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  • Delitto al ristorante cinese  di B. Corbucci, pocoto-pocoto

    Delitto al ristorante cinese di B. Corbucci, pocoto-pocoto

    “Delitto al ristorante cinese” vede la consueta coppia Bombolo (F. Lechter) – Nico Giraldi (Thomas Milian, che in questo film interpreta anche il “cinesino” Ciu-Ci-Ciao / Bambolo), con il secondo perennemente impegnato a schiaffeggiare rumorosamente il primo per farsi dare vitali informazioni. Non è certo un film dotato di una trama memorabile: tutto si gioca su un intrigo tra spie cinesi che è solo una scusa, neanche troppo approfondita, per favorire lo svolgimento dell’intreccio – con un Milian forse al di sotto le righe, “inascoltabile” per via del voto fatto con la moglie Angela di non dire più parolacce (ed in tutto il film ne accenna al massimo un paio: un record!).

    L’abilità del mitico interprete del commissario (qui ispettore) in tuta blu Giraldi risiede da un lato nel saperne rendere a meraviglia – come sempre – gli aspetti più sfottenti, pungenti e cinici, e dall’altro nel saper creare un personaggio diametralmente opposto, Ciu-Ci-Ciao, incarnazione di svariati stereotipi d’Oriente e personaggio riuscito, a mio parere, soltanto a metà. Questo perchè se è semplicemente perfetto come spalla di Bombolo, e regala al pubblico tanti amatissimi siparietti cult di basso livello (come il mitico “pocoto-pocoto… un par de cojoni!!!“), dall’altro è un personaggio troppo poco funzionale alla trama, e serve – in buona sostanza – a mettere più a fuoco “buoni e cattivi”. Grazie alla scemenza palesata da subito, il pubblico simpatizza così immediatamente per il brutale (ma buono) ispettore di polizia, apprezzandone i metodi non convenzionali e diffidando da subito dalla “normalità” di tanti altri personaggi (il vigile, il proprietario del ristorante).

    Questo ovviamente favorisce una scenaggiatura abbastanza tipica per un “poliziottesco” di quel periodo, con momenti di azione e sana goliardìa sarcastica – Nico al mercatino romano – come di istanti più ragionati – Nico che difende la propria famiglia nel finale. Inoltre il cinesino e Bombolo, verso la fine del film, incappano in un misterioso personaggio che fa il verso all’allora successo “Shining“, seppur soltanto come breve citazione. Probabilmente non il migliore della saga Giraldi, ma certamente da vedere e riscoprire.

  • Sleepers: cast, trama, spiegazione finale

    Sleepers: cast, trama, spiegazione finale

    Cast principale

    • Kevin Bacon: Sean Nokes
    • Jason Patric: Lorenzo “Shakes” Carcaterra
    • Brad Pitt: Michael Sullivan
    • Billy Crudup: Tommy Marcano
    • Ron Eldard: John Reilly
    • Dustin Hoffman: Danny Snyder
    • Minnie Driver: Carol Martinez
    • Robert De Niro: Father Bobby

    Produzione

    “Sleepers” è stato diretto da Barry Levinson e si basa sul romanzo omonimo di Lorenzo Carcaterra, pubblicato nel 1995. Il film è stato ampiamente discusso per le sue tematiche intense e la rappresentazione di abusi sui minori.

    Sinossi

    Il film racconta la storia di quattro giovani amici, Shakes, Michael, John e Tommy, cresciuti nel quartiere Hell’s Kitchen di New York City negli anni ’60. Dopo aver compiuto un furto che finisce tragicamente, vengono condannati a scontare una pena in un riformatorio, dove vengono sottoposti a terribili abusi da parte di Sean Nokes, un guardiano brutale. Dopo essere stati rilasciati, le loro vite prendono strade diverse. Shakes diventa un giornalista, Michael un procuratore distrettuale, John un musicista e Tommy un gangster.

    Dopo alcuni anni, Shakes e Michael scoprono che Nokes è ancora vivo e lavora come assistente procuratore. Decidono di vendicarsi e coinvolgono John e Tommy nel loro piano. Dopo aver attirato Nokes in un’imboscata, lo uccidono. Viene quindi avviato un processo, durante il quale Danny Snyder, un avvocato amico di Shakes e Michael, difende i quattro ragazzi.

    Curiosità

    • Il film è stato girato in diverse location di New York City per catturare l’atmosfera dell’epoca.
    • Il cast principale è composto da attori di alto profilo, il che ha contribuito a suscitare interesse e attenzione verso il film.
    • “Sleepers” affronta tematiche complesse e dolorose, come l’abuso sui minori e la vendetta, portando a dibattiti etici e morali.

    Spiegazione Dettagliata della Fine (AVVISO SPOILER)

    Alla fine del film, i quattro amici riescono a incastrare e uccidere Sean Nokes, il loro aguzzino. Successivamente, vengono accusati dell’omicidio e si trova un avvocato, Danny Snyder (interpretato da Dustin Hoffman), che difende il loro caso in tribunale. Durante il processo, viene rivelato che Snyder ha pianificato un’ingegnosa strategia per far sì che i ragazzi vengano assolti.

    Snyder mette in atto un piano in cui fa apparire Tommy come un testimone instabile che ammette l’omicidio in aula. Questo costringe il giudice a dichiarare un mistrial (un processo nullo) e a rimandare il caso. Nel frattempo, Tommy viene ucciso da un sicario in prigione, apparentemente come rappresaglia per l’omicidio di Nokes.

    Senza Tommy, il processo contro gli altri tre ragazzi viene abbandonato a causa della mancanza di prove concrete. Snyder ha orchestrato tutto questo, assicurandosi che i ragazzi sfuggano alla giustizia ufficiale mentre subiscono il karma per le loro azioni attraverso la violenza carceraria.

    La fine del film suggerisce che la giustizia può assumere forme diverse e che la vendetta personale e la redenzione morale possono coesistere in modi complessi e ambigui.

  • The Vault: un po’ caper movie, un po’ horror, un po’ action, un po’ non ne abbiamo idea

    The Vault: un po’ caper movie, un po’ horror, un po’ action, un po’ non ne abbiamo idea

    Un gruppo di rapinatori architetta un piano ingegnoso per rapinare una banca; ma qualcosa va storto…

    In breve. Horror anomalo per come parte (una rapina in banca in pieno stile action-thriller), un po’ meno per come evolve (carnefici che diventano vittime); timido e probabilmente poco incisivo nella sua evoluzione e risoluzione.

    The Vault è un discreto caper movie (i film di genere incentrati su una rapina o un colpo grosso: pensiamo ad esempio a La stangata, Le iene o Giungla d’asfalto) contaminato da dinamiche da horror sovrannaturale ed in parte exploitation. Se i presupposti sembrerebbero anche interessanti, il film si diluisce in un eccessivo prolugamento della storia, e in una narrazione che finisce per essere scontata ed alquanto prevedibile.

    Io sono un ostaggio come te…

    Assecondando le regole dell’exploitation, almeno alcune di esse (dalla maschera bianca e inespressiva, alla Michael Myers, del rapinatore fino al totale capovolgimento di fronte in una situazione claustrofobica), Bush dirige in modo interessante e su toni prevalentemente scuri, presentando il caveau (The Vault, per l’appunto) di una banca quale custode di segreti oscuri e fuori da questo mondo.

    Se molti degli spettatori capiranno quasi subito, durante il film, quale sia il segreto (che nel frattempo rischierà di diventare un segreto di Pulcinella) il film risulterà accattavante per certi versi (la polizia che scopre della rapina, quando non dovrebbe saperne nulla) e un po’ più fiacco per altri (le presenze misteriose nel sotterraneo, in bilico tra realtà vendicative e fantasmi da psichiatria). Trovare una spiegazione di The Vault è impresa difficile (il passato ritorna, probabilmente, ma non si capisce bene in che modo lo faccia), peraltro, proprio per via di come sono presentati gli eventi e di qualche buco narrativo che si ricompone nel finale, ma non sorprende neanche troppo.

    La contaminazione tra due generi era inedita e certamente lodevole come idea, ed è difficile anche individuare precisamente cosa non funzioni nel film, visto che difetti o errori veri e propri non se ne ritrovano. Tuttavia vediamo fantasmi apparire e ricomparire dal nulla, senza chiarificare neanche le identità dei singoli (tutti gli spettri o presenze, peraltro, sono messi indistintamente dalla parte dei “cattivi” – in una caratterizzazione che risulta, a ben vedere, piuttosto semplicistica).

    Se ci mettiamo una narrazione per certi versi confusa e difficile da assimilare per lo spettatore, nonostante alcuni intensi momenti di splatter, ne esce fuori un film che non convince appieno: il che rivelerebbe proprio in sede di intreccio il suo principale e programmatico difetto.

  • Tetsuo II – Body Hammer prosegue la saga cyberpunk di Tsukamoto

    Tetsuo II – Body Hammer prosegue la saga cyberpunk di Tsukamoto

    Un impiegato giapponese (Taniguchi) e la mite consorte vengono tormentati da alcuni energumeni che si scoprono essere dei cyborg “contaminati” dal metallo e dalla forza inaudita. Molto presto l’uomo si vedrà rapire il figlio e scoprirà di possedere un inaspettato potere anch’esso: nei suoi momenti di rabbia usciranno fuori dei mitragliatori e dei tubi metallici dal suo corpo…

    In breve: Tsukamoto non tradisce i fan, e propone uomini-macchina ed alienazione metropolitana dentro immagini convulse da videoclip. Per molti, ma non per tutti.

    Per la serie “sequel sorprendentemente riusciti” arriva nel 1992 Tetsuo II – Body Hammer, presentato dal regista come un puro remake di Tetsuo – The Iron Man, realizzato per sfruttare un po’ di rinnovati mezzi e per evitare che qualcuno gli rubasse l’idea di farne uno. Se è vero che la forma è stata parzialmente ripulita (il film è a colori, orientato su un gelido azzurro), la sostanza filosofica rimane sostanzialmente identica, dando spazio ad una trama sì contorta ma molto interessante ed elaborata.

    In particolare Tsukamoto indaga sull’alienazione dell’uomo indotta da uno stile di vita monotono (quello metropolitano), nel quale l’individuo si spersonalizza, perde le più ovvie capacità di difendersi e diventa incapace anche di proteggere i propri cari, tanto è accecato dall’odio represso. Del resto il finale del film, in modo apocalittico e molto più prepotentemente di Tetsuo, fa intuire come si debba ripartire dalla distruzione per costruire una nuova umanità.

    Tsukamoto prende spunto dalla storia del “metal fetishist” del capitolo precedente, rappresentato da un cyborg con una “X” sul dorso ed una pistola sul braccio (ogni riferimento a Videodrome è tutt’altro che casuale), ed elabora la tematica dell’annientamento dell’uomo sull’uomo. Del resto, nel passato rimosso dal protagonista vi è un padre apparentemente affettuoso e comprensivo, che coltiva l’insano hobby delle armi da fuoco, sulle quali ha delle fantasie erotiche e con cui ucciderà inavvertitamente chi ama (anche qui esplicito riferimento a “Il pasto nudo” di Burroughs / Cronenberg). Come novità sostanziale, al di là dell’intreccio che è molto diverso a parte alcuni punti di contatto, inserisce uno spettatore umano ad assistere alle vicende – Kana, la moglie del protagonista: a prima vista l’elemento erotico è completamente scomparso in questo secondo episodio, ma in realtà basta una sola scena a confermare la visione nichilista del sesso che ha sempre avuto il regista nei suoi film.

    Ritornano quindi i temi amati anche da Cronenberg, ritorna una visione dell’esistenza vista come conflitto perenne tra individui (cosa che si vedrà ancora meglio in Tokio Fist), ritorna infine il tema della macchina che domina l’uomo e ne vincola i comportamenti. Del resto la mossa risolutiva del film, seppur con conseguenze differenti, richiama la figura di un mostro deforme che ha subito una trasformazione irreversibile, pronto a dominare il mondo non prima di aver chiesto alla propria amata di farlo fuori (ogni riferimento a “La mosca” sembra anche qui volutissimo). Il cinema di Tsukamoto non è per tutti: la violenza non manca, alcune scene sono davvero molto forti e gli effetti speciali, davvero spettacolari su certi frangenti, sono a volte un po’ troppo compiaciuti. Le scene di movimento, essenziali nello sviluppo della storia, erano forse state realizzate meglio in Tetsuo del 1989: qui il regista fa correre il cameramen, l’effetto è da ripresa mossa quasi amatoriale e non convince del tutto, anche se rende l’idea della confusione mentale e della paura. Assolutamente geniale, poi, la rappresentazione della tematica onirica: mediante dei fili elettrici lo “scienziato pazzo” può non soltanto visualizzare su alcuni schermi il sogno ricorrente del protagonista (un ricordo personale assieme ai propri genitori), ma possiede il potere di intervenirvi e manipolarlo a piacere, facendolo diventare un incubo degno di Freddy Krueger. Come aspetto di rilievo finale si segnala la spiegazione che viene data alla presenza di tubi e circuiti dentro Taniguchi Tomoo, e questo  – unito alla regia magistrale di Tsukamoto – dovrebbe essere il vero principale stimolo per rivedere “Tetsuo II”.

  • La la land: cast, trama, curiosità, significato del finale

    La la land: cast, trama, curiosità, significato del finale

    Ecco alcune informazioni su “La La Land“, il celebre e citatissimo film musicale del 2016.

    Cast Principale

    • Ryan Gosling nel ruolo di Sebastian Wilder
    • Emma Stone nel ruolo di Mia Dolan
    • John Legend nel ruolo di Keith
    • Rosemarie DeWitt nel ruolo di Laura Wilder

    Storia

    “La La Land” è una storia d’amore ambientata a Los Angeles, che segue due aspiranti artisti, Mia e Sebastian. Mia è un’aspirante attrice che lavora come barista, mentre Sebastian è un pianista jazz che sogna di aprire il suo club. I due si incontrano casualmente e si innamorano mentre cercano di perseguire i loro sogni a Hollywood. Il film esplora le sfide che affrontano nel mondo dell’arte e la lotta tra inseguire le proprie passioni e la necessità di compromessi nella vita quotidiana.

    Regia

    “La La Land” è stato diretto da Damien Chazelle, che ha anche scritto la sceneggiatura. Chazelle ha vinto l’Oscar per la Miglior Regia per il film.

    Produzione

    Il film è noto per il suo stile visivo e musicale distintivo. È stato girato in location reali a Los Angeles e presenta numeri musicali elaborati e coreografie che richiedevano una pianificazione e una coreografia molto dettagliate.

    Stile

    “La La Land” è un omaggio ai classici musical di Hollywood e presenta una combinazione di elementi moderni e un’estetica vintage. Il film è noto per le sue lunghe sequenze di ballo e canto che ricordano il cinema musicale degli anni ’40 e ’50.

    Sinossi

    Il film segue Mia e Sebastian attraverso le loro vite mentre cercano di raggiungere i loro sogni artistici e navigano attraverso le sfide e le scelte che si presentano loro. La musica è un elemento chiave del film, con canzoni originali che contribuiscono a raccontare la storia e ad esprimere le emozioni dei personaggi.

    C’è una scena che è stata oggetto di molte discussioni sulla questione mansplaning, in cui il personaggio di Ryan Gosling, Sebastian, discute di jazz con alcuni amici. In questa scena, Sebastian spiega la sua passione per il jazz e cerca di “educare” i suoi amici, tra cui una donna e una persona di colore, sulla complessità e l’importanza del genere musicale. Questa scena può essere interpretata da alcuni come un esempio di mansplaining, poiché Sebastian sembra assumere il ruolo di esperto e condividere la sua conoscenza sulla musica jazz con gli altri, anche se potrebbero avere le loro opinioni e conoscenze (e soprattutto potrebbero saperlo più di lui). La scena è parte integrante della caratterizzazione del personaggio di Sebastian nel film e della sua passione per il jazz, e rimane dubbia nella sua effettiva accezione: da un lato il problema certamente c’è, ed è analogo a certo whitewashing che affligge serie TV e film (soprattutto remake), dall’altro il fatto che sia oggetto di negazionismo ad oltranza da parte di certa critica o pubblico suggerisce che, quantomeno, il problema è reale, per quanto travalichi l’essenza della storia e la sinossi stessa (che non sembra propriamente da film pensato per fare politica, anche se per certuni tutto vi si riconduce).

    Curiosità

    • “La La Land” ha ricevuto numerose nomination e premi, incluso l’Oscar come Miglior Film, sebbene alla fine sia stato superato da “Moonlight.”
    • La colonna sonora del film, composta da Justin Hurwitz, è stata molto apprezzata e ha vinto numerosi premi, tra cui l’Oscar per la Miglior Colonna Sonora Originale.
    • Il film è stato girato in modo da dare l’illusione di essere stato realizzato in un’unica ripresa, il che ha richiesto una notevole pianificazione e coordinazione.

    Spiegazione Dettagliata del Finale (presente spoiler)

    Alla fine del film, Mia e Sebastian hanno preso strade diverse per perseguire i loro sogni. Mia ha avuto successo come attrice e si è trasferita a Parigi per lavorare in un film, mentre Sebastian ha aperto il suo club jazz di successo. Si incontrano casualmente quando Mia si trova a Los Angeles per una visita, così finiscono per cenare insieme. Durante la cena, si svolge una sequenza onirica che mostra come sarebbe potuta essere la loro vita se avessero, al tempo, fatto diverse differenti. I due tornano alla realtà e riconoscono che le loro vite hanno preso direzioni diverse, ma si mostrano grati per il tempo che hanno passato insieme e per il fatto che si sono ispirati reciprocamente a inseguire i loro sogni.

    Si separano con un sorriso e un addio amorevole. Il finale di “La La Land” è una riflessione sulla natura dei sogni, delle passioni e delle scelte nella vita. Mentre Mia e Sebastian non finiscono insieme come coppia, il loro amore e il loro impatto l’uno sull’altro rimangono significativi.