DENTRO_ (101 articoli)

Film psicologici, thriller e opere che hanno valorizzato e approfondito gli studi di Lacan, Jung e molti altri.

  • Il finale di American Psycho spiegato nel dettaglio (spoiler alert)

    Il finale di American Psycho spiegato nel dettaglio (spoiler alert)

    American Psycho è una delle gemme del genere thriller psicologico anni Novanta, un epitomo di ciò che può diventare il cinema prima di essere un cult – mentre il personaggio di Patrick spaventa e attrae il pubblico nello stesso tempo. La figura di Patrick è stata sviscerata da un paper scientifico di Isacc Tylim, in cui si parte dall’idea del mito dell’individualismo e dell’autosufficenza propinati dalla cultura USA, intrisa di capitalismo e individualismo di marca liberista. Il personaggio si erge quale esempio ideale di narcisista maligno o perverso, un concentrato di narcisismo “classico” e di componenti violente, sadiche e antisociali, in cui emergono componenti di machiavellismo (mantenere una parvenza rispettabile a dispetto degli orrori che vengono segretamente perpetrati), dipendenza amorosa, relazioni tossiche, manie di grandezza.

    Ma cosa possiamo raccontare del discusso finale? C’è una certa ambivalenza che ha incuriosito gran parte del pubblico del film. Proviamo a ricostruire e capire meglio.

    Subito dopo aver commesso due delitti (prima Elizabeth, poi Christie) e aver rotto la sua relazione con Evelyn, si reca ad un bancomat e vede un gatto, che sembra voler essere inserito assurdamente nello sportello. Questo porta Patrick a valutare la possibilità di sparare l’animale, ma viene fermato da una passante che pagherà l’intromissione con la vita. A questo punto viene inseguito dalla polizia, e dopo una fuga grottesca si rintana nel suo ufficio e confessa al suo avvocato, in un messaggio in segreteria, di aver commesso circa 40 delitti.

    La mattina seguente Patrick vorrebbe ripulire l’appartamento di Allen, ma lo trova vuoto e in vendita: viene apparentemente raggirato da un agente immobiliare, nel frattempo il personaggio di Jean trova alcuni disegni dettagliati degli omicidi nell’ufficio del killer. Bateman vede il suo avvocato e menziona la sua segreteria telefonica, ma sembra che all’avvocato Carnes non importi nulla, o ancora peggio: sembra che ciò di cui si parla non sia mai avvenuto perchè impossibile o paradossale.

    Ormai esausto ed incerto sulla propria vita, torna dagli amici di sempre come se nulla fosse, riflettendo in chiave socio-politica (riferimento a Ronald Reagan) sulle sue colpe, reali o immaginarie che fossero. Soprattutto, come il protagonista di Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto, adombra con timore l’idea che non sarà mai punito per quello che ha fatto. Patrick conclude di sentirsi in costante dolore, che desidera che il suo dolore venga inflitto ad altri e che la sua confessione non ha significato nulla.

    Il finale di American Psycho, ispirato – lo ricordiamo – al celebre romanzo di Bret Easton Ellis, è sicuramente ambiguo e lascia spazio a molte interpretazioni. Alla fine del libro, il protagonista, Patrick Bateman, si rende conto che le sue azioni violente, che sembravano essere state reali, potrebbero essere state solo frutto della sua mente distorta. Delle allucinazioni, in tutto o in parte, sulle quali viene lasciato spazio all’interpretazione del pubblico.

    Nel capitolo conclusivo, Patrick effettivamente confessa i suoi crimini, ma viene ignorato da chi lo circonda. La sua vita continua come se nulla fosse accaduto, suggerendo che la sua follia e la sua violenza siano invisibili alla società, che preferisce ignorare il male che lo circonda. L’epilogo lascia quindi in sospeso la domanda se Bateman abbia davvero commesso gli omicidi o se siano stati solo parte di una fantasia delirante. Il romanzo si conclude con una profonda riflessione sulla superficialità, l’alienazione e l’inconsistenza della società degli anni ’80 negli USA, dove la violenza e l’orrore possono essere ignorati, come se non fossero mai esistiti.

    Rielaborazione di DALL E della locandina di American Psycho.
  • Critica della Ragione Televisiva

    Critica della Ragione Televisiva

     Kant ha enfatizzato l’importanza dell’autonomia della ragione e della libertà individuale nell’assumere decisioni morali e nell’esercitare il giudizio razionale. Tuttavia, la televisione può spesso influenzare questi processi in modi che potrebbero non essere compatibili con la visione kantiana. Una critica della ragione televisiva sul modello di Kant potrebbe concentrarsi sul modo in cui la televisione influisce sulla nostra capacità di ragionare in modo autonomo e razionale, così come sull’uso della nostra libertà.

    In primo luogo, la televisione può limitare la nostra capacità di ragionare autonomamente fornendo informazioni parziali o distorti su vari argomenti. Questo può portare a una mancanza di libertà nel processo decisionale, poiché siamo influenzati da ciò che ci viene presentato senza la possibilità di esaminare obiettivamente tutte le prospettive. In secondo luogo, la televisione può promuovere un consumo passivo di contenuti anziché un coinvolgimento attivo e critico con le informazioni presentate. Questo può portare a una dipendenza da parte degli spettatori dalle narrazioni mediatiche anziché dalla loro capacità di ragionare autonomamente. Inoltre, Kant ha sottolineato l’importanza della moralità nell’uso della ragione e della libertà. Tuttavia, la televisione può spesso promuovere valori superficiali o materialistici che potrebbero contrastare con i principi morali kantiani.

    Kant è noto per una serie di concetti chiave nel suo pensiero filosofico, tra cui l’autonomia della ragione, l’imperativo categorico e la dignità umana. Vediamo come questi concetti possono essere applicati al contesto della critica della ragione televisiva:

    1. Autonomia della ragione: Kant sostiene che la ragione debba essere autonoma, cioè guidata da principi razionali e morali anziché da influenze esterne. Nell’applicazione a una critica della ragione televisiva, questo concetto suggerisce che gli individui dovrebbero esercitare la propria ragione in modo indipendente rispetto ai messaggi e alle narrazioni mediatiche. La televisione, se non utilizzata con discernimento critico, potrebbe compromettere questa autonomia, influenzando il modo in cui le persone pensano e prendono decisioni.
    2. Imperativo categorico: Kant presenta l’imperativo categorico come un principio morale fondamentale che richiede di agire solo secondo massime che possono essere universalizzate. Nell’ambito della critica della ragione televisiva, questo potrebbe significare valutare l’eticità dei contenuti televisivi in base a come influenzano il comportamento e il pensiero degli spettatori. Ad esempio, gli spettacoli televisivi che promuovono la violenza o l’ingiustizia potrebbero essere considerati moralmente discutibili secondo l’imperativo categorico di Kant.
    3. Dignità umana: Kant sottolinea che gli esseri umani hanno dignità intrinseca e devono essere trattati come fini in sé stessi, non come mezzi per altri fini. Questo concetto può essere applicato al contesto televisivo considerando se i programmi televisivi rispettano la dignità e il valore degli individui. Ad esempio, la trasmissione di contenuti che denigrano o sfruttano gruppi sociali potrebbe essere contraria alla visione kantiana della dignità umana.

    In sintesi, i principi fondamentali del pensiero di Kant possono fornire una base per valutare criticamente l’impatto della televisione sulla nostra capacità di ragionare autonomamente, sulla moralità dei contenuti e sul rispetto della dignità umana degli individui.

    In conclusione, una critica della ragione televisiva sul modello di Kant potrebbe evidenziare come la televisione possa influenzare negativamente la nostra capacità di ragionare autonomamente, esercitare la nostra libertà e prendere decisioni morali.

  • L’infanzia distopica di Don’t hug me I’m scared

    L’infanzia distopica di Don’t hug me I’m scared

    Se cercate su Google “don’t hug me i’m scared” esce fuori una lapidaria classificazione di genere: umorismo nero. Un sottogenere del comico che è stato ampiamente sdoganato da Internet quanto sopravvalutato, fino a dare l’impressione che chiunque faccia battuta di cattivo gusto o “politicamente scorrette” sia assimilabile all’umorismo nero. Molto prima che influencer fascistoidi e troll perditempo blaterassero a casaccio battute che umiliavano i più deboli tacciandolo per libertà di espressione, e molto prima che tutto questo diventasse una macabra moda da reality show modello August Underground, i due creativi Becky Sloan e Joseph Pelling tirano fuori dal cilindro questo piccolo capolavoro.

    Che cos’è Don’t hug me I’m scared

    Una miniserie (che è diventata un meme in mille salse), e che ha molteplici pregi dalla sua:

    • il dono della sintesi: la prima serie è composta da sole 4 puntate
    • la semplicità della trama: si tratta di quattro personaggi immersi nelle loro attività quotidiane, caratterizzati da pupazzi antropomorfi;
    • la meta narrazione che è sempre auto-ironica e non troppo invasiva o celebrativa rispetto allo spettatore;
    • l’atmosfera surreale e il mashup innovativo tra generi (un tipico show per bambini miscelato con horror splatter e allucinatorio)
    • l‘improponibilità della serie stessa ad un pubblico generalista, che rimarrà per sempre confuso tra l’incertezza dell’attribuzione del genere e del “pubblico ideale” (che è composto invece da horrorofili con il gusto per la sperimentazione)

    Descrizione delle puntate e video per vederle

    Puntata 1 (Creativity)

    Fin dalle prime mosse la trama della serie ruota intorno a tre personaggi principali: Red Guy, Yellow Guy e Duck Guy, che sono marionette dal design simpatico e colorato. In ogni episodio, i protagonisti verranno coinvolti in situazioni strane e surreali che sfidano le convenzioni e le aspettative dei programmi educativi per bambini. Un vero e proprio cult su internet: inaugura lo stile provocatorio della serie che parte come un video per bambini incentrato su una spiegazione del concetto di creatività, e poi diventa improvvisamente una delirante allucinazione horror (la scritta DEATH, una torta di carne cruda, un cuore cosparso di brillantini).

    Green is not a creative color (Il verde non è un colore creativo) è diventato il meme rappresentativo della serie, ovviamente senseless nel suo concepimento.

    Puntata 2 (Time)

    Si parla del tempo e del suo scorrere incessante, in senso scientifico e in parte filosofico: la canzone è simpatica e orecchiabile, il tempo scorre, e diventa sempre meno piacevole mentre lo fa, fino a produrre la putrefazione dei personaggi.

    Puntata 3 (Love)

    Forse la migliore puntata della prima serie: un picnic provoca una crisi depressiva a Yellow Guy, che inizia a parlare con un’ape interessata a spiegargli la natura dell’amore. L’amore è in ogni parte del mondo, basta saperlo cercare (Your special one): un messaggio di pace e speranza che è destinato a diventare qualcosa di molto diverso solo sul finale (con un vero e proprio villain finale che ricorda pesantemente quello di The wicker man).

    Puntata 4 (Computers)

    I tre personaggi stanno giocando ad un gioco da tavolo, e viene fuori una domanda a cui non sanno rispondere: la cosa più naturale diventa naturalmente cercare su internet. Il problema è che il loro computer non li ascolta, sembra esibire un carattere egocentrico e soprattutto non ama essere toccato: poco dopo i tre personaggi si troveranno catapultati dentro un computer, in una realtà virtuale che mescola vari stili di animazione (incluso il 3D).

    Puntata 5 (Health)

    In questo caso la puntata è incentrata sul mangiare sano e sull’educazione alimentare, ma diventerà presto un pretesto per parlare di cannibalismo e chirurgia senza anestesia sul povero Duck Guy.

    Puntata 6 (Dreams)

    Puntata conclusiva della prima serie, incentrata sul mondo onirico, che poi si ricollega all’inizio lasciando il finale aperto. La serie originale era composta da questi 6 brevi episodi pubblicati su YouTube dal 29 luglio 2011 al 19 giugno 2016. Nel 2022 è stata realizzata una serie televisiva sequel trasmessa su All 4 e Channel 4.

    In conclusione

    Esiste anche una seconda serie che è uscita negli scorsi anni, e che sembra continuare sulla stessa falsariga.

    Ciò che rende “Don’t Hug Me I’m Scared” unico è probabilmente il suo stile visivo e di narrazione totalmente spiazzate e straniante. All’inizio di ogni episodio sembra essere un normale show educativo per bambini, ma gradualmente si trasforma in una spirale di oscurità, con rivelazioni inquietanti e bizzarre. Gli elementi colorati e infantili sono accompagnati da cambiamenti improvvisi e perturbanti nel tono e nell’aspetto dei personaggi.

    La serie è diventata famosa per il suo uso innovativo della tecnica di stop-motion e per le canzoni orecchiabili che accompagnano ogni episodio. Le canzoni, scritte e composte dagli stessi registi, hanno testi innocenti che progressivamente diventano inquietanti e trasmettono messaggi critici sulla società e la cultura moderna.

    In ogni episodio della serie, l’inizio ricorda quello di una normale serie per bambini, con marionette antropomorfe simili a quelle presenti in “Sesame Street” o “The Muppets”. La serie parodizza e satirizza questi programmi televisivi, contrastando l’ambiente colorato e infantile con temi inquietanti. Ogni episodio presenta una svolta surreale nel climax, con contenuti psichedelici e immagini che coinvolgono violenza grafica, umorismo nero, esistenzialismo e horror psicologico.

    I sei episodi della serie web esplorano e discutono argomenti di base tipici dell’educazione prescolare, come creatività, tempo, amore, tecnologia, dieta e sogni, mentre la serie televisiva tratta temi come lavoro, morte, famiglia, amicizia, trasporti e elettricità. La serie web ha ricevuto ampi consensi per la sua trama, il design di produzione, l’horror psicologico, l’umorismo, i temi nascosti, il lore e i personaggi, ed è considerata da molti una delle migliori serie web di tutti i tempi. La serie televisiva ha ricevuto acclamazione simile.

  • L’incredibile storia di Phineas Gage

    L’incredibile storia di Phineas Gage

    Phineas Gage (notare la correzione del nome da “Cage” a “Gage”) è una figura storica famosa nel campo della neurologia. Phineas Gage era un operaio ferroviario americano che visse nel XIX secolo. La sua fama deriva da un incidente avvenuto il 13 settembre 1848, che ebbe un profondo impatto sulla comprensione scientifica del cervello e del comportamento umano.

    Durante l’incidente, Gage stava lavorando sulla costruzione di una ferrovia in Vermont quando una grande barra di ferro gli perforò il cranio a causa di un’esplosione accidentale. Sorprendentemente, Gage sopravvisse all’incidente, ma la barra aveva attraversato la sua cavità cranica e lesionato una parte del suo cervello, in particolare la corteccia frontale. Dopo l’incidente, Phineas Gage subì un notevole cambiamento nel suo comportamento e nella sua personalità.

    Prima dell’incidente, era descritto come una persona tranquilla e rispettosa, ma dopo, divenne impulsivo, irritabile e incapace di mantenere relazioni sociali stabili o di rispettare norme di comportamento sociale.

    Il caso di Phineas Gage è diventato una pietra miliare nella comprensione della relazione tra la corteccia prefrontale del cervello e le funzioni cognitive e comportamentali. Ha contribuito in modo significativo alla comprensione della localizzazione delle funzioni cerebrali e alla concezione dell’importanza della corteccia prefrontale nell’autocontrollo, nelle decisioni e nel comportamento sociale. Il caso di Phineas Gage è stato studiato e documentato da molti neuroscienziati e psicologi nel corso degli anni ed è spesso citato come uno dei casi più noti nella storia della neurologia. Il caso di Phineas Gage è stato menzionato o rappresentato in alcuni documentari, programmi televisivi e film che trattano la storia della neurologia e della psicologia, ma non è stato l’argomento principale di un lungometraggio cinematografico noto.

    Phineas Gage è una figura storica reale e il suo caso è ben documentato e accettato dalla comunità scientifica come un importante esempio di come le lesioni cerebrali possano influenzare il comportamento umano. L’incidente di Phineas Gage, in cui una barra di ferro gli attraversò il cranio, causando lesioni cerebrali e cambiamenti comportamentali, è stato ampiamente studiato e documentato da medici e scienziati, ed è considerato un importante punto di riferimento nella storia della neurologia e della psicologia.

    Foto: OpenStax College, CC BY 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/3.0>, via Wikimedia Commons

  • Guida pratica all’effetto Barnum – Wikicubo

    Guida pratica all’effetto Barnum – Wikicubo

    Il termine “Barnum” può riferirsi a diverse cose in base al contesto, ma spesso è associato a Phineas Taylor Barnum, un famoso imprenditore circense e spettacolare del XIX secolo, noto per essere uno dei fondatori del circo moderno e per le sue abilità nell’attrarre l’attenzione del pubblico. Il suo nome è diventato sinonimo di spettacolo, intrattenimento e pubblicità sensazionalistica.

    Effetto Barnum

    In un contesto più ampio, l’espressione “effetto Barnum” o “principio Barnum” si riferisce a una tendenza umana a credere in dichiarazioni generiche e vaghe che sembrano specifiche e personalizzate. Questo principio è spesso usato nel contesto dell’astrologia, delle letture delle carte, delle previsioni psichiche e di altri tipi di pseudoscienze, dove gli affermatori fanno dichiarazioni che sembrano adattarsi a tutti, ma che le persone tendono a interpretare come altamente personalizzate e accurate. In realtà, queste affermazioni sono così vaghe che potrebbero applicarsi a chiunque, ma le persone sono inclini a credere che siano specifiche per loro, un effetto noto come “effetto Barnum”.

    L’”Effetto Barnum,” noto anche come il “Principio Barnum” o “Barnum Effect” è un fenomeno psicologico in cui le persone tendono a dare credito a descrizioni generali, vaghe o ambigue sulla loro personalità che sembrano essere specifiche e uniche per loro. Questo effetto è chiamato così in onore di Phineas Taylor Barnum, l’impresario circense noto per le sue tattiche di marketing spettacolari e sensazionalistiche.

    L’Effetto Barnum può essere applicato ai social network e all’uso dei test e delle personalità online. Ad esempio, quando le persone partecipano a test di personalità su piattaforme di social media o siti web, spesso ricevono risultati che sembrano accurati e pertinenti alla loro personalità, anche se le domande poste erano generali o vaghe. Questi risultati possono essere scritti in modo tale da far sentire agli utenti che le descrizioni siano specifiche per loro, anche se potrebbero applicarsi a molte altre persone.

    Immagina di fare un test di personalità su una piattaforma di social media. Le domande potrebbero essere del tipo “Preferisci stare in compagnia di amici o trascorrere del tempo da solo?” o “Ti consideri una persona estroversa o introversa?” Dopo aver completato il test, ricevi il risultato: “Sei una persona equilibrata che apprezza sia la compagnia degli amici che il tempo da sola. Sei estroverso quando vuoi, ma hai anche il tuo lato introverso.” Anche se queste affermazioni potrebbero essere abbastanza generiche e applicarsi a molte persone, l’Effetto Barnum può far sì che gli utenti credano che il test abbia identificato accuratamente la loro personalità unica.

    In realtà, questi test di personalità spesso utilizzano tecniche psicologiche basate su generalità che possono applicarsi a molte persone. Tuttavia, le persone tendono a identificarsi con queste descrizioni e a considerarle accurate, il che può influenzare la loro percezione di sé stesse e la loro interazione online.