Nessuno sembra sapere realmente da dove esca fuori la “j” all’interno della parola marijuana, seguendo la grafia inglese la quale, per inciso, quasi certamente è di derivazione messicana (e da quelle parti è infatti chiamata ). Storicamente parlando, lo sappiamo bene del resto: la piantina della canapa, da sempre oggetto di campagne proibizioniste e solo da qualche settimana, per inciso, depennata ufficialmente dall’ONU dalla lista delle droghe più pericolose, veniva chiamata marihuana da alcuni politici statunitensi in contrapposizione proprio al Messico, all’epoca (e non solo all’epoca, purtroppo) considerata una nazione ostile.
La presenza di questa celebre droga leggera fa ovviamente parte della cinematografia di ogni ordine e grado, come simbolo di trasgressione, fuga e (soprattutto negli horror) quasi di esca in favore del villain di turno. In questo articolo vedremo una rapida rassegna dei film che la riguardano e che, con la scusa, potreste provare a riscoprire.
The trip
Era impossibile non citare, come primo film in assoluto, Il serpente di fuoco di Roger Corman, che è incentrato su un trip psichedelico da LSD del protagonista che lo porta a rivivere, tra auto-coscienza e senso di colpa, tutta la propria vita. In questo caso la ganja appare di sfuggita, ma non ci vuole un occhio particolare per farci caso: durante la scena nella comune, ad esempio, durante il dialogo introduttivo, il focus della camera segue uno spinello che gira tra tutti i partecipanti e poi, ovviamente, ritorna al punto di partenza.
Venerdì 13
Il remake del classicone anni 80 proposto da Marcus Nispel è tutto sommato di discreto livello e mostra, come da tradizione, il solito gruppetto di giovani americani, ansioni di fare nuove esperienze e di spezzare dalla routine quotidiana. Sono in partenza per una rilassante vacanza sul lago, e (come ribadiamo spesso su questo sito) si vede chiaramente che non hanno mai visto un film slasher neanche per caso: infatti andranno a cacciarsi nei guai, giusto dopo qualche leggerezza di troppo basata su sesso, alcool e naturalmente uso di ganja.
Le nove vite di Fritz il Gatto
Il film di Taylor è quasi un peana di riferimenti al mondo delle droghe, che il protagonista Fritz – il gatto che vive le proverbiali nove vite, incontrando personaggi ogni volta differenti, tra cui anche Hitler – sperimenta spesso e volentieri. Fritz è l’espressione del disagio dei disadattati di ogni ordine e grado, e si concede un viaggio mentale vero e proprio in cui in confini tra realtà e fantasia sono chiaramente molto labili.
Nel suo caso, peraltro, all’origine del suo trip sembra essere proprio il classico cannone che gli vediamo (insolitamente per un cartone animato) fumare all’inizio, mentre la moglie è persa in un monologo aggressivo nei suoi confronti. Simbolo da sempre dellla contro-cultura dell’epoca, “Le nove vite di Fritz il gatto” è un monumento del suo genere, in grado di osare – già negli anni 70 – e di portare allo zenith il genere di animazione per adulti, mostrando scene sempre più esplicite al proprio pubblico, tra sesso, droga, trasgressione e politica.
Climax
Uno dei film più belli in assoluto di Gaspar Noè
mostra la storia di un gruppo di ballerini che, dopo l’ultima prova di gruppo, si concede un party finale prima di andare in tour in cui, ovviamente, non mancano alcool e marijuana. Il consumo di spinelli è evidente in più di una scena del film, caratterizzato da un ritmo sempre più sconnesso ed espressione dell’imprevisto principe della trama: qualcuno, infatti, sembra aver miscelato LSD nella sangria, e gli effetti non tarderanno a farsi sentire su tutti i presenti.
Non c’è dubbio che i toni di Noè in Climax siano grevi, e siano molto distanti da quelli classici dei film “sulla ganja” che sono, quasi sempre, commedie (altro film che andrebbe citato, senza dubbio, è L’erba di Grace, effettiavmente). Ma in questo caso l’uso rilassante e psicotropo della pianta ha comunque un ruolo determinato, quasi filosofico: se all’inizio del film si citano Emil Cioran e Žižek, con l’incedere del film si arriva ad un vero e proprio delirio di luci, espressione del collasso collettivo della società e dell’esplosione delle sue principali contraddizioni sociali.
Disjointed (Sballati)
Tutti gli appassionati di horror ricorderano Kathy Bates, la Misery cult tratto dal libro omonimo di Stephen King. Questa produzione della Warner Bros. la vede protagonista, e si tratta di una serie disponibile su Netflix, ed è una serie composta da una ventina di episodi. Concepita e sceneggiata dal Chuck Lorre noto soprattutto per aver scritto The Big Bang Theory, racconta della storia di un gruppo di personaggi (spesso e volentieri un po’ sballati, diciamo) che gestisce un negozio o dispensary di marijuana, così come vengono chiamati anche in italia i negozi che vendono quella legale. Peraltro ormai anche su internet è possibile trovare tra i migliori semi di marijuana disponibili su un mercato, per certi versi (ma non ancora per tutti) sempre più aperto.
Weeds
La vita di Nancy Botwin (Mary-Louise Parker) viene stravolta da un imprevisto: muore improvvisamente il marito, e si ritrova a dover trovare un lavoro per potersi mantenere. Quello che deciderà di fare, a questo punto, è proprio produrre e mettersi in proprio vendendo la famosa piantina verde. Emergeranno poi vari scheletri nell’armadio, tra cui ovviamente il fatto che quasi tutti i suoi vicini e conoscenti fumano cannabis, senza mai ammetterlo pubblicamente.
Una serie particolarmente di successo anche se non recentissima, andava di moda tra il 2012 ed il 2015 ed è, anche stavolta, reperibile su Netflix. La Parker, peraltro, vinse anche un Golden Globe nel 2006 per questa interpretazione.