Dopo una meditata e lunga riflessione, nonchè una analisi determinata, auto-conclusiva e irriverente di un paio di libri sui bias cognitivi, sulle “bolle” dei social e sulle ipotesi di complotto nei social, ho deciso di togliermi da Facebook.
Le motivazioni di questo “gesto” (che per la verità stavo meditando da un po’) sono molte e, alla base, è già significativo che io senta la necessità di scrivere un post a riguardo.
È una cosa strana da decidere, tanto più che con Facebook ho a che fare anche lavorativamente occupandomi di consulenze online, web marketing e tutta quella roba lì. È una cosa che non ho annunciato, l’ho fatta e basta, evitando al massimo l’argomento nonchè soliti beoti che mi diranno compostamente: “peueurchè ti suei tuolto da Feisbuk!!!1111“.
Mi sembra che, nel cancellarmi da Facebook (ciao Mister Zuckerberg, è stato bello finchè è durato), sia un po’ come allontanarsi dagli “amici”. Il che è una cazzata, tanto è vero che il mezzo ha sempre di più stimolato la mia pigrizia, evitandomi di fare telefonate a persone a cui scrivevo in chat e che, in molti casi, erano pure più pigre di me.
Quindi in primis comunicare via Facebook era diventato puramente futile, fuori bersaglio. Se ci ragiono a mente lucida, mi rendo conto che non mi sto perdendo davvero nulla, anche perchè il mezzo è sempre più boomer inside, nel frattempo ho 42 anni e nonostante tutto inorridisco al pensiero di postare un buongiornissimo. Come esempio ulteriore, uno dei miei migliori amici non ha mai avuto Facebook. Quindi, come dire, penso che questo social possa fare a meno di meno di me e del mio legittimo modo di essere, come io possa fare a meno di lui – e speriamo che Zuckercoso non reclami, un giorno, la proprietà intellettuale sulle discrete gag che ho pubblicato, nonchè sulle foto da me pubblicate.
Facebook ti aiuta a connetterti e rimanere in contatto con le persone della tua vita.
Quindi, come dire, in fondo poco o nulla cambia. Se avete Facebook avete un sacco di contatti – e sì, è vero che è facile restare in contatto con chiunque. Ma a cosa serve davvero? Restare in contatto con chiunque è solo un potenziale, di per sè non serve a molto, e afferisce probabilmente alla sfera che Lacan definisce Simbolico: ovvero le regole da seguire, le policy a cui adeguarsi per una comunicazione in linea con gli standard del social.
Da non confondersi con quelle del vivere civile, peraltro, dato che le regole che fa un social sono regole imposte ad arbitrio anarco-maggioritario da una società privata, la quale stabilisce che i nudi artistici non vanno bene, ad esempio, mentre per i post realmente offensivi e deliranti in molti casi non ravvisiamo violazioni delle norme della community. Peraltro, il meccanismo di delazione e segnalazione dei contenuti altrui al regime, per quanto apparentemente necessario ed auto-regolamentato, è diventato un’arma a doppio taglio, rendendo alcuni di noi peggiori dei delatori ai tempi della seconda guerra mondiale.
Facebook definisce ciò che è nel nostro potenziale interattivo, ma si guarda bene dal concretizzarlo e anzi, nel farlo, finisce spesso per confinare, bannare ed escludere qualsiasi forma di creatività o di autentica comunicazione personale, unica e riconoscibile come tale (come delineata, ad esempio, da libri seminali come marketing non convenzionale). Se nella vita reale avessi sempre fatto amicizie usando bestemmie creative, ad esempio, su Facebook questa mia “potenzialità” (senza volerla giudicare) non andrebbe bene: questo perchè, di fatto, ci sono inserzionisti cattolici a cui non garba l’idea di sponsorizzare le porprie ads in un postaccio in cui addirittura è ammessa la blasfemia.
Chiaro, ogni community deve avere le proprie regole, ed è giusto che le abbia fin dai tempi dei primi forum: il problema è che nel farlo su Facebook mi obblighi a mettere la foto, ad utilizzare il mio nome reale (il che è già una grossa differenza rispetto ad un forum), mi istighi a postare dettagli della mia vita e fai sempre il tutto molto più bello di quanto non sia in realtà. Grazie, ma adesso ne ho abbastanza. Facebook ha costruito gran parte del proprio hype su quel potenziale di interattività. quando ti connetti senti inconsciamente di essere chissà chi o fare chissà cosa, ma poi cosa sei davvero?
Contatti virtuali
Posso parlare con chiunque, su Facebook. Ma quello che notavo è che la gente ha poca voglia di interagire, e lo dimostra anche il mio uso continuativo di Facebook Dating: un luogo formalmente non male, meno disagiato delle varie app modello Tinder, senza dubbio. Un luogo dove – a parte decine di fake esasperanti – sembra di parlare quasi esclusivamente con borghesotte annoiate, a cui non riesci a tirare più di 6 parole in tutto.
Gente che premette il proprio malessere all’interazione, che pianta decine di paletti su ciò che vuole e ciò che dice di sentire ma che, alla lunga, ammazza qualsiasi spontaneità, fa passare la voglia. Tutto questo non mi va più bene, non mi serve, non è divertente (magari lo fosse). Ed è ancora meno divertente da quando i social come Facebook sono diventati l’unica alternativa possibile per comunicare in tempi di pandemia.
Narci-social
Certo, puoi contattare chi vuoi su Facebook e provarci in chat pure con Eva Green (non fatelo in chat, suggerimento da “amico”), puoi contattare in tanti ma altrettanti restano stronzi lo stesso, ed è anche questo il problema: i filtri del social, le bolle che fanno sparire il dissenso e ci mostrano un mondo illusorio e ovattato, quasi del tutto privo di buzzurri, in cui tutti la pensano come te o quasi (se qualcuno “trolla” puoi sempre farlo sparire, o magari decidere di segnalarlo alla pluri-citata Polizia di Facebook (TM)). Anche su questo bisogna spendere due parole: sono stanco di aprire Facebook e leggere l’ennesimo commento in cui Ciccio blasta Gennaro perchè Ciccio pensa X mentre Gennario pensa X/3+2, e come osa pensarla diversamente da me, questo bastardo.
Questa delirante esplosione di egoismo, di culto della propria personalità, di narcisismo congenito mi ha definitivamente stancato. Mi dirai tu, nella vita reale c’è tanto odio e intolleranza di suo, su Facebook è solo un riflesso di quest’ultima. Verissimo, rispondo io, ma non capisco davvero perchè dovermi loggare con username e password per farmelo ricordare con tanto di alert e campanellino.
Facebook ha reso l’intolleranza verso l’altro e la totale mancanza di empatia verso il genere umano un pregio, uno strumento di marketing, del proprio auto-riflessivo successo, della propria narcisistica auto-osservazione, il modo con cui ci diamo le ennesime pacche sulle spalle da soli. Lo prova anche che su Facebook nessuno ti darà mai troppa retta se non la butti in caciara, oscillando tra osservazioni abenormi da tuttologo e banali forature di palloncini altrui (come vengono giustamente definite le blastate di certi debunker nel bel libro La Q di Qomplotto).
La q di qualunquismo
Tutti sanno tutto, non è obbligatorio scrivere sui social su qualsiasi cosa, eppure vuoi mettere la “comodità” di poterlo fare? Questo qualunquismo esasperante quanto irrinunciabile mi disturba, ed è un altro motivo per cui mi sono tolto da Facebook. Togliersi da un social , del resto, ha alcune affinità con eventi della vita reale. La lettera di addio. L’estremo gesto, l’estremo saluto sui social, oddio era una brava persona, su Facebook salutava sempre, buongiornissimo caffè, buon mercoledì tarda mattinata, buon pomeriggissimo, buona seratissima. Per altri versi è un po’ come se uno cambiasse residenza (residenza digitale, in questo caso) e sentisse il bisogno di scrivere “ehi, dovete sapere che mi sto cambiando la residenza da Bassano del Grappa (VI) a Rogliano (CS) – pero’ dai, possiamo continuare ad essere amici“.
Sembrano quegli epiloghi strazianti delle amicizie o dei flirt in vacanza, quando avevamo 14 o 15 anni, e una volta una mi disse “ci rivedremo quando saremo grandi“. Coi social abbiamo o sentiamo tutti un po’ meno la nostra età anagrafica, ed è forse anche questo legato al successo del sito.
Conclusioni
Se uno si toglie da Facebook sente la necessità, come nel mio caso, di scrivere “possiamo essere ancora amici“. Manco se stessi lasciando qualcuno/a, dopo esserci stato assieme per anni. Manco fosse un suicidio, un atto terroristico, o chissà che altro. Manco stessi mandando affanculo il genere umano – cosa che, a giudicare dai recenti avvenimenti mondiali, a volte sembra quasi avere più senso di qualsiasi iniziativa. In fondo mi sono solo tolto da Facebook, vivo la mia esistenza ed il tutto non dovrebbe essere più rilevante dell’essere stati iscritti su un altro sito qualsiasi. Ovviamente, con una mail fake.
Foto di Here and now, unfortunately, ends my journey on Pixabay da Pixabay