RIDERE_ (65 articoli)

Recensioni dei migliori film commedia usciti al cinema e per il mercato home video.

  • Bello onesto emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata racconta l’Italia di metà secolo scorso

    Bello onesto emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata racconta l’Italia di metà secolo scorso

    Amedeo è un emigrato italiano senza troppe prospettive lavorative, oltre che affetto da crisi epilettiche. Deciso a trovare moglie, prova a cercarne una per corrispondenza: nel farlo, si finge un suo amico, in modo da avere più possibilità che la futura sposa possa dirgli di sì.

    Bello onesto emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata è senza dubbio uno dei film più popolari di Luigi Zampa (che dirige tra gli altri Il vigile e Il medico della mutua), ma è anche uno di quelli che vanta uno dei personaggi più memorabili interpretati da Alberto Sordi: un emigrato nostrano dall’Italia di metà millennio scorso, in cerca di fortuna non solo sul lavoro ma anche in amore. Girato tra Roma e Brisbane (Australia), oltre che nell’isola di Coonanglebah (Dunk Island) nel Mar dei Coralli, è un film italiano del 1971.

    La rappresentazione scelta da Zampa, che scrive la sceneggiatura a quattro mani assieme a Rodolfo Sonego, possiede tratti quasi neorealisti: le riprese sono tutt’altro che idilliache e anzi, al contrario, mostrano le brutture e le ipocrisie dell’epoca. In altri termini è l’italiano medio dell’epoca, in particolare quello stereotipato del sud, che invita inutilmente a ballare decine di donne (che quasi mai accetteranno), oltre ad essere dominato da una forma di grottesco matriarcato (le promesse spose, in questa scena memorabile di inizio film, sono sorvegliate a vista dallo sguardo vigile delle rispettive madri). Parte del film è recitato in un mix di dialetti meridionali, tra cui pugliese e siciliano.

    Signorina, mi permette una danza?
    No, cun te nun possu ballare, a casa mia nun vonno. Thank you!

    La donna assume una forma di sacralità inviolabile, in questa veste, e ciò contribuisce in prima istanza all’effetto comico: soprattutto da parte del personaggio interpretato da Sordi, Amedeo Battipaglia, emigrato convenzionale e vittima dei propri stessi pregiudizi. Se da un lato vorrebbe una brava donna illibata (e naturalmente vergine al matrimonio),dall’altro il suo sguardo è precluso dal guardare la realtà delle cose – e nessuno si azzarderà, naturalmente, a dirgli le cose come stanno. Un personaggio irrequieto e imprevedibile, dalla mimica inequivocabile, quasi da slapstick puro, tanto che un critico come Giovanni Grazzini ne paragonò l’interpretazione ad quella di Stan Laurel. Le convulsioni o crisi epilettiche di cui sarà vittima, peraltro, si inquadrano sia in un contesto di ulteriore caratterizzazione del personaggio (dato che sembra avere degli attacchi ogni volta che si trova a dover fronteggiare la dura realtà) sia assumono, probabilmente, un tratto tipico della commedia all’italiana e sembrano, per certi versi, un espediente comico per spezzare l’eventuale monotonia della storia.

    D’altro canto, se al rivale in amore di Amedeo viene relegato un ruolo quasi marginale (Riccardo Garrone compare solo a sprazzi, e non è certamente un personaggio così rilevante come potrebbe sembrare), giganteggia Claudia Cardinale (che per questo film vinse anche un David di Donatello nel 1972) nel ruolo di Carmela, abile a rappresentare una donna forte, determinata a sfuggire ai tentacoli del proprio pappone romano, al tempo stesso anch’essa vittima di pregiudizi e perennemente sulla difensiva (il coltello che porta in borsetta ricorda molto l’arma con cui Monica Vitti partiva nel film, relativamente più recente, La ragazza con la pistola). Sia Carmela che Assunta si ribellano ad una società arcaica, dai tratti quasi primitivi, e nel tentativo di uscirne sono disposte all’uso delle armi, aspetto che oggi fa sorridere ma che (quasi certamente, verrebbe da pensare) non deve essere passato indifferente a certa critica rivoluzionaria dell’epoca. Al tempo stesso, Carmela ha un passato da prostituta, di cui non si vergogna senza pero’ riuscire a raccontarlo ad Amedeo, uomo d’altri tempi quanto fragile emotivamente, simbolo di una società dai tratti ingenui e puritani che, a ben vedere, non è ancora scomparsa del tutto fino ai giorni nostri.

    Di suo Bello onesto emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata rientra nella tradizione dei film italiani (di genere vario) dal titolo chilometrico, e per quanto la regia di Zampa sia impeccabile il film, visto oggi, possiede momenti di stanca e sembra, soprattutto, vittima di una narrazione leggermente prolissa e autoreferenziale. Al netto di questo, è un film tenuto in piedi dalla grandezza dei suoi interpreti, Cardinale e Sordi in primis, artefici di uno schema narrativo archetipico, basato su fuga e sostituzione del personaggio, che tante altre volte avremmo incontrato nel cinema degli anni successivi. Inevitabile che si formi una relazione sulla base della vicinanza tra i due personaggi, in effetti, catapultati in un mondo pre-moderno che oggi non esiste più, che è quasi difficile da credere e che, certamente, può essere riscoperto dalla visione di questo lavoro.

  • Hot shots!: Jim Abrahams crea il film parodico-demenziale seminale

    Hot shots!: Jim Abrahams crea il film parodico-demenziale seminale

    Il tenente Topper, cacciato dalla Marina degli Stati Uniti, viene richiamato per una missione di vitale importanza…

    In breve. Un cult degli anni 90, girato sull’onda di una demenzialità esasperata, ormai fuori moda, ed ereditata in parte da serie TV come “I Griffin”. Risate continue e riferimenti ad altre pellicole (tra cui Top gun) da  veri intenditori. Per inguaribili nostalgici.

    Infermiera, gli controlli il pene per vedere se ce l’ha più lungo del mio.

    Chicca dei primi anni 90, simbolo di una generazione di film-maker fuori dalle righe, che hanno fatto della parodia demenziale un autentico manifesto: Abrahams ha scritto (e diretto, in alcuni casi) Una pallottola spuntata, Hot Shots!, L’aereo più pazzo del mondo nonchè il recente Scary movie 4. Il tenente Topper, lo strabico “Sguardone” e “Carne morta” (nomen omen) sono solo alcuni dei protagonisti di questo demenziale, a tratti cartoonesco, film che è ben noto agli spettatori italiani per essere passato svariate volte sulle reti private. Situazioni surreali, umorismo a volte privo di logica e giocato su non-sense parodistici, battute che sbeffeggiano film famoso e che mette in ballo anche il papa, protagonista di un incontro di boxe.

    Il tenente Topper, interpretato da Charlie Sheen e scelto per l’evidente somiglianza con Tom Cruise, firma la parodia ufficiale del celebre film ottantiano “Top Gun“: un mix di situazioni che riprendono il film originale, e battute che meritano di essere ricordate: il protagonista è un solitario (ma non gioca a carte), l’ammiraglio (Lloyd Bridges) che ammette di non aver capito “un beneamato cazzo” anche se vuole “mettere i puntini sulle A”. La sua rivalità con un commilitone si riduce ad una mitica battuta che gli viene rivolta all’inizio del film: “se non ci fosse la signora presente, ti farei a pezzi come o’ capitone e natale“. Impressionante la media di gag del film: ne ho contate circa quattro al minuto, una sequenza continua di risate nettamente superiore a qualsiasi parodia possa venirvi in mente oggi.

  • Il secondo tragico Fantozzi: trama, cast, recensione, produzione

    Il secondo tragico Fantozzi: trama, cast, recensione, produzione

    “Il secondo tragico Fantozzi” è un film italiano del 1976, diretto da Luciano Salce, che fa parte della popolare serie di film comici basati sul personaggio di Ugo Fantozzi, interpretato da Paolo Villaggio.

    Cast Principale

    • Paolo Villaggio come Ugo Fantozzi
    • Milena Vukotic come Pina Fantozzi
    • Gigi Reder come Ragionier Filini
    • Anna Mazzamauro come Signora Silvani
    • Plinio Fernando come Geometra Calboni
    • Liù Bosisio come Signora Calboni
    • Renato Scarpa come Mariangela Fantozzi

    Storia

    Il film racconta le avventure tragicomiche di Ugo Fantozzi, un impiegato italiano comune e sfortunato, alle prese con una serie di situazioni ridicole e assurde nella sua vita lavorativa e familiare.

    Cenni alla Regia e Produzione

    La regia del film è stata affidata a Luciano Salce, noto regista italiano, mentre la produzione è stata gestita da Giovanni Bertolucci e Ugo Tucci.

    Stile

    Il film “Il secondo tragico Fantozzi” è noto per il suo umorismo surreale, situazioni comiche esagerate e satira delle dinamiche dell’ufficio e della società italiana. Il personaggio di Fantozzi rappresenta l’antieroe per eccellenza, costantemente sottoposto a umiliazioni e sfortuna.

    Sinossi

    Nel secondo capitolo della serie cinematografica di Fantozzi, il protagonista affronta una serie di nuove avventure e disavventure. Dalla sua partecipazione a un bizzarro programma televisivo a una vacanza disastrosa in montagna con la famiglia, dalle difficoltà sul lavoro alle problematiche con il suo capo e il suo collega Filini, Fantozzi sembra essere destinato a vivere una vita piena di situazioni imbarazzanti e divertenti.

    Curiosità

    • Il film è il secondo di una lunga serie di pellicole dedicate al personaggio di Fantozzi, ed è stato seguito da numerosi sequel.
    • La celebre scena dei 92 minuti di applausi come reazione alla stroncatura di Fantozzi del cult La corazzata Potëmkin avviene durante la sequenza del cineforum in questo episodio.
    • “Il secondo tragico Fantozzi” ha avuto un notevole successo al botteghino italiano e ha contribuito a consolidare la popolarità di Paolo Villaggio come interprete di Fantozzi.
  • Tuvalu: quando l’avanguardia rilegge la Belle Epoque

    Tuvalu: quando l’avanguardia rilegge la Belle Epoque

    Fantasticando su un ipotetico e probabilmente irrealizzabile viaggio tra le isole del Pacifico, qualche giorno fa, cercavo in rete informazioni a proposito dell’arcipelago di Tuvalu. Clicco sulla pagina di Wikipedia corrispondente, e l’enciclopedia online mi presenta un link di disambiguazione: oltre all’arcipelago di Tuvalu (curiosità: il dominio .tv, che spesso si trova associato ai siti di molti canali televisivi, è proprio quello assegnato alla nazione polinesiana) esiste anche un film che porta quel nome… non lo avevate mai sentito nominare? Beh, neanch’io fino a poco fa!

    Incuriosito, cerco informazioni al riguardo – e, nonostante il film risulti essere stato vincitore di alcuni prestigiosi premi internazionali, le informazioni che si trovano sono davvero pochissime.

    Oltre a poche frasi frammentarie sulla trama, sappiamo che il film è una commedia del 1999, che è stato prodotto in Germania con la regia di Veit Helmer, che i principali interpreti sono due buoni mestieranti come Denis Lavant e Culpan Nailevna Chamatova e, come chicca, alcuni pezzi della colonna sonora sono di Goran Bregovic. Ciò che ha attirato la mia attenzione da quel poco che si trova in rete è il fatto che il film sia praticamente muto, e girato in bianco e nero “ricolorato”, come se fosse un film dei primi decenni del novecento, ritrovato e restaurato. Da queste poche informazioni scorgo intenzioni artistiche abbastanza “fuori di testa” da reputarlo degno di uno studio più approfondito.

    Investo del problema la redazione de Lipercubo e, grazie ai loro potenti mezzi, riusciamo a trovare la versione russa del film: io non conosco una sola parola di russo (a parte “Vodka“, ma vabbè) nè so leggere il cirillico, “ma che ce frega?“, il film è muto, la lingua non è un ostacolo. Preciso che non dobbiamo intendere il termine “muto” nel senso “classico” del termine – il sonoro ambientale c’è ed è anche abbastanza curato – quello che manca sono i dialoghi: oltre ai nomi dei personaggi, gli attori pronunciano, in tutto il film, non più di una trentina di parole singole, quindi avulse da un costrutto grammaticale e sintattico, semplici parole isolate ma necessarie per rendere comprensibile l’evolversi della storia.

    Non sono solo la recitazione muta e la fotografia in un simil bianco e nero ricolorato a riportarci all’epoca del cinema delle origini, ma anche la mimica, l’espressività, i costumi e, non ultimo, il montaggio. Nonostante l’impianto di base sia quello appena descritto di un finto film da inizio novecento, le citazioni cinematografiche che vi si ritrovano sono innumerevoli e variegate: già nella prima scena viene proposto il primo piano di un uccello in cartapesta che vola sulla scena, modellato (volutamente) in maniera approssimativa, che fa il verso alla scena del film Uccelli di Hitchcock in cui i volatili attaccano la gente in uscita da una chiesa, così come sono numerosi i richiami alla comicità dei fratelli Marx o dei Monty Python, nonchè momenti onirici e visionari di Felliniana memoria. Va da sè comunque che i riferimenti che colpiscono subito l’occhio sono quelli a Charlie Chaplin e a Fritz Lang: il buon Denis Lavant interpreta il suo personaggio, Anton, in perfetto stile Chapliniano mentre la regia surrealistica paga dazio al Lang di Metropolis.

    La trama del film segue il canovaccio tipico delle storie  di Charlie Chaplin: tanto umorismo a denti stretti, personaggi principali che sono o assolutamente buoni o assolutamente cattivi (al massimo possono essere vittime di ingenuità e implusività come Eva, ma la loro vera natura non può mai stare “nel mezzo”), situazioni grottesche e amplificate fino al paradosso, ambientazioni decadenti e imprese improbe che fanno da contraltare ad eroi puri e semplici che alla fine, pur rimettendoci qualcosa, se la caveranno.

    La storia è costruita intorno alle vicende accorse al povero Anton nel tentativo di salvare dalla demolizione la fatiscente piscina di proprietà di suo padre, Karl. Oltre alla burocrazia che (giustamente) intimerà ad Anton di ripristinare in brevissimo tempo una condizione minima di sicurezza in un edificio ormai cadente e trascurato, Anton dovrà lottare anche contro suo fratello Gregor, un costruttore affarista e senza scrupoli, che vorrà abbattere la piscina per costruire al suo posto un moderno palazzone residenziale. Il destino della piscina si intreccia con quello di Eva che, dopo la morte del padre – un vecchio capitano di marina per la cui dipartita Eva incolperà ingiustamente Anton – deciderà di partire a bordo della nave che il padre le ha lasciato in eredità per raggiungere la meta di una misteriosa mappa trovata in uno scrigno appartenuto al genitore: l’arcipelago di Tuvalu. Per azionare la caldaia della nave Eva avrà bisogno di un ingranaggio ormai non più disponibile in commercio, ma che ha notato essere installato nella caldaia della piscina, gemella di quella della nave. Tenterà così più volte di rubare il pezzo scontrandosi con Anton il quale, recuperando il pezzo sotrattogli da Eva, causerà l’esplosione della caldaia a bordo della nave. Ma, in un disperato tentativo di rubare l’intera caldaia della piscina, Eva capirà che il vero responabile della morte del padre è stato Gregor e non Anton. Così, Anton ed Eva, ormai coalizzati e innamorati, salveranno la caldaia della piscina proprio mentre Gregor, in preda alla follia, stava distruggendo il palazzo che la ospitava, la installeranno sulla nave di Eva e, insieme, partiranno alla volta dell’arcipelago di Tuvalu.

    La storia, all’apparenza semplice e lineare come una favola dei tempi moderni, in realtà nasconde al suo interno infinite metafore e allegorie, sia nella recitazione iperespressiva, sia nella scenografia decadente, sia nel montaggio grottesco e surreale. Insomma, un film che ci sentiamo di consigliare a chi ama il cinema d’avanguardia e ai cultori dei film delle origini, un accostamento che può sembrare fuori posto – ma che in realtà non lo è, se si pensa che non c’è stata epoca artistica più avanguardistica di quella del cinema delle origini quando, appunto, una nuova arte è stata praticamente forgiata da zero.

  • I nuovi mostri: il film collettivo a episodi che raccontava l’Italia anni 70

    I nuovi mostri: il film collettivo a episodi che raccontava l’Italia anni 70

    Nel 1977 esce I nuovi mostri, sulla falsariga de I mostri e nuovamente incentrato su film costruiti a micro-episodi. Se il primo lavoro di questo tipo era stato diretto da Risi, questo è una regia collettiva, in cui curiosamente (ma non era insolito, per l’epoca) manca l’attribuzione degli episodi ai singoli registi coinvolti: Risi, Monicelli e Scola. Il film è stato anche recentemente proposto su Rai Movie qualche giorno fa, in una versione “intermedia” a livello di tagli, e come vedremo più avanti si tratta di uno dei film più arbitrariamente tagliuzzati dalla censura mai prodotti in Italia, e non è neanche chiaro se esista una versione realmente uncut.

    I nuovi mostri è anche l’espressione di un umorismo che stava cambiando nel cinema (e non solo lì): quello che all’epoca del suo omologo di metà anni sessanta era, al massimo, humor nero accennato ed implicito, qui si decide di renderlo esplicito. Nel 1974, ad esempio, gli USA avevano prodotto Fritz il gatto, anche lì un umorismo inedito e anti-moralista, destinato a fare scuola e a rendersi a suo modo memorabile. Certe forme di enfasi, peraltro, sono da sempre state considerate eccessive e fuori posto sia dalla critica media che dal pubblico, e questo sicuramente non ha sancito un successo che, probabilmente, il film avrebbe meritato. È quantomeno paradossale, nonostante tutto, che la critica dell’epoca denigrasse lo scarso valore sociologico degli episodi (che sono effettivamente più che altro riflessioni nichiliste sulla natura umana), che in confronto de I mostri di dieci anni prima è sicuramente difficile da paragonare.

    Il format in questione, per la verità, questa volta sembra reggere solo in parte: al netto di regie sempre solide ed efficaci, alcuni episodi sembrano “annacquati” ed appaiono quasi sconclusionati. Tant’è che la critica dell’epoca non si espresse in modo benevolo sul film, indicando al massimo un paio di episodi realmente memorabili (tra cui il pluri-citato Hostaria!), mentre il pubblico sembrò vedere il film con la stessa rapidità con cui lo dimenticò.

    Se una mancanza di ispirazione può per certi versi essere tollerabile (i film episodici con più registi ne soffrono quasi inevitabilmente, anche in altri contesti), quello che andrebbe valorizzato in questo film del 1977 è il sentimento anarchico che lega gli episodi, quasi da autentici Monty Python all’italiana, ed in cui è evidente che in molti degli episodi si sia alzata l’asticella dell’azzardo, dell’osare e di conseguenza del potenziale scandalo.Il film è questo, alla fine, ed esprime le proprie potenzialità in modo penalizzato anche per via dei tagli superficiali che, negli anni, impedirono di apprezzarlo come unicum.

    Gli episodi migliori de I nuovi mostri

    Come dimenticare L’elogio funebre con un incredibile Alberto Sordi? Il funerale apparentemente commosso e solenne del capocomico di una compagnia cede il passo al ricordo del repertorio dello stesso, che poi fa degenerare il funerale in un delirio di doppi sensi, battute di bassa lega e balletti, ed infrange uno dei tabù più classici: quello di ridere irrazionalmente durante le esequie di qualcuno, in omaggio ad uno dei cardini della Satira con la “S” maiuscola (che deride alternativamente politica, sesso, religione e morte).

    Senza parole è uno degli episodi forse più belli del film: una hostess a Fiumicino viene sedotta da un giovane mediorientale, mentre sentiamo due brani tipici di quegli anni per creare l’atmosfera (All by myself di Eric Carmen e Ti amo di Umberto Tozzi). L’amore sembra esclusivamente platonico e pare travolgere la donna, che riceve un mangiadischi con una delle due canzoni come dono: imbarcandosi poco dopo, provoca l’esplosione dell’aereo in volo dato che conteneva un ordigno. L’episodio è ispirato ad un fatto di cronaca realmente accaduto, conclusosi fortunatamente senza vittime: con la stessa dinamica descritta nell’intreccio, fu un volo in partenza da Fiumicino ad essere bersaglio dell’attentato, che tuttavia fece in tempo a rientrare in aeroporto, a causa di un’esplosione nel bagagliaio qualche minuto dopo il decollo.

    Impossibile non citare, infine, Hostaria!, dove Gassman e Tognazzi interpretano il cuoco ed il proprietario di un’osteria tipica romana. I due sono estremamente litigiosi (e si capirà in seguito che sono una coppia) e, mentre discutono, continuano a preparare dei piatti che diventano disgustosi, in cui fanno cadere mozziconi di sigarette e scarpe: servono comunque quelle portate, e la clientela chic mostra comunque di apprezzarli.

    Gli episodi censurati de I nuovi mostri

    Il punto importante da inquadrare, a questo punto, è che la censura ha colpito duramente I nuovi mostri, e molti episodi, ancora oggi, si conoscono esclusivamente per le sinossi presenti su Wikipedia: quasi nessuno, di fatto, sembra averli visti. I nuovi mostri ad oggi, purtroppo, per la maggioranza degli italiani è una rubrica di Striscia la notizia, e ben pochi conoscono il film da cui quel nome è stato tratto quel nome.

    La censura è quasi sempre inaccettabile, in effetti, nella misura in cui decide arbitrariamente, sulla base di criteri del tutto soggettivi, cosa si possa vedere e cosa invece non si debba vedere – e ciò ha risvolti più pesanti di quello che sembra: in molti casi la censura ha colpito, in passato, cose ed aspetti sui quali oggi si sorvola tranquillamente. Del resto si tratta solo di film, ed il cinema non dovrebbe mai avere un ruolo troppo didascalico o “essere da esempio”, proprio perchè – citando il personaggio di Volontè in Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto – se ci convinciamo che il popolo è minorenne, diamo spazio a possibili espressioni di potere autoritarie e, soprattutto, quello che “ci va bene” censurare oggi, potrebbe rivoltarsi contro i nostri stessi gusti o preferenze un domani.

    Il vero punto critico del film è l’episodio Pornodiva: una storia amara e decisamente crudele, in cui una coppia viene ingaggiata per girare un porno contenente sesso con animali, e si scoprirà che arriveranno a coinvolgere la figlia di sette anni, con una piccola scimmia, per guadagnare il massimo dall’ingaggio. Non una storia per bambini, ovviamente, quanto molto realistica, che venne brutalmente rimossa nel passaggio televisivo, e a quanto pare anche in alcune versioni in DVD del film.

    Oppure pensiamo ad Autostop, dove Ornella Muti interpreta una avvenente autostoppista che viene molestata più volte dall’automobilista che le ha dato un passaggio, arrivando a fingere di essere evasa da un carcere femminile e di essere armata per difendersi. Senza troppi complimenti, a quel punto, l’uomo la uccide, facendo emergere un dramma di sessismo e prepotenza. Peraltro, resosi conto che la donna era disarmata, non mostra alcun rimorso davanti ai carabinieri (nella versione cut manca questo finale).

    Anche Cittadino esemplare è stato censurato ed è tremendamente incisivo, probabilmente inibito alla visione per via del suo pessimismo antropologico: vediamo un uomo assistere ad un delitto e rientrare a casa come se nulla fosse, gustandosi un bel piatto di amatriciana. Il sospetto è forse uno degli episodi meno efficaci del film, ma manca anch’esso da varie uscite in TV: si parla di un carabiniere infiltrato in un gruppo di contestatori dell’epoca, che durante un arresto di massa, propina una goliardica pernacchia contro il proprio superiore, venendo rimproverato bonariamente – e lasciando immaginare al pubblico cosa gli sarebbe successo se fosse stato un autentico contestatore.

    La cosa anomala del film, peraltro, è che molti episodi anche “innocenti” sono stati rimossi, forse perchè considerati inefficaci: molti italiani non hanno pertanto potuto godere dell’episodio Mammina e mammone, ad esempio, in cui Tognazzi è uno strepitoso caratterista che vive di espedienti. Stesso discorso per Sequestro di persona cara, in cui si evidenzia l’ipocrisia di un uomo a cui è stata rapita la moglie, che fa un appello accorato ai rapitori per riaverla indietro, quando in realtà aveva staccato i fili del telefono.