Perchè scrivere un diario? Perchè scrivere un libro? Perchè scrivere in corsivo? Perchè scrivere fa bene? Perchè scrivere poesie? Perchè scrivere una lettera?
Per introdurre l’argomento “perchè scrivere un diario” abbiamo ricopiato, in prima istanza, i primi sei suggerimenti di Google che appaiono anche a voi, presumibilmente, iniziate a cercare la frase “perchè scrivere“.
Google aggiunge la parola un, e successivamente si diverte (?) a disseminare le domande più frequenti sull’argomento fatte da noi utenti. Del resto, ci chiediamo, cosa ci spinge a scrivere? Rispondere a questa domanda è un modo per capire se e quando valga la pena tenere un diario.
Se è vero che basta l’esigenza di scrivere per iniziare a farlo, il che diventa una buona ragione e tanto basta, è anche vero il monito di Stephen King a riguardo: il modo migliore per imparare a scrivere è quello di praticare la scrittura, oltre al fatto non inessenziale di leggere molto, leggere di tutto. Imparare a scrivere presuppone infatti saper individuare uno stile che si è in grado di emulare, non semplicemente mettersi davanti ad una tastiera e battere sui tasti. Secondo il simpatico teorema della scimmia instancabile, del resto, avendo a disposizione un tempo sufficientemente lungo anche una scimmia messa davanti ad una macchina da scrivere riuscirà a comporre qualsiasi testo di qualsivoglia lunghezza. Deve essere visto anche questo, pensiamo, come un monito, un avviso, una vera e propria raccomandazione per tutti gli aspiranti scrittori di diari. E noi che scimmie non siamo, almeno non formalmente nè biologicamente, per quanto discendiamo dalle stesse, ci ritroviamo a fare i conti con la variabile tempo, sempre. Quando ho frequentato corsi di scrittura, del resto, ci consigliavano spesso di fare questa simpatica attiva usando un cronometro, ponendo un tempo massimo, per evitare di diluire troppo il testo e scrivere mappazzoni senza capo nè coda, imponendo al testo di asciugarsi a dovere.
Motivi validi per tenere un diario, del resto, ne possiamo snocciolare quanti ne vogliamo.
Se scrivo un diario posso tenere traccia dei progressi e annotare le cose che mi piacciono di più, o magari di meno. Scrivere un libro, in genere, non è un’idea sempre consigliabile: ci sono tanti di quei libri in giro che quasi passa la voglia. Scrivere in corsivo serve a sottolineare passaggi, citare, dare enfasi, con buona pace di Elisa Esposito la prof di corsivo, amiooo. Scrivere non fa bene: non che faccia male come il fumo e l’eccesso di alcol, intendiamoci, ma di sicuro rischia di farci impelare nel blocco dello scrittore il che non è mai un bene, a ben vedere. Scrivere una lettera fa benissimo, in genere: anche una email, purchè l’Altro sia disposto a leggere e non si tratti, naturalmente, della Lettera Rubata di Edgar Allan Poe (che pare sia il caso di lasciare dove di trova, qualsiasi cosa contenga).
Dare risposte così nette resta quantomeno azzardato ed è impressionante come, ad oggi, nessuno si sia posto il problema delle risposte facilone ai problemi esistenziali. Alcuni scritti, come ricorda il bellissimo racconto sulla lettera rubata di Poe, è bene che restino secretate, che siano riservate solo agli occhi di chi scrive per sempre, dato che il loro significato muta a seconda di chi legge (e questa è una cosa che chi tiene un blog dovrebbe sempre ricordare).
Lungi da noi, ancora una volta, addentrarci nei meandri delle spiegazioni letterali o puntuali dei fenomeni: questo modo di ragionare ci porta fuori strada, e potrebbe farci addurre alla scrittura un ruolo che non ha. Vero che possa essere a volte terapeutico scrivere quello che ci passa per la testa, ma se l’attività non viene controllata o razionalizzata può diventare un problema. Tantomeno possiamo eccedere all’opposto, pensando che non serva scrivere nulla e si debba rimuginare all’infinito sui propri pensieri creativi.
Per cui inviterei chiunque a scrivere, alla fine: può aiutare a formalizzare un pensiero, aiutare uno sfogo, tirare fuori ciò che ci tortura indegnamente oppure può aiutare a cristallizzare pensieri, momenti da ricordare, congelarli nell’attimo della carta che si posa sul foglio e rilascia quel tenue, e riconoscibile tra mille, odore di inchiostro.
Foto di copertina: a portrait of edgar allan poe, DALL E