Salvatore

  • Jacques Ellul, il teologo che teorizzò la propaganda nel 1962

    Jacques Ellul, il teologo che teorizzò la propaganda nel 1962

    Tra gli studi sull’anarchismo meritano una menzione particolare quelli incentrati sul suo legame con il cristianesimo, di cui il teologo Jacques Ellul fu precursore. L’anarchismo cristiano fa riferimento ad un passaggio della Bibbia (Libro dei Giudici) in cui sembra si faccia spazio, nel Discorso della montagna, all’idea che un sovrano avrebbe provocato solo oppressione e repressione sul popolo, facendo appello come possibile alternativa ad un popolo che possa obbedire a Dio senza alcun intermediario. Idea affascinante quanto utopica, verrebbe da dire ancora oggi, tanto più se si considerano gli studi di Ellul sul potere della propaganda e sulla sua capacità di guidare il nostro agire. L’idea di propaganda è, forse non a caso, declassata a prodotto commerciale con cui costruire pseudo-sottoculture alternative: felpe, magliette, cappellini modello I want to believe, io desidero credere in qualcosa, sono consapevole della propaganda e la combatto dall’interno, facendomi guidare da un potere insito negli e-commerce e senza assolutamente mettere in discussione il capitalismo, motore immobile dell’universo. Sarà utopico, sarà inconcepibile, sarà contraddittorio? Non importa, perchè la propaganda ha cristallizzato certe idee e le ha iniettate nella nostra mente da tempo, ed è forse troppo tardi per tornare indietro.

    Il saggio Propaganda (J. Ellul, 1962) non è solo indicativo della propaganda politica, che sarebbe già di per sè clamoroso per la quantità di riferimenti e approfondimenti in esso presenti. Ciò che rende unico il lavoro di Ellul (dei primi anni Sessanta, recentemente pubblicato in Italia da Piano B editore) è nel titolo completo dell’opera: “come si formano i comportamenti degli uomini“. Hai detto niente. Una riletture della propaganda in chiave non solo ideologica, tecnica e morale, ma altresì psicologica, sul piano sociale e come chiave di volta per determinare il nostro agire quotidiano. Sicuramente inquietante come idea, ma realistica.

    Pubblicato a Parigi nel 1962, Propaganda di Jacques Ellul è un saggio politico poderoso e approfondito, di circa quattrocento pagine dense di riferimenti politici d’epoca (un intero capitolo, quello finale, è dedicato alla propaganda di Mao Zedong, ad esempio). L’idea dell’educazione marxista permanente, per intenderci – ma anche quella dell’indottrinamento di massa, in vista di un futuro in cui quel tipo di potere possa consolidarsi. Un classico della propaganda, insomma, che culmina con l’idea del lavaggio del cervello dei prigionieri politici già sperimentato da altre nazioni.

    Diventa indicativo, soprattutto, il concetto indicato da Ellul come “cristalizzazione psicologica“, ovvero il processo mentale secondo cui l’agire, i pregiudizi, i pensieri vengono incanalati e globalmente chiarificati dall’incedere della propaganda, che trova una risposta ad ogni incertezza e fornisce risposte chiare, non contraddicibili, prive di dubbi e incertezze. L’individuo ha bisogno di giustificazioni per votare, comportarsi nella vita di ogni giorno, vivere la propria esistenza, e la propaganda ben costruita può abilmente tessere una rete di relazioni, idee e pensieri in grado di dargli supporto incondizionato. Così facendo l’umanità, conclude Ellul, finisce per perdere ogni spirito critico e ogni capacità di flessibilizzare il pensiero, rifugiandosi nelle false certezze cristalizzate o cementificate offerte dalla propaganda. Il saggio è del 1962, è bene ricordarlo, ed è ampiamente influenzato dallo studio della propaganda dei regimi (ferita all’epoca ancora aperta): del resto si applica con disinvoltura anche oggi alle nuove tecnologie e alla tecnocrazia dei social network. Questi ultimi, lungi dal favorire il libero scambio di idee, si configurano sempre più come rigide macchine di ingegneria sociale, dove il consenso viene fabbricato per via algoritmica.

    Tale processo di cristallizzazione ricorda per altri versi il meccanismo di difesa inconscia dell’Io scoperto dai tempi di Freud, che si rifugia in una struttura rigida per proteggersi dall’angoscia dell’incertezza del vivere quotidiano. Come nella più classica nevrosi, l’individuo cede il proprio potenziale creativo e dialettico, preferendo il rassicurante conforto di una narrazione preconfezionata che non richiede sforzi critici. Laddove il Sé potrebbe abbracciare la complessità e la fluidità del reale, la propaganda lo spinge a un processo regressivo: la dipendenza infantile da un’autorità superiore, un papà autoritario che offre verità assolute, schemi binari di interpretazione del mondo. È il trionfo del Super-Io autoritario sulla spinta del principio di piacere, sulla forza dirompente della pulsione di vita, che potrebbe (e forse dovrebbe) invece sovvertire l’ordine simbolico imposto.

    Tale dinamica – lungi dall’essere spenta, al giorno d’oggi – non è altro che la codificazione del controllo sociale e del dominio sistematico sull’individuo. La propaganda non è solo un mezzo, ma un fine: eliminare ogni possibilità di dissenso, sabotare alla radice l’autonomia di pensiero, che è il primo motore del cambiamento radicale. L’anarchismo, che rifiuta ogni forma di autorità imposta, si oppone alla cristallizzazione descritta da Ellul proprio perché ne riconosce l‘essenza mortifera: cementare l’immaginazione, ridurre l’umano a ingranaggio, spogliare l’esistenza della sua componente più ribelle, il pensiero critico. Nel mondo descritto dalla propaganda, non c’è spazio per l’utopia, per il sogno di una società senza gerarchie e confini. La propaganda costruisce una gabbia invisibile in cui il potere si autoalimenta, soffocando la voce dell’individuo e relegandolo al ruolo di spettatore passivo di una realtà predeterminata.

    Di Jan van Boeckel, ReRun Productions - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=44342274
    Di Jan van Boeckel, ReRun Productions – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=44342274
  • Perchè alcune persone hanno culo (e altre no)

    Perchè alcune persone hanno culo (e altre no)

    Interrogate a bruciapelo, la maggioranza delle persone giurerebbe sul fatto che le abilità personali (le skill, come direbbero molti tra quelli bravi col computer) tendano a tradursi in fortuna, una piena comprensione delle due cose – abilità e fortuna – non sembra essere stata pienamente raggiunta. Nel senso, non esiste alcuna ricetta preimpostata per la felicità o tantomeno per la fortuna, per quanto qualcuno stia ancora oggi provando a venderla online.

    Di fatto, la distinzione tra fortuna e skill sembra chiara, e sembra anche evidente (per quanto possiamo capire anche solo con l’intuito) che nelle situazioni legate all’abilità personale ci sia effettivamente una relazione di causalità tra un certo tipo di comportamento e la probabilità di successo. La fortuna, al contrario, è un evento fortuito per definizione, e sembra afferire ad una maggiore incontrollabilità e casualità. L’assonanza tra causalità e casualità ci potrebbe confondere, ma è del tutto incidentale (neanche a dirlo): la prima garantisce che sia possibile riuscire a fare bene le cose che richiedono capacità come usare un computer o cucire a maglia, la seconda ci riporta sulla terra e ci suggerisce che non tutto è controllabile.

    Sembrano discorsi da bar, ma non lo sono: Fattore fortuna di Richard Wiseman ha messo un po’ di ordine a questo tipo di suggestioni, ma prima di lui è stata Ellen Langer, docente universitaria di psicologia, a definire esattamente quanto abbiamo introdotto. Nel suo articolo L’illusione del controllo Langer sostiene, mediante una serie di esperimenti controllati, che se consideriamo la probabilità a priori di un qualsiasi evento, tenderemo in molti casi (e si considerano: eventi casuali, gioco d’azzardo e via dicendo) a percepire un’illusione del controllo nel momento in cui stiamo una probabilità di un evento in modo irrealistico, o ben più alto di quello reale. Le probabilità a priori, del resto, sono clamorosamente snobbate o sottovalutate dai più: un premio Nobel come Daniel Kanheman si è spinto a sostenere l’esistenza di un sistema 1 ed un sistema 2, rispettivamente orientati a definire nel cervello umano i pensieri lenti o contemplativi e quelli veloci o istintuali, ed è stato visto che la probabilità a priori viene ignorata bellamente.

    L’esperimento è celebre, in merito: se leggiamo la descrizione di una persona sensibile, mite, riservata, tenderemo a considerare che sia molto più probabilmente un banchiere che non un contadino, nonostante i primi siano generalmente molto più numerosi dei secondi. Sembra ovvio leggerlo, in questa veste, ma il bias cognitivo è sempre in agguato. Secondo la Langer, peraltro, i fattori predittivi che conferiscono una maggiore o inappropriata fiducia in una probabilità di successo esagerata sono, ad esempio, competizione, scelta, familiarità e coinvolgimento, che basterebbero da soli a spiegare gran parte dei fallimenti e delle delusioni amorose che chiunque potrebbe aver vissuto.

    Non c’è gusto, del resto, a non illudersi un po’ ogni tanto, se tante illusioni finiscono per diventare una molla per il cambiamento.

    Di Robert Scoble from Half Moon Bay, USA - Ellen Langer, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3697029
    Di Robert Scoble from Half Moon Bay, USA – Ellen Langer, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3697029

    Foto di Erik da Pixabay

     

  • Trattato digitale sul meme “Click Click”

    Trattato digitale sul meme “Click Click”

    Il meme “Click Click” di Mr. Lovenstein è una delle vignette create da J. L. Westover, in arte Mr. Lovenstein. Questa specifica striscia è apparsa per la prima volta online ed è diventata virale grazie al suo umorismo nerd e alla sua semplicità. In generale le strisce di Mr. Lovenstein si distinguono per:

    • Humor Nero: spesso presentano situazioni quotidiane che sfociano in un risvolto inaspettatamente oscuro o umoristico.
    • Minimalismo: disegni semplici, con colori vivaci, che si concentrano principalmente sui personaggi e le loro espressioni.
    • Narrazioni di vita quotidiana: storie ed esperienze comuni, che molti lettori possono trovare familiari o divertenti.

    Il meme di Mr. Lovenstein a cui ti riferisci raffigura una situazione comune in cui un utente frustrato clicca compulsivamente sul mouse a causa di un errore del computer.

    Traduzione della vignetta di lipercubo.it – Tutti i diritti riservati all’autore.

    Descrizione della Vignetta

    1. Un omino è seduto al computer, che mostra una finestra di errore. La finestra indica che qualcosa non sta funzionando correttamente.
    2. L’omino inizia a cliccare rapidamente con il mouse, accompagnato dal suono “click click click” ripetuto, esprimendo la sua frustrazione e il desiderio di risolvere il problema in fretta.
    3. L’omino continua a cliccare compulsivamente.
    4. Dopo molti click, il computer risponde con un messaggio che dice che il problema è stato risolto grazie ai 317 click effettuati dall’utente, circostanza ovviamente ironica e falsa nella realtà.

    Il meme cattura perfettamente la frustrazione comune di chiunque abbia mai avuto a che fare con un computer bloccato o un programma che non risponde. La reazione di cliccare freneticamente sul mouse o sulla tastiera è una risposta quasi automatica e universale che molti utenti possono capire e trovare divertente. L’umorismo della vignetta risiede nella risoluzione assurda del problema: il computer “riconosce” i click compulsivi come una soluzione efficace. È una parodia della nostra lotta quotidiana con la tecnologia, dove spesso le soluzioni sono molto meno dirette e più frustranti di quanto vorremmo.

    La popolarità dei meme è aumentata perché molti utenti del web si sono identificati con la situazione presentata nel fumetto. La combinazione di illustrazioni semplici e un punchline efficace rende questo meme un esempio classico dello stile di umorismo di Mr. Lovenstein, che gioca spesso con temi di frustrazione quotidiana e interazioni sociali imbarazzanti.

    Altri meme assimilabili al concetto di click compulsivo (click click) sono riportati di seguito.

  • Vedere il pensiero: arte generativa tra scienza e filosofia

    Vedere il pensiero: arte generativa tra scienza e filosofia

    Attraverso l’esplorazione di queste immagini generative, ci troviamo immersi in un mondo che sfida le nostre convenzioni visive e concettuali. L’IA ha assimilato concetti filosofico-scientifici come il rizoma, il corpo senza organi e la performatività del linguaggio, trasformandoli in una forma visiva tangibile.

    In queste opere, vediamo emergere la nozione di rizoma, con le sue connessioni non-lineari e la sua capacità di estendersi in modi imprevedibili. Le immagini sembrano evocare una rete intricata di relazioni e significati che si intrecciano in modi che sfidano la nostra comprensione convenzionale dello spazio e del tempo.

    Il concetto di corpo senza organi sembra incarnarsi attraverso figure astratte e forme fluide, che sfumano i confini tradizionali del corpo e dell’identità. Queste immagini ci invitano a riflettere sulla natura mutevole e sfuggente della realtà, suggerendo che l’identità stessa possa essere un costrutto fluido e in costante evoluzione.

    La performatività del linguaggio si manifesta attraverso una serie di simboli e segni che sembrano danzare sulla superficie delle immagini. Questi elementi linguistici non sono semplici strumenti di comunicazione, ma diventano essi stessi oggetti estetici che modellano la nostra percezione e comprensione del mondo.

    In definitiva, questa galleria di immagini generative ci spinge a interrogarci sulle nostre concezioni stabilite di realtà, identità e linguaggio. Ci invita a esplorare territori liminali e a abbracciare la complessità e l’ambiguità che caratterizzano il nostro mondo in continua evoluzione.

  • L’infanzia distopica di Don’t hug me I’m scared

    L’infanzia distopica di Don’t hug me I’m scared

    Se cercate su Google “don’t hug me i’m scared” esce fuori una lapidaria classificazione di genere: umorismo nero. Un sottogenere del comico che è stato ampiamente sdoganato da Internet quanto sopravvalutato, fino a dare l’impressione che chiunque faccia battuta di cattivo gusto o “politicamente scorrette” sia assimilabile all’umorismo nero. Molto prima che influencer fascistoidi e troll perditempo blaterassero a casaccio battute che umiliavano i più deboli tacciandolo per libertà di espressione, e molto prima che tutto questo diventasse una macabra moda da reality show modello August Underground, i due creativi Becky Sloan e Joseph Pelling tirano fuori dal cilindro questo piccolo capolavoro.

    Che cos’è Don’t hug me I’m scared

    Una miniserie (che è diventata un meme in mille salse), e che ha molteplici pregi dalla sua:

    • il dono della sintesi: la prima serie è composta da sole 4 puntate
    • la semplicità della trama: si tratta di quattro personaggi immersi nelle loro attività quotidiane, caratterizzati da pupazzi antropomorfi;
    • la meta narrazione che è sempre auto-ironica e non troppo invasiva o celebrativa rispetto allo spettatore;
    • l’atmosfera surreale e il mashup innovativo tra generi (un tipico show per bambini miscelato con horror splatter e allucinatorio)
    • l‘improponibilità della serie stessa ad un pubblico generalista, che rimarrà per sempre confuso tra l’incertezza dell’attribuzione del genere e del “pubblico ideale” (che è composto invece da horrorofili con il gusto per la sperimentazione)

    Descrizione delle puntate e video per vederle

    Puntata 1 (Creativity)

    Fin dalle prime mosse la trama della serie ruota intorno a tre personaggi principali: Red Guy, Yellow Guy e Duck Guy, che sono marionette dal design simpatico e colorato. In ogni episodio, i protagonisti verranno coinvolti in situazioni strane e surreali che sfidano le convenzioni e le aspettative dei programmi educativi per bambini. Un vero e proprio cult su internet: inaugura lo stile provocatorio della serie che parte come un video per bambini incentrato su una spiegazione del concetto di creatività, e poi diventa improvvisamente una delirante allucinazione horror (la scritta DEATH, una torta di carne cruda, un cuore cosparso di brillantini).

    Green is not a creative color (Il verde non è un colore creativo) è diventato il meme rappresentativo della serie, ovviamente senseless nel suo concepimento.

    Puntata 2 (Time)

    Si parla del tempo e del suo scorrere incessante, in senso scientifico e in parte filosofico: la canzone è simpatica e orecchiabile, il tempo scorre, e diventa sempre meno piacevole mentre lo fa, fino a produrre la putrefazione dei personaggi.

    Puntata 3 (Love)

    Forse la migliore puntata della prima serie: un picnic provoca una crisi depressiva a Yellow Guy, che inizia a parlare con un’ape interessata a spiegargli la natura dell’amore. L’amore è in ogni parte del mondo, basta saperlo cercare (Your special one): un messaggio di pace e speranza che è destinato a diventare qualcosa di molto diverso solo sul finale (con un vero e proprio villain finale che ricorda pesantemente quello di The wicker man).

    Puntata 4 (Computers)

    I tre personaggi stanno giocando ad un gioco da tavolo, e viene fuori una domanda a cui non sanno rispondere: la cosa più naturale diventa naturalmente cercare su internet. Il problema è che il loro computer non li ascolta, sembra esibire un carattere egocentrico e soprattutto non ama essere toccato: poco dopo i tre personaggi si troveranno catapultati dentro un computer, in una realtà virtuale che mescola vari stili di animazione (incluso il 3D).

    Puntata 5 (Health)

    In questo caso la puntata è incentrata sul mangiare sano e sull’educazione alimentare, ma diventerà presto un pretesto per parlare di cannibalismo e chirurgia senza anestesia sul povero Duck Guy.

    Puntata 6 (Dreams)

    Puntata conclusiva della prima serie, incentrata sul mondo onirico, che poi si ricollega all’inizio lasciando il finale aperto. La serie originale era composta da questi 6 brevi episodi pubblicati su YouTube dal 29 luglio 2011 al 19 giugno 2016. Nel 2022 è stata realizzata una serie televisiva sequel trasmessa su All 4 e Channel 4.

    In conclusione

    Esiste anche una seconda serie che è uscita negli scorsi anni, e che sembra continuare sulla stessa falsariga.

    Ciò che rende “Don’t Hug Me I’m Scared” unico è probabilmente il suo stile visivo e di narrazione totalmente spiazzate e straniante. All’inizio di ogni episodio sembra essere un normale show educativo per bambini, ma gradualmente si trasforma in una spirale di oscurità, con rivelazioni inquietanti e bizzarre. Gli elementi colorati e infantili sono accompagnati da cambiamenti improvvisi e perturbanti nel tono e nell’aspetto dei personaggi.

    La serie è diventata famosa per il suo uso innovativo della tecnica di stop-motion e per le canzoni orecchiabili che accompagnano ogni episodio. Le canzoni, scritte e composte dagli stessi registi, hanno testi innocenti che progressivamente diventano inquietanti e trasmettono messaggi critici sulla società e la cultura moderna.

    In ogni episodio della serie, l’inizio ricorda quello di una normale serie per bambini, con marionette antropomorfe simili a quelle presenti in “Sesame Street” o “The Muppets”. La serie parodizza e satirizza questi programmi televisivi, contrastando l’ambiente colorato e infantile con temi inquietanti. Ogni episodio presenta una svolta surreale nel climax, con contenuti psichedelici e immagini che coinvolgono violenza grafica, umorismo nero, esistenzialismo e horror psicologico.

    I sei episodi della serie web esplorano e discutono argomenti di base tipici dell’educazione prescolare, come creatività, tempo, amore, tecnologia, dieta e sogni, mentre la serie televisiva tratta temi come lavoro, morte, famiglia, amicizia, trasporti e elettricità. La serie web ha ricevuto ampi consensi per la sua trama, il design di produzione, l’horror psicologico, l’umorismo, i temi nascosti, il lore e i personaggi, ed è considerata da molti una delle migliori serie web di tutti i tempi. La serie televisiva ha ricevuto acclamazione simile.