Ospite Inatteso

  • Quei bravi ragazzi: cast, produzione, sinossi, curiosità e spiegazione finale

    Quei bravi ragazzi: cast, produzione, sinossi, curiosità e spiegazione finale

    Il film narra la storia di Henry Hill, un giovane italoamericano che entra a far parte della mafia italoamericana di New York negli anni ’50. Seguiamo la sua ascesa all’interno dell’organizzazione, le sue connessioni con i suoi compagni criminali Jimmy e Tommy, e la sua relazione tumultuosa con la moglie Karen. La narrazione mostra come la vita criminale inizialmente sembri affascinante e redditizia, ma poi si trasformi in un vortice di violenza, tradimenti e paranoia.

    Cast Principale

    • Ray Liotta nel ruolo di Henry Hill
    • Robert De Niro nel ruolo di James “Jimmy” Conway
    • Joe Pesci nel ruolo di Tommy DeVito
    • Lorraine Bracco nel ruolo di Karen Hill
    • Paul Sorvino nel ruolo di Paul Cicero

    Produzione

    Il film “Quei Bravi Ragazzi” è stato diretto da Martin Scorsese e rilasciato nel 1990. Il regista ha lavorato con una squadra talentuosa e un cast eccezionale per portare alla vita l’adattamento cinematografico del libro “Wiseguy” di Nicholas Pileggi.

    Curiosità

    • Joe Pesci vinse l’Oscar come Miglior Attore Non Protagonista per il suo ruolo nel film.
    • Il personaggio di Tommy DeVito, interpretato da Joe Pesci, è basato su un vero membro della mafia, Thomas DeSimone.
    • Martin Scorsese fa un breve cameo nel film come malvivente che dà una delle pistole a Tommy.

    Spiegazione Finale

    Avviso spoiler

    Nel finale del film, la tensione all’interno della mafia raggiunge il suo culmine. Jimmy teme che Henry possa tradirlo alle autorità, quindi decide di eliminare Henry. Jimmy convince Henry a fare un’ultima attività criminale, ma in realtà sta organizzando il suo omicidio. Henry si rende conto dell’inganno quando si trova in un luogo isolato insieme a Tommy. Quest’ultimo viene ucciso da Jimmy, dimostrando l’imprevedibilità e la brutalità dell’ambiente criminale.

    Henry decide di collaborare con il governo e testimoniare contro i suoi ex colleghi, cercando di ottenere un nuovo inizio lontano dalla criminalità. Il finale del film ritrae Henry con una nuova identità e una nuova vita, testimoniando in tribunale contro i suoi ex complici. La scelta di Henry di tradire la sua famiglia mafiosa riflette il conflitto tra il suo desiderio di proteggere la sua famiglia biologica e la sua affiliazione alla famiglia criminale.

    In questo modo, il finale del film sottolinea la fragilità delle relazioni all’interno della mafia, l’ineluttabilità della violenza e il prezzo delle scelte criminali.

  • Heat – la sfida: cast, produzione, sinossi, curiosità e spiegazione finale del film

    Heat – la sfida: cast, produzione, sinossi, curiosità e spiegazione finale del film

    Cast

    • Al Pacino nel ruolo del Tenente Vincent Hanna
    • Robert De Niro nel ruolo di Neil McCauley
    • Val Kilmer nel ruolo di Chris Shiherlis
    • Tom Sizemore nel ruolo di Michael Cheritto
    • Jon Voight nel ruolo di Nate
    • Ashley Judd nel ruolo di Charlene Shiherlis
    • Natalie Portman nel ruolo di Lauren Gustafson

    Produzione

    Il film “Heat – La Sfida” è stato diretto da Michael Mann ed è stato rilasciato nel 1995. Il regista ha lavorato a lungo sulla sceneggiatura e ha assemblato un cast di attori di grande calibro per i ruoli principali.

    Sinossi

    Il film segue il tenente Vincent Hanna (Al Pacino), un determinato detective di Los Angeles che è sulle tracce di un gruppo di rapinatori di banche guidato da Neil McCauley (Robert De Niro). McCauley e il suo team sono abili professionisti che pianificano attentamente le loro operazioni, cercando di evitare l’attenzione della polizia. Hanna è deciso a catturare McCauley e la sua banda, ma la linea tra il bene e il male si fa sempre più sfumata mentre entrambi i protagonisti si trovano ad affrontare scelte difficili e sfide personali.

    Curiosità

    • “Heat – La Sfida” è noto per la celebre scena in cui Al Pacino e Robert De Niro condividono lo schermo per la prima volta, nonostante i due abbiano recitato in “Il Padrino Parte II”, non condividevano mai una scena insieme in quel film.
    • Per catturare l’autenticità delle scene di sparatorie, il regista Michael Mann ha collaborato con esperti di tattiche di polizia e di armi da fuoco.
    • Val Kilmer e Ashley Judd, che interpretano una coppia nel film, sono diventati successivamente marito e moglie nella vita reale.

    Spiegazione Finale

    Avviso spoiler

    Nel clou del film, Hanna e McCauley si ritrovano faccia a faccia in un ristorante. Durante questa conversazione intensa, entrambi i personaggi riconoscono il rispetto reciproco e la comprensione delle loro vite parallele. McCauley riconosce che Hanna è troppo determinato per lasciare che lui sfugga di nuovo, e quindi decide di abbandonare il suo piano di fuga e affrontare Hanna.

    La scena finale mostra McCauley e Hanna in una sparatoria, dove entrambi rimangono feriti. McCauley muore in aeroporto mentre cerca di scappare, e Hanna lo guarda spirare. Questa sequenza riflette l’ossessione di Hanna nei confronti del lavoro e il rispetto che ha sviluppato per McCauley durante la loro caccia reciproca.

    Il finale del film sottolinea la complessità dei personaggi e delle loro motivazioni, mettendo in luce il conflitto tra giustizia e la vita criminale, oltre a esplorare temi di identità e destinazione.

  • Ex libris (quiz interattivo)

    Ex libris (quiz interattivo)

    Ti proponiamo solo 5 domande, saprai rispondere? Le domande cambiano ogni volta che si aggiorna la pagina, pescando da una banca dati che abbiamo creato.

    Ex libris

     

    Benvenuto/a al test Ex libris, progettato per mettere alla prova la tua conoscenza dei libri che leggi! Rispondi alle seguenti domande con vero o falso: questo tipo di Ex libris potrebbe essere un modo divertente per stimolare la riflessione sui libri letti e per incentivare una maggiore attenzione al loro contenuto.

    1 / 5

    Cos’è una BBS secondo Spaghetti Hacker?

    2 / 5

    Memorie trovate in una vasca da bagno di Stanislaw Lem abbonda di neologismi, tra cui:

    3 / 5

    Cos’è l’assembler secondo la definizione fornita nel libro Spaghetti hacker di Chiccarelli/Monti?

    4 / 5

    Cosa c’è nella concezione lacaniana nell’intersezione tra R, I ed S?

    5 / 5

    La caratteristica delle proposizioni matematica in Russell consiste…

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    Il punteggio medio è 83%

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  • Videocracy è un simulacro nell’ombra dei canali TV

    Videocracy è un simulacro nell’ombra dei canali TV

    All’interno del suggestivo documentario del 2009 intitolato Videocracy, diretto da Erik Gandini, emerge un’affascinante teoria espressa dal regista del Grande Fratello Fabio Calvi. Secondo Calvi, il flusso ininterrotto di immagini che pervade la televisione di Silvio Berlusconi (1936-2023) rappresenterebbe il riflesso stesso della sua personalità: una sorta di finestra sulla sua mente, sui suoi sogni, sulla sua visione del mondo.

    Jean Baudrillard, uno dei più influenti teorici della postmodernità, ci offre una visione straordinariamente critica e provocatoria del mondo contemporaneo. Secondo Baudrillard, viviamo in una società in cui la realtà stessa è stata sostituita da simulacri, copie senza un originale autentico. La sua teoria mette in discussione il concetto di verità oggettiva e ci invita a considerare il mondo come una serie di rappresentazioni, di simulazioni che mascherano la realtà stessa. Questo specchio mediatico, dove donne dai tratti sinuosi ed estenuanti, ricchezze sfavillanti e opportunità senza fine prendono vita, si è rapidamente trasformato nell’immaginario collettivo degli italiani. Baudrillard sosteneva del resto che nel nostro mondo ipermediatizzato, i media e le immagini giocano un ruolo centrale nella costruzione della nostra percezione della realtà. Attraverso la proliferazione dei mezzi di comunicazione di massa, siamo immersi in un flusso incessante di immagini, informazioni e segni che ci pervadono. Tuttavia queste immagini non ci offrono una rappresentazione accurata della realtà, ma sono piuttosto una distorsione, una finzione che ci viene presentata come realtà (iperrealtà). Secondo Baudrillard, viviamo in una società in cui la simulazione ha preso il sopravvento sulla realtà stessa.

    Per i giovani millennial, che hanno vissuto la loro infanzia immersi in programmi televisivi iconici come Bim Bum Bam e si sono abituati a donne che danzano in costumi succinti mentre cenano durante i game show serali, Berlusconi si è insinuato nella loro coscienza come un’incarnazione dei loro ricordi più cari.  Nel contesto un ipotetico affascinante romanzo cyberpunk, Videocracy ci permette di entrare nel mondo virtuale dei canali televisivi di Berlusconi e nei misteri che nasconde, prima ancora che quest’ultimo avesse una qualsiasi accezione di mondo virtuale dominato da internet. Svelerà le verità nascoste dietro le immagini e i suoni che hanno permeato le nostre vite, e seguiremo il percorso di un giovane ribelle che lotta per riportare la verità e la libertà nella società.

    Ho avuto modo di visionare questo discusso prodotto italo-svedese, del quale ho apprezzato lo stile documentaristico, mentre ho trovato realmente spiazzanti alcune sue parti (da film dell’orrore, in tutti i sensi). Non sono certo dalla parte dell’attuale presidente del consiglio: eppure, senza scadere ina affermazioni che potrebbero apparire qualunquiste, il punto è che guardando questo film si colpisce duramente un modo di pensare per intero (altro…)

  • Zardoz è la fantascienza proto-accelerazionista ambientata nel 2293

    Zardoz è la fantascienza proto-accelerazionista ambientata nel 2293

    2293. Zardoz, una divinità che comunica con gli uomini mediante un idolo di pietra, sta soggiogando la razza umana dei Bruti. Deciso a scoprire la verità su questo dio, Zed (il guerriero protagonista) si introduce all’interno della testa.

    Nel suo celebre libro “Cult movies 2” Dannis Peary scrive, splendidamente, su questo film: “un promemoria affascinante di ciò che è stata la fantascienza prima di Star Wars”, salvo considerare quel “risibile miscuglio di allusioni letterarie, pornografia cervellotica, fantascienza classica, intellettualismi riusciti e un sincero desiderio di realizzare qualcosa di portentoso manca il bersaglio di un centinaio di miglia, ma possiede elementi – e sua badness è uno di questi – che lo rendono bizzarramente avvincente“.

    Basterebbero questo a raccontare Zardoz, una delle tante produzioni weird dei gloriosi anni 70, proprio partendo dalla considerazione che di fantascienza si parlava quando, a ben vedere, George Lucas avrebbe tirato fuori il primo episodio della sua saga solo tre anni dopo. Il film è considerato di culto ed è stato oggetto di un curioso equivoco sul web: un utente su Reddit, infatti, ha sostenuto (sbagliando di “soli” 270 anni) che sia ambientato nel 2023. Questo ha comunque avuto un effetto virale, perchè in molti hanno pubblicato una foto di scena con Sean Connery preannunciando che tutti, quest’anno, vestiremo così. Preferiamo metterlo in chiaro da subito: il thread è stato cancellato dai moderatori del subreddit, e per dovere di cronaca lo abbiamo screenshottato di seguito a memoria dei posteri, per preservare da futuri eventuali equivoci.

    Tornando al film, sono molte le cose che si possono raccontare: quella di Zardoz è una fantascienza surrealista, ricca di momenti onirici (non sempre comprensibilissimi e, a dirla tutta, avvolti da un pizzico di auto-indulgenza di troppo), che pero’ non riguarda alieni e astronavi bensì, ballardianamente, l’umanità ordinaria in un futuro prossimo. Un mondo in cui, anzichè droghe e carestie, l’umanità è vittima di mondi chiusi e non comunicanti, in cui gli uomini sono divisi in tribù primitive, e sono mutate le caratteristiche biologiche (una su tutte: non si muore più).

    In questa ennesima distopia di un prossimo futuro, pertanto, la Terra viene contesa tra più gruppi di esseri umani: su tutti i Bruti, che vivono nella terra desolata omaggiando il primivitismo e la violenza, e gli Eterni, pseudo-borghesi che vivono di rendita (e vorrebbero sottomettere i primi). Anche gli dei, del resto, sono stati inventati dall’uomo, ed è questo il motivo per cui la creazione di Zardoz viene presentato come un subdolo diversivo per incentivare l’estinzione dei Bruti. Sarà il personaggio di Zed (Sean Connery, in un singolare e iconico costume rosso, con un ruolo ben diverso da quello a cui siamo stati abituati vedergli interpretare), emblema della razionalità, a scoprire la verità sul mondo.

    Se di fantascienza si tratta, è fantascienza di concetto, coltissima e raffinata (basti pensare alla scena onirica in cui Zed si aggira nella biblioteca, prima leggendo e poi distruggendo tomi su tomi), che spesso cede il passo al sesso softcore (il che è sempre misurato e sembra quasi ineluttabile, considerando che il Connery d’epoca si trova in un mondo popolato da donne immortali che hanno scelto, bontà loro, di non praticare più il sesso).

    Qui dentro non vedo altro che la mia perplessità: il sapere non basta.

    Ambientazione

    Zardoz è ambientato in un singolare mondo (forse più di uno) post-apocalittico (non sappiamo cosa sia successo prima) che Boorman specifica chiaramente essere di natura matriarcale (asessuata o sessuofobica), che rappresenta un vortex (vortice), un mondo dominato da esseri immortali dai poteri telepatici. Zed (il protagonista interpretato da Sean Connery) ha violato deliberatamente le regole e si è introdotto in questo mondo, venendo catturato ed accolto con diffidenza. Per questo verrà tenuto prigioniero e introdotto lentamente in quella società: un universo fantasy che sfoggia statue della cultura classica, tavole imbandite, porte che si aprono in automatico, anelli in grado di proiettare ologrammi e schermi giganti.

    Il vortex è comunque un mondo chiuso, in cui è molto difficile entrare e sembra quasi impossibile uscire, dato che è confinato da una cupola trasparente, che nessun uomo, da solo, può spostare o disattivare in alcun modo.

    Zardoz peraltro (il che fa forse sorridere, visto oggi) si vede nella prima sequenza, e molto didascalicamente (per preciso volere della produzione dell’epoca) Boorman fu costretto ad aggiungere a titolo di “spiegone” per il grande pubblico.

    Lo stesso dio dichiarerà esplicitamente, poco dopo, la natura matriarcale di quel mondo: il fucile è il bene, lo sperma è il male (nell’originale “The gun is good! The penis is evil!“).

    Ti piace dormire?

    Sì.

    Perchè?

    Faccio dei bei sogni.

    Zardoz è un film bizzarro – e lo è ad ogni livello, il che non sarebbe male se non fosse per alcune evitabili lungaggini, una narrazione diluita all’infinito, oltre che fin troppo figlia dell’epoca (c’è la parte onirica tipo Il serpente di fuoco – e anche un po’ alla Lynch ante-litteram – mentre tanti personaggi si comportano irrazionalmente come hippies sotto LSD, e più volte si ha la sensazione che gli stessi vivano in una comune o setta). Del resto non si tratta dell’ennesimo post apocalittico metropolitano e ostinatamente violento, bensì (in modo più lavorato) un qualcosa che immagina più mondi a se stanti, comunicanti tra loro, che l’eroe Zed (un po’ come il samurai Izo, in grado di viaggiare nel tempo e nello spazio) ha osato violare.

    Sono peraltro riconoscibili almeno cinque diversi gruppi di umani: i Bruti (a cui appartiene Zed), gli Eterni, i Rinnegati, gli Apatici e gli Sterminatori. Una vera e propria mitologia inventata da zero, con tutto il fascino e tutti i rischi del caso (in mancanza di riferimenti precisi, in effetti, il film galleggia in una bizzarra dimensione psichedelica che a volte, specie nella seconda parte, tende a disorientare il pubblico).

    Nulla di strano se si pensa che John Boorman, all’epoca, era reduce dalla delusione di non aver potuto finire Il signore degli anelli di Tolkien, un film a cui dovette rinunciare via degli eccessivi costi a cui si era opposta la United Artists. Zardoz, sulla falsariga dell’idea di girare un fantasy di quel tipo, venne scritto a quattro mano assieme a William Stair, collaboratore storico del regista. Nel farlo, la coppia si ispira ad una curiosa filosofia proto-accelerazionista: concepisce una trama sui problemi di un’umanità che si precipita nel futuro, e che lo fa a velocità talmente elevata che le emozioni sono rimaste indietro. Ed è proprio questa la chiave di lettura del mondo passivamente egualitarista, asessuato, impassibile e matriarcale che discrimina Zed, considerandolo poco più di una bestia da soma.

    Del resto, viene detto nel film, il mostro è uno specchio, e quando lo guardiamo vediamo i nostri volti segreti, a testimoniare la potenziale interpretazione psicologica della trama, sulla base delle teorie di Freud e Lacan, per quanto imbellettata da trovate forzatamente new age. Del resto il conformismo di quel mondo, che arriva a bandire l’unico dissidente ad un tavolo mediante telepatia, fa anche pensare alle trovate di Scanners di David Cronenberg. Il pensiero uccide, ed è la caratteristica forse più inquietante del mondo in cui deve muoversi Zed. Che scoprirà, curiosamente, nella Morte il senso dell’esistenza, unico modo per demolire la crisi di valori del vortex, popolato da immortali che non danno (estremo paradosso) alcuna importanza alla vita che vivono.

    Il finale misticheggiante, in effetti, a ben vedere è ben più materialista, e sembra evocare grottescamente quello del massacro della Guyana. Non è un finale allegro, ma sembra l’unico possibile – e va valutato in chiave concettuale anch’esso, probabilmente. Quel materialismo non è che il concretizzarsi di una pulsione di morte, frutto della rimozione delle brutture in nome dell’apatia o del doverci essere. O forse è semplicemente il ciclo di accettazione della nascita, vita e morte, che il resto del film (magia del cinema) ci aveva quasi fatto dimenticare per qualche ora.