PIANGERE_ (49 articoli)

Recensioni di film da piangere disperatamente (o drammatici che dir si voglia).

  • GLi intoccabili racconta la storia di Al Capone

    GLi intoccabili racconta la storia di Al Capone

    Gli Intoccabili” è un film del 1987 diretto da Brian De Palma e interpretato da Kevin Costner.

    Si tratta di un film di culto diretto da Brian De Palma, interpretato da Kevin Costner, Sean Connery, Robert De Niro e Andy Garcia. Il film si basa sulla vera storia dell’agente federale Eliot Ness e del suo team, noti come “Gli Intoccabili”, che andarono alla caccia del noto gangster Al Capone durante il periodo del proibizionismo. Nella realtà, Al Capone è stato uno dei gangster più noti e influenti dell’epoca negli Stati Uniti. È stato il capo di un’organizzazione criminale che si occupava principalmente di contrabbando di alcol durante il periodo in cui la vendita e la produzione di alcol erano vietate per legge.

    Capone nasce il 17 gennaio 1899 a Brooklyn, New York. Durante la sua carriera criminale, ha accumulato una grande ricchezza e potere attraverso attività illegali, inclusi il contrabbando di alcol e il controllo di locali notturni, casinò e scommesse. Era noto per il suo stile di vita lussuoso e per la sua abilità nell’evitare la cattura e le condanne legali. Nel film “Gli Intoccabili” del 1987, Al Capone è interpretato da Robert De Niro.

    Il personaggio di Capone nel film è una rappresentazione cinematografica basata sulla sua figura storica, ma potrebbe essere accentuato per scopi narrativi e drammatici. “Gli Intoccabili” si concentra sulla lotta degli agenti federali per smantellare il suo impero criminale e porta l’attenzione sugli sforzi dei protagonisti per far rispettare la legge in un’epoca di corruzione e violenza.

    Trama / Sinossi

    Negli anni ’30, durante il proibizionismo, Al Capone (Robert De Niro) domina Chicago con il contrabbando di alcol e l’attività criminale. L’agente federale Eliot Ness (Kevin Costner) decide di mettere insieme un team di agenti onesti e incorruttibili, noti come “Gli Intoccabili”, per smantellare l’organizzazione criminale di Capone. Ness recluta il veterano di polizia Jim Malone (Sean Connery) e altri agenti determinati. Inizia così una lotta per la giustizia che li porterà a fronteggiare la violenza e la corruzione per mettere fine al dominio di Capone.

    Critica

    “Gli Intoccabili” è stato ben accolto dalla critica e dal pubblico per la sua combinazione di azione, dramma e una forte dose di stile cinematografico. La regia di Brian De Palma è notevole per le sue sequenze visivamente accattivanti e la colonna sonora epica di Ennio Morricone aggiunge ulteriore impatto emotivo al film. Le interpretazioni del cast, in particolare quella di Sean Connery, sono state ampiamente lodate.

    Cast

    • Kevin Costner nel ruolo di Eliot Ness
    • Sean Connery nel ruolo di Jim Malone
    • Robert De Niro nel ruolo di Al Capone
    • Andy Garcia nel ruolo di George Stone
    • Charles Martin Smith nel ruolo di Oscar Wallace
    • Patricia Clarkson nel ruolo di Catherine Ness

    Sinossi

     

    Negli anni ’30, durante il periodo del proibizionismo, la città di Chicago è dominata dal potente gangster Al Capone (Robert De Niro). Capone controlla il contrabbando di alcol, il gioco d’azzardo e altre attività illegali con il pugno di ferro. L’agente federale Eliot Ness (Kevin Costner) è incaricato di mettere fine al regno di terrore di Capone. Tuttavia, scopre presto che il sistema giudiziario e la polizia locale sono corrotti e incapaci di affrontare Capone e la sua organizzazione criminale.

    Deciso a combattere la corruzione, Ness forma un gruppo speciale di agenti incorruttibili noti come “Gli Intoccabili”. Questo team comprende l’esperto di polizia Jim Malone (Sean Connery), il giovane agente George Stone (Andy Garcia) e l’esperto contabile Oscar Wallace (Charles Martin Smith). Insieme, cercano di smantellare l’organizzazione di Capone, raccogliendo prove e infiltrandosi nelle sue operazioni criminali.

    La lotta degli Intoccabili contro Capone è segnata da violenti scontri, colpi di scena e momenti di tensione. Nel corso del film, Malone offre a Ness consigli preziosi e gli insegna a combattere “alla maniera di Chicago”. La sfida raggiunge l’apice quando gli Intoccabili riescono a incastrare Capone per evasione fiscale e lo mandano in prigione.

    La storia culmina in un epico scontro tra Capone e Ness durante un processo legale. Nonostante le minacce e la violenza, Capone è condannato e inviato in prigione. Il film si conclude con Ness che, dopo la vittoria, getta il distintivo di agente federale nell’acqua, simboleggiando la fine della sua lotta e il raggiungimento del suo obiettivo.

    “Gli Intoccabili” è un mix di azione, dramma e storia, che offre uno sguardo affascinante sulla lotta tra la giustizia e il crimine durante un periodo turbolento dell’America.

    Spiegazione del finale

    Nel finale di “Gli Intoccabili”, la lotta degli Intoccabili contro Al Capone raggiunge il suo culmine durante un processo legale. Nonostante le minacce e la violenza, Capone viene condannato per evasione fiscale e viene condannato a undici anni di prigione. Questo segna la fine del suo dominio criminale su Chicago.

    Dopo il processo, Eliot Ness (Kevin Costner) e il suo team celebrano la vittoria. Tuttavia, il film prende una svolta tragica quando uno dei membri dell’organizzazione di Capone uccide Jim Malone (Sean Connery). Questo evento rafforza la determinazione di Ness nel continuare la sua lotta contro il crimine.

    Il film si conclude con Ness che, dopo aver gettato il distintivo di agente federale nell’acqua in segno di rispetto per Malone, riceve una chiamata che lo avvisa della morte di Capone in prigione. La voce narrante di Ness sottolinea che, nonostante le vittorie e le perdite, il suo impegno a cercare la giustizia è rimasto costante. La scena finale ritrae Ness che cammina lungo un pontile sul mare, dando uno sguardo al distintivo che giace in fondo all’acqua.

    Questo finale riflette l’idea che la lotta per la giustizia non è mai completa, ma che la dedizione di individui come Ness può fare la differenza. La perdita di Malone rappresenta un prezzo personale pagato nel corso della battaglia, ma il trionfo finale contro Capone simboleggia una vittoria duramente conquistata per la legge e l’ordine.

    Alla fine del film, il team degli Intoccabili riesce a ottenere le prove necessarie per mettere Al Capone dietro le sbarre, non per i crimini principali, ma per evasione fiscale. Capone viene condannato e inviato in prigione, ponendo fine al suo dominio criminale su Chicago. La narrazione sottolinea che Ness ha perso sia il suo mentore, Jim Malone, che un altro membro del suo team, George Stone, nel corso della lotta contro Capone. La vittoria è stata ottenuta a un alto costo personale

    Scena iconica del film

    Brian De Palma ha preso l’idea della scena della stazione ferroviaria dal film russo La corazzata Potemkin (1925), che include una classica scena di massacro su una scalinata dove rotola anche una carrozza. I marinai che vengono coinvolti nel fuoco incrociato in questo film sono un omaggio ai marinai dell’incrociatore Potemkin. L’idea della carrozzina che rotola giù per i gradini è apparsa anche in film precedenti, tra cui Il dittatore dello stato libero di Bananas (1971) e Brazil (1985). In Brazil c’era anche Robert De Niro.

    Nel film “Gli Intoccabili,” c’è una scena in una stazione dove Eliot Ness (interpretato da Kevin Costner) sta cercando di catturare un assassino sotto la custodia di un poliziotto. Durante l’incubo della sparatoria, una carrozzina scende giù per le scale della stazione, simboleggiando l’innocenza perduta e la minaccia imminente. Questa scena è iconica per il suo utilizzo della suspense visiva e dell’immagine della carrozzina che rotola giù per le scale in modo quasi surreale.

    La scena delle scale in “Gli Intoccabili” è un tributo a questa iconica sequenza e rappresenta un momento di alta tensione nel film, dove il pericolo è palpabile e l’azione raggiunge il suo apice.

    Curiosità sul film

    In una scena viene lasciata cadere una busta sulla scrivania di Eliot Ness. Si presume che si tratti di una bustarella, ma l’importo all’interno non viene mai rivelato. Nella vita reale, Al Capone promise a Eliot Ness che due banconote da 1.000 dollari sarebbero state sulla sua scrivania ogni lunedì mattina se avesse chiuso un occhio sulle sue attività di contrabbando (un’enorme somma di denaro all’epoca; più di 30.000 dollari oggi). Ness rifiutò la bustarella e negli anni successivi ebbe problemi di denaro. Morì quasi al verde all’età di cinquantaquattro anni. Nella vita reale, Al Capone, sapendo che l’uccisione di un agente del Proibizionismo avrebbe portato solo più problemi di quelli che lui o il suo gruppo potevano gestire, aveva in realtà un ordine di non violenza ai suoi uomini riguardo agli Intoccabili. Sebbene Capone abbia ripetutamente tentato di comprarli, non ha mai tentato di uccidere Eliot Ness o uno dei suoi uomini.

  • La grande bellezza: cast, storia, regia, produzione, sinossi, curiosità

    La grande bellezza: cast, storia, regia, produzione, sinossi, curiosità

    Titolo: La Grande Bellezza
    Regia: Paolo Sorrentino
    Cast Principale:

    • Toni Servillo nel ruolo di Jep Gambardella
    • Carlo Verdone nel ruolo di Romano
    • Sabrina Ferilli nel ruolo di Ramona
    • Carlo Buccirosso nel ruolo di Lello Cava
    • Iaia Forte nel ruolo di Trumeau
    • Pamela Villoresi nel ruolo di Viola
    • Galatea Ranzi nel ruolo di Stefania

    Storia e Produzione

    “La Grande Bellezza” è un film italiano del 2013 diretto da Paolo Sorrentino. Il regista ha co-scritto la sceneggiatura con Umberto Contarello. Il film è stato prodotto da Indigo Film e Pathé in collaborazione con Medusa Film e Canal+.

    Stile e Sinossi

    Il film segue la vita di Jep Gambardella, un giornalista e scrittore di successo che vive a Roma. Jep compie sessantacinque anni e, nonostante il suo stile di vita mondanamente ricco e affascinante, si sente insoddisfatto e alienato dalla sua esistenza. Il film esplora il mondo dell’alta società romana attraverso gli occhi di Jep, rivelando le relazioni superficiali, le feste esclusive e l’ossessione per l’apparenza.

    Nel corso del film, Jep si imbatte in una serie di personaggi eccentrici e affascinanti, mentre riflette sulla sua giovinezza, sul suo unico romanzo di successo e sul senso della vita. La bellezza e la decadenza di Roma sono rappresentate in modo surreale e spesso grottesco, con scene iconiche che mettono in luce l’arte, l’architettura e l’atmosfera unica della città. (immagini tratte da IMDB)

    Curiosità

    • Il titolo “La Grande Bellezza” è un riferimento al termine “Grande Belle Époque”, che si riferisce a un periodo di ottimismo e prosperità culturale prima della prima guerra mondiale.
    • Il film è stato ampiamente elogiato per la sua regia innovativa, la fotografia suggestiva e la performance di Toni Servillo nel ruolo principale.
    • “La Grande Bellezza” è stato ispirato dal romanzo “Il desiderio” dello scrittore italiano Giacomo Leopardi.

    Spiegazione del Finale

    (avviso spoiler) Alla fine del film, Jep raggiunge una maggiore consapevolezza della sua vita e delle scelte che ha fatto. Dopo aver attraversato momenti di introspezione e interazione con vari personaggi, Jep comprende che la vera bellezza risiede nelle piccole cose, negli affetti genuini e nelle esperienze autentiche.

    L’ultima scena mostra Jep che partecipa a una festa all’aperto, dove una ragazza canta “Non dimenticar le mie parole” (Don’t Forget My Words), una canzone che Jep aveva sentito anni prima in un’occasione speciale. Questa canzone scatena in lui una profonda riflessione e un senso di malinconia. La scena finale simboleggia il desiderio di Jep di catturare momenti di bellezza e significato in un mondo dominato dalla superficialità e dal caos.

    In definitiva, il finale suggerisce che Jep ha trovato una forma di riconciliazione con se stesso e con la città di Roma, riconoscendo che la vera grandezza e bellezza risiedono nelle emozioni autentiche, nei legami personali e nell’apprezzamento per la vita semplice e autentica. Il film si chiude con un senso di speranza e una rinnovata consapevolezza per Jep e per lo spettatore.

    Recensione

    “La Grande Bellezza” è un film italiano del 2013 diretto da Paolo Sorrentino. È un dramma che esplora temi come l’arte, la bellezza, la vita, la vecchiaia e la società contemporanea. Il film si svolge a Roma e segue le vicende di Jep Gambardella, un giornalista e scrittore di successo che vive una vita mondana e superficiale tra feste, incontri e relazioni.

    La trama del film ruota attorno a Jep, interpretato da Toni Servillo, che compie sessantacinque anni e si ritrova a riflettere sulla sua vita e sulle scelte che ha fatto. Nonostante il suo successo e la sua vita lussuosa, Jep è pervaso da un senso di vuoto e insoddisfazione. Il film esplora il contrasto tra l’apparente bellezza e ricchezza di Roma e la superficialità e l’alienazione della società contemporanea.

    Attraverso una serie di incontri e avventure, Jep esplora diverse sfaccettature dell’esistenza umana, dai desideri inappagati alle illusioni dell’amore, dalla ricerca della bellezza all’arte, dall’amicizia alla solitudine. Il film si avvale di una narrazione visiva e simbolica molto forte, con scene suggestive e dialoghi profondi, spesso accompagnati da un’atmosfera onirica.

    “La Grande Bellezza” è una riflessione profonda e spesso sarcastica sulla vita moderna, sul vuoto spirituale e sull’ossessione per l’apparenza. Il titolo stesso suggerisce l’ironia dietro la ricerca continua della bellezza esteriore mentre si trascurano i veri significati e valori della vita. Il film è stato acclamato per la sua regia, la recitazione di Toni Servillo e la sua rappresentazione evocativa di Roma, oltre che per il modo in cui affronta temi universali legati all’esistenza umana.

  • Melancholia: il dramma della depressione secondo Von Trier

    Melancholia: il dramma della depressione secondo Von Trier

    Il pianeta Melancholia minaccia di avvicinarsi alla Terra; nel frattempo, Justine sta celebrando il proprio matrimonio…

    In breve. Incursione del regista nel genere apocalittico, ovviamente a modo proprio: si parte dal ricevimento del matrimonio della protagonista, e si prosegue la narrazione sui più cupi toni. Sullo sfondo, un pianeta che minaccia di andare in collisione e distruggere la Terra. Rientra nel genere del “più discusso che visto“, soprattutto per via delle dichiarazioni controverse di Von Trier che lo fecero espellere da Cannes.

    Un film ingiustamente sottovalutato per via della concomitanza con le dichiarazioni shockanti del regista a Cannes, che gli valsero l’espulsione dal festival; questo ha finito per mettere in ombra la sostanza del lavoro, per cui certa critica (ad esempio Maltese) è arrivata a farlo passare con disprezzo per apologia di nazismo, evitando accuratamente di menzionarne i meriti (la forza del personaggio protagonista, la narrazione apocalittica stravolta rispetto alla tradizione, il riferimento a Shakespeare), e dando un’immagine sostanzialmente fuorviante del tutto, maltrattato neanche fosse realmente aderente al cinema del Terzo Reich.

    Ovvio che le frasi del regista pro-nazismo (in risposta provocatoria ad una domanda sulle sue origini tedesche) sono state problematiche ed imbarazzanti, ma resta il fatto che i film vanno visti e vanno giudicati per quello che sono, non sulla scia di dichiarazioni di contorno – per quanto controverse (e poco chiarite in seguito) siano state. Il rischio, infatti, è quello di farsi strumentalizzare una virgola ed oscurare il restante 99%, caso tipico, peraltro, di molti degli artisti più meritevoli.

    Se è vero che il cinema di propaganda rappresentava realtà artefatte al fine di mantenere alto l’umore della folla, quest’opera di Von Trier fa l’esatto contrario: immerge senza pietà il pubblico negli spaventosi fantasmi della depressione, canalizzandoli come un pianeta portatore di distruzione. Un male che è risaputamente difficile da raccontare, e che il regista decide di accompagnare con l’esposizione, ben nota, della sua consueta filosofia nichilista: è questo a rendere forse “indigesto” questo Melancholia che, come valore assoluto, resta un film pregevole e di grande livello. Il regista decide di narrare la storia mediante discorsi prevalentemente indiretti, facendo affidamento sulla mimica della Dunst e su relazioni tra i personaggi sempre ambigue e bivalenti: può piacere o meno, ma dal punto di vista artistico la scelta è impeccabile.

    La narrazione lavoro molto sugli accenni, sui riferimenti detto/non detto, soprattutto attraverso l’interpretazione magistrale della protagonista, per cui il pianeta Melancholia, in inesorabile avvicinamento alla Terra (probabilmente ispirato al pianeta ipotetico Nibiru), diventa un simbolo puro di ineluttabile autodistruzione. Cosa ancora più significativa, il finale viene subito mostrato al pubblico, con la sequenza di Melancholia che ingloba il nostro pianeta e scatena l’Apocalisse, anticipando un finale che poteva essere clamoroso (ed obbligando il pubblico a concentrarsi sul resto del film). In quest’ottica, l’interesse di Justine per l’astronomia da un lato, e la cieca fiducia nella scienza del cognato dall’altro, assumono una valenza tragica e grottesca al tempo stesso, ed andrebbero letti esclusivamente in quest’ottica.

    Melancholia simboleggia la più crudele depressione (la stessa vissuta in prima persona dal regista, all’epoca) nella figura controversa di Justine, sposa solo apparentemente felice, che senza una reale ragione si farà sopraffare da un malessere nichilista giusto il giorno del suo matrimonio. Lo stesso personaggio che, quasi incredibilmente, saprà mantenere la calma più assoluta pur consapevole della fine imminente, emulando così il comportamento tipico degli affetti da depressione. Personaggio di grande spessore, peraltro, poichè ispirato all’Ofelia di Shakespeare così come rappresentata nel dipinto di Millais (e che nel film possiamo vedere rievocata all’inizio). Non siamo ai livelli sublimi delle conflittualità espresse in Antichrist, per intenderci, e questo film soffre di qualche problema di ritmo (tutto, nello svolgimento, è rallentato fino all’inverosimile): perdonabile, tutto sommato, se si considera quale pregevole incursione – solita fotografia spettacolare, per inciso – di Von Trier nel genere apocalittico puro, passata purtroppo inosservata da molti, oltre che snobbata per via dei problemi sopra menzionati.

    Ho molta paura di quello schifo di pianeta.

    Quello schifo di pianeta? Quel meraviglioso pianeta vorrai dire. Prima era nero, adesso è blu, copre Antares…

  • Vanilla Sky: cast, produzione, trama, regia, curiosità, spiegazione

    Vanilla Sky: cast, produzione, trama, regia, curiosità, spiegazione

    “Vanilla Sky” è un film statunitense del 2001, diretto da Cameron Crowe. Ecco alcune informazioni sul cast principale, la regia, la produzione e l’anno di uscita del film, oltre a qualche curiosità e la nostra spiegazione del film.

    • Regia: Cameron Crowe

    Cast Principale

    • Tom Cruise: Nel ruolo di David Aames, il protagonista del film, un uomo affascinante e ricco che subisce un terribile incidente che cambierà la sua vita.
    • Penélope Cruz: Nel ruolo di Sofia Serrano, l’interesse amoroso di David e l’artista spagnola che cambierà la sua vita.
    • Cameron Diaz: Nel ruolo di Julie Gianni, una donna ossessionata da David e coinvolta in eventi misteriosi.
    • Kurt Russell: Nel ruolo di McCabe, uno psichiatra che cerca di aiutare David a capire la sua situazione.
    • Jason Lee: Nel ruolo di Brian Shelby, l’amico di David.

    Produzione

    • Anno di Uscita: “Vanilla Sky” è stato rilasciato negli Stati Uniti il 14 dicembre 2001.
    • Produzione: La produzione del film è stata gestita da Cameron Crowe e dalla sua casa di produzione, la Cruise/Wagner Productions, insieme a Scott Rudin Productions e Paramount Pictures.

    “Vanilla Sky” è un film di genere thriller psicologico che esplora temi complessi come l’identità, la realtà e la percezione attraverso una trama intricata. Uscito nel 2001, rappresenta una storia intricata che mescola elementi di fantascienza, thriller psicologico e dramma romantico, con vari momenti puramente lynchiani in cui non è chiaro se la realtà sia sogno o viceversa.  La performance di Tom Cruise è stata ampiamente apprezzata, e il film ha generato discussioni e interpretazioni diverse per la sua trama intricata e il suo finale enigmatico. La caratteristica principale di Vanilla Sky risiede nel suo montaggio anti-causale e in parte a-temporale, in parte come in Pulp Fiction, con vari raccordi narrativi di collegamento tra le storie e/o i personaggi.

    La trama complessa di “Vanilla Sky” è altamente onirica ed esplora concetti di identità, percezione e realtà attraverso la prospettiva di un protagonista tormentato. Il film è noto per il suo stile visivo distintivo e il suo finale enigmatico, che ha generato dibattiti e interpretazioni diverse tra gli spettatori.

    Sinossi

    Atto 1: Il Mondo Perfetto

    Introduzione di David Aames (interpretato da Tom Cruise), un giovane e ricco editore di una rivista di successo a New York.

    David è un playboy che conduce una vita di lusso e senza preoccupazioni, circondato da amici e donne.

    David incontra Sofia Serrano (interpretata da Penélope Cruz), una bellissima artista spagnola, e si innamora perdutamente di lei.

    L’ex amante di David, Julie Gianni (interpretata da Cameron Diaz), scopre la sua nuova relazione e diventa ossessionata da lui.

    Una notte, Julie conduce David in uno scatenato e pericoloso viaggio in auto, che si conclude in un tragico incidente che la lascia sfigurata e David con il volto deturpato.

    Atto 2: La Rinascita

    Dopo l’incidente, David subisce numerose operazioni per riparare il suo viso, ma rimane sconvolto dalla sua nuova apparenza.

    David scopre che è stato accusato di omicidio colposo per la morte di Julie.

    David cerca di ricostruire la sua vita, ma è ossessionato dai ricordi di Sofia e dalla sua vita precedente.

    Viene introdotto uno psichiatra di nome McCabe (interpretato da Kurt Russell), che cerca di aiutare David a distinguere la realtà dalla sua immaginazione.

    Atto 3: L’Incubo Dell’Immaginazione

    David inizia a sperimentare strane distorsioni della realtà, e le sue convinzioni e percezioni diventano sempre più confuse.

    Sofia riappare nella sua vita, ma le sue apparizioni sono ambigue e misteriose.

    David scopre una strana azienda chiamata “Life Extension” che offre un servizio di “sospensione” della realtà.

    La trama si dipana tra i confini tra sogno e realtà, e David cerca disperatamente di capire cosa sia vero e cosa sia frutto della sua immaginazione distorta.

    Atto 4: La Rivelazione

    David fa una scoperta scioccante: è stato sottoposto a una procedura di sospensione della realtà e il mondo che sta vivendo non è altro che un sogno.

    David decide di risvegliarsi dalla sospensione e tornare alla realtà, anche se ciò significa affrontare le conseguenze delle sue azioni passate.

    Spiegazione del finale

    (avviso spoiler)

    Accompagnato da McCabe e da un ufficiale di polizia, David verso la fine del film fa una visita agli uffici della Life Extension, dove scopre che la società ha la capacità di mettere gli esseri umani in uno stato di ibernazione e di riportarli in vita quando sarà possibile. Inoltre, apprende che durante il periodo di ibernazione, la Life Extension è in grado di offrire agli individui un’esperienza di “sogno lucido”, permettendo loro di vivere la loro vita secondo i loro desideri, senza che la morte sia un ostacolo, a partire da un punto specifico nella loro esistenza.

    Il film culmina in un finale emozionante in cui David prova a riavvicinarsi a Sofia e affrontare le sfide della vita reale.

    La trama del film può essere interpretata in vari modi, ed è noto per la sua complessità. Ecco una spiegazione generale della trama e dei suoi principali temi:

    La Realtà e la Percezione: Il film ruota attorno alla distinzione tra realtà e percezione. Il protagonista, David Aames (interpretato da Tom Cruise), vive una vita di lusso e privilegi, ma la sua esistenza diventa sconvolta quando si innamora di Sofia Serrano (interpretata da Penélope Cruz), un’artista spagnola. La sua ex-amante, Julie Gianni (interpretata da Cameron Diaz), diventa ossessionata da lui e provoca un incidente automobilistico che cambia la sua vita e la sua percezione della realtà.

    Il Conflitto Tra Desiderio e Rimorso: Dopo l’incidente, David affronta profondi conflitti interiori. Deve affrontare il rimorso per l’incidente e le conseguenze della sua vita passata da playboy. Questi conflitti interiori si manifestano attraverso strane distorsioni della realtà e sogni bizzarri.

    La Comprensione della Verità: Gran parte del film è dedicata al tentativo di David di capire cosa sia vero e cosa sia illusione nella sua vita. Questo processo coinvolge incontri con uno psichiatra di nome McCabe e la misteriosa azienda “Life Extension,” che offre servizi di sospensione della realtà.

    La Ricerca del Riscatto e della Felicità: La trama si sviluppa mentre David cerca di risolvere i misteri della sua esistenza e di riconciliarsi con il suo passato. La sua ricerca lo porta a cercare di riconquistare Sofia e di affrontare le conseguenze delle sue azioni.

    Il Finale Aperto: “Vanilla Sky” culmina in un finale ambiguo e aperto, in cui la verità sulla realtà di David viene rivelata, ma il film non offre una risposta definitiva su cosa sia successo.

    Il film è noto per le sue tematiche complesse e la sua narrazione non lineare. Offre molte interpretazioni e discussioni sulla natura della realtà, dell’identità e della percezione umana. La trama può essere vista come un viaggio emotivo e mentale del protagonista alla ricerca di comprensione e riscatto.

  • Gran Torino: un film profondo che vale la pena riscoprire

    Gran Torino: un film profondo che vale la pena riscoprire

    Un’eccellente opera che eredita qualcosa del Clint vecchia maniera, e rielabora un personaggio di spessore per un film indimenticabile.

    Un’altra grande pellicola di un regista di enorme intelligenza, che si esplica attraverso una trama fittissima di dettagli, rappresentando realisticamente la miseria e la sofferenza di un uomo troppo vecchio – e troppo solo – per combattere contro un mondo ostile: tutto questo è, in estrema sintesi, Gran Torino, opera di Clint Eastwood uscito in Italia nel febbraio 2009. La trama racconta di un reduce della guerra in Corea (Walt Kowalski), rimasto vedovo, che si vede tartassato da familiari indifferenti e parassiti: la giovane nipote, ad esempio, ambisce ad avere null’altro che la Gran Torino custodita nel garage del nonno. L’autovettura diventa simbolo dell’immobilismo del personaggio: cinico all’estremo, fieramente misantropo, incattivito dalla guerra, diffidente verso le superstizioni che un giovane ed ingenuo prete cerca di inculcargli, e soprattutto biecamente razzista. Una descrizione molto poco politically-correct, che da un lato fa capire da cosa “fugga” il personaggio, ma dall’altro rende fin troppo scontato associare la figura al Clint western, guerriero solitario che si fa giustizia da solo. Walt, che è in cattive condizioni di salute, ha deciso di rimanere ostinatamente solo, mentre la famiglia di uno dei figli cerca di chiuderlo in ospizio: trova così il tempo ed il modo di socializzare con una famiglia asiatica (precisamente Hmong), superando l’ostilità iniziale e mostrando l’animo nobile derivante delle sue esperienze. Alla fine arriverà a capovolgere il proprio odio per prendere le difese dei due giovani ragazzi di famiglia, Sue e Thao, continuamente tormentati da una baby-gang di cui è capo il loro cugino maggiore.

    Sebbene la rappresentazione delle gang sia abbastanza stereotipata, essa ricorda vagamente quanto suggerito da Spike Lee in “Fa’ la cosa giusta“: tuttavia il “fight the power” si trova ad essere completamente ribaltato negli assunti, per mostrare, più che reali implicazioni sociali, il clima insostenibile in cui alcuni deboli si trovano a soccombere, a prescindere da qualsiasi altra considerazione. Eastwood sviscera il disagio della solitudine da più sfaccettature, e le prepotenze della crudele gang in questione compaiono, alla fine, “solo” come un macabro surplus. Un film che, peraltro, riesce a tenere viva l’attenzione dello spettatore per ben due ore senza sbavature, senza pecche e con diversi dettagli aggiuntivi: tra di essi l’educazione tradizionale, la ribellione disperata della pecora sul lupo, l’importanza della figura paterna e la cupa rassegnazione che questo mondo necessiti sempre e comunque di eroi.