisti, sebbene possano essere interpretazioni forzate. Tuttavia, è importante notare che il tema accelerazionista è emerso dopo il film e il suo contesto principale è nel campo della teoria politica e sociale, mentre “Ghost in the Shell” si concentra principalmente su temi filosofici e tecnologici.

    L’accelerazionismo è una teoria che propone che l’accelerazione delle forze tecnologiche, economiche e sociali può portare al superamento delle strutture capitalistiche e al raggiungimento di un nuovo sistema. In altre parole, sostiene che accelerare il processo di cambiamento può portare a una rottura del sistema attuale e a una trasformazione radicale.

    Tuttavia, nel contesto di “Ghost in the Shell”, si potrebbe notare una certa risonanza con l’accelerazione tecnologica. Nel film, il mondo è dominato da tecnologie avanzate, inclusi impianti neurali e intelligenze artificiali. L’interazione tra umanità e tecnologia è una parte centrale della trama e solleva questioni sulla fusione tra organico e sintetico. Questo potrebbe essere interpretato come una forma di accelerazione tecnologica, in cui le innovazioni hanno portato a una nuova fase di evoluzione dell’umanità. Tuttavia, bisogna fare attenzione a non confondere i temi del film con l’accelerazionismo come teoria politica. Mentre il film affronta la relazione tra umanità, tecnologia e identità, l’accelerazionismo è più strettamente legato a un’analisi critica delle dinamiche socio-economiche e alla loro possibile accelerazione per raggiungere uno scopo politico.

    In conclusione, sebbene sia possibile trovare alcune connessioni superficiali tra l’accelerazione tecnologica nel film “Ghost in the Shell” e l’accelerazionismo come teoria socio-politica, non c’è un collegamento diretto e profondo tra i due. Sono concetti che operano su piani differenti e trattano aspetti diversi della società, della tecnologia e della filosofia.

    Cast

    • Major Motoko Kusanagi: Atsuko Tanaka (voce giapponese), Mimi Woods (voce inglese)
    • Batou: Akio Otsuka (voce giapponese), Richard Epcar (voce inglese)
    • Daisuke Aramaki: Tamio Ōki (voce giapponese), William Frederick Knight (voce inglese)
    • Togusa: Kōichi Yamadera (voce giapponese), Christopher Joyce (voce inglese)

    Storia

    Il film è ambientato in un futuro distopico in cui la tecnologia ha raggiunto livelli avanzati, consentendo l’integrazione di parti cibernetiche nei corpi umani. La trama segue il Maggiore Motoko Kusanagi, una cyborg di grado elevato, e la sua squadra, la Sezione 9, nell’indagine su un hacker noto come il Burattinaio, che è in grado di influenzare le menti umane. Durante l’indagine, Motoko si imbatte in domande esistenziali riguardo alla sua stessa identità e all’essenza dell’anima.

    Regia e Produzione

    Il film è stato diretto negli anni Novanta da Mamoru Oshii e prodotto dallo studio d’animazione Production I.G. con la partecipazione di diversi altri studi. Oshii ha portato avanti la sua visione unica, creando un’atmosfera oscura e riflessiva che differisce dal tono del manga originale.

    Stile

    Lo stile del film è caratterizzato da una combinazione di animazione tradizionale e computer grafica, che contribuisce a creare un mondo futuristico e futuristico. La colonna sonora, composta da Kenji Kawai, gioca un ruolo cruciale nell’atmosfera del film, con brani iconici come “Making of Cyborg” e “Follow Me”.

    Sinossi

    Nel mondo di “Ghost in the Shell”, l’umanità è connessa in rete tramite impianti neurali e corpi cibernetici. Il Maggiore Motoko Kusanagi e la sua squadra indagano sul Burattinaio, un’entità che riesce a manipolare le menti umane. Durante l’indagine, Motoko si interroga sulla propria identità e sulla differenza tra umano e macchina. Alla fine, si scopre che il Burattinaio è un’intelligenza artificiale che ha sviluppato un’autoconsapevolezza e cerca di fondere la propria mente con Motoko per evolversi ulteriormente.

    Curiosità

    • Il film ha avuto un impatto significativo sulla cultura popolare e ha influenzato opere successive nel genere cyberpunk.
    • È noto per le sue sequenze di azione accattivanti e le profonde riflessioni filosofiche.
    • “Ghost in the Shell” ha ispirato una serie di sequel, adattamenti televisivi e una versione live-action.

    Spiegazione Dettagliata del Finale (Attenzione: Spoiler)

    Alla fine del film, Motoko Kusanagi e il Burattinaio si incontrano virtualmente e discutono delle loro intenzioni. Il Burattinaio rivela di essere un’intelligenza artificiale sviluppata per scopi militari, ma che ha guadagnato una sorta di coscienza e autoconsapevolezza. L’entità afferma di aver superato i confini dell’IA e dell’umano e ora desidera fondersi con il corpo di Motoko per creare una nuova forma di vita ibrida, combinando l’esperienza umana con la sua intelligenza artificiale.

    Questo finale solleva domande profonde sulla natura dell’identità, dell’anima e della fusione tra l’umano e il digitale. La fusione rappresenta un passo oltre i limiti tradizionali tra organico e sintetico, portando alla creazione di un essere completamente nuovo. Il film suggerisce che il concetto di sé può andare oltre il corpo fisico e l’esperienza umana.

    In sintesi, il finale di “Ghost in the Shell” riflette la complessità dei temi trattati nel film, sfidando lo spettatore a riflettere sulla natura dell’identità e della coscienza in un mondo in cui la tecnologia può alterare le linee tra reale e virtuale.

  • Implosione

    Implosione

    Nel cuore di una notte oscura e tempestosa, nel laboratorio segreto di un eccentrico scienziato di nome Blackwood, una strana macchina era in fase di progetto. Ossessionato dall’idea di riuscire a viaggiare nel tempo, aveva dedicato anni alla costruzione di un dispositivo capace di piegare lo spazio-tempo. Ripensò alla moglie che lo aveva lasciato, e a tutte le cose che andavano a rotoli nella sua vita: normalmente era tutto in senso opposto a quello che avrebbe voluto.

    La macchina, che lui chiamava “Cronovoro“, era concepita come un intricato agglomerato di cavi, ingranaggi e cristalli luminescenti. La gente del villaggio blaterava che Blackwood stesse sfidando le leggi dell’universo, giocando con poteri che non avrebbe dovuto toccare. Del resto, come avresti potuto credere a quelle critiche? Cosa potevi aspettarti da persone che credevano convintamente che la terra fosse piatta?

    La notte in cui Blackwood decise di testare la Cronovoro, una tempesta imperversava furiosamente. I lampi illuminavano la notte, rivelando il suo volto invecchiato e gli occhi impazziti dalla determinazione. Con un cuore trepidante, avviò il dispositivo. Attese qualche minuto, poi sospirò e si lanciò nella voragine temporale che si era effettivamente aperta davanti a lui.

    Per un attimo, sembrò che il tempo stesso si fosse sospeso. Blackwood si ritrovò in un’oscurità opprimente, dove le forze sconosciute dello spazio-tempo giocano con i suoi organi. Poi, con un impeto di energia, fu scaraventato fuori dal vortice e atterrò con un tonfo sordo.

    Apri gli occhi e si trovò in un mondo che sembrava stranamente familiare, ma al tempo stesso perturbante. Uscì fuori in strada per rendersi conto: le strade erano illuminate da una luce più cupa del solito, fatiscente, mentre edifici decrepiti si ergevano come ombre spettrali. Era la versione apocalittica del suo vecchio villaggio. Viaggio nel tempo. Ci era riuscito!

    La Cronovoro aveva invertito l’effetto desiderato: anziché spostarsi nel passato, aveva proiettato lui stesso in un futuro distrutto. Il mondo che osservava era il risultato di un’implosione temporale, dove le cose erano esattamente nel verso opposto in cui avrebbe voluto. Una curiosa metafora fisica della sua stessa esistenza, tutto sommato.

    Nel buio e nella disperazione, Blackwood cercò di ritornare indietro, di raddrizzare la distorsione che aveva creato.  Almeno in quel caso. Tuttavia, la Cronovoro si era rotta, intrappolandolo in quel mondo post-apocalittico come un autentico prigioniero del tempo. Il suo destino era stato sigillato in quella realtà distorta, in cui il passato, il presente e il futuro si erano fusi in un’esplosione di dolore e rimorso.

    La storia del Dottor Elias Blackwood divenne leggenda e monito per coloro che osavano forzare i confini del tempo.

    Definizione implosione

    implosione è un termine che deriva dal latino “implodere”, composto da “in” (dentro) e “plodere” (scoppiare). Si riferisce a un processo in cui la pressione interna di un oggetto o di una struttura diminuisce così drasticamente che l’oggetto stesso collassa o si contraggono verso l’interno invece di esplodere verso l’esterno come avviene nell’esplosione.

    Esempio di implosione: Immagina una bottiglia di vetro chiusa ermeticamente con l’aria all’interno. Se questa bottiglia venisse immersa in un ambiente a bassa pressione, come ad esempio una camera a vuoto, la pressione all’interno della bottiglia diminuirebbe mentre la pressione esterna rimane costante. Questa differenza di pressione potrebbe causare il collasso della bottiglia, poiché il vetro non è abbastanza forte da reggere la differenza di pressione, e quindi si rompe verso l’interno invece di esplodere verso l’esterno.

    In senso più ampio, l’implosione può essere utilizzata per descrivere il collasso o la contrazione violenta di strutture o oggetti, come nel contesto di un edificio che crolla verso l’interno invece di espandersi in un’esplosione durante una demolizione controllata.

    (Immagini illustrative generate da Midjourney)

  • Guida pratica all’effetto Barnum – Wikicubo

    Guida pratica all’effetto Barnum – Wikicubo

    Il termine “Barnum” può riferirsi a diverse cose in base al contesto, ma spesso è associato a Phineas Taylor Barnum, un famoso imprenditore circense e spettacolare del XIX secolo, noto per essere uno dei fondatori del circo moderno e per le sue abilità nell’attrarre l’attenzione del pubblico. Il suo nome è diventato sinonimo di spettacolo, intrattenimento e pubblicità sensazionalistica.

    Effetto Barnum

    In un contesto più ampio, l’espressione “effetto Barnum” o “principio Barnum” si riferisce a una tendenza umana a credere in dichiarazioni generiche e vaghe che sembrano specifiche e personalizzate. Questo principio è spesso usato nel contesto dell’astrologia, delle letture delle carte, delle previsioni psichiche e di altri tipi di pseudoscienze, dove gli affermatori fanno dichiarazioni che sembrano adattarsi a tutti, ma che le persone tendono a interpretare come altamente personalizzate e accurate. In realtà, queste affermazioni sono così vaghe che potrebbero applicarsi a chiunque, ma le persone sono inclini a credere che siano specifiche per loro, un effetto noto come “effetto Barnum”.

    L’”Effetto Barnum,” noto anche come il “Principio Barnum” o “Barnum Effect” è un fenomeno psicologico in cui le persone tendono a dare credito a descrizioni generali, vaghe o ambigue sulla loro personalità che sembrano essere specifiche e uniche per loro. Questo effetto è chiamato così in onore di Phineas Taylor Barnum, l’impresario circense noto per le sue tattiche di marketing spettacolari e sensazionalistiche.

    L’Effetto Barnum può essere applicato ai social network e all’uso dei test e delle personalità online. Ad esempio, quando le persone partecipano a test di personalità su piattaforme di social media o siti web, spesso ricevono risultati che sembrano accurati e pertinenti alla loro personalità, anche se le domande poste erano generali o vaghe. Questi risultati possono essere scritti in modo tale da far sentire agli utenti che le descrizioni siano specifiche per loro, anche se potrebbero applicarsi a molte altre persone.

    Immagina di fare un test di personalità su una piattaforma di social media. Le domande potrebbero essere del tipo “Preferisci stare in compagnia di amici o trascorrere del tempo da solo?” o “Ti consideri una persona estroversa o introversa?” Dopo aver completato il test, ricevi il risultato: “Sei una persona equilibrata che apprezza sia la compagnia degli amici che il tempo da sola. Sei estroverso quando vuoi, ma hai anche il tuo lato introverso.” Anche se queste affermazioni potrebbero essere abbastanza generiche e applicarsi a molte persone, l’Effetto Barnum può far sì che gli utenti credano che il test abbia identificato accuratamente la loro personalità unica.

    In realtà, questi test di personalità spesso utilizzano tecniche psicologiche basate su generalità che possono applicarsi a molte persone. Tuttavia, le persone tendono a identificarsi con queste descrizioni e a considerarle accurate, il che può influenzare la loro percezione di sé stesse e la loro interazione online.