Recensioni

Raccolta di opere che qualcuno deve aver visto in TV, al cinema o in DVD. Trattiamo soprattutto classici, horror, thriller e cinema di genere 70/80. E non solo. Contiene Easter Egg.

  • L’arcano incantatore: l’horror di classe di Pupi Avati

    L’arcano incantatore: l’horror di classe di Pupi Avati

    Un giovane seminarista perseguitato dalla chiesa fa un patto col diavolo per salvarsi: viene così inviato da un misterioso individuo, a suo tempo scomunicato per aver divulgato e studiato vari libri all’indice. L’atmosfera si rende subito sinistra, mentre il protagonista si lascia travolgere dagli eventi…

    In breve. Gotico all’italiana con lo stile, inconfondibile, di Pupi Avati, ed innumerevoli suggestioni argentiane: forse uno dei più incisivi e meglio realizzati horror del periodo.

    Se dovessimo indicare un horror italiano di quelli da rimpiangere nostalgicamente, sicuramente questo singolare gotico di Pupi Avati avrebbe la sua parte di rilievo. Superiore alla media delle produzioni del periodo, in un momento in cui il periodo d’oro di Argento e Fulci stava declinando o era, di fatto, già in declino, L’arcano incantatore riprende apertamente il meglio delle produzioni gotiche all’italiana (per intenderci Bava, Margheriti e compagnia) e ne tira fuori un prodotto originale, seppur (a voler trovare dei difetti per forza) con qualche pecca recitativa (a mio avviso perdonabile, nel contesto narrativo in cui ci si colloca).

    Certo Avati dimostra di saperci fare con il genere, proponendo un crescendo narrativo che è quasi interamente un flashback e che, nonostante possa apparire vagamente “telefonato” allo spettatore più avvezzo al genere, fa la sua figura più che dignitosa oggi. La figura del protagonista (uno Stefano Dionisi già visto in Non ho sonno, ad esempio) si erge nella propria duplice veste di perseguitato e colto seminarista, capace di suscitare empatia nel pubblico nonostane la sua sorta appaia segnata fin dall’inizio. Il patto che ha stipulato per provare a salvarsi la vita è un accordo col maligno, che certamente ha fatto i propri conti e che mostrerà progressivamente una rete di inganni. Per Avati, questo contesto sovrannaturale sembra ideale sia per costruire atmosfere lugubri nella nostra terra (siamo in Umbria, in particolare), sia per sottintendere una critica alla chiesa dell’epoca, peraltro senza calcare troppo la mano su questo aspetto ma limitandosi (si fa per dire) a fare un buon horror all’italiana. Generazioni successive di registi horror finiranno per prendere spunto da questo film, che potrebbe piacere anche al grande pubblico dei non prettamente appassionati del genere.

    Come suggerito da alcuni, del resto, L’arcano incantatore media, in un certo senso, i migliori aspetti dai precedenti La casa dalle finestre che ridono (soprattutto nel sinistro finale e nella sua ambiguità sorprendente) e dell’insuperabile Zeder (soprattutto nelle atmosfere, ma anche nei riferimenti, abbastanza celati, al ritorno dalla morte). Avati ci sa fare e colpisce nel segno, con un pieno di echi argentiani (il protagonista ossessionato dalla sua stessa storia, su tutti) che a ben vedere derivano più propriamente dalla tradizione gotica di Mario Bava.

  • A dangerous method: il film su Freud e Jung firmato David Cronenberg

    A dangerous method: il film su Freud e Jung firmato David Cronenberg

    La storia dell’incontro tra Carl Jung e Sigmund Freud fa ufficialmente nascere la psicoanalisi, e mette in evidenza una relazione controversa tra il primo e una sua paziente – la futura psicoanalista Sabina Spirlein.

    In breve. La nascita della psicoanalisi secondo David Cronenberg, secondo la sua consueta poetica tragico-razionalista, qui ad uno dei suoi zenith espressivi (almeno nella fase recente della sua produzione).

    A dangerous method di David Cronenberg si basa sul romanzo quasi omonimo di John Carr, A Most Dangerous Method, incentrandosi sul tema della controversa relazione tra Carl Gustav Jung e Sabina Spielrein. Il tutto fa da filtro, in qualche modo, perchè si possa delinare la storia della psicoanalisi in tre possibili declinazioni: quella scientifica di Freud, quella più visionaria e misticheggiante di Jung, quella intimamente rivoluzionaria della Spielrein.

    La medesima storia che viene delineata da un altro classico, peraltro, ovvero il Diario di una segreta simmetria di Aldo Carotenuto, e tra i quali si frappone la fredda lucidità scientifica di Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi. Sarebbe limitativo ridurre a questo triangolo la visione del film di Cronenberg, che ritaglia una quantità di pellicola relegandola a delinare la figura di Otto Gross, storicamente critico nei confronti di Freud e “demone tentatore” nel suggerire a Jung di assecondare i propri stessi desideri sessuali repressi.

    La narrazione delinea due piani differenti: da un lato ciò che istituzionalmente le quattro figure rappresentano (si potrebbe pensare a razionalismo, misticismo, innovazione e trasgressione), dall’altro ciò che i personaggi sono nella realtà (repressi, introversi, traumatizzati dall’infanzia, nichilisti o pragmatici). Su questa ambivalenza si fonda gran parte della psicoanalisi, del resto, oltre a porre uno dei dilemmi morali più controversi (e tabù, se vogliamo), ovvero una relazione sessuale tra due persone “incastonate” in ruoli, per loro natura, subordinati (sarebbe lo stesso se la relazione fosse tra allievo e insegnante, ad esempio). Nell’idea di Cronenberg tale relazione sembra non potersi che sviluppare a livello sado-masochista, per quanto poi la relazione tra la Spirlein e Jung sia mostrata in questi termini più che altro per i vissuti traumatici della donna, in relazione alla violenza coercitiva e gli abusi sessuali da parte del padre di lei.

    Quel ricordo traumatico sembra aver costituito le basi della sua stessa sessualità, ed in questo la storia sembra ricondursi alle teorie espresse dallo psicologo contemporaneo Michael Bader nel suo saggio Eccitazione, secondo il quale le nostra fantasie sessuali non qualificano nè possono catturare l’essenza di una persona, ma sono spesso costruite e contrapposte ad un trauma infantile regresso. Non è strano, in altri termini, che una femminista abbia fantasie di dominazione passiva nei confronti di un uomo potente, o che un manager sicuro di sè si ecciti facendo lo slave, proprio perchè si tratta di immagini mentali che fanno trasudare un probabile vissuto traumatico (genitori autoritari, ad esempio) a cui, in qualche modo, si prova a risolvere costruendo sicurezza. E dato che – conclude Bader – senza sicurezza non sembra realmente possibile esprimere la propria sessualità, appare chiaro come la relazione oggetto del film fosse in qualche modo ineluttabile.

    Del resto, tornando al film, Jung appare felicemente sposato con una donna mite, affidabile e riservata negli atteggiamenti, ma lo vediamo coltivare un’attrazione inconfessabile per una paziente schizofrenica: attrazione che troverà sbocco in una relazione tra padrone sadico e paziente sottomessa, alla luce delle informazioni che la stessa ha riconosciuto durante la propria terapia.

    Rapportato ai tempi una cosa del genere era (e rimane ancora oggi) inconcepibile, chiaro oggetto di gossip nella migliore delle ipotesi: il problema che fa emergere il regista è che rischia pure di minare la credibilità della psicoanalisi stessa (tanto che la storia della relazione è uscita fuori, a quanto pare, solo postuma, mediante il carteggio ricostruito nel libro di Carotenuto). La ricostruzione cronenberghiana è in questo frangente semplicemente perfetta, proprio perchè mostra un dramma irrisolvibile: per quanto uno psichiatra possa fare appello alla propria etica professionale, infatti, l’amore e il sesso sono soprattutto istinto, ed è come se il film suggerisse che da certi sentimenti erotici tempestosi non si possa sempre evitare di essere travolti (su questo bisognerebbe scrivere un romanzo, probabilmente, o affidarsi ai riferimenti bibliografici su transfert e contro transfert).

    Che A dangerous method sia un film banale, a questo punto, dovrebbe essere chiaro che è l’esatto opposto, per quanto lo stile narrativo sia tutt’altro che inaccessibile o da film d’essai. Ancora oggi gran parte dei dilemmi posti rimangono, per quello che vale, profondamente dibattuti – o del tutto irrisolti.

    Cronenberg prova a mettere ordine tra le varie componenti, senza schierarsi esplicitamente con nessuno dei soggetti, per quanto si ravvisi una piccola empatìa verso Otto Gross, l’elemento di rottura tipico delle storie del regista canadese, interpretato da un mefistofelico Vincent Cassel.

    Nella valutazione complessiva dell’opera non si possa prescindere dall’aspetto bibiliofilo (come anche da una conoscenza, anche solo scolastica, del mondo della psicoanalisi), accettando alcune parti chiaramente romanzate rispetto alla storia reale. Ovviamente un film si può guardare  senza avere conoscenze specialistiche, e rimarrà comunque la parvenza di una tragedia in tre atti. Nel primo si prova  a costruire qualcosa, nel secondo si cede alle passioni umane e nel terzo, in un climax ascendente, si arriva a temere che un singolo episodio possa distruggere completamente l’intera scienza.

    È questo il focus che sembra interessare il regista, che resta in grado di mostrare il proprio punto di vista senza orpelli inutili e, soprattutto, raccontando una storia drammatica quanto coinvolgente della più classica delle passioni impossibili. Nello specifico la passione medico-paziente appare inaccettabile (e inevitabile, nello specifico) perchè da un lato le pressioni sociali diventano prima o poi insostenibili per il professionista, mentre dall’altro la paziente rimane nella propria posizione di richiedere aiuto e, di fatto, la sua vita sarà segnata per sempre da quel “primo amore”.

    Per una volta il Cronenberg razionalista di altri film cede il passo ad uno più narrativo, più vicino al pubblico generalista e – non per questo – meno valido. Del resto, non è affatto la prima volta che il regista affronta un argomento prettamente clinico, per quanto ovviamente siamo lontani dagli orrori biologici di Rabid, Brood o – dire soprattutto – Inseparabili, dove era presente un dilemma etico di natura quasi analoga.

    E se in molti hanno pensato a A dangerous method come ad un film incentrato sulla nascita della psicoanalisi è, certamente, una lettura ammissibile, ma credo che sia anche limitativa. Esso infatti non solo esalta le doti dei tre personaggi storici (il razionalismo di Freud, il misticismo propositivo di Jung, la devozione e lo scrupolo scientifico della Spielrein), ma ne propone anche un ritratto umano, con tutti i limiti, mostrando che di fronte ad un tabù c’è poco a cui potersi opporre. Un tabù generale che riguarda la risoluzione e l’opportunità dei rapporti dettati dalla gerarchia, che far deflagare liberamente come suggerito da Gross (peraltro di fede anarchica, a quanto ne sappiamo) rischia di far deflagare una autentica bomba sociale.

    Se il regista canadese ci ha abituato alla rappresentazione più esplicita e orrorifica di queste tematiche, bisogna specificare che A dangerous method fa parte della sua produzione più recente, quella che risulta essere avulsa dal cyberpunk e dalla derivazione body-horror. Non per questo, ovviamente, il film perde il proprio potenziale narrativo, soprattutto nella rappresentazione dell’amore impossibile Jung-Spielrein, da paziente ad amante in un’oscillazione insostenibile e discontinua, fino a degenerare nel più crudele degli amori impossibili (forse dai tempi de La mosca che Cronenberg non proponeva un romanticismo disperato talmente vivido).

    Premesso che la totalità dei riferimenti intimi tra gli amanti Jung e Speilrein sono, ovviamente, di natura speculativa – come Cronenberg stesso specificò alla stampa all’epoca dell’uscita del film – è interessante notare come la narrazione della sessualità repressa del personaggio femminile riguardi un trauma infantile, che poi si traduce in una fantasia sessuale incentrata su quel tema. In questo va anche sottolineata la prova attoriale magistrale di Keira Knightley, che interpreta il delirio del proprio personaggio frapponendo varie pause, respiro ansioso e parole frammentate nel proprio discorso. Cosa che, peraltro, continuerà a fare ogni volta che entrerà nel discorso un qualche riferimento alla sessualità, da lei vissuta in modo ansioso e che solo con Jung riusciva a liberare (da qui il legame nuovamente ansiogeno che ne risulterà in seguito).

    Nello specifico, è proprio la trascrizione della prima seduta tra la Spielrein (all’epoca in cui soffriva di crisi schizofreniche) e Jung (all’epoca devoto sostenitore del metodo freudiano) a descrivere precisamente una sia fantasia erotica (con i tratti di un incubo, per molti versi). Vale la pena riportarla per intero – la traduzione di alcuni passaggi è orientativa, proprio per via dello stile recitativo adottato – perchè serve, a mio avviso, già da sola a spiegare gran parte del senso del film.

    Può spiegarmi perchè le sue notti sono così difficili?

    Ho paura.

    Di cosa?

    C’è qualcosa nella stanza. Qualcosa come… un gatto, solo che può parlare. Entra nel letto assieme a me. L’altra notte ha iniziato a sussurrarmi qualcosa nell’orecchio. Non riuscivo a sentire. Ma poi.. lo sentivo … l’ho sentito contro la mia schiena. Qualcosa di viscido, come una specie di mollusco, che si muoveva sulla mia schiena. Ma poi quando mi sono girata non c’era più niente.

    Si muoveva sulla sua schiena?

    Sì.

    Era nuda?

    Sì.

    Si stava masturbando?

    Sì.

    Mi racconti della prima volta in cui ricorda di essere stata picchiata da suo padre.

    Suppongo che sia stato quando avevo quattro anni. Per sbaglio ho rotto un piatto, e lui mi ha detto di andare nello stanzino e di togliermi i vestiti e poi… è arrivato lui. E mi ha sculacciata. Ed ero così spaventata che mi sono bagnata, e lui mi colpiva ancora. E allora io…

    Quella prima volta… come si sentiva riguardo a quello che stava succedendo?

    Mi piaceva.

    Può ripetere per favore? Non ho sentito bene.

    Mi piaceva. Mi eccitava.

    E continua a farlo?

    Sì! Sì! E allora ogni volta che mi diceva di andare nello stanzino cominciavo ad essere bagnata. Quando andava dai miei fratelli … solo… li minacciava… mi bastava quello. Dovevo andare sotto, dovevo stendermi e toccarmi. Più tardi a scuola, qualsiasi cosa… l’avrebbe scatenata, qualsiasi… qualsiasi tipo di… umiliazione. Ho cercato qualsiasi… umiliazione. Anche qui quando tu… colpisci il mio… il mio cappotto con il tuo bastone. Dovevo tornare subito, ero così… emozionato. Non c’è… non c’è speranza per me. Sono abietta… e… oscena e… sporca! Devo… non devo mai essere lasciata uscire di qui!

  • GLi intoccabili racconta la storia di Al Capone

    GLi intoccabili racconta la storia di Al Capone

    Gli Intoccabili” è un film del 1987 diretto da Brian De Palma e interpretato da Kevin Costner.

    Si tratta di un film di culto diretto da Brian De Palma, interpretato da Kevin Costner, Sean Connery, Robert De Niro e Andy Garcia. Il film si basa sulla vera storia dell’agente federale Eliot Ness e del suo team, noti come “Gli Intoccabili”, che andarono alla caccia del noto gangster Al Capone durante il periodo del proibizionismo. Nella realtà, Al Capone è stato uno dei gangster più noti e influenti dell’epoca negli Stati Uniti. È stato il capo di un’organizzazione criminale che si occupava principalmente di contrabbando di alcol durante il periodo in cui la vendita e la produzione di alcol erano vietate per legge.

    Capone nasce il 17 gennaio 1899 a Brooklyn, New York. Durante la sua carriera criminale, ha accumulato una grande ricchezza e potere attraverso attività illegali, inclusi il contrabbando di alcol e il controllo di locali notturni, casinò e scommesse. Era noto per il suo stile di vita lussuoso e per la sua abilità nell’evitare la cattura e le condanne legali. Nel film “Gli Intoccabili” del 1987, Al Capone è interpretato da Robert De Niro.

    Il personaggio di Capone nel film è una rappresentazione cinematografica basata sulla sua figura storica, ma potrebbe essere accentuato per scopi narrativi e drammatici. “Gli Intoccabili” si concentra sulla lotta degli agenti federali per smantellare il suo impero criminale e porta l’attenzione sugli sforzi dei protagonisti per far rispettare la legge in un’epoca di corruzione e violenza.

    Trama / Sinossi

    Negli anni ’30, durante il proibizionismo, Al Capone (Robert De Niro) domina Chicago con il contrabbando di alcol e l’attività criminale. L’agente federale Eliot Ness (Kevin Costner) decide di mettere insieme un team di agenti onesti e incorruttibili, noti come “Gli Intoccabili”, per smantellare l’organizzazione criminale di Capone. Ness recluta il veterano di polizia Jim Malone (Sean Connery) e altri agenti determinati. Inizia così una lotta per la giustizia che li porterà a fronteggiare la violenza e la corruzione per mettere fine al dominio di Capone.

    Critica

    “Gli Intoccabili” è stato ben accolto dalla critica e dal pubblico per la sua combinazione di azione, dramma e una forte dose di stile cinematografico. La regia di Brian De Palma è notevole per le sue sequenze visivamente accattivanti e la colonna sonora epica di Ennio Morricone aggiunge ulteriore impatto emotivo al film. Le interpretazioni del cast, in particolare quella di Sean Connery, sono state ampiamente lodate.

    Cast

    • Kevin Costner nel ruolo di Eliot Ness
    • Sean Connery nel ruolo di Jim Malone
    • Robert De Niro nel ruolo di Al Capone
    • Andy Garcia nel ruolo di George Stone
    • Charles Martin Smith nel ruolo di Oscar Wallace
    • Patricia Clarkson nel ruolo di Catherine Ness

    Sinossi

     

    Negli anni ’30, durante il periodo del proibizionismo, la città di Chicago è dominata dal potente gangster Al Capone (Robert De Niro). Capone controlla il contrabbando di alcol, il gioco d’azzardo e altre attività illegali con il pugno di ferro. L’agente federale Eliot Ness (Kevin Costner) è incaricato di mettere fine al regno di terrore di Capone. Tuttavia, scopre presto che il sistema giudiziario e la polizia locale sono corrotti e incapaci di affrontare Capone e la sua organizzazione criminale.

    Deciso a combattere la corruzione, Ness forma un gruppo speciale di agenti incorruttibili noti come “Gli Intoccabili”. Questo team comprende l’esperto di polizia Jim Malone (Sean Connery), il giovane agente George Stone (Andy Garcia) e l’esperto contabile Oscar Wallace (Charles Martin Smith). Insieme, cercano di smantellare l’organizzazione di Capone, raccogliendo prove e infiltrandosi nelle sue operazioni criminali.

    La lotta degli Intoccabili contro Capone è segnata da violenti scontri, colpi di scena e momenti di tensione. Nel corso del film, Malone offre a Ness consigli preziosi e gli insegna a combattere “alla maniera di Chicago”. La sfida raggiunge l’apice quando gli Intoccabili riescono a incastrare Capone per evasione fiscale e lo mandano in prigione.

    La storia culmina in un epico scontro tra Capone e Ness durante un processo legale. Nonostante le minacce e la violenza, Capone è condannato e inviato in prigione. Il film si conclude con Ness che, dopo la vittoria, getta il distintivo di agente federale nell’acqua, simboleggiando la fine della sua lotta e il raggiungimento del suo obiettivo.

    “Gli Intoccabili” è un mix di azione, dramma e storia, che offre uno sguardo affascinante sulla lotta tra la giustizia e il crimine durante un periodo turbolento dell’America.

    Spiegazione del finale

    Nel finale di “Gli Intoccabili”, la lotta degli Intoccabili contro Al Capone raggiunge il suo culmine durante un processo legale. Nonostante le minacce e la violenza, Capone viene condannato per evasione fiscale e viene condannato a undici anni di prigione. Questo segna la fine del suo dominio criminale su Chicago.

    Dopo il processo, Eliot Ness (Kevin Costner) e il suo team celebrano la vittoria. Tuttavia, il film prende una svolta tragica quando uno dei membri dell’organizzazione di Capone uccide Jim Malone (Sean Connery). Questo evento rafforza la determinazione di Ness nel continuare la sua lotta contro il crimine.

    Il film si conclude con Ness che, dopo aver gettato il distintivo di agente federale nell’acqua in segno di rispetto per Malone, riceve una chiamata che lo avvisa della morte di Capone in prigione. La voce narrante di Ness sottolinea che, nonostante le vittorie e le perdite, il suo impegno a cercare la giustizia è rimasto costante. La scena finale ritrae Ness che cammina lungo un pontile sul mare, dando uno sguardo al distintivo che giace in fondo all’acqua.

    Questo finale riflette l’idea che la lotta per la giustizia non è mai completa, ma che la dedizione di individui come Ness può fare la differenza. La perdita di Malone rappresenta un prezzo personale pagato nel corso della battaglia, ma il trionfo finale contro Capone simboleggia una vittoria duramente conquistata per la legge e l’ordine.

    Alla fine del film, il team degli Intoccabili riesce a ottenere le prove necessarie per mettere Al Capone dietro le sbarre, non per i crimini principali, ma per evasione fiscale. Capone viene condannato e inviato in prigione, ponendo fine al suo dominio criminale su Chicago. La narrazione sottolinea che Ness ha perso sia il suo mentore, Jim Malone, che un altro membro del suo team, George Stone, nel corso della lotta contro Capone. La vittoria è stata ottenuta a un alto costo personale

    Scena iconica del film

    Brian De Palma ha preso l’idea della scena della stazione ferroviaria dal film russo La corazzata Potemkin (1925), che include una classica scena di massacro su una scalinata dove rotola anche una carrozza. I marinai che vengono coinvolti nel fuoco incrociato in questo film sono un omaggio ai marinai dell’incrociatore Potemkin. L’idea della carrozzina che rotola giù per i gradini è apparsa anche in film precedenti, tra cui Il dittatore dello stato libero di Bananas (1971) e Brazil (1985). In Brazil c’era anche Robert De Niro.

    Nel film “Gli Intoccabili,” c’è una scena in una stazione dove Eliot Ness (interpretato da Kevin Costner) sta cercando di catturare un assassino sotto la custodia di un poliziotto. Durante l’incubo della sparatoria, una carrozzina scende giù per le scale della stazione, simboleggiando l’innocenza perduta e la minaccia imminente. Questa scena è iconica per il suo utilizzo della suspense visiva e dell’immagine della carrozzina che rotola giù per le scale in modo quasi surreale.

    La scena delle scale in “Gli Intoccabili” è un tributo a questa iconica sequenza e rappresenta un momento di alta tensione nel film, dove il pericolo è palpabile e l’azione raggiunge il suo apice.

    Curiosità sul film

    In una scena viene lasciata cadere una busta sulla scrivania di Eliot Ness. Si presume che si tratti di una bustarella, ma l’importo all’interno non viene mai rivelato. Nella vita reale, Al Capone promise a Eliot Ness che due banconote da 1.000 dollari sarebbero state sulla sua scrivania ogni lunedì mattina se avesse chiuso un occhio sulle sue attività di contrabbando (un’enorme somma di denaro all’epoca; più di 30.000 dollari oggi). Ness rifiutò la bustarella e negli anni successivi ebbe problemi di denaro. Morì quasi al verde all’età di cinquantaquattro anni. Nella vita reale, Al Capone, sapendo che l’uccisione di un agente del Proibizionismo avrebbe portato solo più problemi di quelli che lui o il suo gruppo potevano gestire, aveva in realtà un ordine di non violenza ai suoi uomini riguardo agli Intoccabili. Sebbene Capone abbia ripetutamente tentato di comprarli, non ha mai tentato di uccidere Eliot Ness o uno dei suoi uomini.

  • La grande bellezza: cast, storia, regia, produzione, sinossi, curiosità

    La grande bellezza: cast, storia, regia, produzione, sinossi, curiosità

    Titolo: La Grande Bellezza
    Regia: Paolo Sorrentino
    Cast Principale:

    • Toni Servillo nel ruolo di Jep Gambardella
    • Carlo Verdone nel ruolo di Romano
    • Sabrina Ferilli nel ruolo di Ramona
    • Carlo Buccirosso nel ruolo di Lello Cava
    • Iaia Forte nel ruolo di Trumeau
    • Pamela Villoresi nel ruolo di Viola
    • Galatea Ranzi nel ruolo di Stefania

    Storia e Produzione

    “La Grande Bellezza” è un film italiano del 2013 diretto da Paolo Sorrentino. Il regista ha co-scritto la sceneggiatura con Umberto Contarello. Il film è stato prodotto da Indigo Film e Pathé in collaborazione con Medusa Film e Canal+.

    Stile e Sinossi

    Il film segue la vita di Jep Gambardella, un giornalista e scrittore di successo che vive a Roma. Jep compie sessantacinque anni e, nonostante il suo stile di vita mondanamente ricco e affascinante, si sente insoddisfatto e alienato dalla sua esistenza. Il film esplora il mondo dell’alta società romana attraverso gli occhi di Jep, rivelando le relazioni superficiali, le feste esclusive e l’ossessione per l’apparenza.

    Nel corso del film, Jep si imbatte in una serie di personaggi eccentrici e affascinanti, mentre riflette sulla sua giovinezza, sul suo unico romanzo di successo e sul senso della vita. La bellezza e la decadenza di Roma sono rappresentate in modo surreale e spesso grottesco, con scene iconiche che mettono in luce l’arte, l’architettura e l’atmosfera unica della città. (immagini tratte da IMDB)

    Curiosità

    • Il titolo “La Grande Bellezza” è un riferimento al termine “Grande Belle Époque”, che si riferisce a un periodo di ottimismo e prosperità culturale prima della prima guerra mondiale.
    • Il film è stato ampiamente elogiato per la sua regia innovativa, la fotografia suggestiva e la performance di Toni Servillo nel ruolo principale.
    • “La Grande Bellezza” è stato ispirato dal romanzo “Il desiderio” dello scrittore italiano Giacomo Leopardi.

    Spiegazione del Finale

    (avviso spoiler) Alla fine del film, Jep raggiunge una maggiore consapevolezza della sua vita e delle scelte che ha fatto. Dopo aver attraversato momenti di introspezione e interazione con vari personaggi, Jep comprende che la vera bellezza risiede nelle piccole cose, negli affetti genuini e nelle esperienze autentiche.

    L’ultima scena mostra Jep che partecipa a una festa all’aperto, dove una ragazza canta “Non dimenticar le mie parole” (Don’t Forget My Words), una canzone che Jep aveva sentito anni prima in un’occasione speciale. Questa canzone scatena in lui una profonda riflessione e un senso di malinconia. La scena finale simboleggia il desiderio di Jep di catturare momenti di bellezza e significato in un mondo dominato dalla superficialità e dal caos.

    In definitiva, il finale suggerisce che Jep ha trovato una forma di riconciliazione con se stesso e con la città di Roma, riconoscendo che la vera grandezza e bellezza risiedono nelle emozioni autentiche, nei legami personali e nell’apprezzamento per la vita semplice e autentica. Il film si chiude con un senso di speranza e una rinnovata consapevolezza per Jep e per lo spettatore.

    Recensione

    “La Grande Bellezza” è un film italiano del 2013 diretto da Paolo Sorrentino. È un dramma che esplora temi come l’arte, la bellezza, la vita, la vecchiaia e la società contemporanea. Il film si svolge a Roma e segue le vicende di Jep Gambardella, un giornalista e scrittore di successo che vive una vita mondana e superficiale tra feste, incontri e relazioni.

    La trama del film ruota attorno a Jep, interpretato da Toni Servillo, che compie sessantacinque anni e si ritrova a riflettere sulla sua vita e sulle scelte che ha fatto. Nonostante il suo successo e la sua vita lussuosa, Jep è pervaso da un senso di vuoto e insoddisfazione. Il film esplora il contrasto tra l’apparente bellezza e ricchezza di Roma e la superficialità e l’alienazione della società contemporanea.

    Attraverso una serie di incontri e avventure, Jep esplora diverse sfaccettature dell’esistenza umana, dai desideri inappagati alle illusioni dell’amore, dalla ricerca della bellezza all’arte, dall’amicizia alla solitudine. Il film si avvale di una narrazione visiva e simbolica molto forte, con scene suggestive e dialoghi profondi, spesso accompagnati da un’atmosfera onirica.

    “La Grande Bellezza” è una riflessione profonda e spesso sarcastica sulla vita moderna, sul vuoto spirituale e sull’ossessione per l’apparenza. Il titolo stesso suggerisce l’ironia dietro la ricerca continua della bellezza esteriore mentre si trascurano i veri significati e valori della vita. Il film è stato acclamato per la sua regia, la recitazione di Toni Servillo e la sua rappresentazione evocativa di Roma, oltre che per il modo in cui affronta temi universali legati all’esistenza umana.

  • Vanilla Sky: cast, produzione, trama, regia, curiosità, spiegazione

    Vanilla Sky: cast, produzione, trama, regia, curiosità, spiegazione

    “Vanilla Sky” è un film statunitense del 2001, diretto da Cameron Crowe. Ecco alcune informazioni sul cast principale, la regia, la produzione e l’anno di uscita del film, oltre a qualche curiosità e la nostra spiegazione del film.

    • Regia: Cameron Crowe

    Cast Principale

    • Tom Cruise: Nel ruolo di David Aames, il protagonista del film, un uomo affascinante e ricco che subisce un terribile incidente che cambierà la sua vita.
    • Penélope Cruz: Nel ruolo di Sofia Serrano, l’interesse amoroso di David e l’artista spagnola che cambierà la sua vita.
    • Cameron Diaz: Nel ruolo di Julie Gianni, una donna ossessionata da David e coinvolta in eventi misteriosi.
    • Kurt Russell: Nel ruolo di McCabe, uno psichiatra che cerca di aiutare David a capire la sua situazione.
    • Jason Lee: Nel ruolo di Brian Shelby, l’amico di David.

    Produzione

    • Anno di Uscita: “Vanilla Sky” è stato rilasciato negli Stati Uniti il 14 dicembre 2001.
    • Produzione: La produzione del film è stata gestita da Cameron Crowe e dalla sua casa di produzione, la Cruise/Wagner Productions, insieme a Scott Rudin Productions e Paramount Pictures.

    “Vanilla Sky” è un film di genere thriller psicologico che esplora temi complessi come l’identità, la realtà e la percezione attraverso una trama intricata. Uscito nel 2001, rappresenta una storia intricata che mescola elementi di fantascienza, thriller psicologico e dramma romantico, con vari momenti puramente lynchiani in cui non è chiaro se la realtà sia sogno o viceversa.  La performance di Tom Cruise è stata ampiamente apprezzata, e il film ha generato discussioni e interpretazioni diverse per la sua trama intricata e il suo finale enigmatico. La caratteristica principale di Vanilla Sky risiede nel suo montaggio anti-causale e in parte a-temporale, in parte come in Pulp Fiction, con vari raccordi narrativi di collegamento tra le storie e/o i personaggi.

    La trama complessa di “Vanilla Sky” è altamente onirica ed esplora concetti di identità, percezione e realtà attraverso la prospettiva di un protagonista tormentato. Il film è noto per il suo stile visivo distintivo e il suo finale enigmatico, che ha generato dibattiti e interpretazioni diverse tra gli spettatori.

    Sinossi

    Atto 1: Il Mondo Perfetto

    Introduzione di David Aames (interpretato da Tom Cruise), un giovane e ricco editore di una rivista di successo a New York.

    David è un playboy che conduce una vita di lusso e senza preoccupazioni, circondato da amici e donne.

    David incontra Sofia Serrano (interpretata da Penélope Cruz), una bellissima artista spagnola, e si innamora perdutamente di lei.

    L’ex amante di David, Julie Gianni (interpretata da Cameron Diaz), scopre la sua nuova relazione e diventa ossessionata da lui.

    Una notte, Julie conduce David in uno scatenato e pericoloso viaggio in auto, che si conclude in un tragico incidente che la lascia sfigurata e David con il volto deturpato.

    Atto 2: La Rinascita

    Dopo l’incidente, David subisce numerose operazioni per riparare il suo viso, ma rimane sconvolto dalla sua nuova apparenza.

    David scopre che è stato accusato di omicidio colposo per la morte di Julie.

    David cerca di ricostruire la sua vita, ma è ossessionato dai ricordi di Sofia e dalla sua vita precedente.

    Viene introdotto uno psichiatra di nome McCabe (interpretato da Kurt Russell), che cerca di aiutare David a distinguere la realtà dalla sua immaginazione.

    Atto 3: L’Incubo Dell’Immaginazione

    David inizia a sperimentare strane distorsioni della realtà, e le sue convinzioni e percezioni diventano sempre più confuse.

    Sofia riappare nella sua vita, ma le sue apparizioni sono ambigue e misteriose.

    David scopre una strana azienda chiamata “Life Extension” che offre un servizio di “sospensione” della realtà.

    La trama si dipana tra i confini tra sogno e realtà, e David cerca disperatamente di capire cosa sia vero e cosa sia frutto della sua immaginazione distorta.

    Atto 4: La Rivelazione

    David fa una scoperta scioccante: è stato sottoposto a una procedura di sospensione della realtà e il mondo che sta vivendo non è altro che un sogno.

    David decide di risvegliarsi dalla sospensione e tornare alla realtà, anche se ciò significa affrontare le conseguenze delle sue azioni passate.

    Spiegazione del finale

    (avviso spoiler)

    Accompagnato da McCabe e da un ufficiale di polizia, David verso la fine del film fa una visita agli uffici della Life Extension, dove scopre che la società ha la capacità di mettere gli esseri umani in uno stato di ibernazione e di riportarli in vita quando sarà possibile. Inoltre, apprende che durante il periodo di ibernazione, la Life Extension è in grado di offrire agli individui un’esperienza di “sogno lucido”, permettendo loro di vivere la loro vita secondo i loro desideri, senza che la morte sia un ostacolo, a partire da un punto specifico nella loro esistenza.

    Il film culmina in un finale emozionante in cui David prova a riavvicinarsi a Sofia e affrontare le sfide della vita reale.

    La trama del film può essere interpretata in vari modi, ed è noto per la sua complessità. Ecco una spiegazione generale della trama e dei suoi principali temi:

    La Realtà e la Percezione: Il film ruota attorno alla distinzione tra realtà e percezione. Il protagonista, David Aames (interpretato da Tom Cruise), vive una vita di lusso e privilegi, ma la sua esistenza diventa sconvolta quando si innamora di Sofia Serrano (interpretata da Penélope Cruz), un’artista spagnola. La sua ex-amante, Julie Gianni (interpretata da Cameron Diaz), diventa ossessionata da lui e provoca un incidente automobilistico che cambia la sua vita e la sua percezione della realtà.

    Il Conflitto Tra Desiderio e Rimorso: Dopo l’incidente, David affronta profondi conflitti interiori. Deve affrontare il rimorso per l’incidente e le conseguenze della sua vita passata da playboy. Questi conflitti interiori si manifestano attraverso strane distorsioni della realtà e sogni bizzarri.

    La Comprensione della Verità: Gran parte del film è dedicata al tentativo di David di capire cosa sia vero e cosa sia illusione nella sua vita. Questo processo coinvolge incontri con uno psichiatra di nome McCabe e la misteriosa azienda “Life Extension,” che offre servizi di sospensione della realtà.

    La Ricerca del Riscatto e della Felicità: La trama si sviluppa mentre David cerca di risolvere i misteri della sua esistenza e di riconciliarsi con il suo passato. La sua ricerca lo porta a cercare di riconquistare Sofia e di affrontare le conseguenze delle sue azioni.

    Il Finale Aperto: “Vanilla Sky” culmina in un finale ambiguo e aperto, in cui la verità sulla realtà di David viene rivelata, ma il film non offre una risposta definitiva su cosa sia successo.

    Il film è noto per le sue tematiche complesse e la sua narrazione non lineare. Offre molte interpretazioni e discussioni sulla natura della realtà, dell’identità e della percezione umana. La trama può essere vista come un viaggio emotivo e mentale del protagonista alla ricerca di comprensione e riscatto.